Hanno suscitato rabbia e sgomento le immagini di Roma, in cui i rifugiati venivano caricati dalla polizia e sgomberati come rifiuti dai bordi delle strade in nome del decoro urbano al grido di: «questi qua devono sparire, se tirano qualcosa spaccagli un braccio». Bambini spaventati, donne ferite e uomini presi a manganellate sono immagini da polizia cilena che la Borghesia Imperialista sempre più promuove e diffonde per mostrare i denti duri della democrazia borghese, la sua dittatura.
Il gran numero di commenti indignati, verso le immagini raccapriccianti di Roma, conferma che tra le masse popolari cresce il malcontento di fronte alla deriva in cui la crisi della borghesia imperialista, il clero e le altre classi dominanti ci stanno spingendo. Per fare fronte alla mobilitazione crescente delle masse popolari la borghesia deve ricorrere sempre più alla repressione. La repressione è ancora principalmente mirata verso i comunisti e alle avanguardie di lotta ma si allarga sempre più contro le frange più oppresse delle masse popolari (donne, giovani, diseredati, omosessuali e immigrati). Il regime di controrivoluzione preventiva scricchiola e lo Stato dell’impunità per i ricchi, i potenti, per il Vaticano e i funzionari della sua Chiesa, diventa lo Stato della tolleranza zero oltre che per i comunisti in generale per chi lotta, per le donne, per gli immigrati e per i giovani. La repressione si allarga e assieme ad essa si allarga anche la resistenza alle rappresaglie della borghesia, che diventa lotta contro la repressione e solidarietà proletaria.
All’interno del movimento comunista e rivoluzionario sembra aleggiare, via via che la borghesia si esibisce in prove sempre superiori di repressione e attacco contro i comunisti e le masse popolari, l’interrogativo sul cosa fare. I paragoni con l’avanzata del fascismo negli anni venti fanno emergere e in parte sdoganano anche il tema della clandestinità, oltre all’interrogarsi sul Che Fare qui ed ora per alimentare la mobilitazione rivoluzionaria del nostro paese, al netto dei passi in avanti che la mobilitazione reazionaria muove a vista d’occhio. In un post di Facebook l’ex OPG – Je so pazzo di Napoli si interroga, o accenna a farlo, su tali questioni proprio a partire dai fatti di Roma:
“Siamo rimasti sconvolti, come tanti crediamo (e ancora siamo tanti, non è vero che la barbarie abbia ammalato tutti), dallo sgombero di Roma. Fatte le dovute differenze, non è improprio il paragone con gli anni del fascismo. Anche quella volta ci mettemmo un poco a capire quello che stava succedendo, ma poi al salto di qualità della reazione sapemmo opporre un vasto fronte antifascista, a volte clandestino, a volte legale, che alla fine li sconfisse.
Ecco, questa è la cosa che più ci martella la testa da ieri. In questi mesi c’è di sicuro, da parte dei nemici dell’umanità, un salto di qualità. A questo salto di qualità loro deve corrispondere il nostro. A mezzi non convenzionali non si può rispondere con mezzi convenzionali. Sapremo dunque lavorare su noi stessi, mobilitare altri, e soprattutto organizzarci per costruire insieme un elemento politico (piattaforma, fronte, coalizione) credibile e direttivo, capace di parlare alle persone e dare l’esempio?
Fuori da questa domanda, per chi l’ingiustizia la sente sulla pelle, c’è solo un mare di dolore.
Ma il dolore non è un mare se prepara la redenzione.
Il tunnel non fa paura se ne vedi la fine”.
Questo post sembra sintetizzare meglio di altri una serie di aspetti oggetti di dibattito che via via si pongono all’ordine del giorno nel movimento comunista e rivoluzionario del nostro paese e in generale nella parte avanzata delle masse popolari, stanca del corso catastrofico delle cose. Vogliamo contribuire agli spunti lanciati da questi compagni segnalando un articolo tratto da La Voce 55 del Nuovo Partito Comunista Italiano. Buona lettura.
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I comunisti si devono staccare dalle classi oppresse dalla borghesia e dal clero, elevarsi intellettualmente e moralmente sopra di esse e ritornare alle masse popolari per dirigerle a fare la rivoluzione socialista
Cinque punti sulla natura del partito comunista
1.
I comunisti sono coloro che hanno una comprensione più avanzata delle condizioni, delle forme e dei risultati della lotta di classe e sulla base di questa coscienza la spingono in avanti. Il partito comunista può raggiungere gli obiettivi della vittoria della rivoluzione socialista, dell’instaurazione del socialismo e della transizione al comunismo solo se guidato dalla scienza delle attività con le quali gli uomini fanno la loro storia: la concezione comunista del mondo (la cui sintesi più avanzata finora raggiunta è il marxismo-leninismo-maoismo).
