Sulla bocciatura politica dello studente comunista Emanuele Fiadone

Quarto (NA). Se nelle fabbriche i padroni tentano con ogni mezzo di reprimere i lavoratori avanzati per allontanarli dalla lotta (vedi articolo sulla repressione aziendale), con l’avanzare della crisi e l’imposizione delle riforme dei vertici della Repubblica Pontificia, lo stesso clima repressivo viene instaurato nelle scuole. L’Istituto ISIS Rita Levi Montalcini  è un esempio lampante delle misure repressive che con la riforma della Buona Scuola vengono applicate contro gli studenti che non si rassegnano alle condizioni pietose in cui riversa la scuola pubblica. Questa riforma infatti non fa altro che dare libertà d’azione e strumenti repressivi a insegnanti e dirigenti reazionari che non si fanno scrupoli a utilizzare quanto gli è concesso per reprimere gli alunni, a partire dalle minacce da parte della direzione ai singoli studenti che si organizzano, alla segnalazione alle forze dell’ordine, fino ad arrivare alla bocciatura politica per allontanare gli alunni scomodi. Questo è ciò che è successo a Emanuele Fiadone, studente dell’Istituto e compagno del Collettivo studentesco ISIS e membro nostro partito. Approfittando del regolamento secondo il quale, una volta bocciati due volte di fila nella stessa classe, la scuola può rifiutare l’iscrizione dell’alunno e del fatto che Emanuele fosse già stato bocciato l’anno prima, i dirigenti dell’ISIS hanno ben pensato di bocciarlo per cacciarlo dalla scuola, nonostante a fine anno avesse sole due materie al di sotto della sufficienza, abbassandogli arbitrariamente tutti i voti. Ad essere bocciate non sono state le sue prestazioni scolastiche, ma le sue idee e soprattutto la sua pratica politica, un atto repressivo volto ad indebolire il collettivo studentesco, che ha sta acquisendo sempre più autorevolezza nella scuola.

Il Collettivo ISIS, infatti, ha svolto un grande lavoro all’interno dell’istituto, alimentando un processo di partecipazione attiva degli studenti. Sin dall’inizio dell’anno si è attivato politicamente sulla battaglia per la ripresa del trasporto pubblico per gli studenti diversamente abili, che da settembre a gennaio era stato sospeso: cortei, presidi al Comune, assemblee straordinarie imposte alla dirigenza scolastica, il tutto legando la battaglia particolare alla lotta più generale per l’attuazione della Costituzione. Ha organizzato e promosso assemblee d’Istituto coinvolgendo gli studenti anziché delegarle ai rappresentanti-fantoccio, scelti da Preside e vice-Preside, ha organizzato e gestito attività culturali come dei cineforum partecipati da tutte le classi della scuola, e ha promosso un’autogestione grazie alla quale si sono svolte attività di didattica alternativa.

Il Collettivo ISIS ha lottato con determinazione perché fosse attuata la Costituzione e, alla fine, ha vinto: non solo perché il trasporto per i disabili è stato ripristinato e perché gli studenti sono stati protagonisti all’interno del loro istituto, ma anche perché a nulla sono valsi il terrorismo psicologico messo in campo da Preside e vice-Preside né le intimidazioni dei Carabinieri, della Polizia di Stato e della DIGOS che durante le mobilitazioni sono sistematicamente intervenuti per cercare di fermarle. Emanuele è stato in prima linea in questa lotta e non ha mai abbassato la testa neppure di fronte alla repressione e alle minacce della dirigenza scolastica; per questo si ritrova ora bocciato e costretto a cambiare scuola. Non per demerito scolastico, ma perché è una spina nel fianco di un sistema scolastico in cui individualismo e sottomissione vengono posti come valori primari, senza i quali è impossibile andare avanti, un sistema scolastico che non forma a pensare e non offre ai giovani nessun tipo di prospettiva, che non li forma a diventare cittadini e lavoratori consapevoli e competenti, (vedi articolo: “Perché i giovani non studiano?” su Resitenza n. 4/2017) e che oltre a non solo non offrere strumenti per migliorare la società, scoraggia i giovani dal farlo.

Emanuele ha presentato un ricorso legale contro la bocciatura, ma limitarsi a ciò e aspettare in silenzio la sentenza avrebbe significato legittimare la repressione, anziché alimentare l’organizzazione e la mobilitazione degli studenti. La questione è stata quindi pubblicamente denunciata, tramite un volantinaggio e un presidio di fronte alla scuola all’uscita dei quadri, è stato fatto appello all’Amministrazione di Quarto e al sindaco Rosa Capuozzo che ha affermato più volte alle masse popolari di Quarto e a tutto il paese (all’assemblea nazionale del 14 Maggio “Napoli città per l’attuazione della Costituzione” – vedi articolo su Resistenza n. 6/2017) di essere schierata contro le violazioni della Costituzione. Il 27 Giugno si è tenuta in piazza un’assemblea pubblica dove si è manifestata una parte della tanta solidarietà che Emanuele sta raccogliendo da singoli cittadini, organismi popolari, collettivi studenteschi e insegnanti sinceramente democratici, da più parti d’Italia.

Ciò che è successo a Emanuele dimostra che è possibile rivoltare la repressione, le intimidazioni e le ritorsioni contro chi le promuove e che l’aspetto decisivo è dare continuità alla mobilitazione, non farsi scoraggiare, non aspettare che “le autorità ristabiliscano la giustizia”, ma alimentare la partecipazione attiva delle masse popolari.

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