Intervista a Emilia Piccolo insegnante di Milano
A settembre sei stata promotrice di un’importante battaglia che ha portato a una vittoria nel campo della scuola: il diritto all’assunzione dei docenti inseriti nelle GAE (graduatorie a esaurimento). Puoi raccontarci di più di questa lotta?
Il coordinamento lavoratori della scuola “3 Ottobre” nasce dall’auto-organizzazione dei precari milanesi contro i 150 mila tagli operati dall’asse Gelmini-Tremonti a partire dal 2007. Da sempre, però, abbiamo cercato di superare le rivendicazioni di categoria, denunciando e contrastando l’imposizione generalizzata della precarietà come unico modello di lavoro possibile. In questo senso abbiamo cercato di contestualizzare la lotta in difesa della scuola scuola pubblica nell’orizzonte più vasto dell’attacco padronale contro i lavoratori e le conquiste sociali. Partendo dal nostro posto di lavoro abbiamo cercato di connettere la nostra lotta a quella dei tranvieri in sciopero contro EXPO, sostenendo, insieme agli studenti, gli operai sui tetti della Marcegaglia, rivendicando con le famiglie dei nostri alunni il diritto alla casa e al futuro. Per primi abbiamo denunciato le nefaste conseguenze della controriforma liberista della Buona scuola fondata sul ricatto e lo sfruttamento dei lavoratori e degli studenti, trasformati, dall’alternanza scuola lavoro in manodopera gratuita. Continuiamo a rifiutare la logica per cui il padre disoccupato debba competere con il figlio sfruttato, pretendiamo una scuola di qualità per tutti i nostri studenti capace di garantire a tutti pari opportunità di realizzazione. Rifiutiamo i super poteri del Preside e le falsa propaganda governativa per cui il precariato scolastico è stato superato. Le lotte di Milano dimostrano il contrario. Durante la prima settimana di settembre, numerosi lavoratori precari, soprattutto maestre della scuola primaria, hanno bloccato la stipula dei contratti a tempo indeterminato per tutti gli ordini di scuola perché ingiustamente estromesse. Abbiamo rivendicato Il rivendicato il diritto all’assunzione occupando l’ufficio scolastico provinciale e con l’arrivo delle forze dell’ordine costretto il provveditore a rinviare le immisioni in ruolo. Nei giorni successivi abbiamo raccolto il sostegno di numerosi lavoratori e solidali e grazie alla partecipazione consapevole e trasversale dei colleghi siamo riusciti ad ottenere un tavolo di contrattazione, gestito senza nessuno appoggio sindacale, con i dirigenti regionali e l’Avvocatura dello stato. Abbiamo confermato la volontà di procedere con il blocco a oltranza delle nomine se non si fossero sbloccate le assunzioni per gli aventi diritto e dopo tre giorni di proteste serrate abbiamo ottenuto il riconoscimento all’assunzione a tempo indeterminato per centinaia di lavoratori. Contemporaneamente, in tutte le province lombarde i lavoratori procedevano secondo l’esempio della lotta milanese bloccando le convocazioni. Anche in questo caso i dirigenti regionali sono stati costretti a intervenire ripristinando il giusto diritto all’assunzione di tutti i precari coinvolti. Di conseguenza, le ripercussioni di questa lotta si sono estese a livello nazionale; per giorni ci siamo coordinati con le maestre e i maestri di tutta Italia che ancora oggi ci ringraziano per un a vittoria per molti inaspettata. Come “3 Ottobre” continuiamo a rivendicare l’assunzione di tutti i precari conducendo una battaglia unitaria che superi la frammentazione di una categoria volutamente divisa in diversamente sfruttati. Siamo convinti che sia necessario procedere attraverso l’auto-organizzazione dal basso poiché sono i lavoratori stessi i migliori rappresentanti dei propri interessi. Questa esperienza è la dimostrazione oggettiva che solo lotta ci fa vincere. Dobbiamo superare la politica della delega attraverso il protagonismo attivo che si deve sviluppare attraverso la pratica della lotta solidale e trasversale.
Quali legami esistono secondo te fra le lotte contro la Buona Scuola e la lotta contro la riforma costituzionale?
