È uscito il numero 55 de “La Voce” del (nuovo)PCI

Nei giorni di lavorazione di questo numero di Resistenza è uscita La Voce n. 55. A mo’ di presentazione riportiamo due brani estratti dal sito www.nuovopci.it che hanno attinenza con gli argomenti che trattiamo nel resto del giornale.

Il primo attiene alla relazione fra la borghesia come insieme di capitalisti ognuno proteso avidamente a valorizzare il capitale che gestisce e la borghesia come classe che esprime istituzioni che gestiscono il paese, quindi che prende decisioni politiche e dirige la macchina statale. È un concetto importante per capire il modo di agire della classe dominante e le forme della crisi del sistema politico borghese, paese per paese e a livello internazionale.

“Bisogna distinguere tra la classe borghese come classe dominante in campo economico (all’interno della quale la borghesia imperialista è la parte predominante e riverbera il suo colore su tutta la borghesia) dalle istituzioni con cui la borghesia esercita il suo potere su tutti gli altri aspetti della società e dai suoi portavoce politici.

La condotta politica della borghesia deriva dal suo ruolo come classe dominante in campo economico. Per condurre con successo la lotta contro il potere della borghesia, bisogna avere tra i propri obiettivi la formazione di un sistema economico senza borghesia: noi comunisti lo abbiamo, è il comunismo. Chi lotta contro il potere della borghesia senza perseguire la formazione di un sistema economico che prescinde dalla borghesia, può avere anche delle vittorie, ma in definitiva non ha prospettive di successo (vedi le organizzazioni islamiste, vedi la “lotta contro il sistema” condotta da “movimenti populisti”, vedi vari movimenti nei paesi oppressi).

Un movimento che difende, sostiene, fa valere i diritti dei lavoratori senza al contempo costruire la direzione dei lavoratori in campo economico e politico, porta alla paralisi e al caos, quindi al ristabilimento del pieno potere dei padroni (basta pensare, per restare al nostro paese, al movimento degli anni ’70 e prima a quello degli anni ’20)”.

 

Il secondo riguarda il ruolo che, con Bergoglio, la Corte Pontificia e la Chiesa cattolica stanno assumendo. Di questo noi comunisti dobbiamo approfittare per

– denunciare il ruolo della Corte pontificia e le sue implicazioni in tutto quello che rende difficile e miserabile la vita delle masse popolari, oltre che nei “misteri e scandali” della storia del nostro paese;

– fare delle proprietà, delle risorse e dei mezzi di cui dispone la Chiesa il bersaglio delle rivendicazioni popolari per appropriarsi direttamente dei beni e servizi a cui la crisi blocca l’accesso,

– far emergere con chiarezza le responsabilità del Vaticano con la sua Chiesa nel marasma in cui si trova il nostro paese, per quello che fa e per quello che non fa pur avendo i mezzi per fare,

– mettere a contribuzione ogni esponente della Chiesa per attuare la parola d’ordine “un lavoro utile e dignitoso per tutti”, non fare carità, beneficenza ed elemosine (che concorrono a mantenere emarginata una parte della popolazione), ma organizzare attività produttive e servizi.

“Per quanto riguarda il sistema politico borghese del nostro paese (la Repubblica Pontificia), i fenomeni più rilevanti sono il ruolo crescente che papa Bergoglio viene svolgendo direttamente e il tonfo di Matteo Renzi al Referendum del 4 dicembre 2016 che lui stesso aveva indetto, ricattando i suoi complici e avversari: o fate come dico io o vi lascio.

Con Bergoglio, la Corte Pontificia e la sua Chiesa Cattolica stanno assumendo in Italia e a livello internazionale, sotto la regia dei Gesuiti, il ruolo di assistente e consigliere dei carnefici a cui predica la misericordia verso le vittime oltre che di consolatrice delle vittime. In Italia, in altri paesi e a livello internazionale il suo intervento nelle relazioni politiche diviene più diretto, aperto e intenso di quanto è mai stato nel secolo scorso. In Italia e altrove la Chiesa cat­tolica si espone più di quanto si è mai esposta, il suo potere politico diviene meno occulto e quindi risponderà degli effetti. Noi dobbiamo prendere atto del cambiamento in corso (la quantità fa qualità, ma per noi non è una sorpresa: è lo sviluppo imposto dalla crisi di quanto affermano le nostre tesi sulla Repubblica Pontificia). Dobbiamo approfittare della denuncia papale e ribadire che il ruolo svolto da Bergoglio con la sua Chiesa non ha niente a che fare con il ruolo di noi comunisti. Noi mobilitiamo le vittime a lottare e a prendere il potere, mobilitiamo le masse popolari a creare un nuovo mondo, il comunismo. Bergoglio oggi riesce a mettere in campo un grande seguito di masse popolari ma si guarda bene dal farne una forza che crei un mondo all’insegna dei valori che predica: proprio questo fa della sua predicazione una diversione dalla lotta di classe e un aiuto alla borghesia imperialista. La sua predicazione ribadisce e alimenta l’ingenua fiducia delle vittime nei confronti dei loro carnefici, fiducia che è tanto maggiore quanto più il movimento comunista è debole. Al contrario di noi la sinistra borghese trova consonanza tra le sue illusioni su un capitalismo dal volto umano e la predicazione e le opere pie di Bergoglio. Essa ignora o nasconde che il “capitalismo dal volto umano” dei paesi imperialisti nei trenta anni successivi alla seconda guerra mondiale era l’insieme di concessioni che la borghesia imperialista doveva fare per avvalorare il ruolo dei revisionisti moderni e tagliare l’erba sotto i piedi all’ala sinistra dei partiti comunisti: era una componente della controrivoluzione preventiva”.

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