Anche la storia ha bisogno di una spinta: condizioni e sviluppi della rivoluzione socialista in corso

Aumenta in tutto il paese il numero di aziende capitaliste e pubbliche (ospedali, scuole, ecc.) dove alcuni lavoratori avanzati hanno incominciato a organizzarsi e a occuparsi della loro sorte, contro la liquidazione dell’azienda, contro la morte lenta o contro il peggioramento delle condizioni di lavoro e la riduzione dei diritti; si estende l’organizzazione sindacale di precari, lavoratori autonomi e disoccupati; crescono in mille forme l’organizzazione degli immigrati e le iniziative di solidarietà; cresce nelle città e nei paesi il numero di organismi popolari che si mobilitano per la casa, contro il degrado, l’inquinamento e la devastazione del territorio; aumentano le iniziative di esponenti della società civile e delle amministrazioni locali in appoggio alle organizzazioni operaie e popolari. Qui si costruisce il futuro del nostro paese. Sul grado di sviluppo di questa corrente di organismi e di relazioni noi comunisti dobbiamo valutare la situazione del paese e i risultati del nostro lavoro. A rendere più efficace e più ampio il nostro lavoro in questo campo e a indirizzare a favore di questo movimento tutte le forze e le iniziative di altri devono essere tesi gli sforzi dei comunisti. Il ruolo che svolge e tende a svolgere a favore di questo movimento qualifica la sinistra di ogni gruppo e ambiente che noi comunisti dobbiamo mobilitare.

Per ora nel nostro paese e complessivamente nel mondo questa corrente è ancora quella minoritaria. Il catastrofico corso delle cose che la borghesia imperialista, e nel suo seno la comunità internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti che è il raggruppamento più forte, impone al mondo è ancora la corrente di gran lunga predominante negli avvenimenti mondiali e anche negli avvenimenti del nostro paese. Chi guarda alla superficie delle cose, ha tutte le ragioni di disperarsi. Chi non vuole combattere trova mille buoni motivi per dire che è inutile combattere e fomentare il disfattismo. Ma è da più di quarant’anni a questa parte, da quando si è esaurita la prima ondata della rivoluzione proletaria mondiale sollevata dalla Rivoluzione d’Ottobre, che la borghesia imperialista ha ripreso il sopravvento nel mondo. Il materialismo dialettico ci ha insegnato ad andare oltre i dati empirici e oltre le apparenze, oltre quello che direttamente cade sotto i nostri sensi e anche oltre la rappresentazione del mondo data dalla propaganda con cui la borghesia imperialista e il suo clero intossicano le menti e i cuori nel disperato tentativo di distogliere le masse popolari dalla rivoluzione socialista. E la storia del secolo scorso, con la prima ondata della rivoluzione proletaria mondiale, ha confermato che il materialismo dialettico è il modo giusto di guardare la realtà, il modo che devono adottare quelli che vogliono trasformarla. I dati empirici bisogna connetterli tra loro, capire la loro combinazione e concatenazione. Solo studiando in questo modo il mondo in cui siamo immersi, il mare in cui navighiamo, non siamo sorpresi dagli eventi e troviamo la via per cambiare il mondo e quindi porre fine al catastrofico corso delle cose imposto dalla borghesia imperialista. È un corso doloroso per le masse popolari ma è anche un’ulteriore dimostrazione che la società borghese non ha futuro, che il sistema capitalista ha dato tutto quello che poteva dare di positivo e ora produce solo disastri su disastri. Proprio lo studio del catastrofico corso delle cose, se condotto “con gli occhiali” del materialismo dialettico, ci permette di capire cosa dobbiamo fare per porvi fine.

Noi comunisti valutiamo la situazione non dalle manifestazioni del catastrofico corso delle cose, ma da quanto avanza la lotta che promuoviamo per porvi fine, dalle scoperte che facciamo di linee, metodi e strumenti con cui rafforzarla, correggere i nostri errori e superare i nostri limiti, allargare la nostra influenza tra le masse popolari, aumentare le forze che mobilitiamo e trasciniamo a contribuire alla rivoluzione socialista.

Quando diciamo che le cose vanno bene intendiamo che tra le masse crescono il malcontento e l’insofferenza, diminuisce la fiducia nella classe dominante e nelle sue istituzioni, cresce la mobilitazione spontanea delle masse popolari, le classi dominanti devono sempre più ricorrere alle risorse della controrivoluzione preventiva, alla repressione, al controllo e alla mobilitazione reazionaria (devono mobilitare masse contro masse) per mantenere il potere, ma la mobilitazione reazionaria gliela possiamo rivoltare contro: i movimenti “islamisti” sono un caso esemplare.

