Riceviamo e rilanciamo il contributo scritto dalla Federazione Toscana del Partito dei CARC, impegnata sul fronte della difesa del diritto allo studio universitario.
“Una breve ricostruzione storica e logica dei diritti degli studenti. Nei primi decenni successivi al secondo dopoguerra le lotte del movimento operaio e studentesco hanno fatto assumere alla scuola un carattere di massa: l’istruzione secondaria e universitaria, fino ad allora riservata ai ricchi è diventata accessibile anche ai figli dei lavoratori. Basti pensare che nell’anno scolastico 1947/48 gli alunni delle superiori erano quasi 365.000, mentre nell’anno scolastico 1980/81 erano quasi 2 milioni e mezzo. Nell’anno accademico 1947/48 gli studenti universitari erano circa 244.000, mentre nell’anno accademico 1985/86 erano 1.113.000. In questo periodo si sono moltiplicate le misure di sostegno: esonero delle tasse scolastiche nelle scuole medie e concessioni di borse di studio per gli alunni delle scuole superiori sulla base di requisiti di reddito e merito (Legge del 1954), fornitura gratuita dei libri di testo a tutti gli alunni delle scuole elementari e statali e legalmente riconosciute (Legge del 1962). E ancora: trasporto gratuito per tutti gli studenti della scuola dell’obbligo (Legge del 1962), introduzione del doposcuola. In quel periodo ci furono anche importanti conquiste di carattere culturale come l’abolizione dei limiti di accesso alle facoltà scientifiche per i diplomati degli istituti tecnici (Legge del 1961), l’unificazione della scuola media e l’introduzione dell’obbligo per 8 anni. Hanno cessato così di esistere le scuole di avviamento professionale e le scuole commerciali e il conseguente dualismo selettivo tra istruzione professionale e istruzione umanistica per la fascia dell’obbligo; liberalizzazione degli accessi all’università ai diplomati di tutte le scuole medie e superiori (Legge del 1969). Inoltre, è del 1971 la legge che avvia l’integrazione degli studenti disabili (con la conseguente abolizione delle scuole speciali e delle classi differenziali) e l’avvio dell’istituzione del tempo pieno mentre è del 1973 la possibilità per i lavoratori di conseguire un titolo di studio, attraverso il diritto (strappato dopo mesi di vertenze col contratto dei metalmeccanici) a 150 ore di scuola retribuita.
Nel nostro paese le conquiste strappate sono state numerose e vaste perché le masse popolari si erano temprate e rafforzate, sia sul piano della coscienza che dell’organizzazione, nella Resistenza. Il proletariato italiano era uscito dalla Resistenza con un partito comunista e organizzazioni di massa forti, quindi con una grande capacità di direzione sulle masse popolari. Questo ha avuto un grande peso sulla quantità e vastità delle conquiste strappate. Conquiste che sono avvenute, comunque, nell’ambito del regime borghese, esse perciò non significavano e non potevano significare il superamento del capitalismo. Erano i revisionisti moderni alla guida del PCI (Togliatti e i suoi seguaci) che parlavano delle conquiste come “via italiana (cioè pacifica, parlamentare, graduale) al socialismo”. Questa era l’interpretazione che delle conquiste davano i dirigenti del PCI. Le masse sono state illuse che fosse possibile andare con continuità verso un “capitalismo dal volto umano”, ossia una società in cui, pur sempre nell’ambio dei rapporti di produzione capitalisti e del lavoro salariato, ogni uomo disponesse dei mezzi necessari per un’esistenza dignitosa. Queste sono le illusioni alimentate nei giovani delle masse popolari che oggi si scontrano in maniera dirompente con la realtà della crisi irreversibile del capitalismo e con l’impossibilità di realizzare le proprie legittime ambizioni.
La fase dello smantellamento. A partire dalla fine degli anni ‘70 anche in questo ambito è iniziato il processo di eliminazione delle conquiste. Il peggioramento ha riguardato sia gli studenti sia i lavoratori della scuola e dell’Università. La parola “razionalizzazione” è stata innalzata a bandiera dietro cui nascondere, ad esempio, la riduzione del numero delle classi con conseguente aumento del numero di allievi per classe, la riduzione del tempo pieno, il decadimento delle attività di sostegno, ecc. Per quanto riguarda gli studenti universitari questo “mantra” si è tradotto nell’introduzione di misure quali il numero chiuso, i piani di studio obbligatori, la frequenza obbligatoria, la riduzione degli appelli, la semestralizzazione dei corsi, il notevole aumento delle tasse universitarie e del costo dei servizi. Sono state imposte pesanti riduzioni dei diritti conquistati con le lotte dei lavoratori precari della scuola: diminuzione del periodo di assunzione, riduzione del periodo di retribuzione per i giorni in cui le lezioni sono sospese, riduzione dei giorni di assenza per malattia retribuiti, restringimento del diritto di sciopero con l’introduzione dell’obbligo di preavviso di almeno 15 giorni e un massimo di due giorni consecutivi di sciopero. Fino ad arrivare ad oggi con la legge 107 (così detta Buona Scuola) che si propone di cambiare lo “status giuridico” degli insegnanti per renderlo più “flessibile e competitivo”.
L’attacco alle conquiste è conseguenza della crisi economica mondiale (non della cattiveria, ingordigia o incompetenza di chi ci governa), una crisi generale (cioè nasce come crisi economica e poi si tramuta in crisi politica e culturale), di lunga durata, che riguarda tutto il mondo sia pure con tempi e intensità diversa.
