Il primo Congresso di SGB e la lotta per il rinnovamento del movimento sindacale

Il 14 e 15 gennaio si è svolto a Sasso Marconi (BO) il congresso costituente del Sindacato Generale di Base (SGB), che circa un anno fa si è formato come scissione dalla USB.
Riportiamo di seguito le parti salienti del comunicato con cui abbiamo salutato e incoraggiato i lavori. “Se darete seguito pratico alla volontà di diventare un sindacato di classe dichiarata nel vostro documento congressuale, il Congresso darà un contributo importante alla lotta per cambiare il corso delle cose in senso favorevole alle masse popolari nel nostro paese e negli altri paesi imperialisti.

Cosa significa nella situazione attuale sindacato di classe? Significa un sindacato che è attore (con propri compiti specifici) della lotta dei lavoratori per la propria emancipazione dai padroni e dalle loro autorità, che si lega alle forze comuniste esistenti nel paese e, su questa base, imposta una linea di lotta sindacale e politica adeguata al livello dello scontro in corso. La difesa dei diritti e delle conquiste è efficace solo se è principalmente una leva per promuovere la rivoluzione socialista, per andare verso l’instaurazione del socialismo: solo se aboliamo il capitalismo e passiamo dalla concorrenza alla collaborazione internazionale, potremo migliorare. Quindi l’unica alternativa vincente al meno peggio che porta al peggio (e al peggio non c’è mai fine) è fare di ogni lotta rivendicativa una battaglia per accumulare forze per la costituzione di un governo di emergenza popolare, passaggio per far avanzare la rivoluzione socialista. La parabola della FIOM dalla resistenza al piano Marchionne del 2010-2011 all’infame CCNL del 2016 dimostra che non c’è altra strada. Così come la decisione dell’USB e di altri sindacati di base di sottoscrivere (per quanto obtorto collo) il Testo Unico sulla Rappresentanza conferma che, se si limitano a fare la sinistra dei sindacati di regime, anche i sindacati alternativi e di base finiscono per navigare nelle stesse acque dei sindacati di regime e per cedere, con maggiori o minori resistenze, al corso delle cose imposto dalle leggi del capitalismo. (…)
Se guardiamo all’esperienza della lotta di classe del nostro paese, vediamo che questo orientamento si traduce in alcuni precisi compiti. Ne indichiamo i principali:

– promuovere l’organizzazione dei lavoratori in ogni azienda senza discriminazione di appartenenza o non appartenenza a un sindacato, la loro mobilitazione a occuparsi della salvaguardia delle aziende e il loro coordinamento a livello locale, regionale e nazionale, in modo da valorizzare le iniziative di lotta di ogni organismo di lavoratori mettendoli in connessione, rafforzando in ognuno la coscienza della propria importanza, delle proprie possibilità e della propria forza, dando modo a ogni organismo di imparare e insegnare agli altri, di sostenersi a vicenda, di mettere in comune conoscenze, esperienze e strumenti di lotta;

– giovarsi della forza degli operai delle fabbriche e dei lavoratori delle aziende pubbliche per sviluppare la mobilitazione e l’organizzazione delle categorie non aggregate in aziende (disoccupati, precari, immigrati, studenti, casalinghe, pensionati, ecc.) e su terreni non aziendali (la mobilitazione contro la guerra, la casa, la salute, i servizi pubblici, la salvaguardia dell’ambiente e del territorio);

– contrastare e far pagare caro ai padroni ogni attacco alle prerogative sindacali istituzionali (la partecipazione alle elezioni RSU, i permessi sindacali, la possibilità di indire assemblee sul luogo e in orario di lavoro, la disponibilità della bacheca sindacale, la riscossione delle quote sindacali tramite trattenuta in busta paga, diritto di sciopero), ma contemporaneamente organizzarsi in modo da non dipendere dai padroni: i sindacati sono esistiti e hanno funzionato anche quando queste prerogative non esistevano (raccoglievano mensilmente le quote dei tesserati, si riunivano fuori dalle aziende, ecc.);

– promuovere l’azione comune tra i sindacati combattivi, contro il settarismo e la “logica da orticello”;

– non limitarsi a reagire agli attacchi dei padroni e delle loro autorità, ma approfittare delle aziende e delle zone dove ci sono condizioni più favorevoli per lanciare battaglie che aprono la strada e fare in modo che ogni battaglia vinta serva a lanciare un’iniziativa di livello superiore (per il raggio d’azione, per il numero di elementi delle masse popolari che coinvolge, per le contraddizioni che apre nel campo nemico, per gli obiettivi che persegue, ecc.);

– applicare la democrazia nel funzionamento interno: un sindacato diretto dai lavoratori, in cui le scelte di linea, gli obiettivi, i dirigenti e i funzionari sono sottoposti alla verifica dei lavoratori (quindi dirigenti e funzionari revocabili); dal punto di vista organizzativo significa che un lavoratore rappresenta un voto, l’assemblea dei lavoratori prevale sulla RSU o RSA, la RSU o RSA prevale sulle strutture sindacali esterne”.

 

Non conosciamo nel dettaglio il contenuto della discussione che si è sviluppata, dato che tutti i lavori si sono svolti in sessioni chiuse e non è stato possibile parteciparvi, nemmeno da osservatori. Questo fa emergere un altro tema da approfondire: la dialettica fra movimento sindacale e movimento comunista cosciente e organizzato (il partito e le sue organizzazioni). “Il sindacato che serve è quello che mobilita senza riserve ogni forza e approfitta di ogni condizione e appiglio per difendere diritti e strappare conquiste e tutto questo lo usa per mobilitare e organizzare i lavoratori a instaurare il socialismo. Molti funzionari e attivisti sindacali che hanno la bandiera rossa nel cuore (e sono tanti, anche come conseguenza del disfacimento dei partiti della sinistra borghese) finiscono in confusione perché, se ne rendano chiaramente conto o no, vorrebbero un sindacato che sia quello che un sindacato non può essere, un sindacato comunista. Da qui un “cortocircuito”, perché sindacato e partito comunista sono due cose sostanzialmente diverse. I comunisti sono i portatori tra i lavoratori di una coscienza e di un’organizzazione che li fa costruttori della società futura che nasce dalla società presente. Il sindacato deve mobilitare e unire i lavoratori in una lotta strettamente legata ai contrasti della società presente. Il contributo che il sindacato dà alla causa della rivoluzione socialista è comunque importante, perchè in esso i lavoratori trovano il primo contesto in cui imparano a organizzarsi collettivamente e a unirsi, a distinguere amici e nemici, apprendono i rudimenti della gestione collettiva della produzione, in definitiva li avvicinano alla lotta per instaurare il socialismo. I comunisti stanno in ogni organizzazione e ambiente in cui ci sono lavoratori sfruttati da mobilitare, quale che sia il sindacato cui sono iscritti: questo è il motivo, la condizione e lo scopo della loro presenza e attività, non la concezione e l’indirizzo di chi in quella organizzazione e in quell’ambiente comanda – da Resistenza n. 7-8/2016  “Cosa succede nelle organizzazioni sindacali?”.

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