Il 29 maggio, a Milano, il processo contro Stefania. E’ un processo da Santa Inquisizione contro le donne e contro i loro diritti.
Mobilitiamoci per difendere e applicare la legge 194, per difendere e applicare le parti progressiste della Costituzione.
Il 29 maggio alle ore 10.00 al Tribunale di Milano (aula g) si terrà la prima udienza contro Stefania Favoino, una donna, una lavoratrice, una madre, una compagna accusata di aver offeso un antiabortista e di aver arrecato danneggiamenti durante un presidio di integralisti cattolici all’Ospedale Mangiagalli. Anche chi l’ha denunciata, tale Vittorio Cristinelli, è a processo per aggressione: con licenza che ritiene di aver avuto dalla Vergine Maria ha colpito Stefania con un pugno.
In questa udienza il giudice Raffaella Bulgarelli deciderà sulla ammissione della costituzione in parte civile di Stefania, sull’ammissione dei sei testimoni a favore di Cristinelli e interrogherà i testimoni del PM Pradella, i poliziotti Fagiani e Zinicola che si trovavano sul posto al momento dei fatti: ma all’infuori dei fatti specifici, il processo è un processo politico.
È una battaglia che riguarda i diritti delle donne, sanciti dalla Costituzione e conquistati con la vittoria sul nazifascismo, praticati grazie alle conquiste ottenute con le lotte dei decenni passati.
Il giudice Bulgarelli è chiamato a schierarsi:
– dare agibilità politica e voce ai quei gruppi promossi e fomentati dalla classe dominante che mischiano fascismo e cristianesimo, riportando indietro l’orologio della storia alla barbarie degli aborti clandestini
OPPURE
– far valere i diritti le conquiste di civiltà strappate con la lotta dalle donne della classe operaia e delle masse popolari negli anni ‘70.
Ci sono 3 ragioni per cui il processo contro Stefania non è “una questione privata” e per cui è invece importante la solidarietà, la mobilitazione e il sostegno da parte delle donne delle masse popolari e da parti di tutti coloro che vogliono avere un ruolo positivo nella lotta contro l’oscurantismo vaticano, contro l’oppressione di genere, contro il neiofascismo e contro la repressione.
1. Vittorio Cristinelli è un assiduo frequentatore (se non espressamente l’organizzatore) di quelle manifestazioni ultracattoliche frequentate da Forza Nuova, Militia Christi e altre piccole organizzazioni che mescolano fascismo e cristianesimo: un mix che ha come bersaglio “naturale” le donne, i loro diritti, la loro autodeterminazione. Vittorio Cristinelli è un soggetto che insieme a giovani neofascisti, vecchi preti, “donnette” apparentemente innocue e invece feroci come serpenti, partecipa, quando non organizza, quelle iniziative per cui diviso in squadre l’esercito degli antiabortisti assedia ingressi e corsie di ospedali della Lombardia, ricerca le donne in gravidanza, le umilia, le offende, le pressa. In una regione dove trovare un “medico” non obiettore è un colpo di fortuna, andare in ospedale per una donna che vuole interrompere la gravidanza è diventato, questo si, un calvario. Questa è violenza, una violenza squadrista che al manganello ha sostituito effigi della Madonna (Cristinelli sostiene che una di quelle effigi emani il calore della vergine e che se si accosta l’orecchio si possa sentire il battito di Gesù nel grembo…) e cartelli, alla violenza diretta ha sostituito l’oppressione morale e gli insulti, ma che alla libera scelta delle donne impone la sottomissione. Per questo motivo, il processo contro Stefania è il processo a quelle donne che non hanno trovato la forza per dare quello che si meritava a gente come Cristinelli quando l’hanno incontrata all’ingresso dell’ospedale, in corsia o in sala di attesa e hanno dovuto subire una violenza più grave di un pugno o un’offesa.
