Presidio di fronte ai cancelli della INNSE (via Rubattino – Milano) martedi 7 marzo h 7
Respingere i licenziamenti. Sabato 4 marzo sono arrivate due lettere di licenziamento; lunedi 6, al momento dell’ingresso in fabbrica, il responsabile della sicurezza ha comunicato verbalmente il terzo licenziamento e nel corso della mattinata è arrivato il quarto, tramite lettera raccomandata. Alle h 14 del 6 marzo il bilancio dell’offensiva padronale contro i 27 operai della INNSE è di 3 lettere di licenziamento e 4 licenziati. Per tutta la mattina si è svolto un presidio di fronte ai cancelli composto da operai in sciopero e solidali, sorvegliati da molti agenti della DIGOS e tre camionette di celere.
Alle 11 una delegazione operaia è stata ricevuta dal Prefetto che ha trovato una singolare mediazione: ha proposto a Camozzi, il padrone, di ritirare i licenziamenti…
All’incontro in Prefettura erano presenti gli operai, non era presente Camozzi e non era presente nemmeno la FIOM, il sindacato a cui tutti gli operai della INNSE sono iscritti da sempre. Perchè mancava la FIOM?
Non entriamo qui nel merito di una decisione dei vertici FIOM che conferma la linea dell’isolamento degli operai più combattivi e generosi: è la linea che ha portato al licenziamento di S. Bellavita, all’ostracismo contro Domenico Destradis alla FCA di Melfi, alla denuncia agli organi di controllo di “incompatibilità con l’organizzazione” dei delegati che hanno promosso iniziative e mobilitazioni intersindacali alla FCA, è la linea che conoscono bene i delegati e le delegate che si sono opposti alla proposta di rinnovo del CCNL. Ciò su cui si soffermiamo è l’appello agli operai e alle operaie, ai lavoratori e alle lavoratrici, al di la di tessere e aree sindacali, agli studenti, ai giovani, agli aggregati del movimento popolare a sostenere gli operai della INNSE in questa lotta, rompere l’isolamento a cui i vertici del loro sindacato li vuole costringere.
Il 7 marzo dalle 7 di mattina è convocato un presidio di fonte ai cancelli in via Rubattino a Milano. La partecipazione è la prima forma di solidarietà, farlo conoscere e propagandarlo è una seconda forma, una terza forma è prendere posizione pubblica come RSU di azienda, come sindacati o aree sindacali, come partiti e come organismi del movimento popolare.
Abbiamo tutti impresso nella memoria il contributo che i compagni della INNSE diedero nel 2009 a tutto il movimento popolare, conducendo un’accanita resistenza che “ha fatto scuola”, è stata la premessa alla stagione di lotte e mobilitazioni il cui testimone fu preso in mano dagli operai della FIAT (oggi FCA ) di Pomigliano.
Resistere al padrone. Nelle settimane scorse, gli stessi operai INNSE avevano prodotto un appello alla solidarietà per raccogliere le spese necessarie a sostenere la battaglia legale in cui Camozzi li ha trascinati, forte di una legione di avvocati e della “legge del più forte” che vede sempre prevalere padroni e speculatori (anche alla faccia di sentenze del Tribunale: Mimmo Mignano è stato reintegrato da una sentenza, insieme agli altri licenziarti politici alla FCA, ma Marchionne gli impedisce di tornare in fabbrica). Per rispondere a questo appello le Sezioni lombarde del P.CARC organizzeranno iniziative finalizzate alla raccolta di fondi. Operai, lavoratori, collettivi, circoli che sono interessati a organizzare iniziative comuni, anche dove al momento non esistono Sezioni del P.CARC, contattino la Segreteria Federale: pcarc.lombardia@gmail.com.
