NO ALLA REPRESSIONE DEGLI ANTIFASCISTI E DEI COMUNISTI!
IL MIGLIOR MODO PER DIFENDERE LA COSTITUZIONE È APPLICARLA!
Il 29 giugno si terrà, presso il Tribunale di Bologna alle ore 9:30, la prima udienza per i fatti del 2 maggio 2012: quattro compagni e simpatizzanti del Partito dei CARC sono accusati di aver attaccato un manifesto in zona universitaria ed aver reagito al controllo degli agenti della DIGOS locale, Giuseppe Pagliaro e Alberto Nessi, con frasi ingiuriose. Dietro alle accuse formali, il dato politico è che il PM Antonello Gustapane cerca di dirigere i colpi di coda di un procedimento, l’Ottavo Procedimento Giudiziario (OPG – vedi articolo OPG) contro la Carovana del nuovo Partito Comunista Italiano, di cui il P.CARC ne è parte integrante. Con l’OPG, la classe dominante ha tentato di cancellare i diritti di organizzazione, di espressione e la conseguente agibilità politica dei comunisti conquistati con la Resistenza antifascista ma si è concluso con una piena vittoria: grazie alla lotta contro la repressione è stato respinto il tentativo di mettere fuori legge i comunisti nel nostro Paese. Questa è la vera radice del procedimento in corso contro i compagni imputati oggi a Bologna.
Il clima che si respira a Bologna è il clima che si incomincia a respirare in tutto il paese: forti sommovimenti nel campo delle masse popolari, per difendere e ampliare i propri diritti a cui la classe dominante risponde con manganello e denunce in maniera sempre crescente. Il fu decreto Minniti, ora diventato legge, segna un passo in avanti nella volontà politica della classe dominante di affondare il colpo su chiunque non si pieghi di fronte alle misure di lacrime e sangue che essa stessa promuove: dietro alle parole di contrasto al degrado, di promozione della “sicurezza nelle città” e di “contrasto alla immigrazione clandestina” si nascondono, in maniera neanche troppo velata, disposizioni atte alla soppressione delle libertà democratiche conquistate con la Resistenza antifascista.
Infatti, il carattere persecutorio di questo procedimento è comprensibile se si guarda alla situazione bolognese degli ultimi tempi dove gli organi di governo della città e forze repressive si scagliano sempre di più contro chi oppone una strenua resistenza agli effetti della crisi, alla speculazione edilizia e contro lo sgombero degli spazi di aggregazione (come contro lo storico XM24) e alla distruzione dell’istruzione pubblica e annessi (come la mobilitazione per una mensa accessibile e dignitosa per tutti e la battaglia tutt’ora in corso per il libero accesso all’università): misure preventive, denunce e fogli di via sono la risposta della classe dominante a chi alza la testa di fronte alle misure di lacrime e sangue che essa stessa propina alla classe operaia ed alle masse popolari di tutto il paese e a chi, attraverso la propria mobilitazione, lotta per un lavoro e per una vita dignitosa applicando direttamente le parti progressiste della Costituzione antifascista nata dalla Resistenza.
Ma la repressione, per quanto dura, è sintomo di debolezza della classe dominante: a causa della crisi e delle lotte al suo interno, non riesce più a gestire e a governare il paese come faceva prima. Se da una parte è costretta a prendere misure d’emergenza e a violare le sue stesse leggi per tutelare i propri interessi, dall’altra conduce una vera e propria guerra di sterminio non dichiarata contro le masse popolari (attacchi ai diritti conquistati, sanità sempre meno accessibile, morti sul lavoro con numeri da guerra civile, ecc.) cercando di orientare i diversi strati delle masse popolari a farsi la guerra tra loro mettendo italiani contro immigrati, disoccupati contro lavoratori, giovani contro adulti, lavoratori pubblici contro lavoratori delle aziende capitaliste. La risposta delle masse popolari a questo stato di cose sono le mille mobilitazioni per far fronte agli effetti più gravi della crisi, alle privatizzazioni ed allo smantellamento della sanità, del diritto allo studio, dei posti di lavoro: quotidianamente assistiamo a presidi, picchetti, iniziative culturali, manifestazioni e cortei (altro che “non si muove nulla”!) sempre più repressi dalla classe dominante poiché non ha alcuna soluzione positiva per fare fronte agli effetti della crisi stessa.
