L’unica emergenza sono la disoccupazione e lo smantellamento dei servizi pubblici, dei diritti e delle conquiste
Con l’omicidio avvenuto a Piazzale Loreto il 12 novembre, via Padova è tornata alla cronaca su tutta la stampa nazionale. L’omicidio è stato la scusa per l’invio da parte del ministro degli Interno Alfano di nuove truppe dell’esercito per rendere Milano più “sicura”, una misura a quanto pare già decisa nel Patto di Milano stipulato subito dopo la vittoria di Sala con il governo “amico” di Renzi.
Non ci stupisce la ricetta repressiva che il governo e le sue amministrazioni comunali “allineate” applicano, siamo in guerra e la classe dominante si attrezza con i mezzi che ha a sua disposizione. Anzi, a onor del vero, l’esercito in via Padova passeggia già da alcuni anni e ovviamente la situazione non solo non è cambiata, ma è peggiorata.
Non stupirsi delle misure repressive della classe dominante però non deve portarci a fare come gli struzzi che per screditare la soluzione certamente non condivisibile, arrivano a negare l’esistenza del problema che invece esiste ed è serio. Nei giorni scorsi abbiamo letto alcuni articoli di Luca Fazio (tra cui un intervista all’ex consigliere SEL Mirko Mazzali, oggi resposanbile del “dialogo con le periferie” per la nuova giunta) sul manifesto (gli articoli li riportiamo in allegato), in cui si descrive Milano come una delle città più sicure al mondo, solo perché gli studi riferiscono che il numero degli omicidi è inferiore a quello degli scorsi anni.
Il problema della sicurezza va oltre gli omicidi. Il problema della sicurezza è legato a quello del degrado materiale, intellettuale, culturale e morale contro cui oggi ci troviamo a combattere. Il degrado che viviamo nelle periferie milanesi (come in qualsiasi altra città del paese) sono ben evidenti, li vediamo e li viviamo ogni giorno quando accampagniamo i nostri figli a scuola o rientriamo dal lavoro, quando usciamo per una passeggiata o andiamo a far la spesa: perché è un problema se ci sono piazze, cortili condominiali, palazzine abbandonate, parchi e addirittuara scuole che anziché essere luoghi di aggregazione e promozione di cultura sono luoghi di spaccio e prostituzione (e non sono mancati anche alcuni casi di stupro), bivacco e risse (già mesi fa c’era stata una sparatoria in zona), discariche abusive. I Fazio e i Mazzali assecondano degrado, spacciatori, prostitute e alcoolizzati, disoccupati costretti a delinquere, ognuno con le storie più disparate alle spalle per non portare fino in fondo una battaglia che non possono o vogliono condurre contro questo sistema. La povertà o la delinquenza non sono una questione di sfortuna o destino, ma di un sistema ormai giunto al capolinea e della classe che governa e con ostinazione cerca di tenerlo in piedi, come un gigante dai piedi d’argilla. La fonte del problema è la classe dominante che opprime, sfrutta, violenta e attacca miliardi di proletari riducendoli a carne da macello, manodopera da spremere, manovalanza per i loro traffici leciti e illeciti, massa di manovra contro altri poveri.
La sinistra borghese preferisce negare i problemi delle masse popolari perché prendereli di petto significa mettersi contro la borghesia imperialista e il suo apparato politico e repressivo, significa mettersi alla testa dell’organizzazione e mobilitazione delle masse popolari per costruire una nuova governabilità, un nuovo potere che prenda in mano il futuro del nostro paese e avanzi nella costruzione di un governo d’emergenza popolare, un governo che abbia al centro del suo operato la difesa e la creazione di posti di lavoro, un lavoro utile e dignitoso per tutti.
Negando i problemi però la sinistra borghese apre alla mobilitazione reazionaria, a quei partiti e gruppi fomentati e finanziati dalla borghesia più sfacciatamente reazionaria che proprio su problemi come quelli della sicurezza e del degrado, alimentano la guerra tra poveri. Questo è il motivo per cui nel Municipio 2 di Milano (dove si trova la tanto famosa via Padova) a fronte delle tante associazioni di sinistra a cui anche Fazio e Mazzali fanno riferimento, alle elezioni ha vinto la Lega.
