Un confronto con Arsave sul governo dal basso delle città

Reggio Emilia. A fine marzo abbiamo incontrato alcuni esponenti di Arsave, il Laboratorio per la città che vogliamo. Dalla discussione sono emersi molti temi che riassumiamo in questo articolo senza avere l’ambizione di spiegare dettagliatamente le caratteristiche, il contenuto e gli obiettivi del Laboratorio, ma per dare spunti di riflessione a quanti partono dalla mobilitazione nei territori per contribuire alla costruzione della nuova governabilità dal basso del paese. La discussione, che poi ha preso la forma di una “intervista collettiva” è riproposta in base agli argomenti emersi per consentire di usare al meglio lo spazio a disposizione su Resistenza. Per ogni approfondimento invitiamo i lettori a contattare direttamente Arsave attraverso la pagina Facebook.

 

Arsave era il linguaggio una volta usato nel quartiere Santa Croce, creato con il dialetto reggiano alla rovescia con influenze anche di termini di origine zingara ed ebraica. Durante il regime fascista veniva utilizzata come lingua codificata all’interno delle Officine Reggiane e nei quartieri popolari – dalla pagina Facebook

 La partecipazione popolare. Anzitutto, per capire cosa è Arsave e la politica che promuove, ci chiariscono che non è un comitato di scopo, ma un laboratorio politico e sociale che interviene su vari temi, ma con una visione politica e un progetto più complessivo di gestione del territorio. Infatti, ci dicono “abbiamo la “presunzione” di promuovere una visione del percorso come qualcosa che si costruisce collettivamente e che punta al cambiamento della città attraverso singole battaglie, percorsi inclusivi e condivisi, forme di protesta, denuncia e proposta. Usiamo gli spazi di democrazia rappresentativa che rimangono e che possono essere utili, ma ci proponiamo di promuovere la democrazia diretta, ragionando su quali possano essere gli strumenti per dare alla partecipazione popolare un ruolo deliberativo: cioè che i cittadini possano davvero decidere. Un percorso per niente facile o scontato, ma questo è il contenuto della nostra attività”. Si ragiona sul fatto che la “partecipazione popolare” non è un concetto astratto, ma  molto concretamente una strada da perseguire “già la gente è oberata da mille impegni e deve fare fronte al peggioramento generale delle condizioni di vita, alla precarietà, al tempo che manca sempre… dobbiamo porre bene la questione: la partecipazione non è e non deve essere “un peso”, dobbiamo farla diventare l’occasione di emancipazione. Cioè il discorso non è sul tempo a disposizione, ma sullo sviluppo di una responsabilità collettiva che deve essere strumento per migliorare anche la vita privata di ognuno, l’ambito in cui la gente tende a rinchiudersi, anche a causa dello smantellamento di tutti i centri e i momenti di aggregazione e di vita collettiva”.

 

La relazione con le istituzioni borghesi. Arsave opera attraverso un coordinamento, plenarie e gruppi di lavoro tra cui  il Tavolo Città che si occupa in particolar modo di municipalismo e delle relazioni con le istituzioni, i loro linguaggi e le loro prassi e le masse popolari: “traduciamo dal linguaggio tecnico, che per le masse popolari è incomprensibile e spesso nasconde interessi particolari, in modo che la gente possa capire precisamente di cosa si parla nei progetti, nei documenti dei tavoli tecnici e nelle delibere. Superato l’ostacolo del linguaggio diventa più chiaro per tutti quali sono gli interessi economici e politici dietro una decisione che le istituzioni prendono o non  prendono e quali e quanti sono i margini attraverso cui interessi privati influiscono sulle decisioni”.

Una delle battaglie in corso riguarda l’opposizione alla costruzione di un ennesimo supermercato CONAD in uno degli ultimi spazi verdi della città, Arsave ha promosso la presentazione di una mozione popolare contraria al Consiglio Comunale che è stata bocciata. “La bocciatura era scontata e del resto non abbiamo mai pensato che fosse sufficiente per fermare il progetto. Ma presentarla ha avuto vari aspetti positivi: in primo luogo ha scoperto le carte, nel senso che ha reso evidenti chi sono in Consiglio quelli che vogliono quest’opera e chi è supino a questo meccanismo della speculazione immobiliare. Ma soprattutto adesso riportiamo la palla ai cittadini che prendono atto della bocciatura, si pone la questione di come sviluppare la battaglia. E in definitiva, la cosa che ci interessa di più è superare la concezione per cui si presenta la mozione, la mozione viene respinta, la battaglia è finita in favore di una concezione della battaglia come processo che si sviluppa sulla base di accumulo di esperienze. Questo vale come principio generale e vale in particolare su tutte le questioni legate all’urbanistica, che sembrano cose astratte, ma in verità sono una specifica forma di valorizzazione del capitale e, pertanto, un campo della lotta. Per essere chiari: possiamo perdere la battaglia contro la costruzione del CONAD, ma la lotta continua, dobbiamo andare oltre e perseguire la costruzione della città che vogliamo”.

