La mattina del 19 marzo scorso, il compagno Sergio Manes, fondatore e direttore del Centro culturale La Città del Sole e delle omonime Edizioni, è morto. Fino alla fine ha portato avanti il suo impegno culturale e militante per la formazione ideologica, la conoscenza della realtà, la diffusione della teoria e della storia del movimento operaio e comunista. Un compagno, un editore comunista, che, fino alla fine, nonostante i gravi problemi di salute che lo affliggevano da tempo, ha dato battaglia. Il versante della lotta ideologica e della organizzazione culturale è stato il terreno di lotta a lui più proprio e il modo di prender parte, pur da un certo punto in poi senza “organizzazione politica di riferimento”, alla lotta politica della città di Napoli e, per un certo verso, del paese intero, promuovendo e partecipando, costantemente, momenti di aggregazione e mobilitazione. Non un “comunista critico” dietro lo schermo di un computer né un commentatore mero della politica, dunque, ma un organizzatore della battaglia culturale, convinto, come sempre fu, che “senza teoria rivoluzionaria non vi può essere movimento rivoluzionario”.
Fu questa, infatti, una costante che ha caratterizzato la sua vita e il suo impegno politico, fin da quando, nel 1960, fu tra i primi organizzatori di una nuova generazione di antifascisti napoletani, noti alle cronache dell’epoca per le imponenti manifestazioni del luglio di quell’anno e che, recentemente, Sergio, assai spesso, riportava alla memoria. Aderì fin da giovane al PCI, per poi uscirne solo qualche anno dopo, facendo propria la critica che andava nel frattempo emergendo dai comunisti cinesi rispetto alla svolta revisionista moderna che il PCUS aveva impresso al movimento comunista internazionale e che, in Italia, era pienamente incarnata dal PCI di Togliatti. Entrò a far parte, così, del Pcd’I m-l, dove intraprese effettivamente titolo di primo piano sul versante culturale della lotta politica collaborando alla rivista Nuova Cultura e fondando, assieme ad altri, il quotidiano Ottobre. Un piglio, questo, che mai abbandonò, anche quando si allontanò dalla militanza di partito. Militanza che riprese in parte solo in seguito, dapprima tra il 1989 e il 1991, quando rientrò nel PCI per sostenere la lotta della sinistra interna contro la “liquidazione” del Partito promossa dal gruppo dirigente della “Bolognina” e poi promuovendo e partecipando, per alcuni anni ancora, alla costruzione di Rifondazione Comunista, con il progetto di metterne in piedi le edizioni. Progetto che, però, mai decollò. Fu allora che Manes diede vita prima alle edizioni Laboratorio politico che segnarono l’avvio di un’intensa attività editoriale e che larga diffusione diedero a testi ed estratti significativi della produzione letteraria del movimento operaio e comunista che rischiavano l’oblio e poi all’Associazione comunista “L’Internazionale”, che fu un punto di rifermento culturale per tanti giovani e comunisti della città di Napoli e non solo. Uscito poi da Rifondazione, Manes si dedicò completamente alla battaglia culturale finalizzata alla conoscenza e alla trasformazione della realtà, a quel “sogno di una cosa” allevato, nascostamente in seno, da una società borghese orami in crisi generale e gravida di un mondo nuovo.
Su questo incipit e con una stretta collaborazione con l’Istituto degli Studi Filosofici di Napoli, nacquero le Edizioni La Città del Sole e, negli anni Duemila, il Centro studi sui problemi della transizione al socialismo e lo stesso Centro culturale La Città del Sole. Prendevano, così, forma pubblicazioni nuove, una nuova circolazione di materiali di formazione ideologica e politica e una biblioteca di grande spessore e interesse per le nuove generazioni di militanti che si affacciavano, in quel momento, alla lotta e all’organizzazione. Su tutto ricordiamo la ripresa della pubblicazione delle Opere complete di Marx ed Engels, nella loro traduzione italiana e con nuovo apparato critico.
