Lo scorso trenta settembre alla sede del P.CARC di Massa Ermanno Marini, Segretario federale componente del Centro di Formazione del Partito, ha presentato il corso che si terrà in città sul Manifesto Programma del (nuovo)PCI. Il testo è la sintesi della elaborazione scientifica della lotta di classe fatta nel corso di più di trenta anni dalla Carovana del (nuovo)PCI, il nucleo di soggetti, collettivi e singoli che si sono messi in moto per ricostruire il Partito comunista italiano fondato nel 2004, e che oggi operano con esso e in esso per costruire la rivoluzione, per fare dell’Italia un nuovo paese socialista, forti delle scoperte scientifiche fatte nel percorso che hanno consentito di comprendere e quindi di iniziare a superare i limiti per cui, fino a oggi, la classe operaia non è riuscita a conquistare il potere nel nostro paese. La presentazione è stata occasione per concentrare questo grande patrimonio di conoscenza nel punto presente, tra il movimento comunista che abbiamo alle spalle e quello che rinasce, e in questa particolare regione, la Toscana, che del movimento comunista italiano è stata e sarà uno dei fulcri.
All’iniziativa hanno preso parte compagni e compagne di Massa, Carrara, Viareggio, Firenze, di età varia, alcuni membri del Partito e altri no, tutti accomunati da un legame profondo della loro vita con la storia del movimento comunista del nostro paese. In effetti, la vita delle masse popolari del nostro paese è stata segnata dal movimento comunista in modo molto profondo, esteso e capillare, e tanti di questo legame della loro vita individuale con il movimento storico universale sono stati consapevoli, vivendo con passione i suoi passi avanti e i suoi passi indietro. Questo è vero in particolare qui nella zona di Massa e di Carrara, dove la storia della lotta di classe, in particolare contro il fascismo e il nazismo, è una delle più gloriose del paese.
Rinaldo Valenti: perché il primo movimento comunista si è fermato, e come il nuovo movimento è ripartito.
Il dibattito è stato iniziato dal compagno Rinaldo Valenti, segretario della sezione di Massa del Partito dei CARC. Il compagno ha chiesto: “Perché si fa un corso di teoria quando la situazione locale e nazionale è così in fermento e che ci sono decine e decine di comitati e mobilitazioni?”. E’ la domanda che ci fanno in molti quando diciamo che bisogna elaborare la teoria rivoluzionaria, perché senza di essa, come dice Lenin, un movimento rivoluzionario non c’è. Intendono dire: “Visto che c’è già tanto movimento, che bisogno c’è di mettersi a studiare un libro? Le cose si muovono da sole. E poi, visto che si muovono, perché invece di mettervi a studiare non vi tuffate anche voi nella corrente?”
In effetti, la risposta di Lenin è generale, e in particolare è servita al suo partito per conquistare il potere con la Grande Rivoluzione d’Ottobre del 1917. Nei paesi imperialisti, invece, e quindi anche in Italia, non c’è stata rivoluzione, e perciò si ripete la domanda del “perché studiare”. La risposta è che studiare, elaborare scientificamente l’esperienza della lotta di classe, è proprio quello che nei paesi imperialisti è mancato, nonostante che sia Lenin che Stalin raccomandassero ai membri dei partiti di quei paesi di farlo. La mancanza di questo studio è la ragione di fondo per cui, nei paesi imperialisti, la rivoluzione non ha vinto. Non si può pensare a fare la rivoluzione in un paese imperialista, cosa tra le più difficili da fare, senza scienza, senza sapere come, magari sperando che la rivoluzione scoppi da sola, che ci cada in mano come un frutto che cade dal pero.
Alla domanda Rinaldo ha riposto Ermanno , infatti, dicendo che oggi il problema non è promuovere la mobilitazione delle masse, ma capire quale indirizzo darle. “La Carovana del (n)PCI” ha detto “agli inizi degli anni ’80 ha cominciato questo lavoro di elaborazione scientifica, e non si è mantenuta nei “binari morti” in cui il movimento comunista è andato a terminare la sua corsa.
Con il termine “binari morti” indico le due tare del primo movimento comunista, di cui parla Rinaldo, il riformismo elettoralistico e il riformismo rivendicativo, e cioè il pensare che la lotta di classe e la lotta per il socialismo sia cosa che si riduce all’azione in Parlamento e all’azione sindacale. Questa è stata la linea seguita dal primo movimento comunista, nella seconda metà dell’Ottocento, e ha portato indubbiamente la classe operaia a fare grandi passi avanti, ma non ha impedito il massacro delle masse popolari nella Prima Guerra Mondiale, e in Italia l’azione politica basata su questa linea ha lasciato la classe operaia inerme di fronte al fascismo. Questa linea negli anni Cinquanta dello scorso secolo è stata restaurata dentro il movimento comunista dai revisionisti moderni (Kruscev, Togliatti, ecc.), come se il nazismo, il fascismo e due guerre mondiali fossero stati intermezzi indegni di attenzione. Di fatto, però, era una linea morta, e a dimostrarlo sta in particolare, in Italia, la fine del primo PCI.”
