A febbraio in Toscana il P.CARC ha organizzato iniziative con e sulle Brigate di Solidarietà Attiva (BSA – vedi Resistenza n. 01/2017) a Pistoia, Abbadia San Salvatore, Firenze e Massa e a marzo ne seguiranno altre a Viareggio, Cecina e Pisa. L’obiettivo, oltre che sostenere le Brigate, è ragionare su ciò che la loro attività insegna e dimostra.
Dalle iniziative svolte, gli elementi sono già molti e interessanti:
– l’emergenza provocata dai terremoti ha chiaramente dimostrato che i governi, le autorità e le istituzioni della Repubblica Pontificia non sono in alcun modo e sotto nessun profilo adeguati (per volontà, per capacità, per interesse) a garantire né livelli di prevenzione adeguati alle esigenze del nostro paese – esempio è il fatto che nonostante il forte e conosciuto rischio di sismicità non è mai stato fatto niente in termini di prevenzione e anzi la prevenzione è stata un ambito di imbrogli e speculazione; né adeguati livelli di intervento e soccorso – esempio è il fatto che nelle zone terremotate le popolazioni rimaste vivono come se il sisma fosse avvenuto ieri e non 6 mesi fa;
– Il principale modo con cui autorità e istituzioni della Repubblica Pontificia si pongono di fronte alle distruzioni gravi e diffuse attiene alle possibilità di affari, speculazioni e profitti collegati alla ricostruzione. Cioè al centro della “ricostruzione” non ci sono le esigenze, i bisogni, gli interessi e i diritti delle masse popolari, ma i preventivi al ribasso, la movimentazione di terra e la cementificazione. Un esempio per tutti (ma badate che sono molti): mentre la gente vive ancora negli accampamenti, Della Valle viene salutato e presentato dalle autorità come un “salvatore” dato che ha deciso di costruire nelle zone terremotate un sito produttivo, una fabbrica. “Per dare lavoro”, certo, ma prima ancora per costruire senza regole, con gli incentivi speciali delle zone terremotate, per assumere manodopera con il Jobs Act e per mettere radici in una terra in cui tutte le radici precedenti sono state recise dal terremoto e dalla speculazione;
– La guerra per bande per accaparrarsi appalti e nulla osta che occupa i piani alti della Repubblica Pontificia, si riversa ovviamente sulle masse popolari, con tutto il suo peso: è chiaro che autorità e istituzioni non stanno facendo niente. Se lo diciamo noi siamo in malafede, se lo dicono le BSA sono uccelli del malaugurio, se lo dicono le popolazioni sono impazienti e irriconoscenti. Se “scappa detto” a Vasco Errani, Commissario nominato dal Governo per la ricostruzione che “la verità è che non è in corso nessuna ricostruzione” è la conferma di due ovvietà: che non è in corso nessuna ricostruzione e che la ricostruzione è ostaggio di accordi sottobanco fra politicanti, speculatori e organizzazioni criminali.
Detto questo, gli elementi interessanti non sono solo la denuncia della criminalità di autorità e istituzioni dei vertici della Repubblica Pontificia, ma soprattutto riguardano il protagonismo delle masse popolari e le tendenze positive che tale protagonismo alimentano e sviluppano. Le BSA ne sono la principale dimostrazione.
Innanzi tutto è emerso che il loro approccio non è solo di tipo assistenziale (anche se l’assistenza è un aspetto importante, stante le condizioni oggettive): oltre a portare cibo e aiuti promuovono l’aggregazione sociale e politica, sostengono la creazione di comitati territoriali che si pongono l’obiettivo di prendere in mano direttamente la ricostruzione. A questo proposito si avvalgono delle iniziative di alcuni sindaci che nonostante minacce, contrasti e misure legali di altre istituzioni promuovono la rottura della legalità imposta dall’alto, della legalità della “non ricostruzione” per prendere misure concrete a fronte di un’emergenza che ormai è diventata ordinarietà. L’esempio è quello del sindaco di Pieve Torrina, che ha emesso un’ordinanza comunale straordinaria per concedere ai cittadini di impiantare container privati per evitarne lo spopolamento (gli abitanti delle zone terremotate vengono spostati sulla costa, lasciando di fatto mano libera agli speculatori), anche se la Regione Marche ha intimato al Sindaco di ritirare l’ordinanza, perché “in contrasto con le norme regionali vigenti in materia”. Di esempi simili ce ne sono altri, ma nelle iniziative che abbiamo promosso è emersa soprattutto la necessità di sostenere le BSA e la loro opera, non solo e non tanto attraverso le donazioni di generi di prima necessità, ma costruendo una rete di supporto che permetta loro di raccogliere le risorse necessarie per operare sul campo in sostegno e promozione di quelle forme di autorganizzazione che sono, davvero, l’unica prospettiva positiva per le masse popolari. Pertanto è positivo che dagli incontri sia emerso:
– che il presidente del Circolo ARCI in cui si è svolta l’iniziativa ha messo a disposizione la sede della Casa del Popolo “Il Campino”, dove già si svolgono mercatini di quartiere mensili, per ospitare banchi in cui le BSA possano rivendere parte del materiale che le masse popolari hanno generosamente donato loro (da segnalare che in varie occasioni sono state loro a rifornire la Protezione Civile che invece aveva finito i generi di prima necessità…) per raccogliere soldi necessari ad avviare dal basso la ricostruzione e che si sia detto disponibile a organizzare iniziative di conoscenza e sensibilizzazione dell’opera delle BSA nei 250 circoli ARCI di Firenze;
– che un nostro compagno di Firenze si sia preso la responsabilità di portare le BSA nella sua università e di metterle in contatto con gli studenti della Facoltà di architettura che potrebbero dare un loro contributo anche “professionale”;
– che sia emersa la proposta di legare le BSA a quella parte di classe operaia già organizzata azienda per azienda in tutto il territorio toscano.
Queste sono alcune delle proposte emerse e vogliamo sottolineare un aspetto che le accomuna alle altre che qui non riportiamo per limiti di spazio: il principale modo per sostenere le popolazioni colpite dal terremoto è sostenere l’attività delle BSA che sono l’organismo che si pone già, pur con difficoltà, limiti, inesperienza, come promotore dell’organizzazione e mobilitazione delle masse popolari. I milioni di euro raccolti con le campagne televisive, i milioni di euro promessi da istituzioni e autorità borghesi sono tutti “in attesa di produrre profitto” per qualche pescecane della finanza, sono il primo “bottino” che la borghesia ha fatto con il terremoto, speculando sulla vita delle masse popolari. E questo ci dimostra, in piccolo ma molto concretamente, che l’unica strada positiva per fare fronte ai disastri, alle emergenze, agli effetti della crisi è nelle mani delle masse popolari organizzate.