Il bilancio della prima ondata della rivoluzione proletaria (1917-1976) mostra in modo inequivocabile che il socialismo non è stato instaurato nei paesi imperialisti perché i rispettivi partiti comunisti non avevano una concezione scientifica del mondo, una comprensione profonda della società, delle sue classi e della lotta tra di esse, delle leggi oggettive che il processo della rivoluzione socialista deve seguire e quindi non avevano una strategia adeguata alla sua costruzione e conduzione. Questi furono i motivi della sconfitta. L’eroismo, la dedizione alla causa di centinaia di migliaia di operai, contadini, proletari, giovani e donne delle masse popolari che nei paesi imperialisti lottarono per l’emancipazione e la liberazione dalla borghesia e dal suo clero, non bastarono a colmare questo limite di fondo. Per vincere l’eroismo è condizione necessaria, ma da sola non basta.
Assimilare la concezione comunista del mondo, utilizzarla come metodo di conoscenza della realtà e guida per l’azione, arricchirla sulla base dell’esperienza e delle scoperte fatte nel corso della lotta per instaurare il socialismo e poi nella transizione al comunismo è il compito imprescindibile, fondamentale del partito comunista. Non può esserci movimento rivoluzionario senza una teoria rivoluzionaria. Lenin già nel IV Congresso dell’Internazionale Comunista (del 1922) indicò questo compito ai comunisti, ma nessun partito comunista dei paesi imperialisti fece proprio nella pratica questo orientamento, nessuno lo assunse con serietà e condusse un profondo processo di trasformazione e rettifica ideologica (la “bolscevizzazione”) per liberarsi dalle due tare che avevano caratterizzato i partiti socialisti della II Internazionale (il riformismo elettorale e l’economicismo), causa della loro incapacità di instaurare il socialismo. Antonio Gramsci fu un caso unico tra i massimi dirigenti comunisti dei paesi imperialisti. A partire dal 1918, egli si mise con dedizione crescente alla scuola di Lenin e del partito comunista russo rompendo con la tradizione dei partiti socialisti della II Internazionale, studiò a fondo la formazione economico-sociale italiana alla luce del marxismo-leninismo e proseguì questi studi anche in carcere cercando di costruire la scienza della rivoluzione socialista in Italia. Ma la sua detenzione nelle carceri fasciste non gli permise di verificare e arricchire la scienza che elaborava conducendo la rivoluzione nel nostro paese, se non nei tre anni 1923-1926 durante i quali per decisione dell’Internazionale Comunista fu alla testa del Partito Comunista d’Italia.
2.
La borghesia imperialista e il clero escludono le masse popolari dalle attività prettamente umane, in particolare dall’apprendimento e dall’esercizio delle attività intellettuali (dell’attività del pensare) e dall’effettiva partecipazione alla gestione, direzione e progettazione della vita sociale. Non solo i comunisti provenienti dalla borghesia devono liberarsi dal retaggio ideologico e morale che si trascinano dietro dalla loro classe d’origine. Anche i comunisti che provengono dalle masse popolari per diventare il reparto d’avanguardia della classe operaia e del resto delle masse popolari non possono restare ciò che sono, devono liberarsi dal retaggio ideologico e morale che si trascinano dietro dalla loro origine di classe oppressa. Il comunista non è uno che vive come le classi oppresse; deve diventare un dirigente della classi oppresse dalla borghesia e portarle a fare quello che esse non fanno e non hanno mai fatto: la rivoluzione socialista e poi a imparare a vivere emancipate dalla borghesia e dalle altre classi dominanti. Simili comunisti costituiscono una specie che nei paesi imperialisti non è mai esistita. La linea di “vivere come le classi oppresse” è la linea dei vecchi partiti socialisti: i loro dirigenti corrotti vivevano come i membri delle classi dominanti, i loro dirigenti onesti ed eroici “soffrivano” come le masse, ma che giovamento ne ebbero le masse? Sia i partiti socialisti sia i partiti comunisti furono incapaci di instaurare il socialismo!
I comunisti sono e devono essere oggetto oltre che soggetto della rivoluzione: la concezione che questa trasformazione è necessaria è uno dei sei principali apporti del maoismo alla concezione comunista del mondo.(1) Questo significa:
- sottrarsi al primo pilastro del regime di controrivoluzione preventiva (attività di intossicazione e diversione promosse dalla borghesia), alla saturazione del tempo e delle energie spirituali con le attività correnti, alla fuga nel mondo virtuale, inteso questo nel senso stretto del mondo di immagini, parole, sentimenti, influenze e suoni messi in opera dalla borghesia imperialista tramite l’informatica e internet,(2)
- La Voce n. 41 (luglio 2012), pagg. 48-50, L’ottava discriminante.