Mentre che il treno del primo PCI guidato dai revisionisti moderni rallentava la corsa prima dell’arresto definitivo, negli anni Ottanta dello scorso secolo partiva la Carovana del nuovo PCI. Rinaldo accenna alle prime scoperte della Carovana in fase di partenza, e in particolare al bilancio complessivo della storia del movimento comunista mondiale e della prima ondata della rivoluzione proletaria, che aveva coperto gran parte del secolo, a partire dalla Grande Rivoluzione d’Ottobre, e soprattutto all’analisi della crisi in corso, quella che tutti quanti avrebbero visto poi emergere vent’anni dopo, con la crisi dei mutui subprime del 2008.
Dopo Rinaldo interviene Ermanno Marini, il relatore.
La relazione di Ermanno Marini
Il compagno inizia con due domande:
– Quale futuro può garantirci la comunità internazionale dei gruppi imperialisti USA, sionisti, europei?
– Quale futuro possono costruirsi le masse popolari se si organizzano per governare?
“È di qualche giorno fa”, dice, “la pubblicazione da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) del dato secondo cui il 92% della popolazione mondiale respira aria inquinata e che solo in Italia ogni anno muoiono 21 mila persone per inquinamento [effettivamente l’altro ieri Repubblica parlava di 33.000, N. d. R.]. Sono dati che parlano della situazione mondiale ma anche quella del nostro paese con un occhio di riguardo al territorio della piana fiorentina, luogo governato dal PD, lo stesso PD che oggi è alla testa del governo della Repubblica Pontificia”.
Vale la pena di ripetere, per quelli che leggono per la prima volta i nostri documenti, che quella che il compagno chiama Repubblica Pontificia è il particolare regime che le masse popolari della penisola sono costrette a subire, un regime dove pare che il paese sia gestito dallo Stato, con tutti i suoi rappresentanti, ma in realtà il potere è nelle mani della Corte Pontificia, che governa dietro le quinte. Per quanto questo possa sembrare strano, così stanno le cose. Gramsci aveva previsto che si andava verso una condizione del genere, e la Carovana lo conferma, e ne può fornire prove abbondanti andando indietro nei secoli, fino ai tempi di Machiavelli. In effetti, una parte importante e molto interessante del corso sul Manifesto Programma del (nuovo)PCI è dedicata a questa materia.
I dati sulla salute che il compagno Ermanno Marini riporta fanno riflettere e indignare molti tra coloro che ci ascoltano. Sono dati, dice, che noi comunisti diffondiamo per andare oltre la rabbia, per dire che:
– lasciare in mano ai gruppi imperialisti il destino delle masse popolari significa rassegnarsi a una vita miserabile che non può che peggiorare;
– per la prima volta nella storia dell’umanità la crisi generale del capitalismo si combina con la crisi ambientale.
Il capitalismo per sua natura deve espandere all’infinito la produzione e il consumo. Esso quindi ha saccheggiato la terra e modificato l’ambiente, per di più in un modo caotico in cui il motore è il profitto dei singoli capitalisti, dei singoli produttori di merci, dei singoli individui. L’inquinamento, la devastazione e il saccheggio dell’ambiente sono oramai giunti a un livello tale da mettere con ogni verosimiglianza in pericolo la sopravvivenza della specie umana e del pianeta.
La crisi ambientale si combina con la crisi generale ed entrambe mostrano che l’instaurazione del socialismo e la transizione al comunismo è indispensabile per la sopravvivenza dell’umanità, oltre che essere, soprattutto, condizione per il suo progresso.
Cos’è il socialismo
Ma cos’è il socialismo? Dopo mezzo secolo di potere dei revisionisti moderni, che hanno gettato fango sul termine “comunismo”, e dopo che un partito come quello di Craxi si è chiamato “socialista”, bisogna recuperare il significato di questi termini. Le forze borghesi e chi le serve fanno un lavoro notevole per svilire e rovesciare di significato i termini che fanno da pilastri nel pensiero comunista, come del resto già aveva dimostrato Hitler, con il suo partito “nazionalsocialista”, e come anche aveva fatto Mussolini, che aveva preso il nome del suo partito da quei Fasci siciliani che erano stati protagonisti della prima grande mobilitazione del proletariato meridionale.
“Il socialismo”, dice il compagno Ermanno, “è innanzitutto potere politico nelle mani delle masse popolari organizzate, potere di produrre quello che serve alla società e di decidere come produrre quanto serve, potere di promuovere la partecipazione crescente delle masse popolari stesse alla gestione della società. Insomma, è il potere delle masse popolari sul piano politico, economico, e sul piano del resto delle relazioni sociali.