Ovunque le masse popolari si oppongono al peggioramento delle loro condizioni di vita, in alcuni casi riuscendo a fermare gli attacchi (è il caso della recente vittoria al referendum costituzionale del 4 dicembre), senza dimenticare che anche nella fase di “capitalismo dal volto umano” la realizzazione delle rivendicazioni della classe operaia e delle masse popolari sono state gestite e tradotte in leggi dalla borghesia. Questo è il motivo per cui le conquiste sono state nei fatti limitate, contrastate, boicottate a conferma che non è possibile, nel quadro dei rapporti di produzione borghesi (tanto meno adesso nella fase di crisi acuta e terminale) mantenere nel tempo condizioni di vita dignitose: la classe dominante se concede con una mano, con l’altra è pronta a togliere tutto.
Basti pensare al meccanismo del diritto allo studio nel nostro Paese che non ottempera nemmeno in minima parte a quanto la nostra Costituzione prescrive all’articolo 3: “(…) È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana (…)”.
Misure come la riforma dei parametri ISEE (vedi qui: http://www.carc.it/mu/2015/10/30/buona-scuola-e-revisione-dei-parametri-isee-gli-studenti-si-mobilitano-per-difendere-il-diritto-allo-studio/), la recente imposizione del pagamento dell’IVA previsto nella Legge di bilancio 2017 all’Azienda Regionale per il Diritto allo Studio, sui servizi erogati come borse di studio, mense, alloggi, ecc (che solo in Toscana comporterà una spesa di circa 3 milioni all’anno!) combinati con i provvedimenti dello Student Act, vanno a restringere ancor di più la platea degli aventi diritto (ad esempio, la legge prevede una “no tax area” per le famiglie con un ISEE pari a 13.000 euro. Una soglia bassissima e un passo indietro, se pensiamo che, ad esempio, in Toscana il tetto per l’esonero dal pagamento delle tasse e la fruizione delle borse di studio ammonta a 27.000 euro). A fronte di questi peggioramenti gli studenti si mobilitano, come sta succedendo, da ormai un mese e mezzo, a Firenze, Pisa e Siena, contro i tagli al diritto allo studio (vedi qui: http://www.carc.it/2017/04/14/siena-organizzarsi-e-coordinarsi-per-attuare-il-diritto-allo-studio-e-al-lavoro/).
La Federazione Toscana del Partito dei CARC solidarizza e sostiene, nel concreto questa vertenza anche portando il proprio contributo di analisi rispetto all’origine di questi attacchi (quanto sintetizzato sopra), come affrontarli e renderli una “tappa” nel processo di costruzione della rivoluzione socialista nel nostro Paese. Sì perché la difesa può durare ed estendersi solo se si combina con l’attacco all’attuale regime della borghesia imperialista per eliminarlo, prendere il potere e instaurare un nuovo sistema economico, cioè solo se l’attacco diventa aspetto dirigente della resistenza. Questo orientamento generale si traduce nel particolare e concreto, nella promozione e costruzione di organismi (in questo caso di studenti) che si mobilitano, organizzano e coordinano per fare fronte agli effetti dei tagli al diritto allo studio; per fare fronte alla gestione degli spazi di studio e di “vita” (ad esempio istituire Comitati di Controllo nelle Residenze Universitarie che si occupano non solo di segnalare i disservizi ma, laddove necessario, di autorganizzarli); che si mobilitano a sostegno delle vertenze di altre categorie di masse popolari: è una legge quella per cui mantenersi nei recenti delle proprie vertenze porta inevitabilmente a esaurimento!
Rendere l’attacco aspetto dirigente vuol dire costruire organismi che lavorino quotidianamente nelle facoltà, nelle residenze, non solo per fare fronte agli attacchi immediati (limitarsi a battaglie rivendicative significa essere in balia dell’agenda dei tagli di Governo…Della serie “se nessuno ci attacca che facciamo?”) ma anche per sperimentare una gestione e un controllo dal basso della vita collettiva e culturale nei luoghi di studio
Allo stesso tempo “uscire” per coordinarsi con altri organismi (lavoratori, operai, ecc.) mettendo al centro la solidarietà di classe e la ricerca di una via che non può che essere comune e che ha al centro la costruzione di una rete di nuova governabilità dal basso che inizi in autonomia, a fare fronte alle proprie esigenze (inutile rivendicare alle autorità!) e, così a costruire il proprio potere, il proprio governo sui territori, fino a imporre un governo su scala nazionale. Un Governo di Emergenza Popolare che sia espressione delle organizzazioni operaie e popolari del nostro paese, che sia disposto a far valere la forza delle masse popolari organizzate, per rompere con i dicktat e le imposizioni dell’UE e della Comunità Internazionale.
Rendiamo ogni lotta un esercizio di partecipazione collettiva (una “scuola di comunismo” diciamo noi) per imparare ad essere classe dirigente: diventarlo è l’unica prospettiva realistica per uscire dal marasma della crisi, per difendere ed estendere i diritti, per conquistarne di nuovi!
Rilanciamo i prossimi appuntamenti
Martedì 20 giugno Assemblea delle Residenze Universitarie dalle ore 21.30, presso la Residenza di Viale Morgagni (a Firenze)
Martedì 27 giugno, dalle 15.00 manifestazione regionale “NO ai tagli al diritto allo studio”
-per informazioni vedi pagina Facebook Studenti in lotta per il diritto allo studio-
Partito dei CARC – Federazione Toscana”