Fare di ogni lotta una scuola di comunismo. Proprio l’esperienza della lotta degli operai INNSE nel 2009, come quella degli operai della Ginori di Sesto Fiorentino nel 2013, dimostrano che quando la classe operaia prende l’iniziativa, si rivolge alle masse popolari e le chiama alla lotta, la classe operaia può costringere i padroni a fare un passo indietro. Quelle vittorie, per quanto temporanee, non dimostrano che “lottare è inutile perché i padroni tornano alla carica”, ma sono fonte di insegnamento: resistere ai padroni, respingere i loro attacchi, costringerli alla resa momentanea è possibile, ma ogni vittoria deve essere tappa di un percorso più articolato che ha al centro la lotta per la conquista del potere. Gli operai e i lavoratori hanno un solo modo per vincere definitivamente contro padroni e speculatori: instaurare il socialismo. Questa la lezione che ogni vertenza operaia impartisce e ogni lotta popolare conferma. Gli obiettivi immediati (contro la chiusura, i licenziamenti, le ristrutturazioni e le delocalizzazioni) e l’obiettivo di prospettiva non sono (e non vanno messi) in contrapposizione: i primi possono essere raggiunti tanto meglio e più efficacemente quanto più sono combinati con il secondo, in funzione di esso. Cosa significa combinare gli obiettivi immediati con la lotta per il socialismo? Significa anzitutto fare di ogni lotta rivendicativa una scuola di comunismo, una scuola in cui gli operai imparano a far valere la loro forza anche fuori falla fabbrica, in cui imparano ad affermare e far valere i loro interessi anche se ciò comporta la violazione di norme, leggi e prassi; significa operare in modo da sedimentare un’organizzazione (anche piccola, ma che operi con continuità) che si occupi della fabbrica (delle vertenze, delle lotte rivendicative, ma soprattutto del funzionamento, delle problematiche e della gestione) e che esca dalla fabbrica, facendo valere la forza, l’organizzazione, la tradizione e il peso della classe operaia nelle lotte popolari della zona.
Non sono i padroni ad essere forti, sono gli operai che devono imparare a far valere la loro forza. Chiusure, delocalizzazioni, ristrutturazioni aziendali, condanne a “morte lenta” di aziende e impianti industriali: la crisi del capitalismo produce un cimitero di aziende e di posti di lavoro, un cimitero in cui i padroni seppelliscono i diritti, le conquiste e le tutele che la classe operaia e le masse popolari hanno ottenuto con le lotte dei decenni passati: diritto alla salute, all’istruzione, alla casa, a vivere in un ambiente sano e dignitoso. La società ha raggiunto un livello di sviluppo tale che potrebbero essere garantite a ogni essere umano le condizioni per una vita soddisfacente e dignitosa, solo la legge del profitto e la persistenza dei capitalisti alla testa della società impedisce che si realizzi ciò per cui ci sono già le premesse. Anzi, producono la guerra fra poveri, sono la causa per cui milioni di persone vivono come esuberi, oppressi moralmente, materialmente e culturalmente.
I problemi che hanno gli operai della INNSE non sono solo i loro, sono quelli che hanno tutti gli operai (lavoratori di aziende capitaliste) di qualunque settore, di qualunque tipologia, dimensione e zona; ricadono sui lavoratori di tutte le aziende pubbliche di ogni ordine e grado, si riversano su tutte le masse popolari.
Benchè la rendita e la speculazione finanziaria siano diventate la principale fonte di valorizzazione del capitale, tutto il sistema economico del capitalismo si regge sulla produzione di merci (beni e servizi), sull’“economia reale”. Per questo motivo la classe operaia, alla faccia di chi dice che non esiste più, di chi la dipinge come una minoranza di sopravvissuti di un mondo che non esiste più, è la classe decisiva nella trasformazione della società, la classe che guida le masse popolari nella rivoluzione socialista.
Ogni lotta della classe operaia è occasione per promuovere la scuola di comunismo di cui le masse popolari tutte hanno bisogno per passare dalla rivendicazione ai padroni e alle loro autorità e istituzioni alla mobilitazione per diventare dirigenti della società.