[Sesto San Giovanni] Il saluto del nuovo PCI all’assemblea contro la repressione del 17 giugno 2017

Cari compagni,

ringrazio i dirigenti della Federazione Lombardia del Partito dei CARC, che hanno dato al (nuovo) Partito comunista italiano la possibilità di portare il suo saluto alla vostra assemblea e auguro a ognuno di voi di uscire da questa assemblea con uno slancio maggiore e una coscienza più elevata per meglio resistere alla repressione, per essere solidali con i compagni, i lavoratori e gli organismi colpiti dalla repressione dei padroni e del loro Stato, per rivoltare contro i padroni ogni loro azione repressiva.

I padroni reprimono per far valere i loro interessi contro i lavoratori e prolungare la vita del loro sistema di privilegi, di prepotenze, di ingiustizie e di barbarie. Ma è possibile rivoltare contro di loro la repressione. Essi ingannano le masse popolari, cercano di far credere che il sistema capitalista è un sistema di giustizia, di libertà e di eguaglianza. Denunciare la repressione serve a far conoscere alla massa delle popolazione la realtà che sta dietro la maschera, a incoraggiare alla solidarietà e all’unità, a far comprendere a ogni lavoratore che non è una questione sua individuale di povero disgraziato colpito dai padroni. La solidarietà è un’arma potente. Rivolta la repressione contro i padroni e a chi è solidale fa capire come va il mondo.

Il nucleo di compagni che ha dato origine alla Carovana del (nuovo) Partito comunista italiano è nato nei primi anni ’80 proprio nelle iniziative di solidarietà con i rivoluzionari prigionieri, con i compagni delle Organizzazioni Comuniste Combattenti, in particolare con i membri o simpatizzanti delle Brigate Rosse che in quel periodo i carabinieri e i poliziotti della Repubblica Pontificia imprigionavano, spesso torturavano e rinchiudevano nelle carceri speciali dove ancora oggi alcune decine di loro sono imprigionati. Alcuni di voi certamente conoscono il libro Il proletariato non si è pentito redatto dalla compagna Adriana Chiaia in quegli anni, gli Atti del Convegno contro la Repressione del 1981 alla Palazzina Liberty a Milano o il Bollettino del Coordinamento Nazionale dei Comitati contro la Repressione.

È in quel movimento contro la repressione e contro la dissociazione dalla lotta di classe, che era l’obiettivo della repressione, che è iniziata la ricerca che ha portato a costruire il (nuovo) Partito comunista. È anche a causa di queste origini, che è diffusa l’idea che il Partito è nella clandestinità per sfuggire alla repressione. Cosa che è vera, ma non è il motivo principale. Il motivo principale è che essendo clandestino, il Partito è presente con i suoi membri e i suoi comitati dappertutto tra le masse popolari e in campo nemico e ovunque anima e orienta le masse popolari a resistere ai soprusi e alle angherie dei padroni e del loro clero e ad attaccare man mano che si danno la forza per farlo.

Alcuni pensano che a causa della clandestinità il Partito è isolato dalle masse popolari. Ma è il contrario. La clandestinità è una forza. Per questo la borghesia ne ha paura e i suoi portavoce odiano la clandestinità. Per questo all’assemblea del 26 marzo a Roma uno dei capi di Rete dei Comunisti, Mauro Casadio, ha intimato ai membri del P.CARC che per essere ammessi all’assemblea di Eurostop dovevano “dissociarsi dalla clandestinità”. Grazie alla clandestinità i membri e i comitati del Partito sono dappertutto. Dappertutto indicano alle masse popolari quello che possono fare con le forze e le condizioni con cui si ritrovano. Certo, non dicono: “questo vi dice di fare il Partito”. Dicono: “questo possiamo e dobbiamo fare per difenderci con successo dalle pretese dei padroni, per conquistare posizioni più avanzate” e i più avanzati tra quelli che li sentono vedono che è proprio così e trascinano gli altri.

Oggi il limite del Partito non è la clandestinità. Il limite è la capacità dei suoi membri e organismi e il loro numero. Oggi sono ancora pochi gli individui che hanno la conoscenza e la comprensione del corso delle cose necessari a capire cosa fare e che hanno la volontà e la generosità necessari per fare.

A tutti quelli che vogliono imparare, il Partito è già oggi in grado di insegnare il corso delle cose e a capire cosa fare. Ma quanto a volontà e generosità, questa è un’altra cosa. In ogni individuo la volontà e la generosità sono frutto di un processo complesso di maturazione. Oggi facciamo ancora i conti con la demoralizzazione causata dall’esaurimento della prima ondata mondiale della rivoluzione proletaria. E la borghesia e il clero fanno l’impossibile per distogliere dal partecipare alla rivoluzione socialista, per spingere a fare altro, per saturare la vita, i sentimenti e la mente degli individui con mille altre occupazioni, idee, immagini, aspirazioni, bisogni. Quanto più il sistema sociale capitalista diventa barbarico e distruttivo di uomini e cose, tanto più la borghesia e il clero si danno da fare per distogliere gli individui dall’abbracciare la causa della rivoluzione che instaurerà il socialismo, per denigrare il socialismo, per distrarre e intossicare menti e cuori, per convincere che non c’è alternativa, che non c’è niente da fare. La depressione, l’abbrutimento e la disperazione sono nell’aria che respiriamo.

Per questo all’inizio parlavo di slancio. Cambiare il corso delle cose è possibile, è necessario. Dipende da noi, da ognuno di voi. Possiamo costruire un futuro bello e felice per noi e i nostri cari. Ma per farlo dobbiamo combattere. Abbandonare le illusioni e le distrazioni e combattere. Di avere il coraggio e la forza di farlo è l’augurio che faccio a ognuno di voi, a nome del Partito comunista italiano, erede della Resistenza, erede di quelli che negli anni ’70 combatterono per la ricostruzione del partito comunista, erede e continuatore della prima ondata della rivoluzione proletaria sollevata cento anni fa dalla vittoria della Rivoluzione d’Ottobre.

Compagno Ulisse, segretario generale del Comitato Centrale del (n)PCI.

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