[Pomigliano] Sostenere, rafforzare ed estendere la resistenza contro la deportazione da Pomigliano a Cassino!

 

Riprendiamo di seguito il comunicato della Segreteria Federale Campana del P.CARC rispetto alla lotta contro la deportazione degli operai della FCA di Pomigliano a Cassino, accompagnato da quanto scritto dal Collettivo 48ohm nelle ore immediatamente successive all’iniziativa/presidio del 5 marzo a Pomigliano.

Sostenere, rafforzare ed estendere la resistenza contro la deportazione da Pomigliano a Cassino!

Le singole aziende sono in crisi perché l’intera società borghese è in crisi!

La lotta contro la deportazione e lo smantellamento di Pomigliano è la lotta contro il modello Marchionne in FCA, nelle altre aziende e in tutto il paese, contro la chiusura delle fabbriche e lo smantellamento dei servizi pubblici, contro l’infame CCNL firmato da Landini, Bentivogli e Palombella, contro la violazione e l’eliminazione della Costituzione del 1848, contro l’eliminazione delle conquiste di civiltà e benessere,.

Organizzarsi in ogni azienda e coordinarsi su scala via via più ampia! Rafforzare l’unità d’azione tra gli operai dei diversi stabilimenti e tra gli operai e i lavoratori di diverse categorie,. Promuovere e sostenere tutte le iniziative che vanno in questa direzione!

I lavoratori e il resto delle masse popolari hanno bisogno che si costituisca un governo d’emergenza che assegna un lavoro dignitoso a ogni adulto e fornisce a ogni azienda quello che le serve per funzionare e le assegna dei compiti da svolgere. Occorre un governo che prenda la direzione dell’immensa opera e un movimento organizzato di lavoratori che lo sostenga, gli indichi posto per posto, caso per caso cosa occorre fare e assicuri capillarmente l’esecuzione delle sue disposizioni.

Non sono i padroni a essere forti, sono gli operai che devono ancora far valere la loro forza!

La ribellione cova ovunque!

Dove qualcuno la promuove, la resistenza si sviluppa.

Nel 2010 Marchionne a Pomigliano aveva giurato che la FIAT (ora FCA) avrebbe triplicato la produzione a condizione che venisse rimosso l’intralcio di diritti “ormai superati”, leggi “antiquate” e sindacati “ideologici”. Pomigliano è la dimostrazione che le promesse dei padroni sono balle e i politicanti, i sindacalisti e i giornalisti che le spacciano per buone sono loro complici! A sette anni di distanza, la fabbrica-caserma che avrebbe dovuto sfornare centinaia di migliaia di nuove auto ha tutti i sintomi di una fabbrica condannata a morte.

I fatti, in breve. A novembre dell’anno scorso FCA comunica che 500 operai (più eventuali altri 600) devono essere trasferiti “temporaneamente” da Pomigliano a Cassino per avviare la produzione del nuovo Suv Stelvio.

A dicembre, senza consultare gli operai, FIM, UIM, FISMIC e Associazione Quadri FCA firmano l’accordo per rendere operativo il trasferimento: dicono che permetterà agli operai attualmente in contratto di solidarietà a Pomigliano di tornare a lavorare a tempo e stipendio pieno e agli operai che andranno a Cassino di avere un bonus di 500 euro. La FIOM non firma perché l’accordo non prevede che i trasferimenti siano su base volontaria, il bonus di 500 euro non è garantito per tutto il periodo di trasferimento e per Pomigliano non c’è un piano produttivo.

Il 20 gennaio la FIOM convoca le assemblee in cui, pur ribadendo che non è un buon accordo, chiede e ottiene dagli operai il mandato a sottoscriverlo per poter partecipare al tavolo delle trattative sul piano industriale per Pomigliano che partiranno a marzo. È lo stesso sistema con cui, dove si sono effettivamente tenute (quindi brogli a parte), la FIOM ha fatto passare l’infame CCNL dei metalmeccanici nelle assemblee di fabbrica del dicembre scorso. “Tra gli operai manca la spinta a opporsi all’accordo” è il modo con cui la direzione FIOM giustifica la sua resa alle imposizioni padronali, l’ulteriore allineamento ai sindacati collaborazionisti e l’adesione alla linea padronale di aziendalizzazione del contratto di lavoro.

A partire dalla fine di gennaio, alcuni operai del Comitato ex licenziati e cassintegrati FCA iniziano un intervento sistematico fuori dai cancelli di Pomigliano (fuori perché, benché abbiano vinto la causa contro il licenziamento, FCA gli paga lo stipendio ma non li ha reintegrati sul posto di lavoro), con il sostegno e la partecipazione di partiti, organismi e singoli del posto.

Con volantinaggi, comizi, assemblee in piazza, concerti e altre iniziative denunciano l’operato dell’azienda e dei sindacati complici, mettono in guardia che la deportazione prepara lo smantellamento dello stabilimento, chiamano a organizzarsi nel Comitato NO Cassino e a opporsi alle deportazioni. E il 20 febbraio in una nuova assemblea convocata dalla FIOM gli operai votano all’unanimità una mozione presentata dagli operai del Comitato No Cassino, invitati all’assemblea., che rigetta l’accordo firmato a dicembre e pone una serie di condizioni importanti per il trasferimento temporaneo a Cassino.