- La Voce n. 54 (novembre 2016), pagg. 17-19, Le tre trappole.
- fare una Riforma Intellettuale e Morale (RIM) e specifici processi di critica-autocritica-trasformazione (CAT) che riguardano la concezione del mondo, la mentalità e in una certa misura la personalità di ogni comunista per dedicarsi anima e corpo alla rivoluzione socialista. Anche la personalità di ogni individuo è marcata dall’origine di classe: tendenza a non domandarsi il perché delle cose, timidezza, sfiducia in se stesso, scarsa padronanza di sé, dei propri istinti e sentimenti, scarsa attitudine a prendere decisioni, sfiducia nella possibilità di determinare un’azione collettiva, individualismo, ecc. sono tracce della condizione delle classi oppresse nella personalità degli individui.
La trasformazione in comunisti richiede uno sforzo e una precisa e forte volontà individuale. È una scelta consapevole e un percorso che solo chi è deciso a farlo riesce a compiere. Anche per questo l’adesione al partito comunista è individuale e non tutti sono ammessi. Il percorso di trasformazione non può essere imposto dall’esterno. È un processo di trasformazione complesso. È analogo a quello che tutti gli uomini dovranno compiere per vivere liberi ed eguali in una società in cui “il libero sviluppo di ogni individuo è la condizione del libero sviluppo di tutti” e libertà non significa che tutti gli individui fanno ognuno quello che a lui in quel momento piace, ma che ogni individuo sa cosa la società sta facendo e perché e fa la sua parte. Oggi le masse popolari non sono in grado di compierlo perché sono confinate nelle relazioni sociali che il modo di produzione capitalista comporta per le masse oppresse (sottomissione, irresponsabilità quanto al contesto sociale, non conoscenza di dove la società sta andando e perché, ecc.) e in più, dall’inizio del secolo scorso quando è iniziata l’epoca della rivoluzione socialista, la borghesia imperialista e il suo clero le distolgono dalla rivoluzione socialista con il raffinato sistema di misure a cui ho accennato sopra (le tre trappole, ecc.). Le masse popolari si trasformeranno e si libereranno da questa gabbia con un percorso differente da quello che oggi fanno i comunisti, che segue altre leggi e ha altre caratteristiche: in una certa misura attraverso la propria esperienza pratica e grazie all’opera d’avanguardia del partito comunista si trasformano già nel corso della rivoluzione socialista, ma si trasformeranno principalmente e in modo completo e su larga scala nel corso della transizione dal capitalismo al comunismo. Invece i comunisti devono diventare già oggi uomini e donne di tipo nuovo, di una “pasta speciale”. Confondere la natura dei comunisti con quella delle masse popolari significa non aver compreso in cosa consiste la trasformazione epocale che l’umanità deve compiere e il ruolo dei comunisti in questa trasformazione. Per capirci, come potrebbe uno istruire gli ignoranti se vuol restare lui stesso ignorante?
3.
I comunisti devono quindi “staccarsi dalle masse”, ossia seguire un percorso di trasformazione intellettuale e morale che li mette in grado di guidare le masse nella lotta a instaurare il socialismo e poi a fare la transizione al comunismo. Quindi devono “staccarsi dalle masse” per “tornare alle masse” ad un livello superiore ed essere la loro avanguardia. Questo percorso di trasformazione oggi li porta ad andare controcorrente rispetto al corso dettato dal senso comune che esiste tra le masse (combinazione variegata e variopinta di concezione clericale, borghese e anche comunista) e nell’ambiente da cui proviene o a cui è legato ogni comunista (famiglia, amicizie, posto di lavoro, ecc.). L’attuale debolezza del movimento comunista rafforza le resistenze e le diffidenze rispetto a questa scelta radicale. Chi vuole diventare comunista non può e quindi non deve cercare tra le masse (e nel suo ambiente) consenso alla sua scelta. Non può subordinare alle masse (e al consenso dei propri familiari e amici) la propria decisione. L’incoraggiamento, la spinta ad avanzare nella lotta per trasformare l’attuale ordine sociale non li trova principalmente nel senso comune. L’uno deve dividersi in due: il comunista deve staccarsi dalle masse e cercare le conferme della sua scelta di vita principalmente nel Partito e nella concezione comunista del mondo che esso impersona, analogamente a come Cristoforo Colombo si basò sulla scienza e su quanto di più avanzato scoperto e sintetizzato fin lì dagli uomini, per concepire e intraprendere la sua impresa e non si basò sulla religione cattolica, sulle credenze e sui miti all’epoca dominanti. Un’impresa nuova e inedita per la storia dell’umanità non può cercare conferme e sostegno nel vecchio mondo che sta morendo, con le sue leggende e pregiudizi. Li trova nel nuovo mondo che sta nascendo sulla base di quanto di più avanzato ed evoluto l’umanità ha finora scoperto.
