Abbiamo visto “Snowden” il film… introduce molti argomenti utili per ragionare sulla clandestinità del partito

Milano. L’8 gennaio scorso, alla Casa del Popolo di via Padova, la Sezione locale del P.CARC ha organizzato la proiezione del film “Snowden” di Oliver Stone (recentemente uscito nelle sale cinematografiche) e un dibattito sulle tematiche che il film affronta, utili per confrontarsi sulle caratteristiche che deve avere il partito comunista della rivoluzione socialista in Italia.
In breve, il film racconta la già famosa vicenda di E. Snowden: un giovane americano animato da valori patriottici (tanto da essere un sostenitore delle guerre “contro il terrorismo” con cui gli imperialisti USA aggrediscono i paesi oppressi con la scusa di “esportare democrazia”) che vuole rendersi utile al suo paese arruolandosi nelle squadre speciali dell’esercito. A causa di un incidente viene però respinto e ciò lo porta a mettere al servizio della “causa della democrazia” le sue qualità intellettuali e conoscenze: dimostra di essere “un genio” dell’informatica e in breve, pur senza avere tutti i requisiti necessari, diventa un brillante tecnico informatico della CIA e, fino al 2013, collaboratore di un’azienda di tecnologia informatica consulente della National Security Agency (NSA). In tali vesti partecipa all’ideazione, progettazione, realizzazione e gestione dei principali programmi di spionaggio, schedatura e controllo delle comunicazioni a livello planetario (il più famoso dei quali è Prism).
Man mano che Snowden lavora, lautamente pagato e appagato, il contenuto e l’obiettivo del suo lavoro iniziano a entrare in contraddizione con le sue aspirazioni, i suoi valori e la sua etica: voleva contribuire alla sicurezza del paese contro il “terrorismo islamico” e le minacce provenienti dai governi di paesi ostili agli USA (è una storia vera, nel film si fa quindi esplicito riferimento ad attacchi di pirati informatici russi e cinesi) è finito invece a essere il fautore della violazione dei principi e dei valori della Costituzione degli Stati Uniti, sotto il comando di un apparato statale che queste violazioni le promuove in modo sempre più aperto e spregiudicato. Decide quindi di ribellarsi: si rifugia a Hong Kong, convoca alcuni dei più famosi e autorevoli giornalisti del mondo, rilascia una dettagliata e circostanziata dichiarazione sulle sue attività segrete al servizio del governo USA e viene perciò braccato dai servizi di sicurezza, ma riesce a rifugiarsi in Russia. Il film è una denuncia precisa della deriva autoritaria, spionistica e repressiva degli imperialisti USA che ha il pregio di far conoscere alle larghe masse la storia e il ruolo di E. Snowden. La denuncia, tuttavia non è l’aspetto principale per cui il film è interessante e utile, ma per entrare nel dettaglio, occorre fare una premessa.

Il regime di Contro Rivoluzione Preventiva (CRP). Il regime politico dei paesi imperialisti si fonda su cinque pilastri (per motivi di spazio non è possibile entrare nel dettaglio, rimandiamo al Manifesto Programma del (nuovo)PCI a pag. 46), il quinto di essi è la repressione selettiva dei comunisti e delle loro organizzazioni. La crisi generale, che nel 2008 è entrata nella fase acuta e irreversibile (vedi l’articolo La situazione è rivoluzionaria… a pag. 1) comporta un profondo cambiamento delle condizioni politiche, economiche e sociali e, per fronteggiare la crescente mobilitazione delle masse popolari contro gli effetti della crisi, la borghesia imperialista è costretta a ricorrere alla repressione sempre più diffusa e di massa. Man mano che la mobilitazione popolare si sviluppa, la repressione diventa sempre meno selettiva e preventiva e sempre più dispiegata. Lo sgretolamento dei cinque pilastri del regime di CRP è il fattore essenziale da considerare per mettere nel giusto contesto le riflessioni che il film “Snowden” suscita e gli insegnamenti che offre ai comunisti e ai rivoluzionari che, come noi, vivono e agiscono in un paese imperialista.