Per parlare di lotta al degrado e di sicurezza con un’ottica inclusiva e di prospettiva, per non cadere nella promozione della guerra fra poveri, occorre fare un ragionamento e prendere in mano la situazione, renderla una questione pubblica per trovare soluzioni che siano effettive soluzioni. Bene il controllo, ma quello popolare e non delle forze repressive.
Il controllo popolare va esercitato su tutto, a partire dalla questione del lavoro: la disoccupazione crescente è la madre dei problemi di ogni quartiere, compreso il nostro. Quanti disoccupati sono a casa a deprimersi mentre aziende come l’AMSA sono sottorganico e lasciano le città marcire nel puzzo di piscio e sotto cataste di immondizia? Quanti disoccupati si abbrutiscono mentre l’ATM non fa un piano per la manutezione delle stazioni metropolitane che si allagano ogni volta che piove? Quante persone vengono lasciate a casa ogni giorno o sono costrette a spostarsi a km di distanza mentre la loro città sarebbe da rimettere in piedi da cima a fondo? Quanti sono i disoccupati iscritti ai centri per l’impiego da anni senza trovare un posto di lavoro utile né tanto meno dignitoso? Vogliamo veramente credere che mancano i soldi? Eppure i soldi per Expo c’erano, ce ne erano così tanti che la torta se la sono spartita tutti e alle masse popolari neanche le briciole sono rimaste.
Un paio di settimane fa si è tenuto un Consiglio di Municipio nella zona di via Padova (leggi qui il resoconto) alla presenza dell’assessore alla sicurezza Rozza e un centinaio di residenti, rappresentanti di associazioni e non, in cui si sono messi sul piatto i problemi legati proprio alla sicurezza e al degrado dove alla richiesta di più forze dell’ordine (in particolare di vigili municipali e di quartiere e non certamente di esercito) si sono fatte proposte che mettono al centro il protagonismo e l’aggregazione popolare, l’attuzione dei diritti sanciti dalla Costituzione, quella Costituzione che il governo Renzi sta puntando a smantellare.
Sostenere questo movimento popolare e dal basso per costruire municipi popolari che vigilino, controllini e indichino le misure d’emergenza che le istituzioni locali devono prendere e attuare e se non lo fanno si sostituiscano per farlo.
Per questo ogni venerdì alle h. 18.30 presso la Casa del popolo (via Padova 179, interno galleria) la sezione di Milano del P-CARC organizza momenti di confronto e discussione sui problemi, proposte e iniziative per contrastare il degrado e il malaffare.
Partecipa e contattaci: carcsezmi@gmail.com e su Fb Teresa Noce.
****
Milano, Alfano spedisce 150 militari a spasso nella città più sicura
Sicurezza. Il ministro degli Interni sbarca in città con l’elmetto per annunciare la presenza di altri 150 soldati per pattugliare le zone difficili. Il sindaco Beppe Sala, nonostante sia il primo a ribadire che non c’è alcun problema di sicurezza, ringrazia e incassa un altro “regalo” dal governo amico: “Stop ai profughi, Milano ha già fatto abbastanza”
Arrivano i nostri, ma non servono. Milano è una delle città più sicure d’Europa e quindi del mondo, però il governo invia altri 150 soldati per supportare i 650 spaventapasseri in tuta mimetica che già oggi si annoiano pattugliando zone che “difficili” non sono. Li ha chiesti il sindaco Beppe Sala e al ministro degli Interni Angelino Alfano quasi non è parso vero di potersi ritagliare una bella particina senza far altro che una inutile comparsata su al nord (il provvedimento era già nelle carte del cosiddetto “Patto per Milano” sottoscritto da Matteo Renzi lo scorso luglio).