Il partito comunista deve promuovere un processo costante di formazione e trasformazione dei suoi membri per favorire lo sviluppo della loro capacità di comprendere il percorso e la storia dell’umanità, l’epoca in cui viviamo, il contesto in cui lottiamo, per imparare ad orientarsi da soli in tutte le situazioni, per diventare educatori, formatori e organizzatori di altri compagni, per orientare, organizzare e mobilitare in ogni caso particolare le masse popolari nella giusta direzione e, infine, per ricavare dall’esperienza della rivoluzione socialista (della guerra popolare rivoluzionaria che promuovono e dirigono) insegnamenti (criteri, principi, linee, metodi, strumenti) con cui alimentare, estendere e approfondire la scienza che guida il Partito. In sintesi: il processo costante di formazione e trasformazione deve servire a far diventare i compagni dei quadri comunisti che contribuiscono efficacemente e creativamente, con slancio e con ingegno, con passione e autonomia alla costruzione della rivoluzione socialista e, in questa fase, alla lotta per la creazione delle condizioni per il Governo di Blocco Popolare.
A questo fine il Partito promuove nelle sue fila l’adozione di uno stile di vita e di una gestione delle relazioni sociali sani, cioè conformi allo sviluppo delle attività prettamente umane e ai compiti del partito, dirige i suoi membri a liberarsi dalle storture e dall’abbrutimento di cui le masse popolari sono vittime a causa della gestione della società da parte della borghesia e del suo clero.
La borghesia non ha nulla da offrire alle masse popolari, se non la guerra di sterminio non dichiarata e la mobilitazione reazionaria. Cerca pertanto di distoglierci dalla lotta di classe con le tre trappole del regime di controrivoluzione preventiva e in particolare ora con il suo mondo virtuale (internet). Favorisce la diffusione tra le masse popolari e in particolare tra i giovani di concezioni distorte e malsane delle relazioni sociali, distruttive per se stessi e per gli altri (“sesso, droga e rock and roll”, culto della violenza e della sopraffazione, arrivismo e carrierismo, ecc.). Alimenta una concezione feudale (arretrata e reazionaria) dei rapporti di coppia e delle relazioni familiari: legami malsani (morbosi) nella coppia, tra genitori e figli e tra gli stessi genitori. Questa situazione colpisce in modo particolare i giovani delle masse popolari che la società borghese considera e tratta come esuberi, che hanno meno esperienze di vita e una personalità in formazione. Aiutare i compagni e le compagne a non cadere in questo pantano o a uscirne, emanciparsi ed elevarsi intellettualmente e moralmente e coltivare la solidarietà di classe (l’amore verso le masse e l’odio di classe verso la borghesia) è uno dei compiti imprescindibili nella loro cura e formazione. È un compito che il Partito ha il dovere di assumersi e di svolgere con serietà e con amore verso i compagni. La formazione e trasformazione di un membro del partito (uomo o donna) consistono nella formazione di un individuo con un’intensa attività intellettuale, con ampie e profonde relazioni sociali e sentimentalmente ricco.
“L’idea che la gestione del proprio istinto e delle proprie relazioni sessuali e le relazioni familiari e personali sono ‘questione privata’ appartiene alla concezione borghese del mondo. Il sistema di controrivoluzione preventiva porta all’estremo questo aspetto della concezione borghese del mondo. Ma questo cozza con i fatti: nella realtà sono aspetti della vita individuale condizionati dalla società, legati al ruolo che ogni individuo esercita nella società e a quello che vuole esercitare. Essi hanno importanti effetti sugli altri individui e sulla società. In ogni individuo inoltre sono strettamente connessi all’attività intellettuale, ai sentimenti e alla sensibilità con cui lo stesso individuo partecipa alla vita sociale. Noi comunisti dobbiamo trattarli come questioni sociali particolari: capirne il carattere sociale studiando i legami delle attività individuali con la società e la particolarità di ognuna di esse e combinare in un rapporto dialettico di sviluppo le varie attività di ogni individuo considerato nella sua unità contraddittoria e nella concretezza della sua particolare storia (voler mettere vestiti uguali a individui diversi è velleitario)”.(3)
Se abbiamo chiaro da dove partiamo e dove vogliamo arrivare, non ci scandalizzeremo se nelle nostre fila arrivano compagni con atteggiamenti e condotte arretrati, compagni che passano quattro-cinque ore al giorno su Facebook, che vanno con prostitute o che riducono l’emancipazione sessuale al “saltare da un letto all’altro”, che si sballano ed evadono dalla realtà (droga, alcool), ecc.