 

Il mondo non si divide sempre più solo in due poli, ricchi e poveri, come anche la sinistra borghese denuncia. Si divide anche sempre più tra due correnti: una corrente rivoluzionaria che cresce e una corrente reazionaria che diventa sempre più arrogante e scoperta, ma che si isola sempre di più. In ogni ambiente e contesto, la sinistra è costituita da chi si ingegna e fa crescere la corrente rivoluzionaria.

Noi comunisti impariamo a mobilitare le masse popolari, a sviluppare la loro resistenza, a promuovere la mobilitazione rivoluzionaria delle masse popolari, reclutiamo nuovi elementi nelle nostre file, eleviamo la nostra capacità di capire la realtà, di vedere gli appigli che offre e di mobilitare le masse a trasformarla. Per svolgere meglio la nostra parte e non lasciarci sommergere dalla controrivoluzione preventiva, spaventare dalla repressione e scoraggiare dalla lentezza con cui avanziamo, dobbiamo assimilare sempre più profondamente alcune semplici verità (è una questione di concezione del mondo):

  1. la rivoluzione socialista non è un processo spontaneo, un movimento che le masse oppresse compiono in base al loro senso comune e alle condizioni pratiche in cui si trovano;
  2. solo noi comunisti siamo in grado di promuoverla: la rivoluzione socialista è possibile ed è necessaria, ma avanza solo se noi comunisti la promuoviamo con scienza e coscienza;
  3. dagli altri (classi, aggregati, gruppi e organismi) dobbiamo attenderci solo che ognuno reagisca secondo la sua natura agli avvenimenti in cui è coinvolto e agli effetti delle sue azioni: noi dobbiamo verificare costantemente che la natura che mostra nella sua attività è conforme all’immagine di essa che noi abbiamo in testa (in caso contrario dobbiamo rivedere l’immagine che abbiamo). Non dobbiamo invece attenderci che faccia quello che fa e può fare solo chi ha assimilato la concezione comunista del mondo, cioè noi comunisti.

 

La rivoluzione socialista non è un avvenimento spontaneo. Quindi bisogna lavorare con serenità, lungimiranza e solerzia, non restare a vedere come vanno le cose, ma farle andare dove devono andare: in ogni circostanza e contesto la nostra strada è certamente una di quelle in cui per loro natura le cose possono andare, ma è solo una delle strade possibili e quindi sta a noi far andare le cose in quel senso.

È questo lo stato d’animo con cui dobbiamo guardare al corso delle cose, per ricavarne il massimo per la nostra causa. In sintesi quello che distingue noi comunisti dai gruppi e individui che nella loro attività si pongono, più o meno chiaramente e coerentemente, l’obiettivo della rivoluzione socialista (quelli che chiamiamo forze soggettive della rivoluzione socialista) è che loro promuovono singole rivendicazioni e proteste, denunciano il “triste presente”, fanno propaganda del futuro e aspettano che succeda un rivolgimento generale (per questo in generale diciamo che i loro membri sono attendisti). Quello che distingue noi comunisti dai gruppi e individui malcontenti del corso delle cose, ma contrari al comunismo (quelli che chiamiamo sinistra borghese) è che loro promuovono tra le masse popolari singole rivendicazioni e proteste per accreditarsi presso le classi dominanti come “gestori delle masse” e indurre le classi dominanti a fare quello che esse non hanno interesse a fare e che non fanno, perché stringi stringi le classi dominanti sono fatte di individui ognuno teso a valorizzare il suo capitale, di loro funzionari e servi. Noi comunisti invece in ogni contesto ci ingegniamo a trovare il modo più efficace per far fare alle masse popolari quello che esse hanno interesse a fare (come far costruire un’abitazione a chi ne ha bisogno ma non conosce il mestiere) e ci gioviamo anche delle loro lotte rivendicative e delle loro proteste spontanee per mobilitarle e organizzarle, perché organizzandosi e lottando diventeranno abbastanza forti da prendere il sopravvento ed eliminare la borghesia imperialista e il suo clero, da instaurare il socialismo. La costituzione del Governo di Blocco Popolare è un passo di questa strada che dobbiamo portare le masse a percorrere.