Oggi per ogni elemento delle masse popolari il modo migliore per costruirsi un futuro è mettersi all’opera per contribuire alla costruzione della rivoluzione socialista”. Il compagno insiste perché facciamo dell’indignazione e della rabbia che ognuno di noi nutre nei confronti delle ingiustizie di questa società la spinta e la forza per costruirne una nuova, qui e ora, perché farlo è possibile, perché ci sono le condizioni oggettive per farlo, e perché farlo è necessario: come diceva Gramsci, aggiungo io, se qualcosa si può fare, si deve fare. Chi non fa, è complice. Detto questo, passiamo al fare, quindi.
La guerra di sterminio della borghesia imperialista contro le masse popolari
Il compagno riporta poi un passo che lega direttamente il tempo presente a quello in cui il movimento comunista è nato come movimento cosciente e organizzato, e cioè al 1848, data in cui Engels e Marx pubblicano il Manifesto del Partito comunista. Il compagno lega quindi il pensiero del movimento al momento della sua nascita a oggi, 160 anni dopo, qui dove stiamo parlano di un nuovo Manifesto di un nuovo Partito Comunista.
Questo nuovo Manifesto dice che la borghesia imperialista conduce oggi verso le masse popolari una guerra di sterminio. A parlare di guerra tutti quelli che si sono dichiarati comunisti nel mezzo secolo che abbiamo alle spalle, e che hanno parlato e ancora parlano di una “transizione pacifica al socialismo”, senza dubbio giudicano quelli del (nuovo)PCI e chi li segue degli estremisti esaltati, e “deliranti”, come si diceva in passato. Sono però loro a essere fuori dal movimento comunista, e di molto. Il termine “guerra di sterminio” è nell’atto di nascita di quel movimento:
“Nelle crisi commerciali viene regolarmente distrutta non solo una parte dei prodotti ottenuti, ma addirittura gran parte delle forze produttive già create. Nelle crisi scoppia una epidemia sociale che in tutte le epoche precedenti sarebbe apparsa un assurdo: l’epidemia della sovrapproduzione. La società si trova all’improvviso ricondotta a uno stato di momentanea barbarie; sembra che una carestia, una guerra generale di sterminio le abbiano tagliato tutti i mezzi di sussistenza; l’industria, il commercio sembrano distrutti. E perché? Perché la società possiede troppa civiltà, troppi mezzi di sussistenza, troppa industria, troppo commercio. Le forze produttive che sono a sua disposizione non servono più a promuovere la civiltà borghese e i rapporti borghesi di proprietà; anzi, sono divenute troppo potenti per quei rapporti e ne vengono ostacolate, e appena superano questo ostacolo mettono in disordine tutta la società borghese, mettono in pericolo l’esistenza della proprietà borghese. I rapporti borghesi sono divenuti troppo angusti per poter contenere la ricchezza da essi stessi prodotta. -Con quale mezzo la borghesia supera le crisi? Da un lato, con la distruzione coatta di una massa di forze produttive; dall’altro, con la conquista di nuovi mercati e con lo sfruttamento più intenso dei vecchi. Dunque, con quali mezzi? Mediante la preparazione di crisi più generali e più violente e la diminuzione dei mezzi per prevenire le crisi stesse.” (Il manifesto del partito comunista, Marx-Engels, 1848.)
A leggere quello che Engels e Marx scrivono parecchi riconoscono lo stato di cose presente, la tanta ricchezza che consentirebbe a tutti di vivere di bene in meglio, e le condizioni delle masse popolari e dei popoli nel mondo che peggiorano sempre più precipitosamente. Per quale mistero questo accade?
Non si tratta affatto di un mistero, se non per il clero, che ci tiene a che noi si resti attoniti di fronte a cose la cui comprensione, dicono, va al di là delle nostre menti, e per la borghesia che da un paio di secoli investe sempre più risorse a che noi non si comprenda la realtà e il suo corso. È un mistero per loro, perché sono talmente fissi a mantenere il loro potere che non possono né vogliono vedere la putrefazione delle sue radici. Non è un mistero per il movimento comunista, ed è cosa che docenti come lo stesso compagno Ermanno Marini stanno imparando a spiegare in modo chiaro agli operai e agli altri che partecipano a questo corso di Massa.
