Studiare, conoscere, progettare per trasformare il mondo

da Resistenza n. 1/2012

Ieri come oggi, nelle carceri come nel fuoco della lotta

I comunisti si distinguono dagli altri rivoluzionari perché hanno una comprensione più avanzata delle condizioni, delle forme e dei risultati della lotta di classe e su questa base la spingono sempre in avanti” – (K. Marx e F. Engels)

La grande lotta dei comunisti non ha solo due forme (la lotta economica e la lotta politica), … ma tre, perché accanto a quelle due va posta anche la lotta teorica” – (F. Engels)

Senza teoria rivoluzionaria non c’è movimento rivoluzionario” – (V.I. Lenin)

Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il vostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la vostra forza. Studiate, perché avremo bisogno di tutta la vostra intelligenza” – (A. Gramsci)

Da dove vengono le idee giuste? Cadono dal cielo? No. Sono innate? No. Esse provengono dalla pratica sociale, e solo da questa. Provengono da tre tipi di pratica sociale: la lotta per la produzione, la lotta di classe e la sperimentazione scientifica. Una volta che le masse se ne sono impadronite, le idee giuste, caratteristiche della classe avanzata, si trasformano in una forza materiale capace di trasformare la società e il mondo” – (Mao Tse-tung).

La concezione del mondo, la conoscenza del mondo per come è realmente è una questione di lotta di classe. Imparare la scienza del movimento comunista, assimilarla facendo piazza pulita del senso comune in cui essa è mischiata con le concezioni proprie della borghesia e del clero è il primo passo per cambiare il mondo, per promuovere con coscienza (quindi con successo) la trasformazione del mondo attuale, per progettare come trasformarlo, per sognare il nostro futuro, costruirlo. La formazione comunista è questo, serve a questo.

Tre esempi.

Nelle carceri fasciste. “Appena giunti a Civitavecchia (…), dopo festose accoglienze, i compagni chiesero subito di organizzarsi per lo studio. Erano impazienti di iniziare uno studio regolare. Generalmente i compagni erano giovanissimi d’età e di partito. Qualcuno era stato arrestato dopo alcuni mesi d’iscrizione e non aveva mail letto un nostro giornale, tutti erano poi digiuni dei principi più elementari della nostra dottrina. Cominciammo con l’organizzare il collettivo. Mettemmo assieme i libretti e facemmo il bilancio preventivo. (…) Decidemmo di fare inchiesta su tutti i processi e su ogni compagno prima di decidere dell’inclusione nel collettivo di partito. (…) La direzione del collettivo di partito fu assunta, in base alle disposizioni della direzione, dal compagno più responsabile che ero io. (…) Insieme prendemmo una serie di decisioni che riguardavano la disciplina del camerone. Stabilimmo le ore di studio individuale nelle quali era obbligatorio il silenzio assoluto. Ogni giorno ci sarebbero state due ore di studio collettivo. Poiché mancavano i libri, e ci sarebbe voluto un certo tempo per procurarceli, in un primo periodo aumentammo il tempo dedicato alle lezioni e alle conferenze. (…) Ogni giorno ero obbligato a fare lezioni e conferenze e ciò senza materiale, senza la possibilità di prendere appunti, utilizzando la memoria, l’esperienza e le conoscenze acquisite in passato. (…) Con l’ausilio di Marcucci e di Roncagli, e grazie ai libri che eravamo riusciti a ottenere, lo studio prese un ritmo più accelerato. I progressi si fecero più sensibili. Ognuno di noi si sentiva ogni giorno più forte, più capace, in grado di rendere di più quale militante dell’avanguardia comunista. Meraviglioso l’ardore dei giovani. Essi volevano imparare a ogni costo. Avevano paura di perdere tempo, di non avere il tempo necessario per farsi una preparazione. Sembrerà incredibile, eppure (…) molti di noi erano più preoccupati di non avere il tempo necessario per studiare che assillati dal desiderio di uscire da quel luogo di costrizione e di pena. Credo che solo la fede proletaria e comunista può fare tali miracoli” (Arturo Colombi, Nelle mani del nemico, Ed. Rapporti Sociali).