 

I contrasti economici tra i gruppi e Stati imperialisti crescono e inevitabilmente cresceranno perché ogni capitalista deve valorizzare il suo capitale e la crisi per sovrapproduzione assoluta di capitale rende la cosa sempre più difficile, quindi più conflittuale. L’elezione di Trump alla presidenza degli USA e le sue iniziative scomposte sono la manifestazione dei contrasti nell’oligarchia USA, che sono cresciuti, la corrodono e logorano. Essi la spingono a prendere, contro le masse popolari americane e in tutto il mondo, iniziative sempre più criminali, ma allo stesso tempo sempre meno efficaci: nel senso che suscitano più nemici e rivolte che alleati e sottomissione. La corsa ad armarsi è una necessità per tutti i gruppi e Stati imperialisti (le decisioni del Consiglio Europeo del 22 giugno di creare una forza militare comune, ovviamente “di difesa”, e un fondo per finanziare la ricerca in campo militare, sono esemplari da questo punto di vista) e alimenta il contrasto tra ognuno di essi e le masse che deve sfruttare. Al vertice del 26 e 27 maggio a Taormina (Catania) i “Sette Grandi” non hanno neanche dato lo spettacolo di unità che erano soliti presentare al pubblico. Le guerre condotte o fomentate dai gruppi e Stati imperialisti si estendono nel mondo e crescono i focolai di tensione. Non solo gli USA ma anche il Regno Unito di Gran Bretagna con le opere dei primi ministri David Cameron e Theresa May e la Francia nella successione alla presidenza da François Holland a Emmanuel Macron hanno mostrato lo sgretolamento di sistemi politici che per decenni hanno servito al loro scopo.

 

Nei paesi imperialisti, nel campo della lotta politica lo schieramento borghese è composto da tre grandi gruppi:

– la fazione delle Larghe Intese, formata da un partito conservatore e uno di sinistra (con i rispettivi satelliti) che, anche se si presentano divisi alle elezioni, attuano di comune accordo lo stesso programma (il programma comune della borghesia imperialista), si coprono le spalle e, all’occorrenza, si soccorrono a vicenda. È la fazione con cui i gruppi imperialisti hanno governato negli ultimi decenni (è la loro macchina di gestione del potere politico) e che essi privilegiano, ma che fa acqua da tutte le parti;

– la fazione antisistema, costituita dalle forze reazionarie, apertamente razziste e nazionaliste da paese a paese variamente combinate con gli scimiottatori dei movimenti fascisti e nazisti della prima parte del secolo scorso (i fautori delle prove di fascismo). È la “carta di riserva” a cui i gruppi imperialisti ricorrono quando le larghe intese scricchiolano o che usano per tenere legata una parte della popolazione alle Larghe Intese in nome del “pericolo razzista” e del “pericolo fascista”;

– la fazione della sinistra borghese vecchia (proveniente dalla deriva e disgregazione del vecchio movimento comunista ad opera dei revisionisti moderni) e nuova (espressione dello scontento e dell’indignazione delle masse verso la classe dominante, i suoi partiti e le sue istituzioni, la cosiddetta “casta”). È la fazione più divisa sulla strada da seguire: al carro dei gruppi imperialisti o al seguito delle masse popolari organizzate? Per questo è la parte su cui noi comunisti manovriamo e possiamo manovrare per rafforzare la corrente rivoluzionaria.

 

La crisi economica continua: il PIL cresce ma proprio la sua crescita dimostra che l’indice non è più significativo, perché contemporaneamente crescono in ogni paese imperialista le difficoltà dell’economia reale, quella che produce beni e servizi: gli squilibri delle bilance commerciali, l’eliminazione di interi settori produttivi, l’aumento di disoccupati, lavoratori precari e parziali, inoccupati e dipendenti da ammortizzatori sociali, la riduzione dei servizi pubblici a partire dalla sanità, dall’istruzione pubblica e dalla sicurezza sociale, la carente manutenzione del territorio e delle strutture pubbliche, i deficit cronici dei bilanci pubblici, l’aumento del debito pubblico, la riduzione delle prestazioni delle amministrazioni locali, la precarietà del sistema bancario e del sistema pensionistico. E questo nonostante gli incentivi pubblici alle aziende capitaliste e l’iniezione continua di liquidità da parte delle banche centrali: dalla Federal Reserve USA, alla Banca Centrale Europea (Mario Draghi regala 80 miliardi di euro al mese di prestiti indiscriminati e a interesse reale nullo al sistema bancario, quello che chiamano “quantitative easing”), alla Banca Centrale Giapponese. I BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) valgono molto come oggetto delle speranze e delle illusioni della sinistra borghese di tutti i paesi imperialisti, ma restano politicamente, militarmente, economicamente e finanziariamente concorrenti del sistema imperialista mondiale capeggiato dalla comunità internazionale di gruppi imperialisti europei, americani e sionisti e dipendenti da esso. L’abbrutimento culturale e morale fomentato in mille maniere e l’eliminazione dei diritti e delle conquiste delle masse popolari sono i tratti distintivi della relazione delle classi dominanti con le masse popolari nei paesi imperialisti e la distruzione delle condizioni di vita nei paesi oppressi.