Il Governo di Blocco Popolare
Il compagno parla qui del fatto che nel 2008, quando la crisi che la Carovana analizzò vent’anni prima è diventata palese, come una malattia a lungo covata. Il (n)PCI ha dunque modificato il suo piano tattico sulla base della considerazione che la crisi è entrata nella sua fase acuta e terminale prima che il movimento comunista (e il partito comunista) abbia raggiunto un certo grado di consolidamento e rafforzamento e che la nuova situazione ha in parte modificato le condizioni in cui si svolge la prima fase della guerra popolare rivoluzionaria. Per questo il (n)PCI ha lanciato la linea del Governo di Blocco Popolare (GBP), un governo d’emergenza formato dalle organizzazioni operaie e popolari (OO e OP), che gode della loro fiducia e opera grazie al loro sostegno e ha il compito di far fronte agli effetti più gravi della crisi attuando il programma riassunto nelle seguenti sei misure generali:
1. assegnare a ogni azienda compiti produttivi (di beni o servizi) utili e adatti alla sua natura, secondo un piano nazionale (nessuna azienda deve essere chiusa),
2. distribuire i prodotti alle famiglie e agli individui, alle aziende e ad usi collettivi secondo piani e criteri chiari, universalmente noti e democraticamente decisi,
3. assegnare a ogni persona un lavoro socialmente utile e garantirgli, in cambio della sua scrupolosa esecuzione, le condizioni necessarie per una vita dignitosa e per la partecipazione alla gestione della società (nessun lavoratore deve essere licenziato, a ogni adulto un lavoro utile e dignitoso, nessun individuo deve essere emarginato),
4. eliminare attività e produzioni inutili o dannose per l’uomo o per l’ambiente, assegnando alle aziende altri compiti,
5. avviare la riorganizzazione delle altre relazioni sociali in conformità alla nuova base produttiva e al nuovo sistema di distribuzione,
6. stabilire relazioni di solidarietà, collaborazione o scambio con gli altri paesi disposti a stabilirle con noi.
Su questa base il GBP potrà prendere provvedimenti di ordine generale quali l’abolizione del debito pubblico (tutelando i risparmi delle masse popolari), la nazionalizzazione delle banche facendo fronte efficacemente al sabotaggio, al boicottaggio, al blocco dei beni italiani all’estero, al rifiuto delle normali operazioni bancarie legate al commercio e agli scambi internazionali e alle altre misure che i governi, le istituzioni finanziarie e commerciali, le banche e le altre autorità del sistema imperialista mondiale adotteranno in collaborazione con una parte delle classi dominanti italiane.
La garanzia del successo del GBP, dice il compagno, non sta principalmente nelle buone intenzioni e nell’onestà individuale delle persone che lo comporranno. Sta principalmente nel legame dialettico tra esso e le OO e le OP:
– deve essere composto da persone che godono della fiducia delle OO e OP e decise a dare forma e forza di leggi ai provvedimenti che le OO e OP indicano caso per caso per attuare nel caso concreto le sei misure generali, anche se sono provvedimenti che vanno contro gli interessi e le regole dei vertici della Repubblica Pontificia e delle istituzioni del sistema imperialista mondiale,
– una volta costituito, le OO e OP avranno il compito di indicare caso per caso i provvedimenti che il GBP deve adottare, di farli applicare o applicarli direttamente, di stroncare ogni tentativo di boicottarne o sabotarne l’attività”.
Si tratta quindi di costituire un Governo di Blocco Popolare e ancora prima, nelle città, Amministrazioni Locali di Emergenza, che mettano al centro gli interessi delle masse popolari, che facciano tutto ciò che è nell’interesse delle masse popolari anche se è contro la legge del governo centrale. Su questa base è forte il percorso di De Magistris a Napoli. Porre l’interesse delle masse popolari al centro, come “legge vera” a fronte della legge borghese, che sanziona la guerra di sterminio di cui parlano Marx, Engels e la Carovana del (n)PCI, è quello che sta facendo in Valle di Susa Nicoletta Dosio, una avanguardia, un esempio per tutti.
Perché il P.CARC propone un Governo di Blocco Popolare, e non dichiara direttamente che dobbiamo fare dell’Italia un nuovo paese socialista, dove la classe operaia dirige il paese tramite il suo partito comunista? Ci sono forze che si dichiarano comuniste e la prova sarebbe, secondo loro, che proclamano la necessità di fare subito uno Stato dove la classe operaia è al governo. Nella realtà, però, non basta dire una cosa perché quella si realizzi: non basta dire “pane” perché appaia sul tavolo, né basta dire “pane” per essere considerati fornai. Abbiamo alle spalle mezzo secolo di dominio dei revisionisti moderni, un periodo di arretramento del movimento comunista che ora si sta iniziando a riprendere e riorganizzando, e masse popolari alle quali va spiegato quante false promesse hanno avuto a partire dagli anni Cinquanta, prima fra le quali che ormai eravamo nell’epoca del “lieto fine”, in cui uguaglianza, libertà e fraternità si sarebbero realizzate senza guerre né rivoluzioni. Possiamo spiegarglielo?
