Venerdì 9 dicembre presso l’ARCI Guernelli a Bologna si è tenuto il Congresso regionale della federazione dell’Emilia Romagna di Partito Comunista (PC), con la partecipazione del Segretario Marco Rizzo. Questo ed altri congressi regionali di PC sono parte del percorso che lo porterà al suo secondo Congresso nazionale, che si terrà a Roma il 21-22 gennaio prossimi. Come Federazione Emilia Romagna del Partito dei CARC siamo intervenuti portando il nostro messaggio di saluto, con lo spirito di augurare il successo dei lavori congressuali e alimentare il dibattito franco e aperto con PC. Con lo stesso spirito anche nelle altre regioni in cui siamo presenti abbiamo cercato di essere presenti e sfruttare i lavori congressuali di PC per gettare le basi di sani rapporti di politica da fronte incentrati sulla collaborazione, sul dibattito franco e aperto e sulla solidarietà reciproca. Questa è la base per un costruttivo rapporto tra chi ha come obiettivo la rinascita del movimento comunista cosciente e organizzato nel nostro Paese.
Ci risulta che in alcuni casi, come in Piemonte e Campania, PC abbia tenuto i propri lavori congressuali al chiuso. Diverso è stato il caso dei lavori del Congresso di PC in Toscana e, da ultimo, in Emilia Romagna che abbiamo potuto seguire e nel corso dei quali siamo intervenuti.
Alla sessione pubblica del Congresso erano presenti circa 30 compagni provenienti soprattutto da Parma, Bologna, Forlì e Reggio Emilia. La lunga relazione introduttiva di Marco Rizzo ha occupato la maggior parte del tempo e, da questo e dagli interventi successivi, è emerso ben poco del bilancio e delle prospettive di PC in Emilia Romagna (la questione non è stata oggetto di dibattito nella sessione pubblica) ma in compenso larga visibilità è stata data al bilancio che PC trae a livello nazionale dell’attività svolta negli ultimi anni e alle linee guida che intende seguire nel futuro.
Per quanto riguarda gli elementi di bilancio dell’esperienza, Rizzo sostiene che PC ha consolidato le sue basi ideologiche marxiste-leniniste e avoca all’operato di PC il primato nella ricostruzione della teoria rivoluzionaria dei comunisti italiani, parla dello sviluppo delle relazioni internazionali tramite la partecipazione all’ “Incontro Europeo dei Partiti Comunisti e Operai” e il rapporto con il KKE, parla dello spazio mediatico ottenuto da PC presso i media mainstream. A proposito delle linee guida per il futuro, Rizzo indica lo sviluppo dell’iniziativa di PC nel mondo del lavoro per favorire la ricostruzione di un movimento sindacale di classe, tra i giovani per consolidare le posizioni conquistate dal Fronte della Gioventù Comunista (che con il prossimo congresso diventerà ufficialmente l’organizzazione giovanile di PC), nel meridione d’Italia e sul fronte dell’elaborazione teorica.
Nel nostro messaggio di saluto, tenuto dal compagno Andrea Scarfone, abbiamo focalizzato l’attenzione su tre questioni decisive su cui unirsi per avanzare nella rinascita del movimento comunista del nostro paese, di seguito sintetizzate:
- il compito dei comunisti nei paesi imperialisti è fare la rivoluzione socialista: dall’entrata del capitalismo nella sua fase imperialista ne esistono le condizioni oggettive, sta a noi comunisti riunire le condizioni soggettive per farla;
- i partiti comunisti dei paesi imperialisti non sono riusciti a fare la rivoluzione socialista a causa dei loro limiti nel comprendere le condizioni, le forme e i risultati della lotta di classe che dovevano dirigere e sfruttarli senza riserve per vincere, limiti che sta quindi a noi capire e superare;
- la concezione comunista del mondo e una linea giusta sono la base indispensabile del successo di ogni sforzo di organizzarsi e di unirsi per fare la rivoluzione socialista, di ogni sforzo che non mira a unirsi principalmente o, peggio ancora, solo per avere i numeri per rientrare nel Parlamento della Repubblica Pontificia, per inserirsi nelle istituzioni della democrazia borghese, nei suoi Consigli regionali e comunali. L’esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria aperta in tutto il mondo dalla Rivoluzione d’Ottobre del 1917 ci ha insegnato che un partito che non ha assimilato a fondo la concezione comunista del mondo non riesce ad approfittare neanche delle condizioni più favorevoli che gli si presentano.
Le risposte date da Rizzo al nostro messaggio di saluto e la sua posizione sui passi fatti e i passi che PC deve ancora fare in campo teorico hanno messo in luce i limiti di concezione di Rizzo e di quella parte del gruppo dirigente di PC che ne condivide le tesi: essi formalmente si proclamano comunisti e per il socialismo ma, all’atto pratico, razzolano nel modo tipico della vecchia sinistra borghese da cui sono germogliati, tanto da riprodurne le stesse deviazioni.