La lezione. Il ricatto e il terrorismo padronale sono rafforzati dal disfattismo e dalla rassegnazione predicati dai sindacati di regime e da altri agenti padronali. Ma non è vero che alla FCA e in tutte le altre aziende non c’è niente da fare! Ovunque qualcuno, anche un piccolo gruppo, vuole promuovere la resistenza e si organizza per farlo, la resistenza dei lavoratori si sviluppa.

Pomigliano conferma la lezione di Melfi, dove con la lotta contro i sabati comandati un piccolo gruppo di operai avanzati ha preso nelle proprie mani la lotta contro il sistema Marchionne e l’ha estesa ad altre fabbriche FCA del centro-sud.

Conferma la lezione della ex Lucchini di Piombino, di Almaviva, di Alitalia e di altre aziende. Conferma la lezione del movimento NO TAV: contro le misure antipopolari ci si mobilita per evitare che vengano decise e, se nonostante questo vengono prese, ci si mobilita per boicottarne l’attuazione.

Allo stesso tempo l’esito del referendum contro la riforma costituzionale targata Renzi indica forte e chiaro che per raggiungere risultati stabili, estendere la ribellione e cambiare il corso delle cose occorre creare una rete di organismi operai e popolari decisi a prendere in mano il paese, a formare un loro governo nazionale.

Bisogna rafforzare la resistenza, generalizzarla, estenderla e dare a tutti i gruppi e gli organismi della resistenza l’obiettivo comune di costituire un loro governo d’emergenza. Questo dà anche gambe per marciare alle parole d’ordine “attuare la Costituzione” e “rompere con Euro, UE e Nato”, parole d’ordine giuste ma che senza la prospettiva di un governo nazionale resterebbero campate per aria.

***

Questa notte, dopo il concerto al parco pubblico di Pomigliano, abbiamo seguito gli operai nel loro primo giorno di trasferta comandata a Cassino. Sono partiti tre pullman, quasi 150 operai, alle 04.15. Altri se ne aggiungeranno nelle prossime settimane ed entro fine marzo si completeranno i trasferimenti. Sia alla partenza da Pomigliano che all’uscita a Cassino siamo stati ‘scortati’ dagli agenti della digos, soliti provocatori di professione che hanno provato a rallentare e intralciare la nostra corsa, fermando anche l’auto di due nostri compagni che seguivano il pullman del ‘No a Cassino’, con vari pretesti usati a scopo repressivo. Allo stabilimento FCA di Cassino tutti gli ingressi erano presidiati da camionette e blindati. La Fiat ha dovuto militarizzare i suoi cancelli per dare avvio al più grande piano di deportazione lavorativa degli ultimi anni: 550 operai (è già previsto un incremento nei prossimi mesi) che devono essere trasferiti da Pomigliano a Cassino dove sta concentrando i nuovi modelli. Pomigliano diventa nuovamente il sito industriale su cui avviare metodi sperimentali di nuove forme di sfruttamento che poi saranno estese e generalizzate. Ormai nelle dinamiche organizzative dei grandi comparti industriali le necessità produttive, specie in un mercato ad altissima concorrenzialità, si impongono sopra ogni altra valutazione. Ed è per questo che non possiamo credere alle favole concertative sui nuovi piani industriali, senza aver preparato un adeguato livello di conflitto che possa invertire realmente i rapporti di forza in campo; oggi la Fiat ha dimostrato che non sono più gli operai che aspettano i nuovi modelli di auto che arrivano, ma loro stessi che vanno dove il padrone ha deciso di fare arrivare le auto, ovviamente per ragioni di profitto. Ritenendo che alcuni siti (sia per condizioni interne che esterne) e non altri, in frangenti differenti e continuamente mutabili, siano più idonei a generare ricchezza, plusvalore.

Ma quanto possono resistere gli operai?

Per quanto intimoriti dai ricatti e dalla repressione, in un clima di generale sfiducia, dove l’azione delle burocrazie sindacali è quella di sempre, conservare la rendita e legare l’operaio al padrone, è insostenibile pensare di andare avanti subendo questo programma di sfruttamento intensivo che prevede sveglia alle 03,00, due ore di viaggio, otto ore di lavoro sulla catena, altre due ore di viaggio e qualche manciata di minuti di vita familiare e sociale.
Il capitale essendo alla continua esplorazione di condizioni da cui trarre il massimo profitto, per questo costretto a scompaginare con violenza assetti consolidati, non può che generare inevitabilmente fratture e contraddizioni, che poi tenta di governare con false promesse e accordi sempre più al ribasso nel migliore dei casi o nel peggiore con la repressione cieca.

Dobbiamo trasformare queste contraddizioni nel nostro cavallo troiano agendo innanzitutto sul livello di consapevolezza e solidarietà tra lavoratori.

Torneremo ancora a Cassino. Se i padroni e i sindacati complici vogliono che sia tutto dimenticato in fretta, come è già successo con i confinati di Nola, allora il nostro compito dev’essere l’esercizio costante della memoria, la ricerca di un metodo di lotta, che sia efficace, vincente. E’ tutto da costruire. Non lo troveremo nell’immediato, ma siamo certi che è ciò su cui bisogna osare.

Collettivo 48ohm – Spazio Collettivo

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