2. Vittorio Cristinelli e quelli come lui, i suoi sodali, ritengono normale, di fronte alle proteste di chi non tollera la loro presenza negli ospedali, colpire con un pugno una donna. Qualcuno obietterà che “è indifferente” che Stefania sia una donna, sarebbe stata colpita anche se a contestare il presidio degli antiabortisti fosse stato un uomo. Non è vero. L’aggressione a Stefania è un mix di vendetta (perché una donna non può ribellarsi) e maschilismo bello e buono, di sottomissione di una donna all’uomo. Oltre al gesto di Cristinelli, anche l’atteggiamento delle Forze dell’Ordine è in questo senso esemplare: oltre al pugno sferrato da questo mezzo prete fallito e frustrato, a punizione della sua contestazione una denuncia pretestuosa per danneggiamento (l’accusa è di aver stracciato dei cartelloni). E qui si fonde il maschilismo e l’oscurantismo di gente che vorrebbe costringere le donne a vivere nel medioevo con la complicità delle autorità di polizia: dopo il pugno, colpire Stefania con un processo a monito per quelle donne che osano ribellarsi. Per questo motivo, il processo contro Stefania è il processo a quelle donne che non abbassano la testa e lottano per i loro diritti, sanciti dalla Costituzione e conquistati con la vittoria sul nazifascismo, praticati grazie alle conquiste ottenute con le lotte dei decenni passati; il processo a Stefania è un colpo di mano che si unisce ai reiterati attacchi ai diritti e alle conquiste e ai tentativi di mandare definitivamente al macero i principi e i valori della Costituzione antifascista.
3. L’aggressione a Stefania non è un caso isolato. La violenza contro le donne, nelle sue mille sfumature e manifestazioni, è in costante aumento, man mano che la società avanza verso il baratro della civiltà a cui la spinge la classe dominante. La violenza contro le donne è diventata “normale”: alimentata da personaggi come il Cristinelli, sdoganata dal senso comune corrente, eretta a filosofia dalle ideologie suprematiste e razziste, assecondata, tollerata e minimizzata dalle autorità e istituzioni (non facciamoci fregare dalle lacrime di coccodrillo), ha messo radici anche in ambienti “alternativi” (ricordate lo stupro di Parma?). Minimizzare è l’atteggiamento che consente al maschilismo imperante e alla violenza dilagante di proliferare come se fosse “tutto normale”. Invece normale non è. Per questo motivo, il processo contro Stefania è un processo che travalica il singolo caso, la contingenza, e in quell’aula di Tribunale, a Milano, non ci deve stare lei, seduta al banco degli imputati, ma la classe dominante di questo paese che alimenta, consente, promuove l’oppressione di genere e la violenza contro le donne.
Il processo a Stefania è il processo a tutte le donne che osano ribellarsi al sistema patriarcale e oppressivo di una società in cui vale di più il concetto astratto della “vita” rispetto alle condizioni materiali e concrete di chi vive, a una società in cui morire sul posto di lavoro, morire di parto, morire di stenti e povertà è considerato “normale”, o “una tragica fatalità” e invece l’eutanasia è considerata un tabù e l’aborto un crimine, a una società in cui “le donne sono l’angelo del focolare”, ma vengono usualmente trattate come (e in certi casi peggio) delle bestie da soma o da riproduzione. Una società in cui una donna che non urla mentre viene stuprata o ha i jeans è considerata “consenziente” e pertanto denunciata per calunnia o diffamazione dello stupratore.
I motivi per non lasciar passare questo processo come “una questione privata” sono molti altri, riguardano le donne, ma riguardano anche gli uomini; in definitiva riguardano la lotta contro l’oppressione delle masse popolari in nome del binomio “profitto” e “dio”.
Per questo lanciamo la campagna per sostenere Stefania e sostenere tutte quelle donne i cui diritti vengono negati ogni giorno: il diritto ad una maternità consapevole e sicura, a una sanità pubblica e gratuita, a un lavoro utile, dignitoso ed equamente remunerato, ad avere accesso a strutture come i centri antiviolenza. Sostenere questa campagna significa mobilitarsi per contrastare nei mille ambiti in cui è radicata l’ingerenza e l’oscurantismo del Vaticano, per promuovere il protagonismo delle donne che non delegano più, ma iniziano ad applicare direttamente e da subito le parti progressiste della Costituzione.
Sempre di più in questo periodo chi si batte per la difesa dei diritti e delle libertà sancite dalla Costituzione antifascista nata dalla Resistenza diviene oggetto di misure repressive da parte della classe dominante e dei suoi sgherri.
Per imparare a difenderci e limitare i danni organizziamo le seguenti iniziative:
Sabato 27 maggio ore 17.00, Presentazione del Manuale di Autodifesa Legale @ Casa Rossa Rossa – via Sacco e Vanzetti, 80 Sesto San Giovanni.
Martedì 6 giugno ore 20.30, Iniziativa sul decreto Minniti, ne parliamo con l’avvocato Losco @ Casa Rossa Rossa – via Sacco e Vanzetti, 80 Sesto San Giovanni.
Sabato 18 giugno (orario da definire), Giornata internazionale del rivoluzionario prigioniero @ Festa della Riscossa Popolare della Lombardia c/o Casa Rossa Rossa – via Sacco e Vanzetti, 80 Sesto San Giovanni.