Note sulle relazioni internazionali della Repubblica Popolare Cinese

Premessa. La “guerra mondiale a pezzi” in corso ha un’unica causa e vari focolai: la crisi generale spinge i gruppi imperialisti a passare alle vie di fatto per mantenere le posizioni gerarchiche a livello internazionale, per scaricare, i più forti sui più deboli, gli effetti della crisi (“cane mangia cane”) e per mantenere, ognuno a danno degli altri, lo “spazio vitale” di traffici, affari e interessi.
La crisi sconvolge tutti gli equilibri politici al punto che il principale gruppo imperialista mondiale, gli USA, è alle prese con una guerra interna per il vertice dell’apparato industriale-militare-economico che governa il paese.
Trump non è ritenuto affidabile per fare gli interessi dell’oligarchia USA perché ne è diretto componente e la sua azione è principalmente tesa a salvaguardare i propri interessi. L’elezione di Trump, le “grane” di cui va in cerca (in ultimo il plateale disprezzo per Angela Merkel al G7 di Taormina di fine maggio) e le manovre dei suoi rivali e con correnti per farlo fuori  (in ultimo lo scandalo sulla divulgazione di segreti militari alla Russia) sono il segno del deterioramento del sistema politico del principale paese imperialista del mondo.
Tuttavia, fare fuori Trump (ammesso che i suoi rivali interni ci riescano) non è un passaggio indolore per gli imperialisti USA (nel fronte interno, la politica nazionale) e non è premessa per attenuare gli sconvolgimenti in corso a livello internazionale, di cui gli imperialisti USA sono promotori e fomentatori.
Di seguito pubblichiamo la corrispondenza da Pechino, datata 7 maggio 2017, di un compagno che analizza le principali tendenze in corso nell’estremo oriente, a fronte delle minacce degli imperialisti USA contro la Corea del Nord. La particolarità e l’interesse per questo testo sta in due aspetti: il primo è che offre una visione “non stereotipata” delle relazioni fra Repubblica Popolare Cinese, Corea del Nord e imperialisti USA, mettendo bene in evidenza le conseguenze della politica statunitense e le sue implicazioni; il secondo è che offre spunti di riflessione su ciò che è diventata politicamente la Cina nel corso degli ultimi 40 anni sotto la guida dei revisionisti moderni.
Un’avvertenza: il nostro corrispondente non si serve abitualmente anche delle fonti nordcoreane. Quindi quello che scrive è frutto dell’uso, critico e avveduto, delle fonti d’informazione (quindi del meccanismo di intossicazione delle menti e dei cuori) gestite dai revisionisti cinesi e dai gruppi imperialisti USA, sionisti ed europei.

 ***

Alcune considerazioni alla contraddizione tra la Repubblica Popolare Cinese e l’imperialismo USA. Gli ultimi mesi sono stati molto densi di avvenimenti su questo fronte, a partire dalla visita di Xi Jinping (Presidente della Repubblica Popolare Cinese) negli Stati Uniti e l’incontro avuto con Trump il 6 aprile. In particolare i cinesi si sono prodigati in una serie di celebrazioni sul successo e l’importanza di questo storico incontro (il Quotidiano del popolo per l’occasione ha creato un’apposita pagina web per seguire e raccontare nel dettaglio il viaggio di Xi). Tuttavia, nonostante le celebrazioni e le belle parole di Trump e Xi riguardo l’inizio di un nuovo periodo di collaborazione e amicizia tra le due potenze, due questioni ridimensionano il significato dell’incontro e riportano quanto dettosi tra i due a un esercizio di diplomazia:

  1. come ha fatto notare un giornalista cinese con una domanda al portavoce del Ministero degli esteri cinese alla conferenza stampa post-incontro, che l’incontro si sia tenuto nella (lussuosa) villa personale di Trump a Mar-a-lago in Florida e non alla Casa Bianca denota il fatto che l’oligarchia USA non ha voluto fare un incontro ufficiale in senso stretto (un po’ come il barbecue tra Putin e Bush nel ranch di Bush nel 2001);
  2. durante il colloquio ufficialmente non hanno parlato del THAAD (Difesa d’area terminale ad alta quota, un sistema antimissile dell’esercito USA) che è al momento la principale questione su cui si concentra il contrasto tra i due paesi. È comunque verosimile che ne abbiano parlato a telecamere spente, ma il fatto che nessuno abbia accennato alla questione in conferenza stampa significa che gli imperialisti americani, nonostante le chiacchiere di facciata, proseguono spediti verso l’installazione del sistema.

