[Massa] 21 aprile 2017: gli operai toscani incontrano Paolo Maddalena

La classe operaia toscana all’avanguardia della lotta per il lavoro, incontra il vice Presidente emerito della Corte Costituzionale per portare avanti, uniti, l’attuazione delle parti progressiste della Costituzione

L’operaio diventa rivoluzionario quando

vede il padrone “come un punto morto,

come un ingombro che bisogna eliminare”

Dall’Ordine Nuovo di Gramsci, 8 novembre 1919.

Venerdì 21 aprile è stata una giornata particolare per la classe operaia toscana. Nello stesso giorno Paolo Maddalena ha partecipato a iniziative di lotta promosse dagli operai della Ginori di Sesto Fiorentino e da quelli della Rational di Massa.

A guardare superficialmente la realtà verrebbe da chiedere: ma perché mettete insieme gli operai della Ginori di Sesto Fiorentino e quelli della Rational di Massa? La prima produce porcellane, la seconda lavatrici industriali, la prima ha una storia diversa dalla seconda, perché fate questo minestrone?

A unire le due fabbriche, il 21 aprile, ci hanno pensato gli stessi operai valorizzando la figura del vice presidente della Corte Costituzionale e facendolo partecipare alla loro lotta per difendere i posti di lavoro e tenere aperte le due aziende.

É proprio la lotta per tenere aperta la fabbrica e difendere i posti di lavoro quello che tiene uniti (coscienti o meno) i lavoratori delle due fabbriche.

Nella mattina del 21 aprile si è svolta la manifestazione degli operai della Ginori e Paolo Maddalena ha denunciato la speculazione bancaria di Unicredit sulla storica azienda Sestese e si è messo a disposizione dei lavoratori per intraprendere ogni strada necessaria per salvare i loro posti di lavoro.

Nel pomeriggio a Massa i lavoratori Rational hanno promosso un’iniziativa pubblica nel piazzale della loro fabbrica. Il 21 aprile era il 42 esimo giorno di mobilitazione permanente degli stessi lavoratori. Quel piazzale è diventato ormai la “piazza del lavoro” della città di Massa e quel giorno è diventato la piazza del lavoro dell’intero d’Italia.

A quest’iniziativa sono infatti intervenuti operai della Lucchini di Piombino, del Pignone e della ex-Eaton di Massa, comitati popolari, il Sindaco della città e altre forze politiche territoriali. Hanno mandato i loro saluti gli operai del coordinamento FCA centro-sud, i lavoratori della Megaride di Napoli, il Sindaco di Napoli, il Consolato della Repubblica Bolivariana del Venezuela di Napoli, Nicoletta Dosio del movimento NO TAV, ecc.

La parola d’ordine che ha unito tutte queste diverse realtà che rappresentano il movimento delle masse popolari nel nostro paese è stata quella di applicare le parti progressiste della Costituzione. Nel caso della Rational significa garantire la funzione sociale della produzione dell’azienda e quindi garantire i posti di lavoro.

Maddalena era entusiasta per il fatto che intorno ai 24 lavoratori si è stretta tutta la comunità massese. Maddalena diceva “La civiltà esiste dove c’è il singolo e la comunità. Dove c’è soltanto l’individuo c’è l’uomo barbaro. Gli esponenti del pensiero neo liberista vogliono renderci individui singoli. La situazione generale del paese e del mondo è difficile e l’esempio dei lavoratori Rational è importante per individuare alternative allo stato di cose presenti. Dai lavoratori Rational emerge con chiarezza che è necessaria le cooperazione, è necessario che il popolo diventi protagonista dell’economia. Privatizzare significa togliere a tutti per dare a pochi e la responsabilità della chiusura delle aziende è dell’attuale politica che dirige il Paese”. Secondo Maddalena è “la Costituzione la stella polare per orientarci. Articolo 41 della Costituzione: L’iniziativa economica è libera, non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali. Articolo 42: la proprietà è pubblica o privata. I beni economici appartengono allo Stato, ad enti o a privati. La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti.

Secondo Maddalena questi due articoli sono la conferma della giustezza dell’azione dei lavoratori Rational di prendere in mano la fabbrica, senza il padrone che non ha più perseguito la funzione sociale e quindi ha perso tutto.

Maddalena riporta l’esperienza di alcuni amministratori locali (quello di Napoli e di San Giorgio di Pesaro) che hanno requisito gli edifici abbandonati facendone patrimonio collettivo. Esorta quindi il Sindaco di Massa a essere parte attiva al fianco dei lavoratori e applicare così le parti progressiste della Costituzione: la fabbrica è dei lavoratori e deve continuare a produrre in mano ai lavoratori. Continua dicendo che alla Rational c’è il protagonismo dei lavoratori e questo è un passo importante. Dice che c’è un collegamento tra molti lavoratori di varie fabbriche e anche del sud Italia. Lui si propone di mettere insieme tutte le realtà di fabbriche che sono intervenute oggi con le amministrazioni delle loro città per mettere al centro la funzione sociale delle fabbriche, per tenerle aperte e salvaguardare tutti i posti di lavoro: “si tratta di attuare la funzione sociale della proprietà privata”.

