Il rapper Salmo, Antonio Gramsci e il (nuovo)Partito comunista italiano

 

 

Qualche giorno fa a Firenze suonava il rapper Salmo. Ho letto le parole di alcune sue canzoni, in particolare una che si chiama 1984 e una che si chiama Live fast Die young, e mi sono trovato in una selva di pensieri. Non entro in dettaglio e mi attengo solo ai titoli.

Nel 1984 il Coordinamento Nazionale dei Comitati contro la Repressione pubblicò un libro che stiamo presentando in più parti d’Italia (lo presenteremo anche a Firenze, a giugno). Il titolo è Il proletariato non si è pentito. Illustra come la classe dominante, che in Italia come altrove è la borghesia imperialista, in quegli anni sferrò un attacco durissimo contro la classe operaia, il proletariato e le masse popolari, e in particolare contro i giovani di quelle classi, uccidendoli, torturandoli, rovinandoli con droghe di vario genere, sforzandosi di togliere loro con ogni mezzo un’idea di trasformazione del mondo in vari modi pensata e studiata, o intravista e sognata. Fu uno scontro feroce, che segna la storia di tutti quegli anni, dalla metà degli anni ’70 a questo 1984 di cui Salmo parla.

Salmo, però, tutto questo lo ignora. Lui nel 1984 è nato, e tutto quello che sa della politica di allora si riduce ai nomi di Craxi e Berlinguer. Il fatto che lo ignori significa che nello scontro di cui parlo sopra la borghesia ebbe successo, nel senso che riuscì, in quel momento e nei decenni successivi, a fare dimenticare a massima parte delle nuove generazioni che lo scontro era avvenuto, e a fare sì che da quel momento in poi di tutto si potesse parlare ma non di quello, come ad Adamo ed Eva nel giardino dell’Eden tutto potevano fare ma non mangiare la mela della conoscenza ( “giardino dell’Eden” nel caso nostro, fu anche l’inizio dell’elaborazione di un mondo virtuale in cui parecchi giovani e non solo oggi galleggiano).

Giardino dell’Eden però non era e non è, tanto è vero che se uno è contento e ha fiducia nel futuro viene fatto passare per stupido, o sognatore, mentre essere depressi e scocciati è considerato segno di intelligenza. Per questo Salmo dice “Live fast and die young”, che cioè è il caso di vivere velocemente e morire presto, cosa che dicevano anche a noi, presentandoci come modelli quelli uccisi o morti da giovani, come Ernesto Che Guevara, e nel campo della musica Janis Joplin, Jimi Hendrix, o Luigi Tenco, che si sparò un colpo di pistola al Festival di Sanremo.

Salmo però esprime un desiderio comprensibile, per cui è preferibile morire che vivere una vita senza senso ed essere schiavi o servi di chi domina. Vivere intensamente e morire: ecco una cosa su cui negli anni ’80 insisteva Vasco Rossi, che voleva una vita spericolata di quel tipo, e che è stata celebrata in un film famoso di quel periodo, Blade Runner. I protagonisti erano mutanti artificiali, pieni di superpoteri ma destinati a vita breve, come se uno avesse un tot di energie che se le consuma intensamente muore prima.

Bisogna fare attenzione, però. Quelli che governano questa società sono furbi: la morte dei giovani a loro va benissimo, perché nella società da loro diretta per quei giovani non c’è posto. La mancanza di senso che avvertono in tanti, Salmo incluso, è la mancanza di posti di lavoro, della possibilità di avere una vita dignitosa, di avere un futuro, perché la borghesia imperialista tutto questo lo può garantire a una parte ridotta delle masse popolari. Se uno muore giovane, quindi, tanto meglio. Risparmia alla classe dominante di assumersi la responsabilità della sua morte e la fatica di procurargliela. Chi un modo o nell’altro si uccide perché non sopporta la vita che gli è imposta, con ciò favorisce chi gli impone quella vita e quindi, con tutto il rispetto dovuto alle vittime, non fa una cosa intelligente.

