Mille mobilitazioni dal basso per attuare le parti progressiste e democratiche della Costituzione

Riportiamo alcuni esempi delle numerose mobilitazioni che le masse popolari stanno mettendo in atto in tutta Italia per applicare la Costituzione nelle sue parti più progressiste e difendere il loro territorio dallo scempio che le istituzioni ne stanno facendo. A premessa tre “avvertenze”.
Benché possano sembrare esempi “piccoli” (e in effetti spesso si tratta di embrioni da sviluppare), ognuno mostra una tendenza positiva che può essere tradotta in altre zone e contesti; benchè possano sembrare “particolari”, vanno presi giusto a titolo di “esempio” di una mobilitazione che nel paese è diffusa e crescente, di una spinta complessiva e generale in cui ognuno di questi esempi vive e si sviluppa. Infine rispondiamo subito a una questione che ci viene sollevata spesso e diffusamente: “voi dite che bisogna passare dalla rivendicazione, dal chiedere alle istituzioni e autorità, all’imporre… ma poi gli esempi che fate sono accomunati dal fatto che quelle masse popolari che si organizzano alla fine hanno come referenti istituzioni e autorità borghesi”. A questo rispondiamo che un conto sono le mobilitazioni e le proteste che si basano e si sviluppano sulla richiesta alle autorità e alle istituzioni, un altro conto, e sono quelle a cui ci riferiamo e che indichiamo come positive, sono le mobilitazioni che combinano alla richiesta alle istituzioni la mobilitazione diretta, dal basso, per iniziare ad attuare le soluzioni che le organizzazioni operaie e popolari individuano come positive, possibili, concrete. Sono più avanzate perché contrastano con il senso comune che “qualcuno deve risolvere i nostri problemi” e favoriscono il protagonismo delle masse popolari.
L’organizzazione, la moltiplicazione e il coordinamento via via maggiore di quegli esempi che riportiamo è la base materiale per trasformare queste piccole gocce nel fiume in piena che cambia il paese.

Firenze. Il 17 gennaio scorso un centinaio di rifugiati somali ha occupato un palazzo in disuso in via Spaventa, di proprietà dei Padri Gesuiti fiorentini. Questi immigrati provenivano dal Palazzetto dello Sport di Sesto Fiorentino, dove erano stati trasferiti dopo l’incendio del capannone (ex-Aiazzone) nel quale vivevano, incendio nel quale un loro connazionale ha perso la vita. Anche alcuni esponenti del Movimento di Lotta per la Casa di Firenze hanno preso parte all’occupazione: “Noi chiediamo l’autogestione di questo o dei tanti palazzi vuoti che ha Firenze”, dice uno di loro. Perché di immobili vuoti a Firenze ne esistono veramente tanti (solo in Toscana sono 400 mila le case sfitte), ma si preferisce trasferire i rifugiati in un Palazzetto dello Sport pubblico, togliendo così servizi e spazi di aggregazione alla comunità e alimentando la guerra fra poveri.
Le dichiarazioni della Curia in merito, nella persona di Padre Ennio Brovedani (direttore della Fondazione Culturale gesuita Stensen, poco distante dalla struttura), sono significative: “Io sono solidale con Papa Francesco, ma una cosa è essere solidali, l’altra è risolvere i problemi”. La doppia morale della Chiesa non può essere più chiara. Come è giusto lottare per l’applicazione delle parti democratiche e progressiste della Costituzione, è altrettanto giusto agire in contrasto con quelle leggi e articoli che non fanno gli interessi delle masse popolari. Ad esempio non rispettando il Concordato con la Chiesa Cattolica che, anche in materia di immobili, prevede tutta una serie di immunità, esenzioni da imposte, ecc. per un’istituzione politica parassitaria come il Vaticano (al quale fa capo, direttamente o indirettamente, il 20% del patrimonio immobiliare italiano). I gesuiti fiorentini, anche di fronte all’invito a denunciare gli occupanti del Sindaco Nardella, hanno preferito (per ora) soprassedere e lasciare i rifugiati dove stanno. Probabilmente preferiscono evitare di gettare benzina sul fuoco della mobilitazione delle masse popolari contro i privilegi della Chiesa, che sanno benissimo metterebbe a rischio ben più di un palazzo abbandonato…