La giornata del 21 aprile è la dimostrazione che la classe operaia (costituita dai proletari aggregati nelle aziende capitaliste) è l’attore principale della rivoluzione socialista. La classe operaia è la principale forza di massa che muove il resto: essa è ancora oggi quantitativamente sufficiente a svolgere questo ruolo. Quanto sia grande la sua capacità di mobilitazione del resto delle masse popolari è confermato dalla lotta scatenata dai 24 lavoratori della Rational.

Questa lotta conferma che basta anche un solo operaio ben orientato e determinato perché legato al movimento comunista per mettere in moto il gruppo di operai. Quando gli operai (anche un piccolo gruppo di 24 operai come alla Rational) scendono in lotta, trascinano anche il resto delle masse popolari e costringono gli esponenti dei sindacati, delle istituzioni e dei partiti borghesi a rincorrerli e a mobilitarsi in loro sostegno (chi per non perdere o per cercare di guadagnare seguito e voti tra le masse, chi per timore che “l’incendio si propaghi”, chi per regolare i conti o fare le scarpe ai concorrenti, chi perché è sinceramente preoccupato e indignato di come vanno le cose e aspira a che vadano meglio). “Una scintilla può dare fuoco alla prateria”, indicava Mao Tse-tung e oggi il nostro paese è una distesa di praterie in cui far scoccare le scintille e, soprattutto, collegare i fuochi che si accendono fino a farne un incendio.

La giornata del 21 aprile ci insegna anche che la soluzione per mettere fine alla chiusura delle aziende, alla disoccupazione, alla miseria è politica. La soluzione è costruire un governo che sia emanazione delle organizzazioni operaie e popolari e che applichi le parti progressiste della costituzione. Questo Governo è l’unico che può rendere meno indolore il processo di costruzione della rivoluzione socialista, quel processo che ci porta alla soluzione definitiva alla crisi: il socialismo.

A unire gli operai della Rational con quelli della Ginori e con quelli di tutta Italia è la costruzione di un Governo che è loro. La prossima tappa per è Domenica 14 maggio 2017, a Napoli, dove si svolgerà l’ultima tappa – dopo Roma e Milano – del primo ciclo di assemblee “Attuare la Costituzione, un dovere inderogabile” che Paolo Maddalena, Vice Presidente emerito della Corte Costituzionale, ha promosso insieme alle organizzazioni territoriali.

Per costruire la rete di nuova governabilità nel nostro paese ci vuole una scienza particolare, quella dei comunisti che ha ben sintetizzato Rosa L. nell’articolo inserito nel numero 55 de La Voce del (n)PCI che riportiamo di seguito.

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La Voce 55 – del (nuovo)Partito comunista italiano – anno XIX – marzo 2017

La scienza comunista e i compiti dei comunisti

Nel corso degli ultimi mesi la crisi del sistema politico della borghesia imperialista si è molto aggravata, a livello nazionale e internazionale. Quando diciamo “sistema politico” intendiamo precisamente le istituzioni statali, la sinergia tra di esse e la loro autorità sulla società civile e sulle masse popolari, la direzione dell’apparato statale da parte del governo, il sistema di selezione dei membri delle assemblee elettive, le relazioni tra i partiti e i gruppi che vi partecipano, le relazioni di tutte queste istituzioni e organismi con i capitalisti e le loro aziende (la borghesia imperialista tra cui predomina la borghesia finanziaria) e con le istituzioni e gli esponenti della società civile.(1) Crisi del sistema politico significa che i contrasti tra esponenti e istituzioni di questo sistema si sono fatti più acuti, che aumentano le mosse inconsulte e contrastanti di individui e istituzioni, che il sistema politico corrisponde sempre meno alle esigenze dell’economia e della società civile. La conseguenza è che il funzionamento di ognuna delle istituzioni del sistema politico e la loro sinergia diventano più difficili.

 

1. Con l’espressione “società civile” si indica l’insieme delle istituzioni e relazioni sociali che non attengono direttamente né all’attività economica né al sistema politico, ma sono tuttavia indispensabili perché gli individui e le famiglie costituiscano una società: es. associazioni, ordini, consorzi, assemblee di vario tipo, formali o di fatto.

Sistema politico, rapporti di produzione e società civile nella realtà non sono separati da muraglie cinesi, formano un tutt’uno. Ma distinguerli è indispensabile perché lo sviluppo di ognuno di essi obbedisce a leggi proprie. Solo distinguendoli, tenendo conto delle leggi di sviluppo di ognuno di essi e delle reciproche relazioni comprendiamo lo sviluppo della società e quindi siamo in grado di determinarlo.

 

2. Per la teoria della crisi per sovrapproduzione assoluta di capitale rimando all’Avviso ai naviganti 8 – 21 marzo 2012.