La borghesia imperialista di cui sto parlando è la classe che detiene il potere sul piano economico, politico, sociale e culturale. Fa parte della borghesia imperialista, ad esempio, il ministro dell’Istruzione, quella cui fanno capo le scuole d’Italia, quelle frequentate dai giovani delle masse popolari. Si tratta di Valeria Fedeli, una donna ignorante e crudele, che ha fatto carriera nel PCI nella CGIL con il tradimento dei lavoratori e l’espulsione dei sindacalisti più onesti e capaci, che oggi sostiene i fascisti che vogliono abbattere il governo in Venezuela, e che ho descritto come la versione reale della professoressa Umbridge, uno dei personaggi più odiati della saga di Harry Potter, che parecchi giovani in Italia e nel mondo conoscono.

Torniamo a Salmo. Dice che i giovani stanno a sentire solo i cantanti. Come criterio alle generazioni nostre non è servito. I cantanti cantano per i soldi, così quando c’è aria di rivoluzione cantano quella, poi quando cambia il vento cambiano anche loro. Parecchi di noi sentivano le canzoni di Francesco Guccini, che faceva l’anarchico e cantava dei ribelli disperati e destinati alla sconfitta, e oggi è un sostenitore di Matteo Renzi. Lui, e non solo lui, ha guadagnato assai dicendo cose deprimenti.

È invece dovere nostro, di noi genitori, dei genitori che fanno parte delle masse popolari di questo paese, dei genitori che vogliono diventare e diventare comunisti, educare voi giovani alla fiducia, alla serenità, alla lungimiranza, alla gioia. Peter Pan insisteva, giustamente, sul fatto che bisogna avere pensieri felici e che solo così si può volare. Noi comunisti abbiamo su di lui un vantaggio, che lui non volle crescere e diventare adulto, mentre noi sì, noi lo stiamo facendo, e trasbordiamo questi pensieri felici dall’infanzia alla maturità e alla vecchiaia. Noi sappiamo che il mondo si può cambiare, che si può fare dell’Italia un nuovo paese socialista, dove ciascuno avrà posto e potrà esprimere le sue potenzialità in misura oggi impensabile, e questo stiamo facendo, con maestria crescente.

L’educazione di cui parlo va condotta con attenzione e scienza. Nel Partito dei CARCse ne tratta in uno scritto importante, un articolo comparso su Resistenza, il foglio del partito, del dicembre 2013, che invito a leggere (è in http://www.carc.it/wp-content/uploads/2016/06/RE11-1213w-3.pdf).

L’educazione di cui parlo, soprattutto, richiede intervento attivo. Che voi giovani possiate crescere e imparare a vivere una vita piena e felice senza bisogno di educazione, spontaneamente, non lo credo affatto, né corrisponde alla concezione comunista del mondo. Corrisponde alla concezione borghese del mondo, secondo la quale ciascuno deve essere lasciato libero di ricercare “la propria felicità”, (il che significa sempre che qualcun altro deve rinunciare alla felicità e libertà proprie e lavorare per consentire a lui la sua)

Leggete di Antonio Gramsci, e del suo rapporto con i figli. Gramsci ha avuto una vita molto dura fino dalla sua infanzia. Un aspetto particolare di questo è stato il fatto che l’imprigionamento gli ha impedito di avere qualsiasi rapporto con i figli, uno dei quali nemmeno vide mai. È quindi un genitore che non ha potuto vivere con loro. Ciononostante, le sue considerazioni sono utili e attuali, a genitori e figli.

Gramsci non condivide quello che scrive J. J. Rousseau (1712-1778) secondo il quale l’uomo è per natura buono e libero, e basta lasciarlo crescere perché esprima tutta questa bontà e libertà. Secondo questo ragionamento è la società che rovina gli esseri umani. Secondo Gramsci, invece questa educazione “naturale” porta gli adulti a non assumersi le proprie responsabilità. «Lasciare fare alla “natura” significa anarchia. L’uomo va educato, formato, istruito, abituato al sacrificio, al lavoro, in maniera graduale, con la disciplina, non solo esteriore ma anche interiore.» Questo è il commento nella Nota 10 a p.12 del numero 42 de La Voce del (nuovo)PCI[1] a un passo di Gramsci che è riportato da una lettera alla moglie del 30 dicembre 1929:

