Non esistono le fatalità: ciò che si fa dipende da ciò che si pensa

Conoscere, assimilare e usare la concezione comunista del mondo è un campo della lotta di classe

La concezione del mondo è l’insieme delle idee, dei principi, dei criteri con cui ognuno legge ciò che esiste, se ne dà una spiegazione sulla base della quale, in modo più o meno cosciente e coerente, regola la propria condotta e le proprie azioni. La concezione del mondo deriva dall’esperienza pratica, da quello che ognuno assorbe dall’ambiente in cui è nato e vissuto, dalla classe di appartenenza, dall’educazione ricevuta, ecc.

Stanti le caratteristiche dell’Italia (un paese imperialista con la presenza stabile e radicata del Vaticano e una tradizione e storia di lotta di classe e influenza del movimento comunista) la concezione corrente del mondo, il senso comune, è un mix (in proporzioni diverse a seconda della zona, della classe, della famiglia, dell’individuo, ecc.) di concezione borghese e di concezione clericale (feudale), con una spruzzatina in alcuni di concezione comunista (effetto della prima ondata della rivoluzione proletaria).

La concezione comunista del mondo trova la spiegazione del mondo nel mondo stesso, nelle leggi che ne regolano la trasformazione (il materialismo dialettico); la concezione clericale-feudale trova la spiegazione del mondo in un qualcosa di esterno al mondo stesso, un’autorità trascendentale rappresentata da Dio, la concezione borghese trova la spiegazione del mondo in un’autorità che appartiene al mondo stesso (a esempio lo Stato e le leggi o il denaro e il profitto o l’individuo, ecc. spesso la combinazione di questi e altri elementi).

Secondo la concezione comunista del mondo sono le masse che fanno la storia, secondo la concezione clericale-feudale la storia degli uomini è regolata dalla divina Provvidenza secondo un disegno che per gli uomini è imperscrutabile (infatti parla di mistero della fede), secondo la concezione borghese sono i grandi uomini che fanno la storia.

Possiamo fare degli esempi. La strage ferroviaria in Puglia del luglio scorso, dove morirono 23 persone, è stata, secondo la concezione borghese, un errore umano. Secondo la concezione clericale è stato “il destino” (che in questa accezione equivale a Dio). I morti del terremoto in centro Italia, ad Amatrice, sono vittime del destino, dicono i metafisici della concezione clericale-feudale, mentre i più distinti esponenti della concezione borghese pensano (ma non hanno il coraggio di dirlo apertamente) che si tratta di vittime della loro sprovvedutezza “se abiti in una zona altamente sismica devi costruire case antisismiche, se vuoi risparmiare, poi sono fatti tuoi”.

Ai fini della lotta di classe, analizzare, conoscere e comprendere quale concezione del mondo prevale in un contesto, in un ambito, in una zona, in un gruppo di individui e in ogni individuo è molto importante perchè quando si capiscono i ragionamenti si capiscono anche i comportamenti.

Quello che unisce concezione clericale e concezione borghese è che entrambe, poggiandosi una sull’altra, portano a concludere che “non c’è niente da fare” il mondo ce lo dobbiamo prendere e tenere così come è, come lo ha voluto Dio o come lo hanno plasmato e lo governano le autorità e le leggi oggettive che lo regolano. Perchè contro le fatalità non c’è nulla da fare. Se la spiegazione dei morti provocati dal disastro ferroviario in Puglia e dal terremoto in centro Italia poteva essere “la volontà divina” nel 1400 o “la scellerata decisione individuale di non costruire case adeguate” nel 1850, nel 2016 entrambe sono ridicole. Come ridicola è la spiegazione da senso comune di fronte alle conseguenze nefaste della logica del profitto, quella per cui ogni attività umana deve produrre ricchezza per chi la promuove. Nel capitalismo il profitto passa dalla valorizzazione del capitale, quindi ogni attività umana ha senso solo se permette di valorizzare il capitale e tutte le attività umane sono protese a quell’obiettivo, che è la causa di morti, devastazione del pianeta fino a renderlo invivibile, oppressione saccheggi, divisione del mondo fra chi muore di sovra-alimentazione e chi muore per malattie curabili. Imputare alla fatalità o all’errore umano quelle che sono le conseguenze di una guerra di sterminio provocata dal modo di produzione è esattamente lo strumento attraverso cui la classe dominante confonde e devia le masse popolari dal capire le vere cause del flagello che le colpisce, apparentemente inspiegabile (misterioso come il mistero della fede).

Concezione clericale e concezione borghese sono strumenti della classe dominante. La concezione comunista del mondo è uno strumento di lotta della classe operaia e delle masse popolari.

Il senso comune non basta per vincere. Dicevamo a inizio articolo che il senso comune è composto anche da ciò che la prima ondata della rivoluzione proletaria ha sedimentato fra le masse popolari, quella concezione che si manifesta diffusamente nella spontanea combattività di chi si ribella allo stato di cose, di chi si organizza per far fronte agli effetti della crisi, nella tradizione dei valori dell’uguaglianza, dell’antifascismo, dell’antirazzismo, nella sana spinta a pretendere giustizia sociale ed equità. Ma quella “spruzzatina” di concezione comunista non basta per fare la rivoluzione perché convive con la concezione borghese e clericale che la inquina e la condiziona. Solo nel partito comunista, attraverso la riforma intellettuale e morale dei suoi membri, la formazione ideologica è propriamente lotta per affermare la concezione comunista del mondo (pensiero organico e azione conseguente) contro il senso comune. E’ compito del partito comunista formare ed educare gli operai avanzati e gli elementi avanzati delle masse popolari alla concezione comunista del mondo, a pensare in modo realistico, attinente alla realtà, scientifico, funzionale alla rivoluzione. Ed è compito degli operai avanzati e degli elementi avanzati delle masse popolari mettersi alla scuola del partito comunista. Perché non esistono fatalità e non esistono divinità, non esistono autorità morali o materiali che impediscano alle masse popolari di scrivere la loro storia.

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