I protagonisti del più strampalato allarme sicurezza degli ultimi decenni ieri si sono dati di gomito davanti ai giornalisti per magnificare l’intesa raggiunta, con l’unico risultato di aver ridato fiato ai soliti falchi della destra che di soldati e repressione non ne avrebbero mai abbastanza. De Corato di militari ne vuole cinquecento e Salvini ha alzato l’asticella dell’intolleranza dicendo che “l’emergenza sicurezza a Milano è legata all’immigrazione finanziata da Renzi e Alfano: i militari servono ma non bastano, occorrono blocco degli sbarchi ed espulsioni di massa”.
Il sindaco Beppe Sala – e meno male – non potrà mai arrivare a tanto. Anzi. Le parole più sensate le ha pronunciate proprio lui, e non ci sarebbe altro da aggiungere se non chiedere scusa perché si è trattato di uno scherzo: “Milano è più sicura di tante città italiane. Il dibattito sulla sicurezza, se non è supportato dai numeri, è a perdere. Gli indicatori dicono che i crimini sono in diminuzione. Non c’è nessun allarmismo, i dati dicono che Milano non è insicura”. La dichiarazione è stata supportata dallo stesso ministro che ha fornito i numeri: “Basti pensare agli omicidi, nel 2013 erano 13, nel 2014 erano 17, nel 2015 erano 13 e a novembre di quest’anno eravamo a 7 episodi”. Allora di cosa stiamo parlando?
Di triste e pericolosa propaganda che si è aggrappata a un fatto di cronaca il cui quadro sanguinolento ha già smesso di alimentare la narrazione horror imbastita dai giornali mainstream: l’omicidio di piazzale Loreto della settimana scorsa (non proprio in periferia) è ancora da chiarire e comunque non sembra riconducibile a una faida tra bande di latinos. E tanto per alzare l’asticella della paranoia, anche ieri una rissa per futili motivi tra minorenni – due filippini accoltellati – è stata associata alla presenza del ministro, un altro caso montato e subito smontato per rinforzare il teorema dell’immigrato criminale e della delinquenza fuori controllo. Adesso non è il caso, ma prima o poi la situazione potrebbe sfuggire di mano anche al compassato sindaco Sala (sulle pagine locali del Corsera sono cominciate le inchieste intitolate La notte delle periferie).
Per ora, come ha spiegato il prefetto di Milano Alessandro Marangoni, i cittadini milanesi incroceranno solo qualche militare in più accarezzando l’idea poco rassicurante di essere circondati, non si sa bene da cosa. Un sorta di militarizzazione del territorio che ricalca l’esperimento dei “Vespri Siciliani”, l’esperimento fallito a Palermo nei primi anni Novanta. “Il nuovo modello operativo dei soldati che verranno dispiegati prevede pattuglie con un agente e due militari, questo permetterà di raddoppiare il numero delle pattuglie. Metteremo attenzione particolare sulle periferie e sui luoghi di aggregazione nelle periferie”. Alfano ieri ha voluto fare un altro regalo all’amico Sala annunciando uno “stop” all’arrivo dei profughi. “Milano ha già fatto la sua parte, ha raggiunto la sua quota e quindi se ci sarà un calo degli sbarchi, come è presumibile, ci sarà uno stop agli arrivi dei migranti”. Eventuali nuovi arrivi verranno distribuiti nei comuni della cintura milanese, “cercheremo di farli collaborare”.
Il caso ha voluto che ieri, durante la visita del ministro, a Milano ci sia stato il concerto-raduno della rete internazionale neonazista che ogni tanto si rinchiude in un capannone di una periferia “difficile”. Non risulta che il Comitato per l’ordine pubblico abbia ravvisato problemi di sicurezza.