 

3. Per un’esposizione dettagliata della linea del GBP rimando all’Avviso ai naviganti 7 – 16 marzo 2012 reperibile sul sito www.nuovopci.it e all’opuscolo Governo di Blocco Popolare del Settore Agitazione e Propaganda del P.CARC.

 

La crisi politica è una conseguenza inevitabile della crisi economica. Con la crisi finanziaria del 2008 la crisi economica per sovrapproduzione assoluta (cioè riguardante tutti i settori produttivi) di capitale è entrata nella sua fase acuta e terminale.(2) In sostanza questo significa che le manovre con cui la borghesia imperialista prolunga la vita del suo sistema sociale hanno impresso un corso accelerato alla corsa verso una delle due vie, alternative tra loro, che la crisi per sovrapproduzione assoluta di capitale per sua natura rende possibili: la mobilitazione rivoluzionaria delle masse popolari che sfocia nell’instaurazione del socialismo e la mobilitazione reazionaria delle masse popolari che sfocia nella guerra tra paesi e nella guerra civile in ogni singolo paese. È stato allora, dopo l’inizio della fase acuta e terminale della crisi generale del capitalismo, che noi comunisti italiani, già uniti nel (n)PCI fondato nel 2004 (in proposito vedi La Voce n. 18, novembre 2004), abbiamo elaborato e incominciato a praticare la linea della costituzione del Governo di Blocco Popolare.(3) La costituzione del GBP non è né l’instaurazione del socialismo né una via alternativa alla rivoluzione socialista: sarà però un balzo in avanti nella rivoluzione socialista. La linea del GBP consiste nel mettere al centro del nostro lavoro di massa (che fino allora era quello indicato nel punto 2 del cap. 3.5 del nostro Manifesto Programma) la mobilitazione dei proletari aggregati nelle aziende capitaliste (gli operai) e di quelli aggregati nelle istituzioni e aziende pubbliche, degli altri proletari e del resto delle masse popolari a creare organizzazioni operaie (OO) e popolari (OP) e orientare ognuna di queste ad agire con forza ed efficacia crescenti come nuova autorità pubblica e a coordinarsi con le altre con l’obiettivo comune di costituire un proprio governo d’emergenza composto da esponenti dei  “tre serbatoi” che godono della fiducia delle OO e OP e farlo ingoiare ai vertici della Repubblica Pontificia. Questo lavoro di massa è stato poi assunto in proprio anche dal Partito dei CARC (fondato nel 2005) che ne ha fatto il suo campo di lavoro. A contribuire a questa impresa il (n)PCI e il P.CARC hanno chiamato e chiamano anche tutti quelli che si professano comunisti, tutte le Forze Soggettive della Rivoluzione Socialista (FSRS) e tutte le organizzazioni e gli esponenti della sinistra borghese. La nostra è una linea dettata dalla comprensione del corso delle cose e dello stato del movimento politico del paese, detto altrimenti dalla comprensione delle condizioni e delle forme della lotta di classe analizzata con la scienza del marxismo-leninismo-maoismo.

Non v’è alcun dubbio che la borghesia imperialista proseguirà nel corso catastrofico che essa ha imposto all’umanità da quando a causa dell’esaurimento della prima ondata della rivoluzione proletaria ha ripreso in mano la direzione del mondo (nella fase ascendente della prima ondata era il movimento comunista cosciente e organizzato che dirigeva il mondo e la borghesia imperialista era costretta a rincorrerlo) e la seconda crisi per sovrapproduzione assoluta di capitale la costringe ad abolire le conquiste di civiltà e di benessere che le masse popolari del nostro paese, come quelle degli altri paesi imperialisti, avevano strappato sulla scia della prima ondata della rivoluzione proletaria sollevata dalla vittoriosa insurrezione dell’Ottobre 1917 in Russia e dalla costituzione dell’Unione Sovietica. Non solo, ma la costringe anche a ricorrere a svariate manovre per valorizzare il capitale che viene accumulando e non può valorizzare tutto nella produzione di merci.

Non v’è alcun dubbio che il corso catastrofico delle cose costringerà con forza crescente le masse popolari a mobilitarsi o sotto la direzione di noi comunisti confluendo nella rivoluzione socialista o al seguito di promotori della mobilitazione reazionaria diventando attori e vittime di guerre civili e di guerre internazionali.

Non v’è alcun dubbio che il corso catastrofico delle cose costringe e con forza crescente costringerà anche la sinistra borghese e le FSRS ad abbandonare le loro illusioni e tergiversazioni e ad abbracciare o almeno di fatto contribuire a realizzare la nostra linea, tolte quelle che spariranno dalla vita politica o ripiegheranno nella mobilitazione reazionaria.