Quindi? Cosa c’è di particolarmente interessante?
Il film è una dimostrazione che la clandestinità del partito comunista è necessaria. Senza la clandestinità del partito, il movimento rivoluzionario tutto (proprio a partire dalla sua testa, dunque) è alla mercé della classe dominante e delle sue agenzie e strutture spionistiche. Senza la clandestinità, il partito è un colabrodo perché davvero, se i comunisti non si dotano di efficaci contromisure, la borghesia imperialista può sapere e vedere tutto. Ma questo, più che dimostrare la forza della borghesia, dimostra che il discorso attiene alla concezione dei comunisti: se uno non vuole che estranei e nemici guardino fra le sue cose, almeno inizia con il chiudere la porta!
Infatti, il film dimostra anche che la clandestinità del partito è possibile. Spiegando, denunciando e in certi casi e in un certo modo anche mostrando come funziona il controllo di massa, il film dimostra, a chi lo vuole vedere, che aggirare il controllo delle guardie e degli spioni della classe dominante è possibile:

  1. quanto più il partito e il movimento rivoluzionario si lega alle ampie masse. Se il partito è segreto, cioè sconosciuto alle masse – il che lascia aperta la possibilità che sia invece conosciuto alla polizia – non può avvalersi delle spinte positive, sane che vengono dalle masse. Quelle spinte non sono necessariamente legame organizzativo con il partito, ma esistono anche come forma spontanea di resistenza alle tendenze autoritarie ed eversive della borghesia imperialista. TOR, il programma per la navigazione anonima in internet, ne è già oggi un esempio, ma ce ne sono molti altri, anche nella vita (e della politica) reale, non solo quella che passa da computer e internet;
  2. quanto più il partito usa le contraddizioni nel campo nemico. E in questo senso l’esempio di Snowden è davvero magistrale. Dimostra una tendenza che oggi è piccola, una crepa, ma che è destinata a diventare una valanga (non è il primo e non sarà l’ultimo, di certo non è e non sarà l’unico). La borghesia imperialista ha bisogno delle masse popolari per far funzionare ogni parte del suo sistema, anche il sistema militare, di sicurezza, di gestione dell’ordine pubblico, ecc. Ma la borghesia può contare sempre meno sul sostegno delle masse popolari, dato che la sua esistenza è il motivo di oppressione, stenti, miseria e precarietà crescenti a cui le masse popolari sono costrette. Quindi cerca di selezionare il più possibile i soggetti a cui affidare compiti tanto delicati: il servizio di leva universale è stato abolito, sempre più spesso fa ricorso a “contractors”(mercenari), per le operazioni sporche e anche la CIA appalta parti importanti della sicurezza a collaboratori esterni forniti da agenzie, lo stesso Snowden era uno di loro. Riesce sempre meno a intruppare elementi delle masse popolari nei suoi traffici, a sottometterli al servizio dei suoi interessi con la propaganda e la retorica, quindi ricambia le “prestazioni lavorative” con denaro, in genere molto. Ma il denaro non riesce ad appagare tutti e sempre: non tutti e non per sempre sono disponibili a compiere i crimini richiesti per denaro e anche i suoi servitori (l’hanno fatto e lo faranno) la tradiscono.

Il film, infine, offre spunti per ragionare sul fatto che la clandestinità del partito non è una scelta da fare aspettando che sia “necessaria”, ma una scelta consapevole e lungimirante che i comunisti devono fare subito. Quando sarà necessaria, sarà troppo tardi: il nemico avrà raccolto dati, date, luoghi, nomi, foto, abitudini individuali e prassi collettive grazie alle quali avrà gioco facile. I comunisti, invece, saranno sprovveduti al modo in cui il PCI lo fu quando il fascismo lo mise fuori legge.

Su questi tre campi è in corso la lotta ideologica nel movimento rivoluzionario italiano (attiene, è concatenata, a quella su disfattismo e codismo – vedi l’articolo Sulla lotta ideologica con Rete dei Comunisti e PC di Rizzo… a pag. 1) ed è importante continuarla, svilupparla e approfondirla. Per questo consigliamo la visione (critica) del film e la sua discussione e invitiamo chi lo farà o l’ha fatto a scrivere alla Redazione per alimentare il dibattito.

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