Ad ogni modo i compagni nordcoreani hanno messo presto fine alle “delicatezze” del presunto nuovo idillio Xi-Trump: con l’avvio di nuovi test missilistici si sono infatti intensificate le tensioni con le varie sparate di Trump e i relativi grotteschi sviluppi (la “invincibile armada” americana mandata in Corea che “sbaglia rotta” e va invece dalla parte opposta, verso l’Australia; Trump che un giorno dice che gli USA possono risolvere la questione anche senza l’aiuto cinese e una settimana dopo dice che avrebbe il piacere di incontrare Kim Jong-un) e le misure anti-coreane da parte dei cinesi, di cui credo avete avuto modo di leggere anche sulla stampa italiana.

Quello che si sta andando a delineare è la sempre più forte volontà cinese di “scaricare” la Corea del Nord e di mostrarsi succube in questo alla linea dettata dalla Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti. Ho dedicato quindi un po’ di tempo per fare alcune ricerche relativamente a questa questione. Sono andato a verificare sulla stampa cinese due notizie rilanciate alla grande dalla stampa internazionale, ovvero la sospensione delle importazioni cinesi di carbone dalla Corea del Nord e il dispiegamento di un ingente numero di truppe sul confine tra i due paesi.

Per quanto riguarda la prima questione, si tratta effettivamente di una notizia vera. Qualche “filo-cinese” incallito ha scritto che la sospensione delle importazioni è dovuta a esigenze di mercato (la Cina stava riducendo il proprio consumo di carbone e quindi anche le importazioni dalla Corea, già prima della recente crisi, dati che presi di per sé sono veri). Tuttavia il Quotidiano del popolo, riportando i dati diramati dall’Ufficio centrale doganale, ha chiarito in una nota del 13 aprile che dal 19 febbraio le importazioni di carbone coreano sono state sospese al fine di rendere effettiva la risoluzione di sanzioni numero 2321 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Ora, la stampa occidentale va scrivendo che la Cina sta facendo il doppio gioco, ossia pubblicamente sostiene di attuare le sanzioni ONU e sottobanco consente e promuove il fiorente mercato nero. Il New York Times rincara scrivendo che, nonostante le sanzioni, il commercio tra i due paesi si è espanso nel primo trimestre del 2017. A mio avviso qui vi è una cosciente opera di intossicazione e propaganda e al tempo stesso vi è l’incapacità dei giornalisti di analizzare le fonti: suppongo infatti che il New York Times, non essendo citata altra fonte, faccia riferimento agli stessi dati dell’Ufficio doganale riportati dal Quotidiano del Popolo. Qui viene effettivamente riportato che le esportazioni cinesi sono cresciute del 54,5% e le importazioni del 18,4%. Tuttavia, analizzando i dati con un po’ di logica, ci si rende conto che non esiste un legame diretto tra i due dati (blocco delle importazioni di carbone ed espansione del commercio): come scrive il Quotidiano del popolo le importazioni di carbone erano già diminuite del 51,6% prima dell’attuazione di sanzioni; considerando che le sanzioni cinesi si limitano al carbone, non vi è quindi contraddizione tra il blocco delle importazioni di carbone e l’espansione degli scambi negli altri settori. Rimane invece il dato politico, grave direi, per cui la Cina, applicando le sanzioni ONU (che lo faccia parzialmente o solo di facciata, come scrivono i giornalisti occidentali, è secondario), si è accodata pubblicamente all’attacco della comunità internazionale contro la Corea del Nord.