Cecina. Il Comitato di Salute Pubblica (CSP) di Cecina si sta mobilitando su tutto il territorio della Val di Cecina per far conoscere ai cittadini e portare in Consiglio Comunale i risultati di uno studio scientifico promosso dal dottor Claudio Marabotti. Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica International Journal of Occupational Medicine and Environmental Health, ha evidenziato come in Val di Cecina il tasso di mortalità per malattie cronico-degenerative derivate dall’inquinamento sia molto alto. In particolare sono il suolo e le falde acquifere a destare preoccupazione. Già in passato sono stati chiusi alcuni pozzi (ma senza poi bonificarli!) perché inquinati da sostanze come il boro, l’arsenico, la trielina, ecc. La causa del tasso anomalo di inquinamento è la presenza in zona di industrie inquinanti, tra cui la multinazionale Solvay. Il CSP ha anche individuato una serie di misure immediate per far fronte al problema, ma si sta scontrando con l’indifferenza dell’Amministrazione comunale che da una parte non può far finta di niente di fronte a uno studio scientifico riconosciuto a livello internazionale, ma dall’altra continua a rimandare il confronto con gli esponenti del Comitato. L’amministrazione di Cecina (PD) si allinea a quelle che formalmente “tergiversano”, ma praticamente evitano di schierarsi e affermare gli interessi delle masse popolari. Senza aspettare il consenso dell’Amministrazione, installare delle centraline per il controllo dei livelli di inquinamento dell’aria (mobilitandosi per raccogliere i soldi necessari e le competenze di tecnici che sappiano installarle e leggerne i risultati) e censire e monitorare le attività produttive inquinanti della zona sono passi che il CSP, che li ha individuati, può cominciare a fare da subito.

Massa-Carrara. Il Comune di Zeri è l’unico su 288 in tutta la Toscana a possedere ancora la gestione delle risorse idriche. Il Sindaco Egidio Pedrini (lista civica) continua a opporsi con forza al trasferimento della gestione dei servizi a Gaia S.P.A.: società della quale abbiamo parlato nel numero 01/17 di Resistenza, nota per la scarsa qualità del servizio che eroga e per le bollette esose che manda ai suoi utenti. Il Sindaco giustifica la sua posizione impugnando l’esito del referendum sull’acqua pubblica del giugno 2011. La Regione Toscana ha lanciato un ultimatum al Comune: se non cede gli acquedotti a Gaia S.P.A. entro il 22 gennaio sarà commissariato. Dice il Sindaco: “Mi faranno una multa? Non mi interessa, ne ho già parlato ai miei paesani e siamo pronti a tassarci, a fare una colletta, a fare qualche festa popolare per reperire le risorse. Ho già dato anche mandato ai miei legali perché, lo ribadisco, non torno indietro. Non sono entrato in Gaia fino ad oggi e non ci entrerò nemmeno ora”.
L’amministrazione di Zeri si differenzia da quelle che evitano di schierarsi e affermare gli interessi delle masse popolari, almeno per ciò che riguarda la gestione dell’acqua come bene comune.
Una posizione chiara che necessita del supporto del movimento popolare che non deve accettare di pagare la rappresaglia (le multe minacciate o il commissariamento del Comune), ma imporre il rispetto dei diritti dei cittadini e della Costituzione.