Di seguito si riportano alcune delle sue affermazioni e un nostro commento che va ad argomentare la critica sopra tratteggiata:
1. “Quando sentite un compagno che dice di voler fare la rivoluzione socialista chiamate il 118. Chi sostiene che il compito dei comunisti nei paesi imperialisti è fare la rivoluzione socialista è o un poliziotto o un pazzo”: emerge che per Rizzo forma e sostanza non coincidono. A favore di telecamera lancia proclami a favore del socialismo ma ritiene che i comunisti non debbano occuparsi di fare la rivoluzione socialista e addirittura, in un ambito ufficiale come quello del congresso regionale emiliano di PC, minaccia e addita come pazzoidi e mercenari i compagni che differentemente da lui cercano di far corrispondere la forma ed il contenuto della propria azione. L’opportunismo dell’affermazione di Rizzo è grave e lampante e deve mettere in allerta i compagni di PC sinceramente devoti e determinati a combattere per la causa del comunismo circa il permanere alla testa della loro organizzazione di dirigenti che come Rizzo: si propongono ricostruttori del movimento comunista italiano e addirittura internazionale senza aver fatto i conti con le concezioni controrivoluzionarie della sinistra borghese che negano il ruolo dei comunisti quali combattenti della rivoluzione socialista, che abbassano i comunisti ad ala politicante sia pur di sinistra dello schieramento borghese, ecc. Questa è una concezione che nulla ha a che fare con gli insegnamenti fissati da Lenin nel “Che fare” (1902) circa le caratteristiche e il ruolo specifico del Partito nella rivoluzione socialista che, anzitutto, deve essere un Partito composto da combattenti della rivoluzione socialista ad essa dediti, saldamente uniti a livello ideologico e che consacrino tutta la loro esistenza alla causa. Senz’altro è il Partito cui aspirano in molti nel PC di Rizzo, alcuni di questi richiamati anche dai roboanti proclama di Rizzo a favore del socialismo e del comunismo ma non c’è niente di più lontano dalle loro buone intenzioni. Il Partito che ha in mente Rizzo è un altro e lui a Bologna lo ha detto apertamente, addirittura esaltando che lui invita i giovani a pensare prima a se stessi e poi, nel tempo libero, alla causa del comunismo. Il partito che ha in mente Rizzo è il partito delle due tare del movimento comunista nei paesi imperialisti, dunque economicista (che si limita a promuovere e sostenere le lotte rivendicative anziché dirigere secondo una strategia ed un piano definiti il loro sviluppo ulteriore nella lotta politica rivoluzionaria) ed elettoralista (che si limita a partecipare alle assemblee elettive borghesi anziché dirigere la lotta politica per la conquista del potere), in continuità con la storia fallimentare del vecchio PCI guidato dai revisionisti moderni e della sinistra borghese del PRC, PdCI, ecc.
2.“Aveva ragione Togliatti: la rivoluzione socialista in Italia non era possibile perché altrimenti gli USA avrebbero invaso il paese con un cinque divisioni e spazzato via le forze del movimento comunista”. Questa è la conclusione con cui Rizzo risponde al quesito sulle ragioni per cui i comunisti in Italia non sono riusciti a fare la rivoluzione socialista ma è una conclusione sbagliata e che serve soltanto a fornire argomentazioni al disfattismo opportunista di cui Rizzo dà prova (basti vedere le sue posizioni sulla rivoluzione socialista oggi), al costo di negare i principi scientifici del materialismo dialettico che insegnano come nelle attività sociali, dunque anche nell’attività dei Partiti Comunisti, è la contraddizione interna all’organismo a decidere delle sue sorti (la lotta tra due linee che si sviluppa al suo interno) con le condizioni esterne che agiscono solo come fattore d’influenza su di esse. Lo studio dell’esperienza del vecchio movimento comunista italiano attraverso le lenti del materialismo dialettico insegna che quindi, come scrive il compagno Ulisse, Segretario Generale del nuovo Partito Comunista Italiano (vedi Intervista Ulisse su Resistena n.11-12/16), nel nostro paese i comunisti non hanno fatto la rivoluzione socialista “non perché non c’erano le condizioni per instaurarlo, non per il tradimento di alcuni dirigenti, non per la forza e la ferocia con cui la borghesia si è opposta. Non l’abbiamo instaurato perché la sinistra (Secchia, Teresa Noce, ecc. ndr) del movimento comunista, i comunisti più devoti alla causa della rivoluzione socialista non avevano ancora capito alcune questioni decisive per fare la rivoluzione socialista nei paesi imperialisti. Quindi proprio a causa di limiti del movimento comunista“. Principale limite della sinistra del vecchio PCI consisteva nello scarso livello di assimilazione del marxismo-leninismo, limite ideologico che la resa succube e priva d’iniziativa nel contrastare le iniziative della destra revisionista. Lo scarso rigore scientifico di Rizzo nell’analizzare i problemi del vecchio movimento comunista contrasta con il primato che Rizzo vanta, dell’aver ricostruito la teoria rivoluzionaria dei comunisti italiani. Forse Rizzo confonde la fondazione della teoria rivoluzionaria coi proclami che è solito lanciare dalla televisione e da Facebook. Consigliamo lo studio del Manifesto Programma del (nuovo) PCI, frutto di un elaborazione decennale iniziata quando Rizzo ancora era un esponente di spicco della sinistra borghese, il massimo manuale di scienza politica per comunisti esistente nel nostro paese tramite il cui studio forse Rizzo potrà correggere le sue carenze teoriche.