Per quanto riguarda il dispiegamento di forze sul confine per contenere l’ipotetica ondata di profughi a seguito dell’attacco americano, direi invece che siamo di fronte a semplice propaganda. La notizia è stata infatti lanciata da un’agenzia sudcoreana, la Chosun, rilanciata poi dal Daily Mail e a seguire dal resto della stampa occidentale. Il ministero degli esteri cinesi ha dichiarato che si tratta di notizie infondate. Considerando che tutte le bufale sulla Corea del Nord che girano sono notizie inventate da agenzie di stampa sudcoreane e poi rilanciate dai media occidentali, direi che si tratta di intossicazione.

Credo sia utile anche commentare un minaccioso editoriale (sia verso la Corea del Nord che verso gli USA e la Corea del Sud) pubblicato sul Global Times, giornale “costola” del Quotidiano del popolo che si occupa specificamente di politica estera. L’editoriale afferma che le relazioni tra Cina e Corea del Nord si sono deteriorate (nessun incontro ufficiale tra le alte sfere dei due partiti dall’elezione di Kim Jong-un nel 2011) e che ormai non sono quelle di due alleati, ma normali relazioni tra Stati. La volontà di Pyongyang di proseguire con i test missilistici, continua l’editoriale, offre un pretesto agli americani per proseguire con lo sviluppo del THAAD (il Jimintō, partito del premier giapponese Abe, sta facendo pressioni affinché anche il Giappone aderisca), mettendo così a repentaglio la sicurezza nazionale della Cina. I cinesi continueranno quindi ad attuare le sanzioni delle Nazioni Unite finché Pyongyang non sospenderà il piano di lanci. Sono da aspettarsi quindi, ammonisce l’editorialista, critiche pubbliche e ritorsioni da parte di Pyongyang, perciò Pechino non deve farsi trovare impreparata. L’editoriale conclude dicendo che le misure militari portate avanti da americani e sudcoreani nella penisola vanno contro il processo di pace e gli interessi cinesi e che in caso di guerra Pechino non avrà nessuna paura di Pyongyang né tanto meno degli americani e dei sud coreani.

In conclusione direi dunque che la maggior preoccupazione cinese è la minaccia americana nella penisola. Questo mostra che tutte le grandi dichiarazioni di amicizia fatte da Trump e Xi sono vuota diplomazia. Tuttavia, nonostante le minacce, i cinesi preferiscono ancora giungere a compromessi con la Comunità Internazionale piuttosto che andare allo scontro diretto con gli imperialisti americani. Nessun riconoscimento del fatto che il possesso di ordigni atomici da parte della Corea del Nord è al momento il deterrente principale che impedisce agli imperialisti americani di passare all’attacco diretto. Tanto meno il riconoscimento che il Trattato di Non Proliferazione delle armi atomiche (TNP) è stato violato, prima che dalla Corea del Nord (che è uscita ufficialmente dal TNP dichiarandolo), dalle grandi potenze e principalmente dagli USA: con il TNP si erano impegnate a ridurre gli arsenali atomici e invece li hanno addirittura aumentati e ammodernati senza posa.

Ovviamente Pechino non intende nemmeno abbandonare del tutto Pyongyang, perché l’ultima cosa che vuole è un regime fantoccio statunitense che arrivi fino al confine cinese. La strategia cinese è dunque quella di cercare di far “mettere la testa a posto” a Kim Jong-un con le buone o con le cattive, spingendo non solo per l’interruzione dei test missilistici, ma anche per l’avvicinamento a un sistema economico più simile a quello cinese. Non è da escludere che Pechino stia facendo manovre all’interno della Corea del Nord per favorire il passaggio di potere a qualche esponente filo-cinese. A mio avviso non sarebbe quindi solo propaganda occidentale l’ipotesi per cui lo zio di Kim Jong-un, giustiziato nel 2013 nella Corea del Nord come traditore, o il fratellastro, ucciso recentemente in Malesia, fossero invischiati in questo tipo di manovre. Quantomeno sembra verosimile che anche l’uccisione del fratellastro rientri per un verso o per l’altro in uno scontro del genere.

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