La lotta degli operai della FCA contro il piano Marchionne: Intervista a un operaio di Cassino

Da Pomigliano vengono deportati 1000 operai e a Cassino ci sono 700 cassintegrati. Che idea ti sei fatto della situazione?
Marchionne ha avviato lo smantellamento di Pomigliano e questa deportazione lo conferma: inizialmente era per 600 operai mentre ora siamo arrivati all’ordine dei 1000-1100. Smantellamento perché? Perché Pomigliano è formata da due siti: uno è quello ufficiale e l’altro è il “reparto confino”, che è un distaccamento. Qui la maggior parte degli operai ha problematiche fisiche, gente che FCA tratta come un peso, come “operai non altamente produttivi”.
Alcuni operai campani che sono già venuti in trasferta ci hanno spiegato cosa comporta: i tempi e le condizioni di lavoro sono insostenibili. Ad esempio, per fare il turno di mattina devono partire alle 3 di notte e tornare a casa alle 16-17 di pomeriggio, va via una giornata! Chiaro che diversi operai non hanno accettato il trasferimento e la maggior parte ha votato contro.

Quindi ci sono sempre state trasferte da sito a sito? Sì, Marchionne le usa per formare gli operai di altri stabilimenti, portandoli in quelli dove si sta più avanti. Ma in questo caso l’obiettivo della deportazione è quello di smantellare il reparto-confino. Nel 2010, di fronte alla mobilitazione degli operai, Marchionne disse che a Pomigliano non ci sarebbero più stati problemi; fu costretto a dirlo e ha dovuto rallentare lo smantellamento del sito. Adesso però Pomigliano ha un solo modello di auto e il piano industriale non esiste… C’è la proposta un tavolo di accordo per marzo, ma concretamente non c’è niente…

Che effetti sta avendo a Cassino la mobilitazione degli operai di Pomigliano?
All’ultima spedizione che hanno fatto i 5 Cassintegrati e Licenziati di Pomigliano a Cassino la reazione degli operai è stata positiva: tutti hanno preso il volantino e molti si fermavano a chiacchierare, altri si sono messi a disposizione della protesta e hanno lasciato i recapiti. E’ una cosa che va coltivata, perché c’è una tensione positiva alla protesta, ma secondo me molti ancora non si sono resi bene conto di ciò a cui si va incontro… Accontentarsi di oggi senza pensare al futuro, per gli operai è la fine. E Marchionne sta facendo il gioco delle tre carte con la guerra tra poveri, per lui sarebbe preoccupante se gli operai di Cassino si unissero a quelli di Pomigliano… questo vuole evitarlo assolutamente.

Rispetto ai 700 cassintegrati di Cassino, si sta creando un legame con loro? Qualcuno ha provato a contattarli?
Non ci sono stati tentativi di intercettare i cassintegrati, anche perché in fabbrica si tende molto a seguire le direttive dei capetti sindacali che cercano di tranquillizzare gli operai dicendo che questa cosa non li toccherà più di tanto, perché “per Cassino il piano industriale c’è”. Insomma il problema è degli altri … i sindacati portano avanti questa concezione e questo è grave. Perché Pomigliano si trova come ci trovavamo a Cassino 5 anni fa, ora la situazione è inversa. Domani potremmo essere noi la Pomigliano della situazione. Per esempio, c’è un reparto-confino anche qui e ci stanno circa 400 persone, ci mandano tutti quelli con qualche limitazione fisica o che “rompono le scatole”… è una specie di caserma punitiva.

Durante la campagna per il referendum costituzionale in FCA si sono costituiti dei comitati per il NO e per applicare la Costituzione. Ci puoi parlare del legame fra attuazione della Costituzione e condizioni di lavoro in una grande azienda?
Diciamo che per la sicurezza Fiat è “ufficialmente” sempre in aggiornamento… invece in alcuni reparti non interviene perché risolvere certi problemi è dispendioso, quindi fa finta di niente. Un esempio è il reparto Hot Stamping, il centro presse a caldo, dove ci sono gli altiforni a 800-1000 gradi e si sollevano polveri ferrose dannose, anche se l’azienda dichiara che sono polveri pesanti e non interferiscono con la salute degli operai… Poi ci sono esempi più piccoli, pratici e quotidiani… tipo l’attesa dei pullman a fine turno. In alcuni reparti è prevista l’uscita anticipata alle 13,30 ma in altri si continua a fare 6-14 e 14-22 e resta il disagio per tutti, chi esce prima deve comunque attendere gli altri e andare via dopo le 14.00. Ma la questione dei turni è la principale: con 700 cassintegrati in alcuni reparti si lavora su 21 turni, mentre la produzione lavora a 15. Per i primi che significa? Si lavora sempre, a ciclo continuo anche sabato e domenica. Questo ha portato un grande disagio agli operai. Non è previsto lo straordinario e la domenica viene pagata come se fosse lunedì. Non solo: il sabato e la domenica gli operai devono viaggiare con la loro macchina abitando anche a 40-50 km e ci rimettono pure la benzina. La vita sociale è distrutta, non riesci ad averla. Per esperienza, ci sono settimane dove uno nemmeno riesce a vedere i figli ed è costretto a prendere ferie o mettersi in malattia. Ecco, come faccio a dire che viene applicata la Costituzione in queste condizioni?

Con la battaglia referendaria si è consolidato un coordinamento intersindacale che mette al centro gli interessi dei lavoratori e in secondo piano le appartenenze sindacali. Cosa ne pensi? Magari! Sarebbe il sogno degli operai, perché dicono sempre che ci vuole qualcosa di diverso dai sindacati, che sono tutti venduti… ma allo stesso tempo quando si propone una cosa diversa, non va tutto liscio. C’è il coordinamento FCA che è in fase di “allestimento” perchè bisogna spiegare bene la questione della solidarietà fra gli operai dei vari siti. Quindi anche per Cassino, far comprendere l’importanza di un coordinamento extra-sindacale che ha i suoi uomini di fiducia eletti dai lavoratori e non per favoritismo e clientelismo, è importante.

La spinta positiva degli operai, che è il primo aspetto, si combina con il fatto che in azienda, nei reparti, spesso si sentono legati ai piccoli favoretti e ricatti dei sindacalisti o degli uomini FCA e la tendenza è quella a non prendere posizione. Anche perché in FCA se prendi una posizione la paghi e le misure repressive sono pesanti e diventano accanimento. Il lavoro che fa l’azienda è molto psicologico e organizzato e la prima cosa è “colpirne uno per educarne 100”: infatti gli operai sono sempre intimoriti e si vive un clima di tensione. So che la mia attività politica e sindacale non mi mette in buona luce verso l’azienda, ma io ho capito che qualcosa bisogna fare e a mia volta cerco di rispondere all’azienda: “parlo con cento per cercare di educarne uno” e magari si avvia il processo di unire e coordinare gli operai, anche se rischio di andare incontro a misure repressive. Ma limitarmi nello svolgere l’attività sarebbe più negativo per me, a livello sociale e famigliare, e per tutti gli operai.