3.“Chi siamo noi per criticare Togliatti”. L’assenza di rigore scientifico (che più avanti vedremo da dove trae origine) e l’opportunismo disfattista danno luogo all’errore teorico in oggetto. Rizzo riesce a non imparare nulla dalla storia del vecchio movimento comunista internazionale e italiano e anche quando afferma tesi giuste finisce con il trarne conclusioni sbagliate come nel caso del revisionismo moderno che descrive come corrente internazionale che dall’URSS si sviluppa in tutto il movimento comunista ma al momento di arrivare all’Italia si preoccupa di non mettere in cattiva luce Togliatti. Lo scarso rigore scientifico porta Rizzo a non far valere fino in fondo la conclusione cui pure giunge sul carattere internazionale del revisionismo moderno, fino a mettere in guardia dal parlar male di Togliatti la cui opera nefasta di corruzione del movimento comunista italiano è una valida sponda per l’opportunismo disfattista di cui Rizzo è grondante.
4.“Il comunismo così come la religione è una filosofia”. Qui sta l’origine dello scarso rigore scientifico e dell’opportunismo disfattista di Rizzo. Egli afferma che il comunismo è una filosofia come se si trattasse di un’interpretazione della realtà che sta accanto ad altre. Rizzo non considera e quindi nega che la concezione comunista del mondo:
– da un punto di vista soggettivo, per i comunisti, è la scienza dell’attività con cui gli uomini fanno la loro storia e in quanto tale non è una filosofia con cui imbellettare discorsi di progresso ma una scienza vera e propria convalidata dalle esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria ed il cui corpo di dottrine e principi è compito dei comunisti applicare alla realtà per trasformarla in senso rivoluzionario,
– da un punto di vista oggettivo il comunismo è la direzione verso cui tende il movimento pratico dell’intera umanità che si trasforma in modo da porre alla base della sua vita economica il possesso comune e la gestione collettiva e consapevole delle sue forze produttive da parte dei lavoratori associati. La sua realizzazione implica la trasformazione non solo dei rapporti di produzione, ma anche di tutte le relazioni sociali e dell’uomo stesso. La transizione dal capitalismo al comunismo è un movimento oggettivamente necessario e inevitabile, che trova i presupposti nel sistema capitalista stesso. Secondo l’uso introdotto da Marx, la fase di transizione la chiamiamo socialismo (per approfondimenti vedi Manifesto Programma del Nuovo PCI, par. 1.1.1 pagg. 82-85). Quindi non un’ideale o una filosofia di vita, ma la via concreta verso cui l’umanità tende.
Molti altri potrebbero essere i passaggi di Rizzo da sottoporre a critica alla luce della concezione comunista del mondo ma per ora ci fermiamo qui. L’obiettivo della nostra critica è continuare ad alimentare il dibattito iniziato venerdì 9 dicembre all’ARCI Guernelli con tutti i compagni che non si lasceranno intrappolare dalla paura di sviluppare il dibattito franco e aperto tra comunisti. La cosa peggiore in questo periodo è chiudersi nel settarismo e isolarsi, non dare risposte al che fare, non esaminare le risposte degli altri e non diffondere e verificare le proprie.
In particolare invitiamo a rispondere e a discutere in merito a:
- il bilancio del movimento comunista (prima ondata della rivoluzione proletaria e primi paesi socialisti, crisi del movimento comunista e revisionismo moderno, rinascita del movimento comunista sulla base del Marxismo Leninismo Maoismo);
- la teoria della (prima e seconda) crisi generale del capitalismo nell’epoca imperialista e della connessa situazione rivoluzionaria in sviluppo;
- il regime di controrivoluzione preventiva instaurato dalla borghesia nei paesi imperialisti;
- la strategia della guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata.
Le risposte che la Carovana del (n)PCI ha dato a queste domande sono esposte nell’opuscolo I quattro temi principali da discutere nel movimento comunista internazionale. Su di esse non solo siamo disponibili, ma è necessario il confronto tra comunisti.
Noi salutiamo e seguiamo con interesse il lavoro di quanti in PC lavorano per organizzarsi e unirsi sulla base della concezione comunista del mondo e di una linea conseguente. Allo stesso tempo mettiamo in guardia dall’azione nefasta degli opportunisti che sabotano il processo. Le masse popolari, per dare una svolta al corso catastrofico delle cose che le classi dominanti impongono nel nostro paese e nel mondo, hanno bisogno di un partito comunista all’altezza del ruolo che deve svolgere nella lotta di classe in corso. Solo un Partito che coscientemente e concretamente si unisce sulla concezione comunista del mondo, ovvero assimila e applica il marxismo – leninismo – maoismo può trasformare il mondo e il nostro paese.