Questo è il corso oggettivo delle cose, non dipende da noi comunisti. Quello che invece ci riguarda è la comprensione sempre più avanzata delle condizioni e delle forme della lotta di classe, l’elaborazione per la nostra attività di giusti principi e criteri e la loro applicazione concreta nelle mille situazioni particolari. Questo è quello che non è sicuro e che dipende da noi comunisti: a questo si riferiva Lenin quando nel lontano 1922 dalla tribuna del IV Congresso dell’Internazionale Comunista esortava i neonati partiti comunisti europei a studiare (Cinque anni di rivoluzione russa e le prospettive della rivoluzione mondiale, in OC vol. 33). Da questo dipende l’esito della gara tra le due vie: mobilitazione rivoluzionaria e mobilitazione reazionaria. Da questo dipendono l’avanzata della rivoluzione socialista e i tempi della nostra vittoria.

In questo articolo indichiamo appunto alcuni principi e criteri a proposito dei quali è necessario che eleviamo la nostra coscienza, principi e criteri che sono discriminanti per lo svolgimento del nostro ruolo verso le masse popolari e per la valorizzazione delle FSRS e della sinistra borghese. La nostra scienza non è un insieme di precetti e “istruzioni per l’uso”, è solo una guida per l’analisi della realtà e per l’azione, per affrontare con successo problemi che non sono mai stati finora risolti. La scienza va assimilata, applicata creativamente in ogni situazione concreta e ulteriormente elaborata giovandosi dell’esperienza: quello che vale per ogni scienza applicata. Così facciamo avanzare la rivoluzione socialista.

 

***** Manchette

Con l’espressione tre serbatoi indichiamo gli esponenti della sinistra dei sindacati di regime e dei sindacati di base e alternativi, gli esponenti democratici delle amministrazioni locali e della società civile, gli uomini politici della sinistra borghese non visceralmente anticomunisti: tutti individui che,  senza esserne investiti dalle classi dominanti, oggi hanno una qualche autorità sociale e godono ancora di prestigio, seguito e ascendente presso le masse popolari nonostante il punto a cui sono arrivate le cose. Si tratta di individui e organismi che o per la storia che abbiamo alle spalle (gli eredi del movimento comunista cosciente e organizzato) o per le relazioni sociali in cui viviamo (il professore, il professionista, il giornalista, ecc.) godono, ognuno in una cerchia più o meno ampia, di una certa autorità, esercitano un ruolo di orientamento. Chiamiamo seconda gamba l’insieme dei personaggi e organismi dei tre serbatoi sia per distinguerli dal resto delle masse popolari (intese come indicato nel cap. 2.2 del Manifesto Programma del (n)PCI), sia per indicare che nella rivoluzione socialista non svolgono il ruolo principale e determinante: questo è svolto dalle masse popolari organizzate. La seconda gamba svolge un ruolo ausiliario. I semplici membri delle masse popolari, proletari o lavoratori autonomi (che, se non sono organizzati, non esercitano un ruolo di orientamento né godono di alcuna autorità) costituiscono l’insieme che chiamiamo anche prima gamba.

Chiamiamo sinistra borghese gli organismi e gli individui che denunciano il corso catastrofico delle cose imposto dalla borghesia imperialista, ma propongono e perseguono obiettivi diversi dall’instaurazione del socialismo ed esplicitamente o di fatto si oppongono alla tesi che l’instaurazione del socialismo è la soluzione unica e necessaria della crisi in corso (e quindi rifiutano di assumere la prima ondata della rivoluzione proletaria come scuola da cui imparare).

Chiamiamo Forze Soggettive della Rivoluzione Socialista (FSRS) gli organismi e gli individui che contro il corso catastrofico delle cose propagandano come soluzione l’instaurazione del socialismo, ma non hanno fatto un bilancio, o almeno un bilancio esauriente, della prima ondata della rivoluzione proletaria (quindi, esplicitamente o di fatto, non la assumono come scuola da cui imparare: da qui il dogmatismo e l’economicismo di cui sono portatori) e che nella loro attività si pongono l’obiettivo della rivoluzione socialista, ma aspettano che la rivoluzione socialista scoppi, rifiutano di prendere atto che la rivoluzione socialista anche nei paesi imperialisti ha la forma di una guerra popolare rivoluzionaria promossa dal partito comunista.

La storia del nostro paese, le vicende politiche degli anni che abbiamo alle spalle, il corso seguito dalla lotta contro il revisionismo moderno hanno fatto sì che oggi in Italia anche molti degli organismi e dei partiti che pure si professano comunisti si collocano (in campo teorico e politico) chi tra la sinistra borghese, chi tra le FSRS e chi a metà strada.