“Naturalmente io non posso dare giudizi e impressioni a carattere generale, per l’assenza di dati specifici e numerosi; ignoro quasi tutto, per non dire tutto [dei figli Delio di 5 anni e Giuliano di 3, N. d. R.]. Ma dal complesso dei dati ricevuti ho avuto l’impressione che la concezione tua e di altri della tua famiglia sia troppo metafisica, cioè presupponga che nel bambino ci sia in potenza tutto l’uomo e che occorra aiutarlo a sviluppare ciò che già contiene di latente, senza coercizioni, lasciando fare alle forze spontanee della natura o che so io. Io invece penso che l’uomo è tutta una formazione storica ottenuta con la coercizione (intesa non solo nel senso brutale e di violenza esterna) e penso sia solo questo: che altrimenti si cadrebbe in una forma di trascendenza o di immanenza. Ciò che si crede forza latente non è, per lo più, che il complesso informe e indistinto delle immagini e delle sensazioni dei primi giorni, dei primi mesi, dei primi anni di vita, immagini e sensazioni che non sempre sono le migliori che si vuole immaginare.

Questo modo di concepire l’educazione come sgomitolamento di un filo preesistente ha avuto la sua importanza quando si contrapponeva alla scuola gesuitica, cioè quando negava una filosofia ancora peggiore, ma oggi è altrettanto superato. Rinunziare a formare il bambino significa solo permettere che la sua personalità si sviluppi accogliendo caoticamente dall’ambiente generale tutti i motivi di vita. È curioso ed interessante che la psicoanalisi di Freud stia creando, specialmente in Germania (a quanto mi appare dalle riviste che leggo), tendenze simili a quelle esistenti in Francia nel Settecento; e vada raffigurandosi un nuovo tipo di “buon selvaggio” corrotto dalla società, cioè dalla storia. Ne nasce una nuova forma di disordine intellettuale molto interessante”.[2]

Con questa filosofia del “buon selvaggio” i genitori e gli adulti non si assumono responsabilità nei confronti dei figli e dei giovani. Questo modo sbagliato di porsi inquina anche il movimento comunista. Noi dobbiamo, dice il (nuovo)PCI:

al nostro interno anche un’altra posizione arretrata e nociva, frutto dell’influenza della borghesia imperialista e della sinistra borghese con la sua “cultura alternativa”: la concezione secondo cui “ai giovani non bisogna chiedere troppo, devono pensare a divertirsi e, se proprio decidono di essere attivi politicamente, bisogna accontentarsi di ciò che fanno e di come sono”. Questa concezione è un’arma contro le masse popolari. Con i suoi giovani rampolli la borghesia imperialista è molto esigente: li spedisce nelle migliori scuole per imparare a comandare, a dirigere e a “far fruttare” il capitale!…

In questa epoca storica un giovane diventa “adulto” se svolge un ruolo positivo nella lotta di classe, nella lotta rivoluzionaria”[3]

Da diverse migliaia di anni i giovani delle classi oppresse al momento in cui entrano nell’età adulta devono abbandonare i loro sogni, e, come si dice, “accettare la realtà”, che è amara. È una menzogna delle classi dominanti, alle quali serve che i giovani delle masse oppresse accettino l’”amara realtà” di lavorare tutta la vita per loro, perché loro si possano dedicare a ciò che rende la vita degna di essere vissuta. In questa epoca, dopo millenni di oppressione di classe, voi giovani non diventerete adulti abbandonando le vostre aspirazioni. Diventerete adulti curandole, sviluppandole e traducendole in ciò che le sintetizza tutte, la lotta rivoluzionaria, la lotta contro la classe che tutte quelle aspirazioni vi nega e che vi nega il futuro, la lotta per costruire un futuro della cui ricchezza vi renderete facilmente conto costruendolo, la lotta per fare dell’Italia un nuovo paese socialista.

[1] in http://www.nuovopci.it/voce/voce42/comedfam.html.

[2] Gramsci, Lettere del carcere, ed. Einaudi 2011, pag. 112

[3] La Voce del (nuovo)PCI, n. 55, luglio 2017, p. 32.

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