Pistoia. Il Comitato Studenti Pistoiesi per il NO decide di non sciogliersi dopo il referendum del 4 dicembre. Anzi, cambia nome in Studenti Pistoiesi per l’Impegno Civico e continua la sua opera di informazione e mobilitazione dei  giovani. I promotori di questa continuità hanno capito che la vittoria al referendum non sarebbe bastata e non avrebbe segnato la fine degli attacchi della borghesia ai diritti e alle conquiste delle masse popolari. Per questo il Comitato sta attuando una campagna di informazione dentro e fuori le scuole per portare l’attenzione sui problemi concreti della città. L’esperienza è tanto più importante per una città come Pistoia in cui, l’allora Questore Maurizio Manzo  nel 2009 tentò di tagliare le gambe al movimento studentesco e antifascista e al P.CARC che si stava radicando in città, sdoganando e proteggendo i gruppi fascisti e orchestrando una pesante campagna di persecuzione dei comunisti e degli antifascisti. Ecco una risposta a lungo termine: i giovani si organizzano per difendere e applicare la costituzione nata dalla Resistenza antifascista, dopo che sul breve termine Manzo e la sua cricca sono stati sconfitti nei tribunali e nelle piazze di Pistoia.

 Quarto (NA).  Il collettivo dell’istituto ISIS è tra quelli che più si è mobilitato nella lotta per la difesa e l’applicazione della Costituzione. La battaglia principale è stata quella per restituire ai ragazzi disabili della scuola il servizio di trasporto pubblico. Il collettivo ha promosso due presidi sotto il Comune e ha spinto la scuola a partecipare, ha promosso l’autogestione di una settimana dell’istituto, motivo per cui una compagna del collettivo è stata oggetto di intimidazioni e provocazioni repressive; ha promosso il dibattito fra  genitori, studenti e docenti.
Di seguito il comunicato con cui il collettivo annuncia la vittoria di questa mobilitazione.

“Il 9 Gennaio, dopo 4 mesi dall’inizio dell’anno scolastico, dopo una lunga lotta, finalmente i trasporti per i ragazzi diversamente abili hanno ripreso a funzionare. In questo periodo il Collettivo ISIS si è mosso in prima linea su questa vertenza, mettendo in campo tutti i mezzi a disposizione per fare informazione e cercare soluzioni concrete a questo problema. Con colloqui, presidi, assemblee e dibattiti abbiamo portato avanti la nostra lotta con la consapevolezza che stessimo lottando per una causa giusta: applicare, per ogni singolo studente del nostro istituto, i diritti che la Costituzione ci garantisce. Ma nonostante ciò, da parte della dirigenza scolastica, da parte delle forze dell’ordine, non è mancata la repressione. Tra le minacce velate e la mobilitazione più che esagerata dei vari corpi delle forze dell’ordine, ci è stata data la conferma che riforme come la “Buona Scuola” con il suo preside – sceriffo, la crescente privatizzazione delle scuole pubbliche, sono tutti processi che portano la scuola, che dovrebbe essere di tutti, a diventare una scuola per pochi, una scuola dove il libero pensiero e il libero sviluppo vengono soppressi per lasciare posto all’obbedienza e alla sottomissione a ciò che ci viene imposto dall’alto. Nonostante questo non abbiamo abbassato la testa neanche un attimo, abbiamo continuato per la strada che ritenevamo giusta, promuovendo l’organizzazione dal basso, coordinandoci con altre realtà territoriali che ci hanno appoggiato in questa lotta, come il Collettivo Autorganizzato Popolare, il comitato Acqua e Territorio, i lavoratori del comune di Quarto e tutti ci hanno sostenuti. I trasporti, però, son partiti a Gennaio. Per ben quattro mesi il trasporto non è stato fornito e per ben quattro mesi il diritto allo studio di studenti della nostra scuola è stato messo in seria discussione. La nostra non è una sconfitta, ma al contempo non possiamo cantare vittoria. Ciò che bisogna fare è rimboccarsi le maniche e fare il possibile affinché il problema che abbiamo affrontato non venga a ripresentarsi nell’anno a venire, iniziare a studiare insieme le soluzioni concrete ed attuabili dal basso per i problemi e lottare per l’applicazione della Costituzione, prenderci i diritti che ci vengono negati e costruire insieme un’alternativa concreta ad un sistema che quei diritti non può più garantirli. INFORMATI, PARTECIPA, LOTTA!”.

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