In Cina, nel pieno della Guerra di resistenza contro il Giappone che aveva invaso in armi il paese (luglio 1937) lo studio del materialismo dialettico ebbe un notevole sviluppo nel PCC e nel movimento rivoluzionario cinese. “Perché per cambiare la Cina e il mondo dobbiamo studiare la dialettica? Perché la dialettica è il sistema delle leggi più generali che la natura e la società seguono nel loro sviluppo. Se comprendiamo la dialettica, acquistiamo un’arma scientifica e nella pratica rivoluzionaria per cambiare la natura e la società avremo una teoria e un metodo adeguati alla nostra pratica. Anche la nostra pratica rivoluzionaria è una scienza, una scienza sociale o politica. Se non comprendiamo la dialettica, condurremo malamente i nostri affari; gli errori commessi nel corso della rivoluzione sono errori di dialettica. Se comprenderemo la dialettica, ne ricaveremo grandi benefici: se indagheremo accuratamente sui movimenti condotti felicemente in porto, constateremo che essi hanno seguito le leggi della dialettica. Quindi tutti i compagni rivoluzionari, e in particolare i dirigenti, devono studiare la dialettica Qualcuno dice che vi sono molte persone che comprendono la dialettica praticamente e che sono anche materialiste nella pratica; anche se non hanno mail letto libri sulla dialettica, le cose che fanno sono ben fatte e di fatto queste persone seguono la dialettica materialista. Quindi non hanno bisogno di studiare la dialettica. Queste affermazioni sono sbagliate. La dialettica materialista è una scienza completa e profonda. Anche se è vero che i rivoluzionari che hanno una mentalità materialista e dialettica imparano molta dialettica dalla pratica, quello che essi imparano non è sistematico e manca della completezza e della profondità che la dialettica materialista ha già raggiunto. Quindi non riescono a vedere l’esito a lungo termine di un movimento, non riescono ad analizzare un processo complesso di sviluppo, non riescono a cogliere importanti nessi politici e non riescono a maneggiare i vari aspetti del lavoro rivoluzionario. Quindi in realtà anch’essi hanno bisogno di studiare la dialettica” (Mao Tse-tung, Materialismo dialettico, in Opere-vol. 5, Ed. Rapporti Sociali). E’ per le lezioni tenute all’Università politica e militare antigiapponese di Yenan, che Mao redasse gli scritti filosofici Materialismo dialettico, Sulla pratica e Sulla contraddizione.

Alla vigiglia della Rivoluzione d’Ottobre, Lenin appena rientrato in Russia dopo 11 anni di esilio e in pieno rivolgimento rivoluzionario mise all’ordine del giorno tra i compiti immediati del partito “il cambiamento del programma del partito”. Nella settima Conferenza panrussa del partito (maggio 1917) fece approvare una risoluzione con cui “la conferenza dà mandato al CC di elaborare (…), nel giro di due mesi, un progetto di programma del partito da sottoporre all’approvazione del congresso. La conferenza invita tutti gli iscritti e tutte le organizzazioni a discutere i progetti di programma, a emendarli e a presentare dei controprogetti” (Lenin, Risoluzione sulla revisione del programma del partito, ibidem) perché, scriveva nell’introduzione alle risoluzioni della Conferenza, “senza una coscienza chiara, l’organizzazione non serve. Senza organizzazione, è impossibile l’azione di milioni di uomini, è impossibile riportare una qualsiasi successo”! Nell’agosto del 1917 a Pietroburgo e di nuovo nella clandestinità si riunì il sesto congresso del partito, quello che lanciò la parola d’ordine della preparazione dell’insurrezione armata contro il governo provvisorio e della presa del potere da parte del proletariato: la revisione del programma figurava al quinto posto tra i 12 punti all’ordine del giorno. Tra l’agosto e il settembre del 1917 Lenin si dedicò alla stesura di Stato e rivoluzione perché “il problema dello Stato assume ai nostri giorni una particolare importanza, sia dal punto di vista teorico che dal punto di vista politico pratico” (Lenin, Prefazione alla prima edizione, in Opere – vol. 25).

Una testimonianza.

Nel numero scorso di Resistenza abbiamo dato la parola ai giovani compagni della sezione di Quarto (NA) alle prese con lo studio del Manifesto-Programma del (n)PCI. Anche le sezioni di Massa stanno facendo un corso analogo, a cui partecipano non solo membri del Partito ma anche collaboratori e un compagno senegalese, esponente del Coordinamento Migranti Toscana Nord. Che ha sintetizzato così il senso del corso: “la solidarietà contro gli attacchi della polizia e dei fascisti è importante, la possibilità di partecipare a questo corso però è una forma più alta, più vera di solidarietà”.

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