 

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Mentre nella pratica traduciamo la nostra linea generale nelle linee e nelle iniziative particolari con cui valorizziamo in ogni contesto quello che le masse popolari già fanno, usiamo ogni loro lotta come scuola di comunismo, approfittiamo di ogni spunto e occasione per promuovere la costituzione di OO e OP e orientarle a coordinarsi e a costituire il proprio governo d’emergenza e a indurre gli esponenti dei tre serbatoi ad assumersi la responsabilità di farne parte, un altro dei nostri compiti nella situazione attuale è spiegare pazientemente quello che per il Partito è già coscienza acquisita (la scienza che ereditiamo, la nostra analisi del corso delle cose, la nostra linea per la rivoluzione socialista e la linea del GBP, la linea dettata dalla scienza delle attività con le quali gli uomini fanno la loro storia). La nostra concezione della natura della rivoluzione socialista e la nostra concezione del ruolo e della natura del partito comunista sono innovative rispetto alla concezione con cui si sono guidati i partiti comunisti dei paesi imperialisti durante la prima ondata della rivoluzione proletaria, con gli esiti fallimentari che tutti conoscono. Quindi è inevitabile che oggi sono molte le  obiezioni alla nostra linea generale strategica e tattica e che persino nelle ancora esigue file della Carovana del (n)PCI molti compagni nutrono dubbi. Questi emergono chiaramente quando si tratta di propagandarla e di applicarla nell’azione, in particolare nell’orientamento di OO e OP: qui infatti devono non ripetere la linea generale che hanno letto, ma tradurre il generale nel particolare del singolo caso e usarlo nel rapporto concreto.

La sconfitta della cricca di Renzi nel Referendum del 4 dicembre e la celebrazione del 60° anniversario dei Trattati di Roma (1957) costitutivi della Comunità Economica Europea hanno posto con forza particolare la questione della linea da seguire nell’immediato. Quindi hanno fatto emergere anche i dubbi che sopravvivono nelle nostre file. Di fronte alla crisi del sistema politico borghese tutta la sinistra borghese si agita. Nella sinistra borghese e tra le FSRS l’ala destra ha ancora la direzione e in più contesti i compagni del P.CARC si sono trovati isolati, in particolare nelle manifestazioni di sabato 25 marzo a Roma e nell’assemblea di domenica 26 e in generale nella Piattaforma Sociale Eurostop, in larga misura egemonizzata da Rete dei Comunisti.(4) A vero dire si sono sentiti isolati più di quanto lo sono realmente perché in realtà nelle masse popolari mobilitate e perfino nelle file degli organismi della sinistra borghese (e segnatamente tra i membri di Piattaforma Sociale Eurostop e della stessa Rete dei Comunisti) e nelle FSRS vari sono gli individui che sono già influenzati dalle nostre tesi o che sono arrivati per loro autonoma elaborazione a posizioni affini alle nostre.(5) È quindi in proposito del tutto giusta la Comunicazione diramata il 29 marzo dalla segreteria del Comitato Direttivo (sCD) del P.CARC: la facciamo nostra e incitiamo i nostri lettori a studiarla accuratamente [la Comunicazione è riportata integralmente subito di seguito a questo articolo].

 

4. Rete dei Comunisti è un gruppo formatosi a Roma tra gli ultimi anni ’70 e i primi anni ’90, con un processo parallelo e divergente rispetto a quello percorso dal gruppo di compagni che dettero origine ai CARC e poi alla Carovana del (n)PCI. Mentre questi tiravano chiaramente ed esponevano pubblicamente il bilancio della prima ondata della rivoluzione proletaria, il loro rapporto con le lotte degli anni ’70 e in particolare con il tentativo delle Brigate Rosse di ricostruire il partito comunista tramite la propaganda armata e approdavano al marxismo-leninismo-maoismo e all’obiettivo di ricostruire il partito comunista (vedi la rivista Rapporti Sociali e l’opuscolo del 1995 F. Engels: 10, 100, 1000 CARC per la ricostruzione del partito comunista), il gruppo romano si impantanava nelle teorie della Scuola di Francoforte (Contropiano a fronte dell’immaginario “piano del capitale” francofortese) e approdava agli obiettivi di costruire 1. una rete di intellettuali comunisti senza vincoli organizzativi stretti invece del partito comunista (esattamente l’indirizzo in campo organizzativo che i menscevichi contrapposero all’indirizzo dei bolscevichi al momento della fondazione nel 1903 del partito comunista promotore della prima ondata della rivoluzione proletaria, il partito di Lenin), 2. una sponda politica nelle istituzioni della Repubblica Pontificia e 3. un braccio sindacale (Rappresentanze di Base diventate poi Unione Sindacale di Base) concorrente dei sindacati di regime. Un rapporto vago con il marxismo inteso come scienza delle attività con le quali gli uomini fanno la loro storia, con l’esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria e con i tentativi di ricostruzione del partito comunista compiuti in Italia dopo la svolta del 1956 sono le caratteristiche di Rete dei Comunisti in campo teorico e politico.

 

5. Un caso per tutti: quanto alla nostra tesi che la parola d’ordine NO EURO, NO UE, NO NATO della Piattaforma Eurostop deve essere legata all’obiettivo di costituire un governo che abbia la volontà e la forza di tradurla nella pratica, altrimenti resta campata in aria oppure prelude a una lista dal programma “popolare” e molto “di sinistra” ma velleitario per le prossime elezioni politiche, essa è sostanzialmente accolta da Mimmo Porcaro e Ugo Boghetta, esponenti di Piattaforma Eurostop e vicini a RdC, nel loro articolo Spunti per la discussione in Eurostop (comparso il 26 marzo 2017 in http://www.eurostop.info).