Queste condotte sono il frutto dell’abbrutimento prodotto dalle relazioni sociali proprie del modo di produzione capitalista e dalle condizioni volutamente e accuratamente create dalla borghesia imperialista e dal suo clero per distogliere le classi oppresse dalla rivoluzione socialista.(4)
- La Voce n. 52 (marzo 2016) pag. 47, Avanziamo nella riforma intellettuale e morale – Sesso e famiglia nel nostro lavoro organizzativo: cura, formazione-trasformazione e impiego dei membri del Partito.
- Negli USA contro le Black Panthers (anni ’60 e ’70) l’FBI lanciò su grande scala l’uso di droghe nelle zone abitate da neri. Apposite agenzie degli imperialisti USA hanno usato e usano sistematicamente procedimenti analoghi in vari paesi sudamericani e altrove.
Dobbiamo mettere in conto che possono presentarsi pertanto anche nel partito, che però grazie alla sua concezione comunista del mondo riesce a trattare nel modo più avanzato oggi possibile i compagni “vittime” del sistema facendoli partecipare alla lotta rivoluzionaria e facendoli diventare parte attiva nel processo di trasformazione dell’attuale società e nel costruire una società socialista.
Fissato che è la borghesia che diffonde e alimenta queste pratiche tra le masse e quali sono i suoi obiettivi, diventa più chiaro perché il Partito combatte e combatterà queste pratiche e come le cura.
Che queste pratiche promosse dalla borghesia siano diffuse tra le masse non significa che devono essere accettate come una sorta di “tara insuperabile” nel partito. Dalla melma si può uscire. Per vincere, dalla melma si deve uscire. Il movimento comunista nazionale e internazionale ha esempi importanti di trasformazioni radicali: uno dei più illustri è Chu Teh, il quale da oppiomane e signore della guerra si disintossicò, passò dal campo delle classi reazionarie a quello delle masse popolari e della rivoluzione, si unì al Partito Comunista Cinese e divenne fondatore e dirigente dell’Armata Rossa.
Nell’affrontare queste situazioni dobbiamo cercare di comprendere qual è il disagio che c’è al fondo (la problematica) per aiutare il singolo compagno o compagna a ragionarci su, analizzarlo e intraprendere un percorso per il suo superamento. Bisogna amare i compagni, curarli, aiutarli ad emanciparsi abbracciando con più determinazione la causa del comunismo.
Con un compagno che va a prostitute o con un compagno\a che ha una vita sessuale sregolata, ad esempio, serve a poco e sarebbe sbagliato “fare prediche o processi” o “metterlo all’indice”: bisogna al contrario ragionare con lui in modo maturo e sereno, facendolo aprire sulle difficoltà che incontra a relazionarsi con una donna e a costruire una relazione sana e di prospettiva, appagante dal punto di vista intellettuale, sentimentale e sessuale.
“Gli uomini sviluppano tra loro rapporti a tre livelli: per gestirne bene la combinazione, dobbiamo distinguerli.
A livello intellettuale: a questo appartengono le immagini, le idee, le concezioni, gli obiettivi che danno (o che sono indotti a dare) alla loro vita.
A livello dei sentimenti: a questo appartengono le sensazioni, le immagini, gli slanci, l’amore, la solidarietà, il trasporto, l’insofferenza, l’irritazione, l’odio.
A livello pratico, fisico: quello che si vede, si tocca, si sente, ecc. A questo livello appartengono anche i rapporti sessuali, il vivere nella stessa casa, il fare vita comune, ecc. Sono rapporti tra l’umano e l’animale (nel senso che sono comuni anche ad altri animali). Ma anche i rapporti comuni ad altri animali, gli uomini li vivono in modo diverso dagli altri animali e in un modo che hanno modificato nel corso della loro storia. Basta considerare il mangiare: tutti gli animali si alimentano, ma il galateo e l’arte culinaria, le batterie di cucina, ecc. sono proprie degli uomini e sono cambiate nel tempo. Una cosa analoga vale anche per l’accoppiamento e per la gestione delle relazioni e attività derivanti dall’istinto sessuale”.(5)
- La Voce n. 52 (marzo 2016) pag. 48-49, Avanziamo nella riforma intellettuale e morale – Sesso e famiglia nel nostro lavoro organizzativo: cura, formazione-trasformazione e impiego dei membri del Partito.
