L’esempio di Abd Elsalam vive nella lotta per il socialismo

Ogni giorno, in media, 2 lavoratori muoiono sul posto di lavoro (più di 500 da gennaio) a causa delle mille condizioni create dai mancati controlli, dalla violazione delle norme di sicurezza, dai carichi, dai ritmi e dalle condizioni di lavoro, dalla sistematica corsa al risparmio sul “costo del lavoro” e al profitto per i capitalisti. Il caso di Abd Elsalam è in parte diverso: è stato ucciso il 14 settembre da un camionista che forzava un picchetto alla GLS di Piacenza, aizzato da un dirigente di azienda e sotto gli occhi distratti e permissivi delle forze dell’ordine che, pur di garantire la libera circolazione delle merci (quella libera circolazione che a colpi di manganello e calci impediscono ogni giorno agli immigrati e ai profughi) non hanno esitato a lasciar compiere un omicidio.

Alla notizia dell’uccisione di Abd Elsalam la reazione è stata immediata: grande la rabbia e forte lo sdegno che hanno attraversato il paese. Sentimenti che si sono tradotti in un vasto schieramento di opinione nonostante i tentativi di insabbiamento e diversione dei media, ma soprattutto in una mobilitazione che ha coinvolto operai e lavoratori di varie categorie, appartenenti a varie organizzazioni sindacali, in ogni parte del paese (vedi l’articolo a fondo pagina).

La Direzione Nazionale del P.CARC nel comunicato del 16 settembre (“Onore a Abd Elsalam, operaio assassinato mentre difendeva, praticandoli, i diritti conquistati con il sangue e con le lotte dei decenni passati”) ha mostrato il legame fra la mobilitazione di quei giorni e la lotta per costruire la rivoluzione socialista nel nostro paese, indicandola come unica via di uscita dalla situazione di sfruttamento e oppressione a cui sono costretti milioni di operai e lavoratori; rivolgendosi alla parte più avanzata, lungimirante e combattiva degli operai e delle masse popolari che stavano scendendo nelle strade, scioperando e bloccando i cancelli della GLS in tutta Italia. Torniamo con questo articolo su alcune questioni, alla luce di ciò che quelle mobilitazioni hanno espresso e allargando il ragionamento. Introduciamo il discorso dalla conclusione che tireremo: con l’esempio di Abd Elsalam e con la generosità con cui affermava il diritto all’assunzione dei suoi compagni di lavoro precari, gli operai e i lavoratori devono mobilitarsi per fare dell’Italia un nuovo paese socialista.

Vendetta per Abd Elsalam” è comparso scritto sui muri di Milano e di altre città. Vendetta vuol dire che i responsabili dell’omicidio dovranno essere ripagati con la stessa moneta, vuol dire punirli in modo da intimorire quelli come loro; dovrebbe essere un deterrente per chi pensasse di affrontare le proteste e le mobilitazioni popolari contro gli effetti della crisi con metodi criminali e terroristici. Ma vendetta non può essere una parola d’ordine, non la è, perché non dà alcuna prospettiva agli operai, ai lavoratori e alle masse popolari. Una volta “servita”, la vendetta finisce lì, rimangono i rapporti di produzione capitalisti, rimane la divisione della società in classi, alle remore, agli scrupoli e ai timori di un padrone ce ne saranno altri cinque o dieci che che non ne avranno (mors tua vita mea è un imperativo del capitalismo). Del resto la ricerca del profitto non è una questione morale, ma un imperativo oggettivo nella società capitalista, non può esistere un “capitalista buono”, che non sfrutta, che non opprime; sarebbe un capitalista che rinuncia al profitto… non sarebbe un capitalista.

Verità e giustizia” era scritto in tanti comunicati e volantini. Giusto e legittimo, ma limitarsi a chiedere alle istituzioni e alle autorità che facciano valere una qualche giustizia e che affermino una verità che non sia per loro conveniente significa non capire in che epoca e in quale paese viviamo.

Perché nella Repubblica Pontificia italiana la verità è sempre il frutto di una mediazione di interessi fra gruppi di potere e comitati di affari e va a scapito delle masse popolari. Basta guardarsi attorno: i tumori a Taranto sono provocati dall’ILVA, ma autorità e istituzioni dicono il contrario, i tumori in Campania sono provocati dall’inquinamento, ma la Lorenzin (Ministro della sanità) dice che la responsabilità è della cattiva alimentazione.

E la giustizia è plasmata da autorità e istituzioni in modo tale da rendere ogni aula di tribunale – dove campeggia la scritta “La legge è uguale per tutti” – un circo: qualcuno degli Aleotti (famiglia a capo del gruppo Menarini) farà un solo giorno di carcere pur avendo truffato per decenni lo Stato per più di un miliardo di euro? Qualcuno crede che Moretti, il capo delle ferrovie, sconterà una pena per la strage di Viareggio dove nel 2009 morirono 32 persone, pure se la richiesta del PM è di 16 anni di carcere?

Limitarsi a invocare verità e giustizia per Abd Elsalam significa illudersi che lo stato borghese, uno strumento con cui la borghesia imperialista e il suo clero opprimono le masse popolari, possa farsi paladino dei diritti degli operai e dei lavoratori. Dello stesso tenore – benchè i termini siano diversi – la parola d’ordine che l’USB, il sindacato a cui era iscritto e di cui era militante Abd Elsalam, ha scritto su appelli, manifesti e striscioni – “ammazzateci tutti” – nella convinzione che non sia possibile, che i padroni non possano farlo, che autorità e istituzioni non lo permetterebbero. La verità, compagni, è che la borghesia e il suo clero ci stanno già ammazzando: conducono una guerra di sterminio che non è mai stata dichiarata apertamente e che produce migliaia di morti per malattie curabili, “incidenti”, “calamità”, “fatalità”, decine di migliaia di feriti, invalidi permanenti, decine di migliaia di malati mentali, disadattati, abbrutiti dal sistema economico, politico e culturale.

