[Italia] Studenti e insegnanti uniti e organizzati per costruire l’alternativa per la scuola e per il paese!

In ogni paese europeo la trasformazione dell’istruzione pubblica è un aspetto importante degli sforzi disperati della borghesia imperialista e del suo clero per protrarre l’esistenza del loro potere nonostante la crisi generale del capitalismo: è una componente importante del loro sistema di controrivoluzione preventiva.1 Come riporta lo stesso articolo di Orizzonte Scuola (che vi proponiamo qui sotto) i provvedimenti governative degli ultimi 20 anni vanno nella direzione di “ridurre i saperi e aumentare le “competenze”, creare manodopera a diverso livello di specializzazione, disponibile a lavorare alle condizioni dettate dal mercato, manodopera non in grado di produrre pensiero critico sull’esistente, cittadini inermi di fronte ad ogni cambiamento peggiorativo delle loro condizioni di vita e lavoro”.

L’intervento sulla scuola risponde anche alla ricerca forsennata di valorizzazione del capitale accumulato in quantità enorme; l’istruzione deve diventare una merce come ogni altro servizio alla persona: ognuno acquista l’istruzione che può permettersi a seconda dei soldi di cui dispone2.

L’indirizzo impresso dal Governo Renzi non è nuovo ma in linea con quanto i governi di centro-sinistra (con Luigi Berlinguer, Governo Prodi 1996-2000) e di centro – destra (da Letizia Moratti a Maria Stella Gelmini, governi Berlusconi) hanno messo in campo per 20 anni.

L’esito della battaglia contro la legge 107 (detta anche Buona Scuola) dipende principalmente dalla convergenza tra gli oppositori alla riforma: studenti, insegnanti e il resto dei lavoratori della scuola, e gli altri fronti di opposizione. Ma più ancora che dallo sviluppo della protesta, dipende dallo sviluppo di un’alternativa politica reale, cioè dallo sviluppo del movimento per la costruzione di un governo di emergenza delle masse popolari organizzate. Un governo sorretto da una rete di organizzazioni operaie e popolari diffuse sul territorio. Ogni scuola può diventare il centro di mobilitazione e orientamento delle masse popolari della zona e contribuire allo sviluppo della rete di nuova governabilità cioè costruire organizzazioni che si pongono nell’ottica di mettere mano alle esigenze concrete degli studenti e dei lavoratori, organizzazioni che passano dall’essere centri rivendicativi verso le autorità al diventare centri che applicano le misure necessarie: Nuove Autorità Pubbliche che sperimentano l’emanazione di misure alternativa e in contrapposizione a quelle delle Autorità costituite (come il Preside).

È così che facciamo valere la forza di quelle 600 mila persone che manifestarono contro la Buona Scuola nei mesi tra il 2015 e il 2016; la raccogliamo e la rendiamo funzionale allo sviluppo di quel movimento oggettivo che oggi è il contenuto della resistenza delle masse popolari che, dalle scuole alle fabbriche ai quartieri, resistono agli effetti della crisi, e che trova corpo nell’applicazione delle parti più progressiste della Costituzione.

Rilanciamo con l’invito a partecipare al tavolo tematico del 12 agosto “Occuparsi dalla scuola e Uscire dalla scuola per costruire l’alternativa politica” (nell’ambito della Festa di Riscossa Popolare che si svolgerà a Marina di Massa dall’11 al 15 agosto: http://www.carc.it/2017/08/07/italia-il-programma-della-festa-nazionale-della-riscossa-popolare/).

***

Licei di quattro anni. USB: tagli a cultura, istruzione, organici e cattedre

(http://www.orizzontescuola.it/licei-quattro-anni-usb-tagli-cultura-istruzione-organici-cattedre/)

 

USB Scuola – La ministra dell’istruzione Fedeli ha firmato il decreto che espande la sperimentazione dei cosiddetti Licei Brevi (di quattro anni) dalle attuali 11 scuole, di cui ben 6 in paritarie, a 60 o 100 istituti su tutto il territorio nazionale.

L’obiettivo di ridurre il percorso scolastico di un anno in questo paese non è una novità. Negli anni si è parlato di accorpare scuola primaria e medie inferiori, di accorpare medie inferiori e superiori e da alcuni anni si insiste sul taglio di un intero anno di scuola, negli istituti superiori. Il mantra è sempre lo stesso: metterci al passo con l’Europa, dove i giovani finiscono la scuola un anno prima rispetto agli studenti italiani. In realtà il sistema europeo è tutt’altro che omogeneo, vi sono paesi in cui la scuola termina a 18 anni, che però hanno un sistema in cui la scuola “media” si prolunga fino a 15/16 anni (sul modello anglosassone), ma vi sono paesi, tra cui quelli del Nord, in cui il percorso termina a 19 anni. In altri paesi dipende poi dal tipo di scuola scelto (in Germania, ad esempio).
Allora, se il quadro europeo è così variegato, perché insistere tanto sull’abbassamento dell’età in cui si consegue il diploma di scuola superiore? Per di più di fronte a un tasso di disoccupazione giovanile che davvero non sembra incoraggiare un ingresso anticipato nel mondo del lavoro? A noi sembra evidente che lo scopo è sempre lo stesso e accomuna tante cosiddette novità, dall’alternanza scuola lavoro, al proliferare di progetti e “collaborazioni” coi privati e il mercato, alla didattica per competenze: ridurre il tempo-scuola e abbassare il livello di istruzione complessivo della popolazione scolastica. Produrre cittadini sufficientemente istruiti e specializzati, ma non educati a pensare. Ridurre i saperi e aumentare le “competenze”, creare manodopera a diverso livello di specializzazione, disponibile a lavorare alle condizioni dettate dal mercato, manodopera non in grado di produrre pensiero critico sull’esistente, cittadini inermi di fronte ad ogni cambiamento peggiorativo delle loro condizioni di vita e lavoro. Ogni provvedimento degli ultimi 20 anni, dalla riforma Gelmini alla L. 107, alle leggi delega di quest’anno, va in questa direzione.
È necessario anche sottolineare che ridurre di un anno il tempo della scuola porterà ad accentuare ancora di più il gap tra gli studenti che provengono da famiglie abbienti, in grado di garantire ai figli esperienze, cultura, conoscenze e gli studenti che queste possibilità non hanno, indebolendo ulteriormente il ruolo di ascensore sociale che la scuola pubblica e statale ha avuto per molti anni
Inoltre da lavoratori della scuola, non possiamo non chiederci che effetti un provvedimento del genere possa avere sull’organico docente. Quanti posti di lavoro potrebbero perdersi?
Infine, troviamo davvero inquietante l’idea di aumentare il monte ore annuale da 900 a 1050, dopo che per anni tutti i ministri succedutisi al dicastero dell’istruzione hanno lavorato al taglio delle ore di scuola giornaliere con la scusa dell’eccessiva fatica che quel numero di ore avrebbe comportato per gli studenti. Improvvisamente il problema non esiste più? Sorvoliamo sulla pretesa di concentrare l’ASL nei periodi di vacanza, ovvero sull’ulteriore aggravio di lavoro per studenti e docenti.
Alla luce di tutto questo invitiamo i collegi docenti a bocciare tali sperimentazioni, prive di valore pedagogico, ma utili al progetto di smantellamento del sistema scolastico pubblico e statale in favore della scuola azienda funzionale al mercato.

1A questo proposito vedi Manifesto Programma: http://www.nuovopci.it/scritti/mpnpci/01_03_03_contrivol_prev.html

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