 

Quanto alla nostra corrente e limitandoci al nostro paese, negli ultimi mesi abbiamo compiuto progressi importanti nella mobilitazione e organizzazione di lavoratori avanzati: ad esempio nel complesso delle aziende FCA (ex FIAT) da Melfi, a Pomigliano, a Cassino, a Termoli, a Torino, nel comparto acciaio (ILVA di Taranto e di Conegliano, Piombino e Terni), in Alitalia, nella logistica, nei trasporti e nelle tante aziende dove il contratto dei metalmeccanici firmato nel novembre scorso da FIOM-FIM-UILM viene contestato, nelle aziende che resistono alla liquidazione, tra cui la Rational di Massa spicca non solo per la tenacia dei suoi operai, ma soprattutto perché dimostra le forza che anche un piccolo gruppo di operai può mettere in campo.

Questo è il campo che noi comunisti coltiveremo. Questo è il campo che chiamiamo a coltivare tutti quelli che vogliono cambiare il corso delle cose. Con questi siamo disposti a condividere l’esperienza che abbiamo accumulato e che senza tregua sviluppiamo.

 

Le elezioni amministrative dell’11 e del 25 giugno

Nel nostro paese l’affossamento della legge elettorale (8 giugno) è la dimostrazione che i vertici della Repubblica Pontificia non andranno pacificamente alle elezioni politiche. Il lavorio serrato a cui si dedicano i tessitori di tele mira a una riedizione (ampliata) delle Larghe Intese per spuntare al massimo le possibili insidie del voto, a questo punto rimandato a data da definirsi.

La conferma di Renzi alla segreteria del PD rende più difficile se non impossibile il tentativo della sinistra borghese di costruire un grande contenitore elettorale che raggruppi il PD e tutto quello che sta alla sua sinistra: in sintesi sancisce il fallimento di uno dei pilastri su cui si basava il mandato a Gentiloni.

Le elezioni amministrative sono lo specchio della fase politica, sia per quanto riguarda le classi dominanti (i vertici della Repubblica Pontificia) che per quanto riguarda le masse popolari: le astensioni aumentano, le Larghe Intese perdono elettori nonostante le molte liste collaterali che frenano l’astensione e tengono in piedi le clientele locali, il M5S avanza in numero di voti anche se lentamente. Il motivo della lentezza del suo avanzamento sta nel fatto che la linea nazionale del M5S a proposito delle amministrazioni locali consiste nella “buona amministrazione” dei poteri locali, ma 1. sul catastrofico corso della crisi le amministrazioni locali contano sempre meno finché restano sottomesse al governo centrale, 2. i minuti problemi locali e le relazioni locali frammentano e contrappongono, per i tanti interessi particolari in ballo e quindi favoriscono le scissioni.

La Carovana del (nuovo)PCI ha indicato una linea nazionale per le amministrazioni locali:

– difendere il ruolo costituzionalmente sancito delle autonomie locali dalle ingerenze crescenti del governo centrale che opera in regime da pilota automatico e attua le direttive imposte dai gruppi imperialisti tramite le istituzioni UE e NATO;

– valorizzare ovunque le amministrazioni locali per mobilitare le masse popolari e favorire la loro organizzazione contro il catastrofico corso delle cose. Il catastrofico corso delle cose è una questione nazionale: contro di esso e i suoi effetti locali si lotta efficacemente solo disobbedendo al governo centrale e attuando da subito quello che è possibile fare a livello locale.

Il M5S non ha ancora abbracciato la linea da noi indicata. Quanto detto per il M5S vale anche per ealtre liste anti-Larghe Intese: De Magistris a Napoli, Accorinti a Messina, ecc. Ma è l’unica linea con la quale le liste anti-Larghe Intese (M5S compreso) possono mantenersi e avanzare rapidamente.

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