La “riforma” costituzionale, insieme all’Italicum, votata a colpi di maggioranza da un governo illegittimo e abusivo, rappresenta l’atto finale di un attacco generalizzato alla partecipazione e alla democrazia di un paese sempre più impoverito e diseguale. Quella che chiamano “semplificazione” per noi rappresenta una delega in bianco ai governi per agire indisturbati e continuare a salvare banche amiche e precarizzare i lavoratori, distruggere la scuola pubblica, abbassare le tasse tagliando le pensioni e la sanità e, raccontarci la favola che il paese è migliore grazie a maxi eventi fallimentari come EXPO. L’instaurazione di una sola camera di nominati, oltre a limitare il dibattito parlamentare, cancellerà gli spazi di discussione e critica necessari per l’organizzazione di qualsiasi opposizione sociale. La necessità di imporre governi granitici, seppur minoritari nel paese, nasce dalla volontà sovranazionale dei mercati, della BCE e della Troika, perché garantire stabilità a i governi asserviti permette di praticare scelte contro il popolo impossibilitato ad organizzare il dissenso e il contrasto. Non ci sentiamo di limitare questa lotta alla caduta del governo, perché conosciamo i veri mandanti il cui senso di sprezzante arroganza li porta a intervenire pubblicamente in un dibattito che travalica i confini nazionali. Non ci interessa limitare la lotta alla solo difesa della Costituzione più bella del mondo, questo lavoro lo lasciamo fare ai “Benigni” di turno, ma ci sentiamo di rivendicare una chiara appartenenza storica nei confronti di chi, come la JP Morgan dichiara la necessità di superare: ” un retaggio politico frutto delle influenze socialiste operate dai partiti di sinistra dopo le vittorie contro il fascismo”. Non solo rivendichiamo le radici storiche della Costituzione come logica conseguenza della vittoria della resistenza partigiana, ma ci sentiamo in dovere di realizzare e applicare i principi costituzionali attraverso la pratica della resistenza che deve tornare a concretizzarsi nella quotidianità delle lotte.
Come comitato referendario avete messo in campo delle esperienze che vanno nella direzione di promuovere il coordinamento e l’unità fra settori diversi, partecipando alle assemblee dei collettivi studenteschi e dei centri sociali e ponendovi come collettore di quelle forze politiche che a Milano sono attive nelle lotte sociali e quindi per la difesa della Costituzione… Secondo te queste iniziative possono essere un punto di partenza per guardare oltre la scadenza del referendum?
A giugno abbiamo sentito l’esigenza di costituire un comitato auto-organizzato per il NO nella speranza di sviluppare un dibattito tra le realtà cittadine più avanzate capace di inglobare all’interno della lotta referendaria le rivendicazioni delle mobilitazioni sociali. La nostra battaglia nasce dall’esigenza di costruire un reale ed efficace conflitto popolare partendo dalle mobilitazioni dei lavoratori e degli studenti. Sentiamo il bisogno di connetterci il più possibile con le masse della nostra periferia e per questo, più che organizzare seminari tenuti da illustrissimi costituzionalisti, stiamo cercando di trasportare il dibattito referendario nelle piazze e tra la gente. Siamo consapevoli che la vittoria del No non ci metterebbe in sicurezza, perché come ci dimostrano le vittorie padronali contro l’art.18, senza la costruzione di una reale opposizione politica sociale, questo attacco repressivo e autoritario si riproporrà in un futuro immediato. In questo senso continuiamo ad appellarci a tutte quelle realtà che condividono con noi l’esigenza di costituire un fronte unico, pur mantenendo la propria specificità, per contrastare concretamente gli attacchi di arretramento presenti e futuri. Continueremo a prendere parola, là dove ci viene negato, come abbiamo fatto durante l’intervento della Boschi alla festa dell’Unità. Continueremo a confrontarci coi lavoratori e i cittadini nelle strade e nelle piazze e il 7 ottobre scenderemo, insieme agli altri lavoratori, al fianco degli studenti in lotta contro la ” Buona Scuola” e la controriforma costituzionale. Inoltre, con i soggetti che hanno risposto al nostro appello stiamo costruendo un’iniziativa cittadina che speriamo possa gettare le basi per una reale ricostituzione di una più funzionale opposizione politica e sociale.
