[Internazionale] Trump, Bergoglio e la carota per i somari

Segnaliamo il contributo di un nostro lettore assiduo, Romeo Corradini.

“Compagni dell’Agenzia Stampa del Partito dei CARC, voglio contribuire alla vostra pubblicistica analizzando quanto scritto da Riccardo Cristiano sul Fatto Quotidiano di ieri, 26 Maggio. Il suo articolo è interessante non per il contenuto in se, ma perchè è un esercizio di un giornalista che, alla luce della concezione del mondo che ha e degli “occhiali con cui vede”, alimenta l’intossicazione e la mistificazione della realtà.

Il suo articolo parte male dal titolo: “Trump cercava un alleato, Papa Francesco non si è lasciato affascinare” e dice già tutto sulla sua visione delle cose. Si riferisce all’incontro tra Bergoglio e Trump nel “tour” di incontri che il presidente americano ha fatto negli ultimi giorni. Ovviamente non mi aspetto che lui veda le cose per quello che sono, tocca a noi farlo. Dico che parte male perchè né Trump cercava un alleato, né tantomeno è vero che Papa Francesco non si è lasciato affascinare. Gli imperialisti USA hanno un fedele alleato, la Chiesta Cattolica, almeno da 70 anni, da quando in funzione antipopolare e per paura di perdere il potere, la Chiesa e la debole borghesia italiana, dopo la caduta del fascismo hanno permesso agli USA, gli “alleati” (della Chiesa appunto, non delle masse popolari del nostro paese), di invadere l’Italia e avere un esercito di minaccia pronto, ed utilizzato come deterrente contro la grande mobilitazione partigiana che il PCI aveva diretto. Insomma, se “casa nostra” è piena di basi americane, una ragione storica c’è.

L’articolo parla poi della visione “teologica” della politica americana. Certo è che di teorie ce ne sono davvero tante! Il riferimento è ad un periodo storico, la Restaurazione, che secondo l’autore dell’articolo ha delle analogie con il viaggio di Trump: “Così, questo viaggio rende possibile ipotizzare una lettura della visione di Trump: una sorta di “pancostantinismo“, nel quale la religione diviene l’alleata dei troni che li rappresentano. Una nuova Santa Alleanza, come quella che conobbe l’Europa, un sistema politico che regolò la vita dei principali Stati europei dal 1815 al 1830, nella quale Alessandro I di Russia, Federico Guglielmo III di Prussia e Francesco II d’Austria, affermarono il principio che i tre sovrani, rappresentanti delle confessioni ortodossa, protestante e cattolica, dovevano restare sempre uniti come fratelli e governare i popoli. Si potrebbe dire che per Trump la nuova Santa Alleanza sarebbe l’antidoto alla Guerra Santa”

La Restaurazione fu l’ultimo colpo di coda di un potere feudale oramai in decadenza, sostenuto a piene mani dalla Chiesa che vedeva ridotto il suo potere “temporale” in ogni paese dove la borghesia si affermava come classe dominante (non a caso in Francia la  Restaurazione ebbe anche dei risvolti molto feroci). Ma la storia ha spazzato via quel frangente di “ritorno al passato”. Oggi la “Santa Alleanza” di Trump è con i sauditi per lo smercio di armi americane, per favorire le guerre imperialiste (un accordo di 100 miliardi di dollari per alimentare il giro di armi dell’Arabia, che sostiene l’aggressione dello Yemen, l’aggressione alla Siria ecc – altro che “è avvenuto proprio in un contesto da Santa Alleanza globale, con i sauditi che si impegnano a estirpare il jihadismo dall’Islam che vengono chiamati a rappresentare”. Le armi ai jihadisti sono proprio loro a riciclarle!).