È questo anche il momento in cui i rapporti tra le Edizioni La Città del Sole e le Edizioni Rapporti Sociali maturano una collaborazione nuova, oltre, cioè, i rapporti che, nell’arco degli anni, pure c’erano stati. Dalla partecipazione ai Seminari sul pensiero di Gramsci tenuti a Napoli in occasione della Festa della Riscossa Popolare del 2015, allo scambio di testi editati dalle rispettive case editrici al fine di darne circolazione più ampia, sviluppando sinergia nel lavoro di diffusione della concezione comunista del mondo e di organizzazione editoriale, fino ad arrivare alla costruzione del tavolo dell’editoria indipendente, durante la Festa della Riscossa Popolare del 2016, che, ancora a Napoli ed insieme alla romana Red Star Press, ha rilanciato il confronto e lo scambio tra esperienze editoriali che, apertamente, si richiamano al comunismo, nell’obiettivo condiviso di sviluppare sinergie, concatenazioni e un nuovo fronte di collaborazione tra editori comunisti. Editori accomunati della necessità di dare impulso e sviluppo a un intenso e continuo processo di conoscenza, assimilazione e applicazione del materialismo dialettico quale metodo scientifico per l’analisi della realtà e per una lettura organica dei processi storici, nonché condizione pratica indispensabile per portare a compimento l’opera che il movimento comunista italiano ha lasciato interrotta dopo la vittoria della Resistenza antifascista, nonostante l’eroismo e la dedizione alla causa di centinaia di migliaia di compagni: fare dell’Italia un nuovo paese socialista Un’occasione, quella del tavolo dell’editoria indipendente, per riscoprire la funzione politica dell’editoria comunista quale arma vera e propria per rompere la cortina di ignoranza e alienazione che la borghesia ha innalzato a protezione del proprio sistema di relazioni sociali dalla ricerca scientifica e dall’applicazione dei suoi risultati nella lotta di classe. È con la consapevolezza del senso e della funzione politica dello strumento editoriale che, con Manes, abbiamo condiviso che le edizioni comuniste sono e saranno tassello della rinascita del nuovo movimento comunista italiano cosciente e organizzato.
Questo, del resto, anche il modo di onorare la memoria del compagno Manes, che fu sempre fiero custode del suo patrimonio bibliografico e, al tempo stesso, garante della sua messa a disposizione per tutti quanti avessero a cuore la formazione ideologica e politica per la costruzione della rivoluzione socialista nel nostro paese e la transizione dal capitalismo al comunismo. Non disperdere quel patrimonio e tutto quanto Manes ha costruito nel tempo, in termini culturali e sociali, di rapporti umani, di accoglienza ed inclusione, di vita vissuta e di vissuta gioia è, oggi, compito diretto e inderogabile per i comunisti. Far sì che il Centro culturale, per dirla con le parole dello stesso Manes, “teso alla ricerca e alla formazione, orientato soprattutto verso e con le nuove generazioni e nello spazio della interculturalità in rapida espansione per la sempre più numerosa presenza nella nostra città di migranti spesso di elevata qualificazione” abbia prospettiva e sviluppo significa garantirne la sopravvivenza e la continuità, portandolo ad essere quello per cui lo stesso Manes si batté tutta la vita: patrimonio collettivo cui attingere e da elaborare ancora. Nella convinzione che l’opera svolta in vita dai singoli non cessa con la morte se continua a vivere nell’opera collettiva di chi si assume la responsabilità di prenderne il testimone, tra onori e oneri, senso di responsabilità e fierezza.
Per noi, per i comunisti, il dolore di una perdita è particolarmente forte. Non meno forte di come lo vivono cari e famigliari più vicini. Siamo chiamati, però, a razionalizzare i lutti ed elaborarli presto. Siamo in grado di farlo perché abbiamo gli strumenti per individuare il senso positivo del ciclo naturale della vita, anche di fronte a perdite importanti come quella del compagno Manes. Il nostro strumento è il collettivo e la sua opera. La nostra forza, la scienza. Che ci dà capacità di guardare oltre e andare avanti. Di non arrenderci alla caducità della vita, ma avanzare nel processo di realizzazione di un’esistenza consapevole e cosciente, per trasformare il mondo. Per far sì che anche il peso della sofferenza data dalla scomparsa di compagni cari non sia più solo fatto privato e individuale, con il senso di colpa e d’impotenza che ne deriva, ma momento di vita sociale collettiva. Nel giusto valore alla memoria di ciò che è stato e che ci è caro, dunque, anche la certezza alla prospettiva che stiamo costruendo.
È questo un messaggio di cordoglio delle nostre Edizioni per la scomparsa di un compagno dal “brutto carattere” e di grande rigore intellettuale e morale, ma, al tempo stesso, è questa una convinzione profonda: ogni individuo, ogni compagno continua a vivere nell’opera collettiva cui ha partecipato in vita e che altri, oggi, portano e porteranno avanti anche in vece sua e in sua memoria. È questo anche l’abbraccio, di coraggio e fiducioso, con il quale le Edizioni Rapporti Sociali si stringono intorno alla famiglia Manes, a sua moglie Liliana, ai figli, Giordano ed Emiliano.
Non un commiato, dunque, ma la certezza che l’opera di Sergio nel “servire il popolo” continua e la fierezza di dare il nostro contributo nel continuarne l’opera, con gli stessi obiettivi, per la stessa ragione, nella stessa prospettiva.
Le opere degli uomini sono eterne. Gli uomini sono immortali nelle loro opere.
Per le Edizioni Rapporti Sociali
Il direttore
Igor Papaleo