Ci sono poi casi in cui oltre a scavare sulle problematiche e sui disagi di fondo occorre anche essere fermi e adottare delle misure nette e immediate: con i compagni del Partito che abusano di alcool o che sono vittime del mondo virtuale e trascorrono quattro-cinque ore al giorno su Facebook, ad esempio, bisogna pretendere che interrompano subito queste pratiche nocive e bisogna mettere in campo le misure necessarie di controllo, costrizione e supporto da parte del collettivo affinché lo facciano effettivamente.
Considerando questi comportamenti come piaghe sociali, dobbiamo seguire e attuare tre approcci differenti:
– con chi già vuole essere dei nostri e presso cui quindi siamo molto autorevoli: dobbiamo esigere che rompa con le tre trappole e acquisti indipendenza rispetto al sistema di controrivoluzione preventiva. Questa è condizione per essere inserito nei nostri ranghi senza riserve e a tempo indeterminato;
– con chi non è dei nostri ma ci sta ad ascoltare, presso cui abbiamo già acquisito un certa autorità: dobbiamo esortare e spingere in mille modi particolari e concreti a rompere con le tre trappole e ad acquistare indipendenza rispetto al sistema di controrivoluzione preventiva e contemporaneamente mobilitarlo nella lotta e fare di ogni lotta una scuola di comunismo per alimentare la sua crescita e la sua formazione;
– con il resto delle masse con cui entriamo in contatto: dobbiamo mobilitare nella lotta ognuno sulla base della classe di appartenenza e fare di ogni lotta una scuola di comunismo.
La diffusione tra le masse popolari da parte della borghesia di determinate concezioni, condotte, stili di vita e forme di abbrutimento non significa che i comunisti devono conservarli e tollerarli nelle proprie fila. I comunisti provengono dalle masse ma si staccano da esse, devono staccarsi da esse, per poi riuscire a svolgere il ruolo di dirigenti della parte d’avanguardia della classe operaia nella lotta per la conquista del potere, per l’instaurazione del socialismo. Rimandare la trasformazione dei comunisti perché “tra le masse è normale fare così” significa non comprendere il ruolo del partito comunista come motore della rivoluzione socialista e non tirare le giuste lezioni dall’esperienza della prima ondata delle rivoluzione proletaria: per guidare le masse popolari alla vittoria, i comunisti devono già da subito trasformarsi ed emanciparsi intellettualmente e moralmente e diventare realmente autonomi dalla borghesia e dal clero (cosa che a livello di massa si realizza solo in parte durante la rivoluzione socialista e principalmente e universalmente nella fase socialista).
Dobbiamo inoltre tenere la guardia alta e contrastare al nostro interno anche un’altra posizione arretrata e nociva, frutto dell’influenza della borghesia imperialista e della sinistra borghese con la sua “cultura alternativa”: la concezione secondo cui “ai giovani non bisogna chiedere troppo, devono pensare a divertirsi e, se proprio decidono di essere attivi politicamente, bisogna accontentarsi di ciò che fanno e di come sono”. Questa concezione è un’arma contro le masse popolari. Con i suoi giovani rampolli la borghesia imperialista è molto esigente: li spedisce nelle migliori scuole per imparare a comandare, a dirigere e a “far fruttare” il capitale! Esigente è anche con i giovani delle masse popolari che assume per valorizzare il suo capitale, per combattere contro i popoli che si ribellano o per fare i gendarmi. Gli altri giovani delle masse popolari invece li tratta ognuno come un inetto, un ritardato, un esubero incapace di stare sulle sue gambe. Porta i giovani ad “ammuffire”, ad abbrutirsi, a deprimersi, ad avere condotte autodistruttive o violente verso gli altri, a cadere o restare nel pantano anziché crescere, maturare e diventare “adulto”: persona intellettualmente e moralmente matura e socialmente responsabile, capace di dirigere se stesso e altri. Un giovane diventa “adulto” se educato a diventarlo, se viene valorizzato, formato, responsabilizzato, sostenuto ad emanciparsi, a camminare sulle sue gambe (e spesso questo significa innanzitutto andare a vivere da solo e imparare a “sbrigarsela da sé”) e, laddove necessario, corretto e stimolato. In questa epoca storica un giovane diventa “adulto” se svolge un ruolo positivo nella lotta di classe, nella lotta rivoluzionaria. Se uno è coinvolto in un incendio, in un’epidemia, cresce solo se partecipa attivamente a porre fine al disastro. Il modo di produzione capitalista è diventato l’epidemia, il male nascosto che corrode l’umanità. La Comune di Parigi, la Rivoluzione d’Ottobre, la fondazione del PCI, la guerra civile di Spagna e le Brigate Internazionali, la Resistenza partigiana, la Rivoluzione cinese, nord coreana, cubana, vietnamita, le lotte di liberazione nazionale che hanno posto fine al colonialismo, le Brigate Rosse e centinaia di altri movimenti rivoluzionari che si sono svolti nel corso della prima ondata della rivoluzione proletaria hanno visto i giovani in prima fila, diventare costruttori del loro futuro e svolgere compiti anche di direzione di alto livello: ad es. Lin Piao a 14 anni dirigeva un reggimento dell’Armata Rossa cinese, Pietro Secchia e Luigi Longo parteciparono alla fondazione del PCI come rappresentanti della Federazione Giovanile del PSI, Giovanni Pesce aveva 20 anni quando partecipò alla Guerra Civile di Spagna, i compagni delle BR erano per la maggior parte al di sotto dei 30 anni.