E il papa, in tutto questo? “Papa Francesco, presentandosi, come d’abitudine, vestito soltanto con la tunica bianca e il crocifisso d’argento (niente oro con Bergoglio), senza alcun simbolo, alcuna segno o emblema, ha ribadito che la Santa Sede non è una superpotenza spirituale che tratta con gli imperi terreni. Lontano mille miglia dal costantinismo, non è parso affascinato dal “pancostantinismo” del suo interlocutore. Per Papa Francesco, è chiaro che le religioni sono bacini spirituali al servizio dell’umanità intera, e la geopolitica della misericordia non prevede alleati sicuri e nemici giurati. Piuttosto, c’è un vero riconoscimento dell’altro, e le fedi, le culture, sono chiamate a unirsi nel servizio. Quale servizio?” La risposta dell’autore la lasciamo alla “scoperta” di chi leggerà l’articolo riportato. Il servizio a cui assolve Papa Francesco con la sua corte è quello di “terzo della Santa Alleanza”, e di compartecipare alla spoliazione delle risorse delle masse popolari e alla speculazione finanziaria, la compartecipazione ai profitti che le multinazionali ricavano dalle guerre (lo IOR, banca vaticana, attraverso i suoi tentacoli – le banche satellite, come lo fu il banco ambrosiano e tante altre – è azionista della Beretta, di Augusta e di Finmeccanica, aziende italiane produttrici di armi che il nostro paese e i capitalisti del nostro paese vendono all’estero), il tutto mentre predica l’uguaglianza, la solidarietà, il riconoscimento dell’altro. Certo, l’uguaglianza nello sfruttamento per tutte le masse popolari, la solidarietà con i popoli attraverso le questue e le elemosine rigorosamente gestite dalla Chiesa, il riconoscimento di chi ti sfrutta come sfruttatore tanto “gli ultimi saranno i primi, ma solo nel regno di Dio”.

L’incontro tra il Papa e Trump non è altro che uno dei tanti incontri di accordo e ratifica di decisioni prese sottobanco già da tempo, spacciate per colloqui e confronti. La magniloquenza di questi incontri, i riti, le cordialità, gli “ammonimenti” papalini, i sorrisi e le promesse di costruire un mondo migliore e tutte le belle parole che girano intorno a questi eventi, sono proprio la carota per il somaro che, guardando la carota, non vede che il padrone gli sta facendo portare un peso che lo sfianca e che lo distrae dalle fatiche del lavoro per evitare che si fermi, e forse si ribelli al lavoro.

Ecco, penso che quando si leggono articoli di questo genere, bisogna leggerli “con gli occhiali giusti”.

Romeo Corradini”

***

Trump cercava un alleato, Papa Francesco non si è lasciato affascinare

di Riccardo Cristiano*

“Foto” sunt substantia rerum, le fotografie sono la sostanza delle cose. Potrebbe essere questa l’impressione conclusiva del primo viaggio internazionale di Donald Trump. E, se così fosse, la fotografia che lo ritrae a colloquio con papa Francesco potrebbe essere quella che maggiormente lo ha interessato, visto che dal giorno del loro incontro in Vaticano campeggia sul profilo Twitter di President of the United States (Potus), molto caro a Donald Trump.

Ma quel colloquio non è stato percepito come il più importante nella fase organizzativa del primo viaggio all’estero del nuovo inquilino della Casa Bianca, tant’è vero che la decisione sulla sosta romana è stata presa quando le precedenti erano già state definite da tempo. E allora perché quell’immagine è risultata “l’immagine” per chi gestisce il profilo presidenziale? Perché la religione ha molto da dire alla definizione della politica estera americana. La dimensione teologica della presidenza degli Stati Uniti è risultata infatti confermata da Trump come lo era stata da Obama e da Bush jr. Proprio questa dimensione propriamente teologica risulta evidente se si considera che, per quanto ognuno di questi presidenti abbia chiaramente tentato di fare l’opposto del suo predecessore, tutti hanno deciso di fare dell’Islam (prima e più che dei musulmani) un interlocutore della Casa Bianca.

