Questa mattina su Il Manifesto, l’articolo “Sinistra Italiana batte due colpi” (che alleghiamo in coda). I due colpi sono i seguenti: ingresso nella sinistra europea che guarda a Podemos e lancio della campagna referendaria CGIL contro voucher. Dalle parole una rottura con le pratiche del PD e uno sguardo alla “realtà” citando perfino Marx, passando per i migranti, il reddito, il referendum e la tutela dell’ambiente. Passo in avanti o niente di nuovo sul fronte occidentale? In tal senso in quanto segue l’articolo “Sinistra Italiana e la sinistra borghese” tratto da La Voce 51, pubblicata dal (n)Pci nel novembre del 2015.
Sinistra Italiana e la sinistra borghese
“Lavoro garantito nei diritti e nel reddito, welfare, scuola pubblica, immigrazione come risorsa culturale ed economica, ecologia per lo sviluppo sostenibile, sobrietà nello stile politico, assistenza sanitaria universalistica. Sono alcuni dei temi al centro dell’incontro di Sinistra italiana”. E siamo sicuri che se glieli ricordassimo, ne metterebbero altri e forse li hanno anche messi perché l’elenco è solo quello che ha sciorinato Norma Rangeri ad apertura dell’editoriale di il manifesto 8 novembre: casa per tutti ed equo canone, pensione per anziani e disabili, salario per studenti, trasporti pubblici gratuiti, servizi pubblici garantiti a tutti, salvaguardia del territorio e via dicendo … perché no? Finché non è al governo la sinistra borghese rifà senza fatica e con generosità l’elenco delle conquiste che le masse popolari avevano strappato alla borghesia nel periodo del capitalismo dal volto umano o a cui erano arrivate vicino malgrado i governi democristiani. Quando la sinistra borghese è al governo (ricordatevi il governo Prodi-D’Alema-Bertinotti, guardate il governo Tsipras ancora in scena in Grecia!) in nome della compatibilità o di altre parole ornamentali (in sostanza in nome della soggezione alle direttive della borghesia imperialista nazionale e internazionale) si rimangia tutto e applica come la destra il programma comune della borghesia imperialista: al più piagnucolando e torcendosi le mani mentre la destra fieramente lancia slogan alla Renzi o sghignazza alla Berlusconi.
È malafede della sinistra borghese? È volontà di imbrogliare gli elettori? Affermarlo è certamente sbagliato in riferimento almeno a una parte dei portavoce della sinistra borghese: individui personalmente sinceri e alcuni persino volontari dediti ad opere pie nelle organizzazioni caritative cattoliche o in ONG laiche. Sbagliato per alcuni e comunque per tutti inutile: quello che conta non sono le intenzioni e i buoni propositi, contano i fatti. Il punto è che le loro sono, per tutti loro, parole al vento, che oramai, dopo l’amara esperienza culminata nel governo PAB del 2006-2008 valgono poco anche per raccogliere voti alle elezioni. Qual è il punto?
L’anticomunismo impedisce agli esponenti della sinistra borghese di spiegarsi, di spiegare e persino di chiedersi perché dopo la seconda Guerra Mondiale e fino agli anni ’70 non solo in Italia ma in tutti i paesi imperialisti gli operai e le masse popolari erano riusciti a migliorare le loro condizioni in tutti o quasi tutti i campi che oggi compaiono nei programmi governativi della sinistra borghese e perché a partire dagli anni ’70, prima in Inghilterra con la Thatcher, poi negli USA con Reagan, poi via via negli altri paesi imperialisti, una dopo l’altra le conquiste fatte in ognuno di quei campi sono state rosicchiate, avvelenate e infine cancellate del tutto o sono in via di esserlo.
Le conquiste strappate erano l’effetto del movimento comunista che avanzava nel mondo, nel corso della prima ondata della rivoluzione proletaria sollevata dalla costituzione dell’Unione Sovietica. Nei paesi imperialisti la borghesia cedeva alla pressione delle masse popolari per paura della rivoluzione socialista, approfittando anche del fatto che, dopo le distruzioni delle due guerre mondiali, gli affari erano in ripresa e i profitti dei capitalisti elevati.
Negli anni ’70 nel mondo intero l’ondata rivoluzionaria si era oramai esaurita senza instaurare il socialismo nei paesi imperialisti e la nuova crisi generale per sovrapproduzione assoluta di capitale era iniziata. La combinazione dei due fattori ha portato allo stato attuale, ha innescato il catastrofico corso delle cose a cui oggi l’umanità deve far fronte.
A chiunque si raffigura la realtà come è, è quindi chiaro che i programmi della sinistra borghese sono destinati a restare chiacchiere. L’aspetto positivo dei suoi tentativi, è che ribadiscono il buon diritto delle masse popolari ad avere quello che la sinistra borghese fa balenare. Sta a noi comunisti spiegare che lo conquisteranno organizzandosi, costituendo un proprio governo d’emergenza e conducendo con forze crescenti la rivoluzione socialista fino alla vittoria.
Maria P.