La serietà con cui un compagno abbraccia la causa del comunismo si verifica da quanto si impegna nella propria trasformazione e nell’attuazione nel suo contesto e settore della linea del Partito e dei compiti della fase.
Per essere membro del Partito bisogna accettare che occorre trasformarsi intellettualmente e moralmente e adottare una condotta e uno stile di vita sani, cioè conformi ai compiti del partito che sta conducendo la rivoluzione socialista in un paese imperialista come il nostro. Solo se i comunisti sono oggetto oltre che soggetto della rivoluzione, essa trionferà.
5.
La necessità di essere oggetto e soggetto della rivoluzione e di intraprendere la RIM, vale per tutti i comunisti dei paesi imperialisti, per tutti i comunisti del nostro paese e in particolare per i compagni della Carovana del (n)PCI, siano essi del (n)PCI o del P.CARC. Però stante la differente natura e i diversi compiti dei due partiti di comunisti che compongono la Carovana del (n)PCI, la RIM presenta dei tratti specifici e differenti per ognuno di essi. Qui ci concentriamo sul (n)PCI: è compito del P.CARC e della sua direzione entrare nel merito delle specificità dei processi di trasformazione dei suoi membri. La II° Intervista di Resistenza al compagno Ulisse (pubblicata sul numero di febbraio 2017 della rivista del P.CARC) sintetizza i diversi compiti dei due partiti ed entra nello specifico di cosa significa essere membro del (n)PCI:
“1. Il (n)PCI ha come orizzonte di attività teorica e pratica l’instaurazione del socialismo e la transizione dal capitalismo al comunismo. Si occupa della tattica della fase (ad esempio in Italia a partire dal 2009 della creazione delle condizioni necessarie per costruire il GBP e della costituzione del GBP) ma solo come parte di un percorso più lungo e quindi tenendo già conto di questo, del dopo e del contesto. Invece il P.CARC si occupa principalmente della creazione delle condizioni necessarie per costituire il GBP e della costituzione del GBP.
- Il livello minimo di un membro del (n)PCI implica l’adesione senza riserve alla causa impersonata dal (n)PCI: chi entra a far parte del (n)PCI vi entra guidato dalla concezione comunista del mondo e per formarsi alla concezione comunista del mondo. Invece il livello minimo di un membro del P.CARC è quello che indicate come livello del membro di base: può entrare anche una persona guidata ancora dal senso comune.
Quanto alle forme di militanza nel (n)PCI, ogni membro del Partito svolge clandestinamente la sua attività di Partito e tiene rapporti clandestini con il Partito, ma vi sono compagni che vivono in condizioni di clandestinità totale (generalità false, documenti falsi, ecc.) e compagni che apparentemente hanno una vita normale, fanno un lavoro come tanti altri, hanno famiglia, ecc. Ma ogni compagno sa che da un momento all’altro il Partito può chiedergli di lasciare tutto, di spostarsi altrove o passare nella clandestinità completa. Per uno che non è disposto a questo, le dichiarazioni di essere disposto a dare la sua vita e sacrificare la sua libertà per la causa, sono dichiarazioni retoriche, false, che valgono fino a quando non le deve mettere in pratica. Anche se una certa divisione tra ‘truppe mobili’ [compagni che hanno già lasciato il loro ambiente e vivono sotto mentite spoglie, ndr] e ‘truppe stanziali’ [compagni che svolgono attività clandestina nel loro ambiente, ndr] nei fatti c’è, nel Partito non ne facciamo una questione di principio. Alimenteremmo la separazione tra teoria e pratica. Resta una contraddizione interna che emerge in ogni lotta tra le due linee”.