Non possiamo, i mezzi di propaganda di un movimento comunista ancora adolescente sono minimi. Le masse popolari lo comprenderanno nella pratica. Credono alle promesse di una società dove i loro interessi materiali e spirituali sono garantiti in misura crescente, perché questo è ciò che è stato loro detto da Togliatti, Berlinguer e soci. Devono quindi esigere che questo sia realizzato, da quelli che alla tradizione di Togliatti e soci ancora si rifanno, che si sono mantenuti onesti, i sinceri democratici, i sindacalisti che veramente vogliono difendere i lavoratori, quelli che sono rimasti dopo la frantumazione del vecchio PCI e dopo la frantumazione di Rifondazione Comunista, che ancora difendono le masse popolari, sparsi nei partiti della sinistra borghese di vario genere. Le masse popolari devono esigere che le promesse siano realizzate, e chi ha ruolo sul piano politico, sindacale, sociale e culturale deve realizzarle, assumendosi responsabilità di governo. Questo è il GBP. Non è la rivoluzione socialista, ma sicuramente è un bel passo verso la rivoluzione.
Il Partito dei CARC è il partito del Governo di Blocco Popolare, nel senso che creare questo governo è il suo compito principale. Il P.CARC condivide la concezione, la linea e la strategia del (n)PCI che sono bene sintetizzate in questo suo libro, tanto è vero che il P.CARC ha posto impegno crescente negli ultimi anni per spiegare quello che il libro dice in dettaglio, riga per riga, a decine e decine di persone in varie parti d’Italia. Condivide quindi anche la consapevolezza che un Governo di Blocco Popolare è una soluzione di emergenza, che l’uscita definitiva dalla crisi in senso positivo per le masse popolari, evitando lo sterminio, si avrà solo facendo dell’Italia un nuovo paese socialista, e che la strategia per raggiungere questo obiettivo è quella della guerra, una guerra particolare che Gramsci chiamò guerra di posizione e che il movimento comunista oggi chiama Guerra Popolare Rivoluzionaria di Lunga Durata. La natura della crisi, le sue soluzioni possibili, il modo in cui costruire la rivoluzione, la natura del partito che conduce la rivoluzione alla vittoria, sono alcune tra le principali materie che il P.CARC spiega, aspetti della concezione comunista del mondo che ciascuno potrà in una fase successiva fare propria, cioè assimilarla e acquisire così la forza materiale per trasformare il mondo alla radice, il che significa fare dell’Italia un nuovo paese socialista adottando la strategia della Guerra Popolare Rivoluzionaria di Lunga Durata.
Il corso sul Manifesto Programma del (nuovo)PCI
Il corso sul Manifesto Programma del (nuovo)PCI è parte del processo di formazione che il Partito dei CARC ha avviato negli ultimi anni, ed è espressione dello sviluppo in intensità (in qualità) e in estensione (in quantità) della teoria rivoluzionaria. È uno sviluppo il cui senso e la cui potenza potranno essere compresi solo all’atto pratico: l’esperienza che abbiamo accumulato in questi pochi anni è già troppo ricca per essere compressa in queste poche righe. Questi primi corsi di conoscenza/comprensione/acquisizione delle tesi illustrate nel libro sono mirati a conoscere meglio quello che diciamo, non a convincervi che quello che diciamo è giusto. Noi illustriamo una concezione del mondo, il materialismo dialettico, che è strumento per capire, per distinguere, per ridurre alla semplicità essenziale fenomeni di una complessità che la borghesia dichiara inestricabile, perché le torna comodo farlo. Quindi il corso serve come strumento anche per ridurre alla semplicità un libro così complesso come pare il Manifesto Programma del (n)PCI, per comprenderne la natura di strumento funzionale a capire come stanno le cose e come si possono cambiare.
Quella che illustriamo è una teoria potente, un’arma capace di trasformare la società e ciascuno che ne è membro. Chi la usa, ne viene esso stesso trasformato. È un’arma che mette in discussione la società in modo integrale, in ogni suo aspetto e componente, inclusi quei componenti che si riuniscono per imparare a usarla, l’insegnante e gli studenti dei corsi. Non è un corso come per imparare a parlare in inglese, o per imparare a guidare l’auto. Mettersi in discussione è difficile, perché temiamo di perderci, e di farci male. Noi, nel corso degli ultimi anni, abbiamo imparato e sempre meglio impariamo a governare la sofferenza che accompagna il nuovo che nasce, sia in queste prime scuole sia nell’intero partito. Si patisce, in questi processi di trasformazione, perché non siamo perfetti, e abbiamo zavorra da buttare. D’altro lato chi vuole cambiare il mondo deve contemporaneamente cambiare se stesso. In un corso MP si inizia a farlo, anche se compito dell’insegnante è insegnare, e non obbligare a credere a quello che dice. Anche solo l’insegnamento, però, fa vedere nuove prospettive, e ciascuno comincia a vedersi in un altro modo.
