Riprendiamo qui il filone avviato sul numero 7/8 di Resistenza con l’articolo “Per un dibattito franco e aperto con i compagni del PC di Marco Rizzo”. L’obiettivo di quell’articolo, come da titolo, era di aprire un dibattito proprio in questa fase in cui su natura, caratteristiche, obiettivi e linea del partito comunista c’è grande discussione e grande bisogno di discussione. Quell’articolo contiene una serie di spunti e ragionamenti validi anche per i promotori e sostenitori della costruzione del Partito Comunista Italiano, qui di seguito, invece, riportiamo una sintesi di quanto emerso alla partecipata, circa 600 persone, assemblea di Bologna in cui è stato fondato il PCI.
Le due linee nel Partito Comunista Italiano.
La destra dei dirigenti ed esponenti di base della Costituente era composta da quelli che mettevano al centro la costruzione del PCI inteso come contenitore elettorale che riprende i simboli e il nome del vecchio PCI; questi hanno fatto leva, in maniera diversa, sull’adesione identitaria al comunismo degli accorsi a Bologna e sull’enfasi (l’entusiasmo che suscita rifare il PCI, l’unità dei comunisti, l’ampio credito del nome del vecchio PCI tra le masse) per sancire al termine dei tre giorni la costituzione del nuovo partito.
La sinistra dei dirigenti ed esponenti di base della Costituente era composta da quelli che ferma restando la dichiarata adesione alla Costituente esprimevano la tendenza (positiva in quel contesto) a problematizzare le questioni, a sollevare critiche sulla concezione con cui è stata portata avanti la Costituente, a cercare soluzioni ai problemi da cui ha origine la debolezza del movimento comunista; questa sinistra è debole perché non ha una linea alternativa da proporre rispetto a quella della destra, ne è al carro, quindi non va fino in fondo nella battaglia.
La contraddizione tra destra e sinistra si è misurata principalmente su cinque questioni:
1. bilancio dell’esperienza: si va dall’assunzione del revisionismo moderno a punto di riferimento ideologico del nuovo partito (Togliatti, Longo, Berlinguer, più Cossutta) a frammenti organizzati e singoli che difendono la prima ondata della rivoluzione proletaria e l’assumono a riferimento (Lenin, Stalin, Mao) ma trattandola come una questione culturale, slegata dai compiti dei comunisti, una questione su cui non val la pena battagliare ma su cui è meglio conciliarsi con i filo revisionisti “per il bene dell’unità dei comunisti”;
2. giudizio sull’Unione Europea: qui si va dai sostenitori della rottura con l’UE in nome della costruzione di una “nuova Europa” alleata dei BRICS (posizione ufficiale sancita nelle tesi) a quelli che temono la rottura dell’UE e dell’eurozona (sostengono che bisogna definire “come starci” nell’UE prima di dire “l’UE non va bene”); la linea espresa nelle tesi fondative è ambigua sul tema, da qui le posizioni più diverse sulla questione;
3. elezioni e alleanze: si va dai sostenitori della linea del partecipare alle elezioni con il simbolo del PCI e abbandonare definitivamente le coalizioni di sinistra a quelli che non vogliono precludersi l’alleanza con il resto della sinistra borghese;
4. strategia: qui si va dalla riproposizione delle due tare (elettoralismo ed economicismo) e della linea del vecchio PCI alla loro messa in discussione in nome del fatto che finché il paese è in mano alla Comunità Iinternazionale e alla classe dominante nulla di quanto contemplato nelle tesi fondative è realizzabile e che il compito dei comunisti è fare la rivoluzione socialista.
5. referendum costituzionale: qui si va da quelli per cui la battaglia per il NO al referendum deve diventare battaglia per la cacciata di Renzi a quelli che ritengono impossibile la cacciata di Renzi e dicono che ci si deve limitare a difendere la Costituzione dai tentativi di modificarla.
Nel nostro intervento di saluto abbiamo toccato alcuni di questi punti (critica alla concezione secondo cui bisogna ripartire da dove è iniziato il declino del movimento comunista – revisionismo moderno – e affermazione della tesi che il movimento comunista rinasce fondando la propria unità sul punto più alto raggiunto dalla scienza che ha elaborato – il marxismo-leninismo-maoismo), ma soprattutto abbiamo puntato ad affermare e illustrare che è il capitalismo a creare le condizioni oggettive del socialismo e che esse sono ben presenti anche nel nostro paese, criticando le tesi fondative del Partito Comunista Italiano secondo cui le condizioni oggettive non sono affatto maturare).
Per l’unità dei comunisti. Ai compagni del PCI abbiamo detto che sono quattro i temi su cui è necessario confrontarsi, per sviluppare un dibattito fra comunisti che faccia realmente avanzare sul cammino dell’unità, per assolvere i compiti storici che la fase ci impone; li poniamo come domande su cui li invitiamo a riflettere, a rispondere e a discutere insieme: che bilancio tirate dell’esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria e dei primi paesi socialisti, e soprattutto della mancata rivoluzione nei paesi imperialisti? Quali sono origine e natura della crisi in cui siamo immersi? Quali sono secondo voi le caratteristiche e la natura del regime che caratterizza i paesi imperialisti, e che ora sono in via di disfacimento sotto i colpi della crisi? Quale strategia proponete per la costruzione della rivoluzione proletaria nel nostro paese?
Confrontiamoci su questo, dibattiamo, studiamo e discutiamo le risposte elaborate dal (nuovo)PCI. Le Feste della Riscossa Popolare dei prossimi mesi ne sono occasione, le celebrazioni del centenario della Rivoluzione d’Ottobre ne sono un’altra. Sul campo pratico sono già mille gli ambiti in cui ci troviamo schierati in un unico fronte, nel campo teorico quell’unità va costruita, perseguita, conquistata. Questo è l’appello che lanciamo, il miglior augurio di buon lavoro.