A chiare lettere quindi, l’escalation della repressione poliziesca è segno evidente che le classi dominanti non riescono più a tenere a bada la mobilitazione popolare e sono quindi costrette a ricorrere a misure sempre più dure per limitarne l’agibilità. Quando il nemico colpisce duro è perché ha il bisogno di farlo, ha paura, è in una situazione di debolezza e gioca sporco. Solo così si inquadrano nella lotta di classe in corso le cariche dentro la biblioteca bolognese e contro i facchini del SI Cobas a Modena e quanto accade a Viadana, nella lotta alla Composad.
Ma la repressione è un’arma a doppio taglio perché alimenta l’odio di classe, mostra il vero volto della classe dominante e in questo modo unisce il fronte di chi vuole farla finita con la crisi e lo sfruttamento.
La lotta contro la repressione è quindi un campo fondamentale per il nostro presente e per il nostro futuro, che ha però la necessità di andare oltre la semplice resistenza. Ad esempio, decidere di violare apertamente come in Val di Susa le restrizioni dei tribunali significa mettersi nell’ottica di passare dalla difesa all’attacco legandosi strettamente al territorio! La vittoria del processo contro gli antifascisti reggiani per la chiusura di Casa Pound a Reggio Emilia vedi Comunicato vittoria) e quella del processo contro il compagno Lino Parra (vedi Comunicato vittoria) creano precedenti per tutti gli antifascisti sotto attacco perché dimostra che la repressione si vince decidendo di non subirla.
In sunto, fare fronte alla repressione è possibile nella misura in cui si concepisce la lotta alla repressione come campo di lotta per la creazione delle condizioni per una nuova gestione della società. A questi fini è quindi essenziale promuovere la massima solidarietà di classe e l’organizzazione delle masse popolari: lotte, scioperi, manifestazioni, proteste, occupazioni sono tutte componenti essenziali della lotta di classe, ma il loro sviluppo complessivo ha come limite il fatto che si rivolgono sempre all’ottenimento di concessioni da parte della classe dominante. Il passo è avanzare nel processo di creazione delle condizioni per la costruzione del Governo di Blocco Popolare, un governo d’emergenza delle Organizzazioni Operaie e Popolari che mette al centro i nostri interessi e si dà i mezzi per tradurli in misure concrete. Questo, insieme all’applicazione immediata e dal basso della Costituzione, è il passo decisivo verso l’unica vera soluzione, il socialismo!
Inoltre, ovunque qualcuno, anche un piccolo gruppo, vuole promuovere la resistenza e si organizza per farlo, la resistenza si sviluppa: come gli operai FCA di Pomigliano che resistono alla deportazione a Cassino (vedi Appello), il movimento NOTAV con la sua ormai trentennale lotta e con l’inedita violazione degli arresti domiciliari di Nicoletta Dosio (Intervista Dosio) il comitato in difesa dell’ospedale San Gennaro di Napoli, oltre alle mille altre mobilitazioni in corso nel nostro paese. Tutto ciò conferma che non sono i padroni ad essere forti ma sono le masse popolari devono ancora far valere tutta la loro forza!
INVITIAMO TUTTI AL VOLANTINAGGIO CHE TERREMO SOTTO LE DUE TORRI (PIAZZA DI PORTA RAVEGNANA- BOLOGNA) DALLE 10.00!
Prossimi appuntamenti in Emilia Romagna:
– Lunedì 26 giugno, ore 20:30 volantinaggio davanti alla New Holland – Modena;
– Venerdì 30 giugno, ore 19 Presentazione de Il proletariato non si è pentito a cura di A. Chiaia presso il Laboratorio Aq16 a Reggio Emilia con cena sociale per sostenere la Festa della Riscossa Popolare e i progetti del Lab Aq16;
– Sabato 1 luglio, ore 10 Reggio non ha paura No one is illegal – corteo solidale a fianco dei diritti immigrati, partenza dalla stazione FS di Reggio Emilia;
– Venerdì 7 luglio, parte pubblica Congresso della Sezione del P. CARC di Reggio Emilia (a breve i dettagli).