Raffaello Petri
Il legame di Raffaello Petri, compagno del P.CARC di Viareggio, con il primo movimento comunista, è bello chiaro: suo padre, Alessandro, fu un dirigente importante del primo PCI, di cui fu membro dalla fondazione, fu un protagonista della Resistenza, fu il primo sindaco di Viareggio dopo la cacciata dei fascisti. Nel primo PCI, fu esponente di quella sinistra che si oppose ai revisionisti moderni, quella di cui l’esponente più noto fu Pietro Secchia, e che però non riuscì a impedire che i revisionisti si imponessero, e quindi venne emarginata. Raffaello è qui per dire che effettivamente la Carovana nei suoi trenta anni di storia ha elaborato molto e quindi chi si approccia per la prima volta a noi rischia di “essere travolto”. Io aggiungo qui che chi si appresta a una grande impresa come quella che abbiamo iniziato è normale affronti grandi sfide. Che fosse normale era chiaro a compagni e compagne del primo PCI che affrontarono il fascismo e il nazismo, ed è normale oggi nei paesi neocoloniali, in chi resiste in Palestina, nella resistenza del popolo curdo, nei paesi dove i comunisti conducono guerre popolari, in Venezuela. Si tratta di scuotersi di dosso cattive abitudini, accumulate nel corso di anni in cui è parso che il rigore nel pensare e la disciplina nel comportarsi fossero cose di altri tempi e di altri luoghi.
Raffaello ripercorre la storia che ha portato la Carovana a costituire i CARC (1992), alla commissione preparatoria del Congresso del (n)PCI (CP), alla fondazione del (n)PCI e alla trasformazione dei CARC in P.CARC.
Marco Lenzoni
Interviene Marco Lenzoni, un compagno che ha dato molto alla Carovana, soprattutto per ciò che riguarda la lotta contro la repressione su cui si è attivato sia in Italia che in vari paesi d’Europa. Nel Manifesto Programma del (nuovo)PCI ha trovato una ricostruzione logica della storia dell’umanità che sostanzialmente è unica nel suo genere. È unico anche il modo in cui espone la storia del nostro paese. Aggiunge che leggendo questo libro si comprende che il movimento comunista ha perso per i propri limiti. Io aggiungo che l’unicità di questo testo sta nel fatto che è un manuale scientifico, e la scienza è una (c’è una chimica, una biologia, non “le chimiche”, “le biologie”). Questo testo, che espone la concezione comunista del mondo come scienza, si oppone quindi:
– sia alla tesi secondo cui molti sono i punti di vista e ciascuno è di uguale dignità, secondo la quale il titolo di scienza vale solo per le scienze naturali e matematiche, e non per le scienze delle relazioni sociali (economia, politica, filosofia),
– sia alla cosiddetta “scienza borghese”, che nel campo economico, politico, filosofico, è una fabbrica di menzogne e nient’altro. Quindi, ad esempio:
a) la storia che viene insegnata nelle scuole di Stato è, nei punti cardine, quelli in cui dovrebbe essere “maestra di vita”, in massima parte falsificata,
b) tanto più è falsificata la filosofia, che non ha riferimento diretto a fatti, e altrettanto la politica e soprattutto l’economia, che deve nascondere i reali rapporti di sfruttamento su cui si regge questo sistema.
Alessandro della Malva
Alessandro Della Malva è un operaio di Colle Val d’Elsa. E’ stato segretario federale del P.CARC in Toscana, e nel 2009 la Repubblica Pontificia gli si è messa contro in modo ossessivo, in una sequenza crescente, da maggio a ottobre, quando gli ha scatenato contro alcuni dei suoi cani regionali, come l’ex questore Manzo di Pistoia, e fascisti di calibro vario. L’ha incarcerato con accuse false, e quindi spostato da una prigione all’altra, fino a Parma magari pensando arretrasse, cosa che non ha fatto. È stato liberato dopo alcuni mesi grazie alla propria resistenza contro la repressione, alla lotte di compagni e compagne e alla solidarietà delle masse popolari. Dice che con questo corso si afferma l’importanza della conoscenza per trasformare la realtà. Dice che anche la politica è scienza e non opinione, e così come non ci facciamo fare una operazione chirurgica da un macellaio ed abbiamo bisogno di medici che hanno studiato medicina, allo stesso modo abbiamo bisogno di scienziati che hanno studiato la scienza per dirigere la società. È la borghesia imperialista, dice, che ci tiene a mantenere ignoranti le masse popolari, e perciò prima di tutto impedisce che venga elaborata la scienza loro necessaria. Ha ragione quindi il (nuovo)PCI quando afferma che per elaborare la scienza rivoluzionaria bisogna crearsi le condizioni per farlo, e la prima condizione per farlo in libertà è la clandestinità. È nella clandestinità, infatti, che è stato elaborato questo testo che ora andiamo a studiare, e che anche lui andrà a studiare.