 

Coerentemente con la linea del GBP, nei confronti delle FSRS e delle organizzazioni della sinistra borghese noi pratichiamo una politica da fronte: unità d’azione ovunque esistono obiettivi comuni, solidarietà di fronte alla repressione, dibattito franco e aperto. Ma in proposito occorrono alcuni chiarimenti.

Con FSRS e organizzazioni della sinistra borghese il (n)PCI non ha un rapporto di concorrenza. Siamo diversi perché noi impersoniamo la scienza del marxismo-leninismo-maoismo, la applichiamo nella pratica della lotta di classe e la sviluppiamo praticandola per far avanzare la rivoluzione socialista (ossia la guerra popolare rivoluzionaria). Nostro obiettivo è far contribuire alla rivoluzione socialista tutte le FSRS e le organizzazioni della sinistra borghese, spingendo in ognuna allo sviluppo del suo lato positivo, facendo in ognuna leva sulla sinistra. Quindi non siamo in concorrenza con esse né per inglobarle nelle nostre file, né per fare “campagna acquisti”, né per portare via loro un po’ di voti. Non  cerchiamo e non dobbiamo cercare di inglobarle nelle nostre file né di fonderci con esse né di portare via pezzi perché ridurrebbero la nostra capacità d’azione. Il (n)PCI non presenta liste né alle elezioni politiche (d’autunno 2017 o di primavera 2018) né alle elezioni amministrative del prossimo 11 giugno. Non miriamo a inserire nostri gruppi nelle istituzioni elettive (parlamenti, consigli regionali, consigli comunali) della Repubblica Pontificia per fare qui la “sponda politica” delle rivendicazioni popolari. Non perché ci asteniamo dall’interferire nella lotta politica borghese, anche se le elezioni sono sempre più ingessate e le procedure della democrazia borghese sempre più violate.(6) Non presentiamo nostre liste perché nelle condizioni attuali non serve la “sponda politica” perseguita da Rete dei Comunisti e da altre formazioni della sinistra borghese e al (n)PCI le elezioni e la presenza nelle assemblee elettive non servono neanche come tribuna per propagandare la nostra esistenza e la nostra linea. Non è il teatrino della politica borghese che ci interessa, il nostro bersaglio e il nostro obiettivo è il potere reale. Il terreno su cui concentriamo le nostre forze è la mobilitazione delle masse popolari a formare OO e OP e far contribuire FSRS, organizzazioni della sinistra borghese e singoli esponenti dei tre serbatoi a promuovere e sostenere questa mobilitazione. Con queste ultime facciamo leva sul fatto che se non lo faranno, perderanno il prestigio, il seguito e l’ascendente di cui ancora godono presso le masse popolari e andranno a morire: la sorte del vecchio PCI guidato dai revisionisti moderni di Togliatti e di Berlinguer.

Dobbiamo al contrario praticare l’unità d’azione con FSRS e con organizzazioni della sinistra borghese in tutte le circostanze in cui abbiamo obiettivi immediati comuni, spingerle in avanti quando inalberano parole d’ordine giuste sia pure parziali. In ogni ambiente e organismo esiste una sinistra, un centro e una destra. Dobbiamo rivolgerci all’ala sinistra che vi è in ogni ambiente e in ogni organizzazione e mobilitarla a unire il centro e a isolare la destra. Dobbiamo praticare con esse, in particolare con le FSRS, un dibattito franco e aperto che orienti, rafforzi e mobiliti la sinistra nella realizzazione delle parole d’ordine giuste e a fare quello che esse comportano.

 

6. L’esito del Referendum del 12 giugno 2011 sull’acqua e gli altri servizi pubblici viene apertamente e sistematicamente violato. L’esito delle elezioni parlamentari del 2013 è stato aggirato da una congiura di ricatti e corruzione che ha fatto leva su Napolitano prima e poi su Mattarella. Il governo Renzi ha imposto provvedimenti in aperta violazione della Costituzione. L’esito del Referendum del 4 dicembre sulla Costituzione è apertamente e sistematicamente violato e il governo Gentiloni persiste nell’imporre misure anticostituzionali e solo un’ampia mobilitazione di OO e OP ad agire da pubbliche autorità e attuare la Costituzione per quanto è possibile farlo con le proprie forze e in ordine sparso, può impedire che la violazione persista e si estenda.