***
Mirko Mazzali: “I militari per pattugliare Milano non sono utili”
Intervista. L’ex consigliere comunale di Sel, oggi delegato alle periferie per il sindaco Beppe Sala, interviene sul procurato allarme sicurezza e sulla militarizzazione del territorio, una delle opzioni scelte dall’amministrazione comunale per gestire il tema della sicurezza nelle cosiddette zone più difficili. “Dobbiamo puntare sulla coesione sociale e sulla cultura”
Luca Fazio MILANO
Edizione del 20.11.2016
Pubblicato 19.11.2016, 23:59
Mirko Mazzali, consigliere comunale di Sel negli anni di Giuliano Pisapia, oggi è delegato alle periferie su iniziativa del sindaco Beppe Sala. Compito non facile, anche perché questa non deve essere la giunta dei suoi sogni.
Che ne pensi dei 150 militari in più chiamati a pattugliare la città?
Non ho cambiato idea. L’impiego dei militari può servire per pattugliare i punti sensibili, ambasciate e consolati, o piazza Duomo. I militari che passeggiano per pattugliare la città invece penso che non siano molto utili, anche perché devono essere accompagnati da un poliziotto in quanto non possono svolgere funzioni di pubblica sicurezza.
Lo stesso Sala dice che la città è sicura. Allora perché si imbarca in questa strampalata campagna sulla sicurezza che rischia di connotarlo come il sindaco che scimmiotta le ricette di un De Corato qualsiasi?
E’ il solito cortocircuito che si innesca quando parliamo di sicurezza. I reati a Milano sono diminuiti, eppure la percezione dell’insicurezza rimane una costante tra le persone che incontro nelle periferie. Anche tra i cittadini di sinistra: la presenza dei militari in città è gradita anche ad alcune persone politicamente a noi vicine. L’errore è far credere che il Comune abbia poteri di gestione dell’ordine pubblico. Di fronte a un fatto di cronaca succede che i cittadini vanno a protestare dal sindaco e non dal questore. Il tema delle periferie c’entra poco con la sicurezza, la scommessa dell’amministrazione comunale è coniugare il tema non solo con il presidio del territorio ma anche con politiche di coesione sociale.
Intanto arrivano i soldati e c’è chi dipinge Milano come Chicago. Così facendo non si rischia di preparare il terreno a situazioni pericolose? Se questo è il clima, basterà un niente per scatenare il peggio.
Il meccanismo è questo ed è rischioso. Non bisogna commettere l’errore di affrontare il problema con la ricetta sbagliata. Quando hai una piazza in mano allo spaccio, per esempio, puoi decidere due cose: militarizzarla oppure renderla più viva. Il presidio da solo non può bastare.
Appunto. Ti sembra che Sala con questa mossa dei militari stia puntando sulla coesione sociale?
Diciamo così: l’ala sinistra dell’amministrazione sta cercando di andare in quella direzione, ma all’interno della giunta c’è chi la pensa diversamente. Il sindaco in qualche modo si è messo in una posizione di ascolto. In ogni caso, lui ha sempre negato di aver messo in connessione l’arrivo dei militari con l’omicidio avvenuto in piazzale Loreto e con via Padova.
Questa “emergenza”, la più inconsistente tra tutte quelle agitate nei decenni, è evidentemente un’invenzione dei media. Perché anche i giornali di riferimento della “buona” borghesia milanese hanno ricominciato con la solita storia della città insicura?
E’ il solito meccanismo di autocombustione. I cittadini dicono che si sentono insicuri e i giornali confermano la percezione alimentandola con articoli allarmanti, e così via. In questo contesto è difficilissimo veicolare un messaggio diverso, anche perché una città a reati zero non esisterà mai.
Sala ha voluto che ti occupassi delle periferie. Cosa dici di via Padova?
Che non è più pericolosa di una via qualsiasi. In via Padova ci sono decine di associazioni, direi che quella zona è più vitale di altre parti della città. Le risse scoppiano ovunque, tra sudamericani e tra italiani. Quanto al mio lavoro, presto verrà presentato il piano per le periferie, ci saranno interventi strutturali come la manutenzione straordinaria delle case popolari e altre iniziative che punteranno su cultura e coesione sociale.