Studiare si deve
Interviene un operaio dell’indotto del Nuovo Pignone. Sa che l’azione degli operai deve andare oltre la fabbrica, e lui lo fa impegnandosi nella lotta per garantire alle masse popolari l’acqua, che è un bene essenziale, come ha raccontato in un suo intervento alla Festa della Riscossa Popolare di Massa. Raccontava una settimana fa che si è messo a leggere questo libro per conto proprio, e che a casa lo prendono in giro perché è lento nella lettura. Lui ha risposto che questo non è un libro come gli altri. In esso non si trovano idee a caso: lui ci ha ritrovato la sua esperienza di operaio in fabbrica e parole che partono dai fatti concreti della vita dei proletari. È un libro da studiare, e non da leggere, ha detto in quell’occasione, e soprattutto che studiare si deve (“e non che si dovrebbe!”). Oggi concorda con gli altri che hanno parlato del fatto che la storia qui è esposta come un filone unitario e sintetico. Dice che questo è un libro attraverso il quale possiamo riorganizzare la classe operaia, anche nel Nuovo Pignone (che ora è General Electrics). Lui farà questo corso per acquisire la teoria utile per promuovere la lotta di classe. Conclude dicendo che il vecchio PCI ha perso perché non ha promosso il protagonismo delle masse popolari.
Come si passa dall’essere comunista all’essere anarchica individualista
Interviene una compagna che si dichiara anarchica individualista ed è di Carrara. Dice di essere venuta alla presentazione di questo corso perché è rimasta incuriosita dal nostro approccio propositivo al dibattito. È incuriosita anche, però, perché lei viene dal vecchio PCI. Suo padre era comunista, da sempre iscritto a quel partito, e ha educato lei e i fratelli alla concezione che lo guidava. Faceva loro leggere la pubblicistica legata a quel partito, e ha negato loro la televisione fino al 1996, cioè fino a quando lei aveva 25 anni. Il padre, quindi, ha lottato quanto ha potuto rispetto ai tempi che stavano arrivando, dove i giovani passano buona parte della giornata di fronte a cellulari, computer, televisione, che forniscono loro una immagine della realtà che, quanto alla forma, è appiattita sulle due dimensioni degli schermi, e quanto al contenuto offre a loro una realtà virtuale e immaginaria quanto più distante possibile da quella vera.
C’è d’altra parte, dico io, il fatto che tutta questa strumentazione messa in campo dalla borghesia con la rivoluzione informatica offre alle masse popolari qualcosa che era loro interdetto negli anni Sessanta, quello di gestire nello schermo le immagini e le parole al tempo accuratamente selezionate dall’azienda radiotelevisiva, che bandiva Dario Fo e Franca Rame quando volevano parlare della lotta della classe operaia. Con la rivoluzione informatica nello schermo uno mette le immagini e le parole che vuole, come faccio io che scrivo e tu che mi leggi. Questa è una buona opportunità.
Il padre era convinto che la realtà si poteva cambiare con le elezioni. Aveva una linea sbagliata ma era integro nei valori e cercava di tramandarli ai figli. Laura fino a 16 anni è stata comunista, e quando il vecchio PCI si è sciolto per lei è stato un momento tragico. Nel diario di scuola di quell’anno che ancora conserva parla di “morte di un pezzo della sua famiglia”. Oggi è anarchica e vuole frequentare il corso per confrontare le sue idee con quelle dei comunisti, mettersi e mettere in discussione.
Dal movimento comunista alla difesa dell’acqua pubblica
Interviene un esponente di spicco di “Acqua alla gola”, l’organizzazione popolare in cui milita anche il primo operaio che ha parlato, e che lotta per garantire alle masse popolari l’uso di un bene primario e indispensabile alla sopravvivenza. Ha militato per 20 anni nel vecchio PCI ed è stato amministratore della città di Massa. A metà anni ’80 fu espulso dal PCI: erano al governo della città insieme alla DC, e il partito diede loro indicazione di uscire dalla giunta, ma quattro di loro non accettarono l’indicazione e perciò furono espulsi. Fu una tragedia per la sua vita. Tornò a casa da suo padre (ex partigiano comunista) in lacrime. Finita l’esperienza con il PCI per un decennio fu attivo in varie associazioni della città fino ad arrivare all’IDV (Italia dei Valori). L’ultimo congresso dell’IDV si intitolava “il tempo che viviamo”, ricorda, e in quel congresso così come oggi in questa iniziativa è d’accordo sul fatto che nella società in cui viviamo è l’economia che dirige la politica e invece dovrebbe essere il contrario.
Come la politica dirige l’economia
Il Manifesto Programma del (nuovo)PCI, aggiungo io qui, è il manuale che spiega come fare sì che sia la politica a dirigere l’economia, invertendo la condizione presente, in cui è l’economia a dirigere. Si tratta di una inversione complessa, di cui non bisogna nascondere la difficoltà, come hanno fatto i revisionisti moderni. Nell’intera storia dell’umanità mai la politica ha diretto l’economia, ma è sempre stato il contrario. Prima di dedicare il tempo a pensare come gestire la propria vita, gli esseri umani hanno dovuto procurarsi i mezzi per vivere, fino dall’età della pietra, e tutti gli assetti sociali si sono dati strutture politiche fondate sul modo in cui era gestita la produzione dei beni necessari alla sopravvivenza. Nella Grecia antica si diceva: “Prima si vive, dopo si fa filosofia”. È solo con lo sviluppo delle forze produttive raggiunto nell’Ottocento che si apre la possibilità del rovesciamento epocale, quello per cui la società si può strutturare secondo un piano che prevede le condizioni migliori per il benessere e il progresso di tutta la popolazione, in cui, appunto, è la politica che guida l’economia. I primi paesi socialisti, l’URSS e gli altri renderanno questa possibilità reale, e altrettanto faranno i nuovi.