Sinistra italiana batte due colpi
Congresso di Rimini. Eletto segretario Nicola Fratoianni, il partito al lavoro per organizzare comitati unitari per i referendum Cgil sul lavoro, e iniziative a sostegno di migranti e richiedenti asilo. In caso di fiducia c’è il “no” al governo Gentiloni: “E stiamo a vedere che faranno i possibili nuovi gruppi parlamentari…”, avverte il neosegretario.
Da dove partire? “Anche dalla cura delle parole, dal restituire alle parole il loro significato, iniziando dalla parola ‘sinistra’. Per farlo, oggi, ci vuole coraggio”. Da Nichi Vendola, nel suo splendido intervento in chiusura di congresso, arriva anche questo prezioso consiglio ai naviganti di Sinistra italiana, entrati nel mare della politica (non solo) italiana con l’entusiasmo di chi parte per un viaggio liberatorio, anche se faticoso e pieno di rischi.
Sanno di avere di fronte una società disillusa, in gran parte convinta che la politica non possa migliorare (anzi…) la vita quotidiana. E non basta una parola, per giunta abusata ogni giorno a destra e a manca. “Dobbiamo fare il nostro mestiere – avverte quindi Nicola Fratoianni – perché di fronte alla situazione in cui versa questo paese, o si cambia in modo radicale o non c’è partita”. E radicale, spiega Piero Bevilacqua annunciando l’adesione al nuovo partito, significa “profondo”: “E’ un termine che non viene da Marco Pannella. Viene da Carlo Marx”.
Il documento finale del congresso sottolinea: “Quello che oggi scegliamo, a Rimini, non è ricostruire la sinistra che non c’è più, ma costruire una sinistra che non c’è mai stata”. Per specificare il concetto, l’intervento di Vendola aiuta: “Il centrosinistra, l’Ulivo, sono state esperienze collegate a una globalizzazione che sembrava potesse offrire delle opportunità. Si sono schiantate, perché è schiantata la base sociale che li sosteneva. Mi dispiace per i compagni e le compagne che se ne vanno. Ma per me oggi la cosa fondamentale è la bussola, e la rotta da seguire”. Scegliendo un’autonomia culturale e politica legata a quello che vuol dire essere di sinistra: “Non dobbiamo mai separarci dalla dimensione della lotta per la trasformazione della società”.
Nell’elezione di Fratoianni e del gruppo dirigente di Sinistra italiana – 503 sì, 32 contrari, 28 astenuti, un centinaio di assenti dall’inizio o al momento del voto – c’è la fotografia di una platea di delegati e delegate che ha portato in trionfo la giovane ex sindaca di Molfetta, Paola Natalicchio: “Chiedo a Fratoianni di lavorare all’unità della sinistra italiana e non solo di sinistra italiana. Di mettere insieme i pezzi per una alternativa di paese. E di capovolgere la piramide: perché la sensazione di un partito calato dall’alto in questi mesi è stata forte, e come dirigenti dobbiamo farci carico e promuovere un rovesciamento del processo. Giriamo il paese, solo un bagno di realtà ci può distrarre da questa storia di D’Alema e di Emiliano”.
Unità e umiltà, come scandito nell’assemblea di Podemos, con le immagini proiettate nell’auditorium e con Pablo Iglesias che ripete più volte: “Abbiamo un piede in Parlamento, ne dobbiamo avere un migliaio nella società”. Di qui le prime mosse del partito: con l’adesione alla Sinistra europea; con “i 500 comitati unitari da costruire subito” per i referendum della Cgil contro i voucher e la giungla di appalti e subappalti senza diritti. Comitati come quelli per i referendum costituzionali, ricordati da Martina Carpani (Rete della conoscenza) come un essenziale momento formativo per i giovani che si affacciano alla politica. E poi il sostegno, concreto, a migranti, rifugiati e richiedenti asilo nella giornata delle manifestazioni in tutto il continente. E ancora l’8 marzo per “Non una di meno”.
Quanto ai movimenti del quadro politico, pronti a discutere con tutti. Ma non con il cappello in mano. Anzi: “Se la scissione nel Pd dovesse portare a nuovi gruppi parlamentari – ammonisce Fratoianni – vorrei vedere cosa faranno se si dovesse votare la fiducia al governo Gentiloni”. A rispondergli, poche ore dopo, sarà il dem uscente Enrico Rossi a RaiNews: “Ci sarà, a quanto mi risulta, un gruppo formato da chi esce dal Pd e chi esce da Sinistra italiana, ma sosterrà il governo Gentiloni”. Già lo immaginava Stefano Fassina: “Non siamo l’organizzazione giovanile di D’Alema e Bersani. Abbiamo già dato, diciamo”. Così come, guardando a Pisapia, Pippo Civati ha replicato: “Vedo che chi ha votato Sì al referendum costituzionale si propone di organizzare chi ha votato No”.
L’ultimo intervento del congresso è stato quello di Luciana Castellina. Che, rispondendo a Eugenio Scalfari, ha chiosato: “Da una parte i ‘civilizzati’, tutti insieme, a difendere una democrazia svuotata. Dall’altra i ‘barbari’ che bussano alle porte. Noi dovremmo stare con i barbari. Perché lì c’è un pezzo del nostro popolo”.