Un aspetto della rivoluzione in corso è la mobilitazione spontanea delle masse popolari, che chiama i comunisti a mettere in campo tutta la propria scienza e passione per capire e dare senso a quello che accade, e questo è l’altro aspetto. Quelli che non capiscono e non danno senso a quello che accade non sono comunisti. In generale, sono soggetti che dicono che la rivoluzione in Italia non c’è e non ci può essere, e la cercano altrove (a Cuba, in Venezuela, altrove) , e vedono le lotte solo quando accadono da qualche altra parte (in Grecia, in Francia, in Portogallo, da qualche altra parte). Questi si chiamano disfattisti e sono dannosi perché alle lotte generose della classe operaia e delle masse popolari cercano di togliere senso, demoralizzano, deprimono. Ci sono poi quelli che magari sono gli stessi e pure dicono che la rivoluzione non c’è e non ci può essere e che ci sarà, ma quando non si sa, e questi si chiamano attendisti. I disfattisti e gli attendisti a volte si presentano come comunisti, ma non lo sono. E’ il caso di una organizzazione che si chiama Rete dei Comunisti, del quotidiano Il Manifesto, e di altri.
Quale è il senso della occupazione di un palazzo dei gesuiti da parte dei somali di Firenze? Sta nel fatto che occupano un immobile dell’ordine di Bergoglio, e quindi vanno al cuore della Repubblica Pontificia di cui Bergoglio è capo. Il trucco sta in questo: Bergoglio è capo, ma manda avanti altri a governare, perché sembri che l’Italia è un paese normale, come gli altri, diretto da un governo eletto dal popolo (anche qui la maschera si sta liquefacendo: Gentiloni è il quarto presidente del consiglio non eletto). Dirige in modo indiretto, secondo una formula inventata nel ‘500 sempre dai gesuiti (dal cardinale Bellarmino). Ha funzionato tanto bene fino a ora, che quando la Carovana del (n)PCI svela che la direzione reale del paese è, da più di mezzo secolo, la corte papale tutti ridono, inclusi molti che si dichiarano marxisti leninisti, e dicono che siamo pazzi. A copertura del tutto, Bergoglio si scaglia contro i mali della società e d’Italia come fossero generati da altri, come non fosse la corte papale ad avere controllo di larga parte della finanza, del patrimonio immobiliare e del territorio attraverso decine di migliaia di parrocchie nel nostro paese. E’ come uno che in una stanza emette aria fetida e si lamenta del fetore più di altri, tramite tutti i media vecchi e nuovi, i social networks e quant’altro.
I somali svelano il trucco. Uno di loro è morto ucciso in una società dove la misericordia è chiacchiera vuota, e loro vanno in un palazzo del gesuita Bergoglio, il quale non perde occasione per dichiararsi dalla parte dei poveri e poverissimi. Il gesuita gestore del palazzo subito chiama la polizia e fa notare che una cosa sono i discorsi (Bergoglio dice che bisogna accogliere gli immigrati) e un’altra i fatti (Bergoglio nei suoi palazzi ci fa venire i clienti a pagamento). È un bel colpo! Occupare gli immobili della chiesa: chi può negare la giustezza di queste azioni? Non sono esse realizzazione di ciò che il papa predica? Bergoglio finora ha fatto molta teoria e molta poca pratica, ma la teoria, quando viene fatta propria dalle masse popolari, diventa un’arma.
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Firenze, cento somali occupano palazzo dei Gesuiti in via Spaventa
Provengono dal palazzetto dello Sport di Sesto Fiorentino
di Marzio Fatucchi
Intorno alle 13 di martedì 17 gennaio circa una centinaio di somali, ospitati al Palasport di Sesto fiorentino, ha fatto irruzione nel palazzo di via Silvio Spaventa, di proprietà dei Padri Gesuiti. Insieme a loro anche alcuni esponenti del Movimento di lotta per la casa. La struttura dei Padri Gesuiti, al centro di una compravendita con il Politecnico cinese di Shangai, dista pochi metri dalla sede della Fondazione Culturale Stensen, gestita dai Padri Gesuiti. Il direttore delle Fondazione Stensen, Padre Ennio Brovedani, che ha subito allertato le forze dell’ordine, ha incontrato i rifugiati: «Nella struttura c’è un albergo per 150 persone. Si corre il rischio di mettere in difficoltà anche l’attività dell’istituto Stensen». «Io sono solidale con Papa Francesco — continua Brovedani — .Ma una cosa è essere solidali. L’altra è risolvere i problemi. Chi si fa carico di questi poveretti? Chi controllerà , soprattutto di notte, gli accessi al cinema, alla caffetteria e alla struttura? Qui lavorano 20 persone», conclude.
Le proteste
«A Sesto — dice Luca di Firenze Dal Basso — hanno riproposto lo stesso tipo di accoglienza che ha prodotto la situazione in cu è morto Alì, nell’incendio dell’ex Aiazzone», dice Luca di Firenze dal Basso, presente insieme al Movimento di Lotta per la Casa. «Un sistema di accoglienza che arricchisce solo le cooperative, con soluzioni provvisorie che scaricano i problemi invece di risolverli». Iliaz, somalo da 10 anni in Italia aggiunge: «Noi siamo rifugiati, abbiamo più diritti di altri. Siamo fuggiti da un paese dove gli italiani fanno ucciso i nostri . Vi ricordate le tonnellate di fiuti che ci avete mandato negli anni 80?», dice Iliaz ricordando il traffico di rifiuti tra l’Italia e la Somalia negli anni ‘80, al centro di molte inchieste. «Noi chiediamo l’autogestione di questo o dei tanti palazzi vuoti che ha Firenze», dice Lorenzo Bargellini del Movimento di Lotta per la Casa.
La vicenda
I rifugiati somali dell’ex Aiazzone, dopo il rogo della struttura e la morte di Ali Muse, sembrano intenzionati a restare al palazzetto dello sport di Sesto Fiorentino, dove erano stati ospitati temporaneamente, il giorno dopo l’incendio allo stabile che aveva provocato la morte del loro connazionale e dopo le proteste, con il corteo sotto la Prefettura e l’occupazione del cortile di Palazzo Strozzi. Proprio martedì i primi rifugiati – circa una ventina — che avevano accettato le soluzioni offerte dal Comune di Sesto, avrebbero dovuto essere smistati nelle varie strutture presenti su tutto il territorio metropolitano.
1 In http://corrierefiorentino.corriere.it/firenze/notizie/cronaca/17_gennaio_17/rogo-sesto-50-somali-occupano-palazzo-via-spaventa-cccc5ba6-dcae-11e6-86da-24ab8ab6739a.shtml