Aggiungono che il contenuto e l’esito del rapporto con le istituzioni dipende dai rapporti di forza che i cittadini riescono a costruire con la mobilitazione pratica e culturale. “Si possono fare delle forzature, come a Napoli sui beni comuni. La delibera sui beni comuni del Comune di Napoli va bene, poi è chiaro che un Comune si trova contro la Corte dei Conti, cioè risponde a chi sopra di lui dice cosa è legale e cosa no, a quel punto devono pesare i rapporti di forza che i movimenti hanno costruito nel tempo, sono quelli che permettono la forzatura, il cambiamento. Quindi il risultato che si ottiene con le istituzioni locali è positivo, ma l’aspetto decisivo è sempre la costruzione dei rapporti di forza, quel processo lì… Non esiste la formula del municipalismo perfetto: è chiaro che ogni realtà ha sue caratteristiche particolari che vanno considerate caso per caso. Il discorso, in definitiva, è che non si può concepire il protagonismo popolare solo come aumento delle rivendicazioni alle istituzioni, bisogna arrivare a rendere deliberative le assemblee popolari. Trovata questa strada puoi fare i conti con qualunque livello istituzionale perché puoi far valere dei rapporti di forza costruiti sulla decisione presa, non solo sull’opposizione imposta dall’alto”. Quindi, in estrema sintesi “teniamo aperto il canale istituzionale perché è uno strumento, ma l’aspetto decisivo è il protagonismo popolare”.

 

Le lotte rivendicative: esperienze e obiettivi. Quella contro la costruzione del nuovo CONAD è la battaglia principale in questa fase. Spiegano come la portano avanti combinando l’obiettivo contingente con gli obiettivi di prospettiva “Abbiamo incontrato tante persone: vengono alle assemblee per capire come è possibile opporsi alla costruzione del supermercato, ma molti cercano anche altro, una visione più complessiva di città che sia oltre la speculazione e il profitto.  Vogliamo mettere in moto questo meccanismo: NO al supermercato, ma per vincere bisogna non essere più spettatori, dobbiamo essere consapevoli che noi tutti contiamo come abitanti di un posto; questo va oltre la singola battaglia e permette di valorizzare i contatti, la disponibilità a fare e a mobilitarsi che raccogliamo sulla singola questione, come il CONAD”.

 

I termini della prospettiva. La questione dei linguaggi è molto dibattuta, in particolare la differenza fra autorità popolare e autorevolezza delle organizzazioni popolari: una compagna propende per riformulare il concetto di autorità popolari in favore della prospettiva di costruire autorevolezza fra le masse popolari, in modo da “essere seguiti senza dover imporre niente a nessuno”, un centro autorevole che spicca per la responsabilità che si assume in un dato territorio di promuovere la partecipazione delle masse al governo della città. Un compagno si spinge, per certi versi, oltre “è chiaro che alcuni concetti vanno maneggiati con cautela perché in termini generali alle parole istituzione, governo, potere, vittoria corrispondeva un significato negativo, oppure non si prendevano nemmeno in considerazione. Il discorso che stiamo facendo ci porta a considerarle, invece, in relazione ai diritti e alle necessità delle masse popolari, hanno un altro significato, hanno il senso della lotta contro gli interessi dei comitati di affari, degli speculatori e delle loro istituzioni”.

 

Questo incontro ci ha permesso di conoscere meglio una realtà territoriale che ha una precisa progettualità e la persegue. Nel nostro paese ce ne sono tante come Arsave e sicuramente sono tantissimi quelli che si pongono domande e riflettono su questi temi. Motivo per cui, pubblicando questo breve “resoconto” crediamo di aver dato un contributo alla circolazione di analisi, idee ed esperienze sulla costruzione di governi locali di tipo nuovo. Ai compagni e alle compagne di Arsave i migliori auguri, l’invito a continuare il confronto e il dibattito e il nostro sostegno al processo che promuovono.

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