Per essere membro del (n)PCI occorre quindi una RIM più profonda rispetto a quella richiesta per essere membro del P.CARC, perché occorre una comprensione più avanzata delle problematiche che pone la rivoluzione socialista (la strategia e la natura del partito comunista), del regime di controrivoluzione preventiva in cui operiamo e, sostanzialmente, un’emancipazione superiore dalle due tare che hanno affossato il vecchio movimento comunista nei paesi imperialisti (il riformismo elettorale e l’economicismo) con il legalitarismo e il “cretinismo parlamentare” connessi.
In sintesi, occorre avere ben assimilato l’insegnamento tratto già da Engels nel 1895 e fissato nella sua Introduzione della ristampa degli articoli di K. Marx Le lotte di classe in Francia dal 1848 al 1850: nel momento in cui la classe operaia si avvicina alla conquista del potere, la borghesia rompe la sua stessa legalità e scende sul terreno della guerra civile: il partito non solo deve essere capace di non farsi travolgere ma deve essere capace di approfittarne. La prima ondata della rivoluzione proletaria e la storia del nostro paese confermano pienamente il carattere eversivo della borghesia imperialista italiana e del Vaticano: fascismo, Portella della Ginestra e centinaia di altre esecuzioni di comunisti e sindacalisti per mano della Mafia, persecuzione dei Partigiani da parte delle forze dell’ordine e della magistratura della Repubblica Pontificia e impunità e agibilità per gerarchi fascisti e repubblichini, Gladio, schedature fatte dal SIFAR, Piano Solo, P2, golpe Borghese, Rosa dei Venti, strategia della tensione, torture di Stato contro i prigionieri politici delle BR ed esecuzione di compagni per mano dell’Arma dei Carabinieri e di poliziotti, utilizzo di gruppi nazi-fascisti per il “lavoro sporco”, pratica sistematica di provocazioni, intimidazioni e infiltrazioni, persone trovate “suicidate” o vittime di incidenti, sequestri di persona e tutte le altre azioni criminali svolte dai “servizi segreti deviati” contro il movimento comunista e rivoluzionario in generale.
Questo comporta già oggi determinati caratteri del nostro lavoro di massa di cui qui non mi occupo. Comporta però anche conseguenze nella formazione e selezione dei membri del Partito.
Per far fronte al regime di controrivoluzione preventiva occorre un’assimilazione della concezione comunista del mondo, del bilancio della prima ondata della rivoluzione proletaria e del regime di controrivoluzione preventiva tale che è possibile comprendere e condurre una militanza clandestina (difficile nella situazione attuale anche perché la borghesia non ha messo fuorilegge i comunisti) e accettare di strutturare la propria vita tenendo conto che “ogni compagno sa che da un momento all’altro il Partito può chiedergli di lasciare tutto, di spostarsi altrove o passare nella clandestinità completa”.
Entrare nell’ottica di questo orientamento richiede un processo di maturazione ideologica, politica e personale, uno sforzo intellettuale e morale che permettono di andare contro la corrente, il pantano di attendismo e disfattismo diffuso nel nostro paese dai revisionisti moderni (prima) e dalla sinistra borghese (poi), anche tenendo conto che la borghesia non ha messo fuorilegge i comunisti.
Adottare questa concezione e stile di vita non è una cosa semplice, scontata, lineare (non è “un pranzo di gala”). I compagni che si arruolano e che militano nel (n)PCI non sono dei “super-uomini” ma persone normali (come erano normali i compagni del vecchio PCI che lottarono contro il fascismo e condussero la Resistenza e i compagni delle Brigate Rosse, per restare nel nostro paese) che sulla base della concezione comunista del mondo e di una chiara comprensione dei compiti ineludibili che la rivoluzione socialista pone loro, “plasmano” la loro vita in funzione di questi compiti con il supporto e la direzione del Partito.
È un processo di trasformazione che avanza per tappe e a salti. È una lotta tra le due linee, tra il vecchio e il nuovo, che attraversa ogni militante del Partito. Essa investe scelte di vita personali, come ad esempio decidere di fare figli pur sapendo di poter partire per la clandestinità totale se il Partito lo richiede e, quindi, di dover lasciare i propri figli ad altri compagni, familiari o amici (come fecero già migliaia di comunisti nella prima ondata, ad es. Teresa Noce). È questo il senso delle parole di Ulisse quando nell’intervista afferma: “Anche se una certa divisione tra ‘truppe mobili’ e ‘truppe stanziali’ nei fatti c’è, nel Partito non ne facciamo una questione di principio. Alimenteremmo la separazione tra teoria e pratica. Resta una contraddizione interna che emerge in ogni lotta tra le due linee”.
Costruire un Partito di questo tipo non è cosa semplice ma è indispensabile per creare lo Stato Maggiore della classe operaia in grado di guidarla fino alla vittoria nella sua lotta per instaurare il socialismo e dopo nella transizione al comunismo.
Il compagno Federico