Mettere la politica davanti all’economia così come vale nella grande storia dell’umanità, vale per ciascuna storia di ciascuno di noi. Nella Carovana stiamo sperimentando come mettere gli interessi collettivi davanti a quelli individuali, mettere le ragioni politiche davanti a quelle personali e familiari, è il modo migliore, o forse l’unico, per realizzarsi pienamente come individui, per avere una personalità e una famiglia vive e solide, capaci di fare fronte alle tempeste terribili che la crisi in corso genera e sempre più genererà e soprattutto capaci di vedere oltre, di costruire il nuovo. Sperimentiamo come le relazioni d’amore si consolidano, i genitori sanno come educare i figli, e i figli rieducano i genitori a recuperare i sogni che animarono la loro giovinezza.
Fare il contrario, dice il (n)Pci, è
“mettere la famiglia davanti alla lotta rivoluzionaria e in contrapposizione con essa, anziché considerare la lotta per il socialismo un alimento prezioso, positivo e costruttivo per la propria famiglia (alimento ideologico, morale e culturale, fonte per un’educazione sana e avanzata per i propri figli e per la costruzione di una coppia emancipata dal senso comune clericale e borghese che soffoca l’amore e gli individui stessi, avvolgendoli in una rete melmosa di ipocrisia, insofferenza reciproca, sensi di colpa, immoralità intesa come egoismo, cinismo e noncuranza verso le sorti dell’umanità e, sempre più spesso, violenza domestica) e l’unico contributo concreto e reale in questa situazione storica per costruire un futuro migliore per i propri figli. Anziché concepire e utilizzare quindi l’attività rivoluzionaria e la concezione comunista del mondo come il faro e la guida per la famiglia, l’attività politica è considerata una sorta di hobby, di passione personale che va coltivata ma che deve interferire il meno possibile con la famiglia che vive dominata dal senso comune. L’attività rivoluzionaria, essendo concepita in questo modo, è subordinata agli “interessi della famiglia” e i criteri e principi seguiti sul piano morale, pedagogico, sentimentale, ecc sono i dettami del “buon genitore” e del “buon marito (o moglie)” stabiliti dal senso comune borghese e clericale (quindi dalle classi dominanti). Esiste una scissione tra personale e politico, una doppia morale (quella professata e quella seguita) che costituisce una vera e propria zavorra appesa al collo dei compagni, che influisce negativamente sulla propria trasformazione, sulla propria opera e anche sull’azione che sviluppano nella propria famiglia. Trattare questa forma di familismo e guidare i compagni ad impostare la propria vita (e su questa base anche la propria famiglia) su basi più avanzate costituisce un campo fondamentale su cui concentrarci con sempre maggiore attenzione e cura in questa fase, per favorire processi di crescita e sviluppo degli uomini e delle donne del Partito e della Carovana e costruire uno Stato Maggiore all’altezza dei compiti che la situazione ci pone.” (La Voce del (nuovo)PCI, N. 47, p. 34).
Il compagno di “Acqua alla gola” si rifà molto all’attuale esperienza di De Magistris e dice che oggi le masse popolari debbano ribellarsi. “Acqua alla gola” è espressione di questa ribellione e rompere con la legalità borghese è legittimo se risponde agli interessi delle masse popolari.
Usare il libro
Infine interviene un operaio che lavora in una azienda che lavora l’acciaio. Si è messo a leggere il Manifesto Programma del (nuovo)PCI . Dice che la borghesia imperialista ha un’arma che è l’informazione e il corso su questo libro può essere l’inizio per romperla, il che è senz’altro vero, dico io: la forza della concezione esposta nel libro sta nel fatto che è spiegazione della realtà e di come trasformarla. Ogni informazione della borghesia imperialista, invece, è falsificazione della realtà e tentativo di fare credere che trasformarla è impossibile. In realtà ciascuno di noi trasforma la realtà ogni giorno e ogni momento, e la stessa borghesia ha trasformato il mondo, in questi ultimi secoli. Ciò che la borghesia vuole fare credere è che la società non si può trasformare, la qual cosa invece è del tutto possibile e necessaria quando si sa come fare, e che si deve fare, il che è materia di ciò che insegniamo nei corsi sul Manifesto Programma del (nuovo)PCI.
Paolo Babini
P.CARC – Centro di Formazione
5 ottobre 2016