Il nostro Partito ha aderito alla campagna con la parola d’ordine di applicare la parte più progressista della Costituzione perché il “NO alla riforma” così come il “cacciare Renzi” non sono sufficienti. Il modo migliore per difendere la Costituzione è iniziare ad applicarla dal basso. Concordi? In che maniera potrebbe “vivere” l’applicazione dal basso, ad esempio, dell’art. 33 secondo te?
Effettivamente prima di modificare la Costituzione sarebbe necessario applicarla concretamente, ma oggi più che in passato, la sua pratica realizzazione risultata impraticabile per manifesta incompatibilità rispetto alle regole imposte dai trattati europei. Per quanto riguarda la scuola, nonostante la 107, è ancora possibile e doveroso praticare presidi democratici all’interno degli organi collegiali. In diverse scuole a livello nazionale si è proceduto votando a maggioranza mozioni in difesa della libertà di insegnamento. Molti collegi si sono rifiutati di eleggere i propri rappresentanti per costituire i famosi comitati di valutazione il cui fine è quello di assoggettare la pluralità e la libertà di insegnamento ai criteri prestabiliti dalla politica del dirigente scolastico. Nell’istituto comprensivo Marcello Candia di Milano, dove lavoravo, I docenti si sono rifiutati di partecipare alla valutazione premiale del Dirigente, rinunciando alla misera mancia economica e sottraendosi alla logica della competizione selvaggia che si discosta dalla scuola solidale e cooperativa alla quale aspira la nostra Costituzione. Questi esempi ci dimostrano che resistere per proseguire la lotta contro la 107 è possibile.
Torniamo ora all’inizio dell’intervista per concludere il ragionamento. Le mobilitazioni di studenti, docenti e personale ATA, degli ultimi anni, non hanno impedito alcuna riforma e nemmeno intaccato i finanziamenti alle scuole private che proseguono da decenni. La relazione fra la grande generosità e partecipazione delle lotte in difesa della scuola e il loro riflusso sta nel fatto che sono state concepite, principalmente, come lotte rivendicative, di settore, che non hanno trovato la strada di diventare affluente nella generale lotta per la trasformazione del paese. Oggi, il corso delle cose spinge sempre di più non solo a unirsi (rompendo così il settorialismo) ma a chiedersi su cosa unirsi. Sei d’accordo con questa analisi e ne hai trovato riscontro (da parte di colleghi e studenti) nella tua realtà?
Personalmente e come militante del “3 Ottobre” ho sempre agito in un’ottica di unitarietà delle lotte, cosciente che l’attacco alla scuola pubblica si inserisce in quello più generale contro il progresso delle conquiste sociali operate dai movimenti popolari. Tra l’altro la scuola, oltre ad essere uno strumento fondamentale per realizzare un sistema egualitario, rappresenta l’ossatura della società in cui opera, per questo si connette naturalmente alle lotte contro le politiche liberiste di privatizzazione e precarizzazione del lavoro. Il tentativo di smantellare la scuola pubblica è conseguente alla volontà di superare quello che un tempo veniva chiamato stato sociale. La scuola deve superare le proprie rivendicazioni autoreferenziali, ma anche le sue battaglie devono essere percepite e sostenute comunemente da tutti i lavoratori e i cittadini. Purtroppo soffriamo della frammentazione di una categoria operata ad arte dai governi padronali e sostenuta dalle politiche sindacali complici che portano avanti la logica del “divide et impera” che ha prodotto gravi fratture all’interno della stessa categoria e rallentato il processo di unitarietà delle lotte. La recente battaglia delle maestre milanesi però ci fa sperare e guardare fiduciosi a un futuro di maggior coscienza e consapevolezza. Questa lotta infatti è stata sostenuta in maniera trasversale da tutti i colleghi, dall’infanzia alla secondaria, di ruolo e non, addirittura, alla mobilitazione sotto l’ufficio scolastico regionale hanno partecipato altri lavoratori solidali e gli studenti con i quali dall’anno scorso abbiamo intrapreso un percorso che più volte ha visto la collaborazione concreta di tutte le realtà che costituiscono la scuola. Purtroppo non abbiamo ricette e soluzioni precostituite per superare i limiti del l’isolamento delle lotte, ma umilmente continueremo ad impegnarci come sempre per superare le frammentazione, anche di tipo auto-referenziale proprie di ogni singola realtà, con l’intento di ricostituire un forte blocco di opposizione sociale che non si limiti a resistere, ma che torni a vincere.