 

Con quelli che si professano comunisti dobbiamo non perdere occasione per dimostrare che anche nel nostro paese (come in tutti gli altri paesi imperialisti) la rivoluzione socialista per sua natura ha la forma della guerra popolare rivoluzionaria promossa dal partito comunista e che questo deve darsi i mezzi del ruolo che deve svolgere. È sbagliato, del tutto contrario all’esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria, attendersi che una rivoluzione socialista scoppi. I comunisti che aspettavano che la rivoluzione socialista scoppiasse non hanno saputo approfittare neanche del crollo dell’intero apparato statale nemico. Quindi bando ad ogni forma di attendismo, ad ogni linea e soluzione che implica l’attesa di una rivoluzione socialista che scoppierà. È attendismo non avere un piano per promuovere la guerra popolare rivoluzionaria, un piano che quindi indica anche le operazioni da compiere oggi, con le forze di cui già oggi si dispone.

La situazione è rivoluzionaria, fare dell’Italia un nuovo paese socialista è possibile. La situazione è rivoluzionaria non perché le masse fanno già azioni rivoluzionarie, ma perché le condizioni oggettive le spingono a farle; non perché le masse sono già organizzate per fare la rivoluzione, ma perché sono spinte a organizzarsi; non perché vogliono la rivoluzione, ma perché non hanno altra soluzione positiva. Sta al partito comunista, è il suo ruolo specifico, portare su scala via via crescente le masse popolari a partecipare alla guerra popolare rivoluzionaria, cioè alla rivoluzione socialista. Quindi bando a ogni forma di disfattismo (“il nuovo non può nascere” di Rete dei Comunisti). È disfattismo inventare, come soluzione della crisi in corso, alternative all’instaurazione del socialismo inteso nel senso di combinazione di dittatura del proletariato, espropriazione dei grandi capitalisti e gestione pianificata dell’economia,  partecipazione ampia e crescente delle masse popolari organizzate alla gestione del potere e alle attività specificamente umane.(7) È disfattismo non propagandare l’instaurazione del socialismo come unica definitiva soluzione della crisi in corso: è rivolgersi alla sinistra borghese come se essa fosse la protagonista da cui dipende la rivoluzione socialista e in generale il futuro dell’umanità e cercare di convincerla, mentre protagoniste della rivoluzione socialista e artefici del futuro sono le masse popolari e in particolare la classe operaia.

 

7. In proposito vedasi Manifesto Programma nota 2 (pag. 249).

 

***** Manchette

– Bisogna distinguere tra la classe borghese come classe dominante in campo economico (all’interno della quale la borghesia imperialista è la parte predominante e riverbera il suo colore su tutta la borghesia) dalle istituzioni con cui la borghesia esercita il suo potere su tutti gli altri aspetti della società e dai suoi portavoce politici.

– La condotta politica della borghesia deriva dal suo ruolo come classe dominante in campo economico. Per condurre con successo la lotta contro il potere della borghesia, bisogna avere tra i propri obiettivi la formazione di un sistema economico senza borghesia: noi comunisti lo abbiamo, è il comunismo. Chi lotta contro il potere della borghesia senza perseguire la formazione di un sistema economico che prescinde dalla borghesia, può avere anche delle vittorie, ma in definitiva non ha prospettive di successo (vedi le organizzazioni islamiste, vedi la “lotta contro il sistema” condotta da “movimenti populisti”, vedi vari movimenti nei paesi oppressi).

– Un movimento che difende, sostiene, fa valere i diritti dei lavoratori senza al contempo costruire la direzione dei lavoratori in campo economico e politico, porta alla paralisi e al caos, quindi al ristabilimento del pieno potere dei padroni (basta pensare, per restare al nostro paese, al movimento degli anni ’70 e prima a quello degli anni ’20).

 

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La classe operaia (costituita dai proletari aggregati nelle aziende capitaliste) è l’attore principale della rivoluzione socialista. Ad essa, a compiere un ruolo simile, vanno aggiunti i proletari aggregati nelle istituzioni e aziende pubbliche, stante il ruolo e le forme del loro impiego nei paesi imperialisti. Questo non significa che è possibile condurre la rivoluzione socialista fino alla vittoria senza mobilitazione del resto del proletariato, quello precario, disoccupato o altrimenti disperso in piccole imprese artigiane autonome ma in realtà dipendenti in mille forme dalle banche, dalle grandi imprese industriali o di distribuzione, dalla pubblica amministrazione. Significa che la classe operaia è la principale forza di massa che muove il resto: essa è ancora oggi quantitativamente sufficiente a svolgere questo ruolo. Quanto sia grande la sua capacità di mobilitazione del resto delle masse popolari è confermato da mille episodi, ultimo la lotta scatenata dai pochi (24 in tutto) operai della Rational (lavatrici industriali) di Massa in questi giorni di marzo-aprile 2017.

Le lotte correnti mostrano anche che stante le condizioni concrete, stante l’oggettivo corso delle cose, basta persino un solo operaio avanzato per “far montare la maionese” in un’azienda e condurre gran parte degli operai se non tutti ad assumere il ruolo che essi possono svolgere, che loro spetta nella rivoluzione socialista. Quindi conferma il ruolo decisivo del Partito comunista nel promuovere la rivoluzione socialista. È il Partito che raccoglie e forma gli operai avanzati e nessuna forza glielo può impedire se esso si dà i mezzi della propria politica: anche per questo il nostro partito è clandestino.

