[Italia] Mettere al centro l’unità di classe degli operai

 

Riportiamo di seguito due comunicati (RSU Fiom Piaggio di Pontedera e USB AST di Terni).

Cosa hanno in comune? Il passo avanti nel mettere al centro l’unità di classe degli operai, e il ragionamento sulla necessità di mettere mano alla gestione complessiva delle aziende per garantire a tutti i lavoratori l’impiego ed una retribuzione dignitosa.

Il passo successivo da fare è rompere con le dinamiche sindacali imposte dall’azienda, costruire sul posto di lavoro e nei reparti nuclei di operai decisi ad occuparsi dell’azienda per impedirne le misure vessatorie, lo smantellamento e il peggioramento delle condizioni di lavoro. E’ necessario che gli operai comincino ad occuparsi del futuro della propria azienda, a decidere quale direzione dare alle politiche gestionali, a mettere in campo le misure necessarie per garantire a tutti gli operai le medesime condizioni di lavoro.

Avanti verso la costruzione di organismi operai in ogni azienda!

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La Solidarietà lascia all’azienda totale discrezionalità nella gestione dell’orario di lavoro e che le permette di dividere gli interessi dei lavoratori.

La Piaggio ha comunicato alla RSU il raddoppio della produzione in febbraio su due linee di montaggio e la conseguente anticipazione dell’ingresso in fabbrica di 180 lavoratori a part – time verticale . Negli stessi giorni invece, più di 400 operai, con stesse mansioni e stesso livello professionale, verranno messi a casa, in Solidarietà, per un calo produttivo in altri reparti.
La Solidarietà si conferma ancora una volta quella che denunciamo da sempre: un accordo che lascia all’azienda totale discrezionalità nella gestione dell’orario di lavoro e che le permette di dividere gli interessi dei lavoratori.
E’ evidente l’interesse al fatto che lavoratori a part- time abbiano un prolungamento del contratto di lavoro ma è inaccettabile che questo avvenga a spese del lavoro e del salario di altri operai.
Per di più, l’azienda sceglie a proprio arbitrio le persone da collocare in solidarietà, al 60/% del salario, e spesso i lavoratori coinvolti sono principalmente quelli con problemi fisici, problemi spesso causati da anni di lavoro ai ritmi troppo intensi della catena di montaggio.
Ed ancora, mentre lavoratori di diversi reparti vengono lasciati a casa per mesi interi, i prodotti che dovrebbero essere fatti qui a Pontedera, e proprio in quei reparti, arrivano in quantità elevata e crescente dagli stabilimenti all’estero. Ed è inaccettabile che gli ammortizzatori sociali, pagati dall’INPS con i soldi dei lavoratori, stiano finanziando da anni il trasferimento di parte della produzione all’estero
Noi della RSU Fiom non abbiamo firmato il contratto di Solidarietà, perché chiaramente elemento di divisione e di discriminazione dei lavoratori, e continueremo a batterci per obiettivi che affrontino le reali esigenze presenti in fabbrica, affermino i diritti dei lavoratori e ne migliorino le condizioni di lavoro.

RSU FIOM Piaggio: Massimo Cappellini, Adriana Tecce, Giorgio Guezze, Massimiliano Malventi, Francesco Giuntoli, Antonella Bellagamba, Simone Di Sacco

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UNICITÀ DI CONDIZIONE, VERTENZA UNICA!

Nei giorni scorsi in Ast si sono susseguiti avvenimenti importanti che non vanno sottovalutati: in primo luogo la vicenda dei controlli, da parte delle autorità competenti, sugli scarichi e sulla produzione di rifiuti da processo; in secondo luogo lo sciopero proclamato dalle oo.ss. circa la rottura della trattativa per l’organizzazione del lavoro presso il reparto pix. Questi due avvenimenti mettono in evidenza due elementi: la volontà aziendale di gestire lo stabilimento senza interferenze e la incapacità delle oo.ss. di produrre indagine, quindi analisi, che porti ad avere una panoramica completa delle condizioni in cui avversa la fabbrica e che non farebbe navigare a vista. Sulla vicenda dei controlli si è assistito al solito asse azienda/istituzioni: da un lato regione, comune, arpa, che ammettono lo sforamento -In questi casi il rischio è di una sospensione dell’aia- ma che non lo giudicano (parametri alla mano) tale da mettere in rischio l’ambiente e la salute; dall’altro l’azienda che si barrica dietro le rassicurazioni circa il rinnovo impiantistico, mettendo sul piatto la certificazione ambientale ISO14001. Tale certificazione di fatto non pone paletti e non obbliga le aziende ad investimenti e modifiche impiantistiche, ponendosi quindi solo come mera carta d’intenti. Quindi? Si inquina, ma l’importante sono i buoni intenti. Dov’è finito il controllo popolare di cui le istituzioni -Arpa, Regione, Comune e sindacati- dovrebbero essere garanti? Dov’è finita la cultura metodologica dell’indagine che è base del lavoro politico e sindacale? Ci chiediamo: Il continuo sforamento dei parametri ambientali, visto che sostanzialmente è riferito allo smaltimento dei rifiuti derivanti dalla produzione a caldo, a chi giova? A che punto è il lavoro della commissione che deve individuare il miglior progetto per l’impianto inertizza-scorie? Per quanto riguarda la vicenda che ha portato allo sciopero presso il reparto Pix, pur prendendo atto della risposta sindacale, non possiamo non porre in evidenza due elementi: la conseguenza drammatica dell’accordo sottoscritto al Mise tre anni fa e la miopia con cui si affrontano le trattative con l’azienda. La fine della grande vertenza ha visto uscire vincente l’azienda, successo che si è ovviamente tramutato in condizioni di lavoro estremamente peggiorate in tutto lo stabilimento: organici ridotti all’osso che hanno portato ad uno uso sconsiderato degli straordinari, tempi di produzione enormemente diminuiti, aumento delle sanzioni disciplinari. Ma a tale tattica non si risponde in maniera adeguata: seppur ogni reparto ha delle specifiche tecniche ben definite, quello che si deve mettere in discussione è la condizione generale dello stabilimento. Si apra quindi una vertenza unica e generale riguardante organici, tempi di lavoro, condizione lavorativa, in cui inserire anche le dinamiche ambientali perché i lavoratori sono dapprima cittadini. La separazione reparto per reparto, in un contesto generale di sofferenza, ha tre effetti strategici negativi: la mancanza di forza dell’azione sindacale, la messa in competizione dei lavoratori, una concezione non più unitaria dello stabilimento. Questo dobbiamo impedirlo, la fabbrica non la si difende separando i lavoratori bensì tornando a ragionare di unità di classe, che difende il proprio posto di lavoro e l’ambiente in cui vive. Chiediamo pertanto all’azienda l’accreditamento come forza sindacale e subito la convocazione ai tavoli insieme alle altre organizzazioni sindacali.

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