L’omicidio di Abd Elsalam è una sveglia. Per chi ci vuole riflettere, per chi vuole trarne insegnamenti, per chi cerca una strada che non sia avviluppata nella cieca vendetta, per chi si rende conto che la classe operaia e le masse popolari non possono delegare la costruzione del loro futuro alla borghesia e alle sue istituzioni. “Quando verrà il nostro turno non abbelliremo il terrore”, scriveva Marx. E lo scriveva con piena convinzione e cognizione: nel socialismo, nella dittatura del proletariato, gli esponenti della borghesia imperialista, i capitalisti e gli alti esponenti del clero non avranno alcun diritto politico, non potranno godere di alcun privilegio di classe, di casta, di nessuna amicizia o parentela. Ma il “nostro turno” lo dobbiamo costruire qui e ora, non basta evocarlo come minaccia, monito, speranza o testimonianza di appartenenza e di nostalgie.

Onore ad Abd Elsalam” abbiamo scritto e lo ripetiamo “assassinato mentre difendeva, praticandoli, i diritti conquistati dagli operai e dalle masse popolari con il sangue e con le lotte dei decenni passati”. Onorarlo significa usare ogni contraddizione e ogni appiglio a cui è possibile aggrapparsi, significa valorizzare ogni spinta e ogni tendenza positiva che il movimento popolare produce per avanzare nella costruzione della rivoluzione socialista.

Le battaglie e la guerra. I padroni fanno la guerra contro le masse popolari e le masse popolari combattono battaglie per difendere diritti e conquiste e strapparne di nuove. L’esito della guerra della borghesia contro le masse popolari sono decine di migliaia di morti, feriti, invalidi permanenti, l’avvelenamento e la distruzione progressiva del paese.

L’esito delle battaglie combattute dalle masse popolari contro la borghesia è invece incerto (dagli anni ’70 del secolo scorso non ottengono vittorie stabili e di vasta portata, collettive), quando i risultati sono positivi sono parziali o temporanei (i padroni tornano alla carica alla prima occasione riprendendosi tutto con gli interessi). In questo contesto, la Carovana del (nuovo)PCI chiama gli operai avanzati e gli elementi avanzati delle masse popolari a non limitarsi alle battaglie e ad arruolarsi nelle sue fila per combattere la guerra popolare rivoluzionaria. Perchè solo combattendo nell’ottica di guerra, i risultati di ogni battaglia rafforzano le altre, l’esperienza di ognuna di esse è base e presupposto per le altre; solo con la rivoluzione socialista e l’instaurazione del socialismo i risultati delle battaglie, che nel capitalismo sono parziali e temporanei, sono su ampia scala e duraturi.

Il P.CARC, che della Carovana è parte, chiama gli operai e i membri delle masse popolari che hanno la falce e il martello e la bandiera rossa nel cuore ad aderire fra le sue fila e chiama tutti gli operai avanzati e tutti i membri avanzati delle masse popolari a organizzarsi azienda per azienda, quartiere per quartiere, zona per zona per occuparsi dei problemi che affliggono i loro compagni, colleghi e concittadini, per trovare soluzioni ai problemi e attuarli direttamente senza chiedere il permesso e l’autorizzazione ad autorità e istituzioni della Repubblica Pontificia, diventare essi stessi, attraverso le loro organizzazioni, nuove autorità pubbliche. Il P.CARC contribuisce alla Guerra Popolare Rivoluzionaria promuovendo le condizioni per la costituzione del governo di emergenza delle masse popolari organizzate (il Governo di Blocco Popolare), che è la via più breve ed efficace attraverso cui rinasce il movimento comunista nel nostro paese.

Noi non dimentichiamo, noi non perdoniamo. Abd Elsalam, ucciso a Piacenza durante un picchetto, il cameriere di origini marocchine – senza nome! – ucciso a Brescia nel 2011 perché aveva osato chiedere il pagamento degli arretrati sullo stipendio, Ibrahim M’bodi edile ucciso nel 2009 a Biella per lo stesso motivo, gli operai e i lavoratori senza nome le cui storie di sfruttamento e oppressione spesso non occupano nemmeno un trafiletto nei giornali locali, le migliaia di vittime di un sistema di degrado, sopraffazione che di civile e umano non ha più nulla.

Come chiedere verità e giustizia, affidandosi alle autorità e alle istituzioni non basta, così anche non bastano le promesse e le minacce di vendetta.

La parte più avanzata, generosa, combattiva e lungimirante degli operai, dei lavoratori e delle masse popolari deve rafforzare le organizzazioni della Carovana del (nuovo)PCI, arruolarsi nelle loro fila, aderire al P.CARC per costruire la rivoluzione socialista. E’ urgente, è sempre più una questione di vita o di morte, è possibile.

Iscriviti alla newsletter

Abilita JavaScript nel browser per completare questo modulo.

I più letti

Articoli simili
Correlati

La lotta per la formazione

La formazione è un pilastro dell’attività del P.Carc. Si...

Manuale di Storia contemporanea

La conoscenza della storia è uno strumento della lotta...

4 novembre in piazza: appello del Calp di Genova

Unire le lotte e le mobilitazioni contro la guerra...

Quando i sionisti attaccano hanno paura della verità

Liliana Segre e la denuncia all'attivista Cecilia Parodi