Dicendo “Gli Stati Uniti hanno un problema con l’Islam” o “Gli Stati Uniti non hanno un problema con l’Islam”, tutti e tre hanno confermato di ritenere che esista una dimensione teologica del loro ufficio. Trump, a onor del vero, ha detto una frase “tutta sua” che è parsa guardare a giovani, donne, imprenditori, più a musulmani o cristiani, quando ha detto “questa terra potrebbe essere il paradiso di turisti di tutto il mondo, di giovani ricercatori, e invece….”. Ma è parsa restare l’indicazione che sgorga dal profondo del cuore dell’imprenditore, che non si è tramutata in politica.

Così, questo viaggio rende possibile ipotizzare una lettura della visione di Trump: una sorta di “pancostantinismo“, nel quale la religione diviene l’alleata dei troni che li rappresentano. Una nuova Santa Alleanza, come quella che conobbe l’Europa, un sistema politico che regolò la vita dei principali Stati europei dal 1815 al 1830, nella quale Alessandro I di Russia, Federico Guglielmo III di Prussia e Francesco II d’Austria, affermarono il principio che i tre sovrani, rappresentanti delle confessioni ortodossa, protestante e cattolica, dovevano restare sempre uniti come fratelli e governare i popoli. Si potrebbe dire che per Trump la nuova Santa Alleanza sarebbe l’antidoto alla Guerra Santa. L’incontro con il re saudita se da una parte ha determinato un riavvicinamento alla politica tradizionale dei repubblicani, dall’altra è avvenuto proprio in un contesto da Santa Alleanza globale, con i sauditi che si impegnano a estirpare il jihadismo dall’Islam che vengono chiamati a rappresentare. Ma non siamo in un mondo globale? Vogliamo tornare all’etnonazionalismo, alle religioni di stato?

Papa Francesco, presentandosi, come d’abitudine, vestito soltanto con la tunica bianca e il crocifisso d’argento (niente oro con Bergoglio), senza alcun simbolo, alcuna segno o emblema, ha ribadito che la Santa Sede non è una superpotenza spirituale che tratta con gli imperi terreni. Lontano mille miglia dal costantinismo, non è parso affascinato dal “pancostantinismo” del suo interlocutore. Per Papa Francesco, è chiaro che le religioni sono bacini spirituali al servizio dell’umanità intera, e la geopolitica della misericordia non prevede alleati sicuri e nemici giurati. Piuttosto, c’è un vero riconoscimento dell’altro, e le fedi, le culture, sono chiamate a unirsi nel servizio.

Quale servizio? Quello che solo può far prevalere il tutto sulla parte, cioè alla definizione dei valori di una globalizzazione poliedrica, quindi rispettosa, non uniformemente, ma solidale. In papa Francesco, difficilmente il cattolicesimo può essere iscritto ad alleanze politiche o militari. La sua sembra proprio un’altra idea di alleanza. Ecco perché molti hanno sottolineato che tra i doni che Jorge Mario Bergoglio ha fatto a Donald Trump c’era l’enciclica “Laudato si’”: l’alleanza è impegnarsi insieme per la tutela della casa comune; non si può spendere tutto per il proprio appartamento e lasciare le scale senza illuminazione, licenziare il portiere, disinteressarsi all’androne. L’annuncio statunitense della riduzione degli stanziamenti a favore del “sistema Onu” sembra dire proprio questo: come pensare di alleviare gli squilibri globali, le carestie, le pandemie, le vere e proprie emergenze umanitarie di Nigeria, Somalia, Yemen e non solo, non rendendo più efficiente il sistema Onu, ma senza l’Onu?

Il colloquio tra il papa e il presidente degli Stati Uniti c’è stato, la porta dunque è aperta e le sorprese non sono da escludere. Ma non si è trattato di una photo-opportunity.

*giornalista e collaboratore di Reset

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