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La natura e il ruolo del Partito sono un’altra discriminante tra noi e le FSRS e ancora più le organizzazioni della sinistra borghese. E tra queste ultime, anche per questa discriminante, Rete dei Comunisti occupa un posto del tutto particolare: si dice comunista ma pretende aggregare i comunisti a formare una rete anziché il partito comunista. Secondo i capi di RdC il partito leninista sarebbe sorpassato, mentre in realtà l’esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria mostra che nei paesi imperialisti non si arrivò a instaurare il socialismo proprio perché non si arrivò a formare un partito leninista. Consideriamo il caso del nostro paese: una volta vinto il fascismo, neanche l’ala sinistra del PCI sapeva cosa fare. Invece di fare delle fabbriche i centri locali di organizzazione e di potere, il PCI continuò nella collaborazione con la borghesia non fascista (CLN) e ripiombò nell’economicismo e nell’elettoralismo del vecchio PSI abbelliti dalla solidarietà con l’Unione Sovietica e il movimento comunista internazionale, finché questa solidarietà durò. Trasformare la frazione più combattiva del vecchio PSI che nel 1921 si era costituita in partito comunista, in un vero partito comunista (cioè leninista) era compito indicato chiaramente fin dal IV congresso dell’Internazionale Comunista (1922), che Gramsci indica nel 1926 come obiettivo ancora da raggiungere (Cinque anni di vita del partito – 24 febbraio 1926) e che dopo la sua cattura verrà abbandonato a favore del partito inteso come organizzazione di lotta, che a vittoria raggiunta sul nazifascismo si assestò ancora sulle rivendicazioni economico-pratiche (economicismo) e sulla partecipazione alla lotta politica borghese (elettoralismo e parlamentarismo), contro lo slancio di gran parte dei suoi membri e la spinta del movimento comunista internazionale e con gran danno di tutto il movimento comunista mondiale.

Non sviluppo ulteriormente in questa sede gli insegnamenti che abbiamo tratto dall’esperienza e le conclusione a cui siamo giunti a proposito della natura e del ruolo del partito: rimando alle esposizioni già fatte in altre sedi. Quello che mi preme qui ribadire è che di tutte le discriminanti fin qui indicate su cui sviluppare il dibattito franco e aperto con tutti quanti si professano comunisti e aspirano a instaurare il socialismo, fase inferiore del comunismo, la questione della natura e del ruolo del partito comunista è quella risolutiva. Solo quelli che assimilano le conclusioni a cui siamo arrivati e che l’esperienza del passato e il corso delle cose confermano pienamente, possono far parte del partito. Quelli che tendono in questa direzione, dobbiamo stimolarli ad affrontare i temi indicati nell’opuscolo I quattro temi principali da discutere nel Movimento Comunista Internazionale. Con gli altri, FSRS e organizzazioni della sinistra borghese, noi pratichiamo solo una politica da fronte: unità d’azione su obiettivi comuni, solidarietà contro la repressione, dibattito franco e aperto sulla linea praticata e le sue implicazioni e retroterra ideologici. Il nostro proposito è spingere tutti in avanti nel fare il meglio che stanno facendo, sicuri che la scuola migliore e di ultima istanza sarà la loro stessa pratica.

La rivoluzione che instaura il socialismo è del tutto possibile oltre che necessaria. Ma non è un moto popolare che scoppia perché le masse non ne possono più, a causa di qualche eccesso straordinario compiuto dalle autorità che suscita l’indignazione generale o per la propaganda particolarmente brillante e astuta che i comunisti fanno del socialismo. I comunisti devono farla avanzare imparando loro per primi a fare ciò che la parte più avanzata del movimento popolare e le sue organizzazioni ancora non sanno fare per diventare quelle nuove autorità pubbliche che costituiranno e imporranno il Governo di Blocco Popolare e costituiranno la sua spina dorsale nell’attuare le Sei Misure Generali che sarà anche finalmente l’attuazione della Costituzione del 1948 sanzionata dal Referendum del 4 dicembre. Sarà nel condurre con successo la lotta contro l’aggressione che, supportata dalla sua “quinta colonna” italiana, la Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti certamente scatenerà per soffocare il GBP,(8) che il movimento comunista cosciente e organizzato rinascerà pienamente fino ad acquistare la forza di instaurare il socialismo.

Rosa L.

8. L’espressione “quinta colonna” deriva dalla guerra (1936-1939) condotta in Spagna dalle forze armate del Fronte Popolare contro i militari ribellatisi agli ordini di Franco. In una certa fase della guerra, quattro colonne di forze franchiste assediavano Madrid e come quinta colonna vennero indicati i complici di Franco che abitavano in Madrid e collaboravano con gli assedianti.

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