Le Amministrazioni locali che servono: un fronte di lotta, un obiettivo comune

Sintesi del dibattito del 30 luglio sulle amministrazioni locali di emergenza alla Festa nazionale della Riscossa Popolare a Napoli

Sommovimenti politici. Le elezioni amministrative della scorsa primavera hanno mostrato il crescente distacco delle masse popolari dal teatrino della politica borghese (protesta verso i vertici della Repubblica Pontificia), inoltre la parte di elettorato che pure è andata a votare ha punito duramente il PD, Renzi e il suo governo. In tre grandi città italiane (Torino, Roma e Napoli) si sono insediate Amministrazioni in aperto contrasto con il governo centrale e, più in generale, con i vertici della Repubblica Pontifica e il loro sistema di potere. Non tratteremo qui delle vicende e delle contraddizioni che le Amministrazioni del M5S incontrano (specialmente a Roma) o delle questioni aperte circa l’amministrazione di Napoli; i sommovimenti creati dall’esito delle elezioni amministrative della scorsa primavera, seguiti all’esito del referendum contro le trivelle dell’aprile scorso, sono elementi in cui contestualizzare il processo politico in corso. Insieme alla lotta contro la riforma costituzionale di Renzi, alla crisi politica della Repubblica Pontificia e alla mobilitazione delle masse popolari per fare fonte agli effetti più gravi della crisi. Da questa combinazione nasce il processo che dal marasma in cui versa il paese porta alla costruzione di una nuova governabilità, un processo che spontaneamente non può svilupparsi oltre un livello elementare e che sta a noi comunisti sostenere e orientare affinché avanzi.

Schieramenti su basi oggettive. Le amministrazioni locali sono fra l’incudine e il martello. Fra l’incudine dell’oppressione a cui sono sottoposte dal governo centrale, che le relega a enti di riscossione delle tasse e le priva delle risorse per garantire i servizi e per svolgere il ruolo che la Costituzione prevede, che le riduce a essere braccio esecutivo di manovre, progetti e piani che consegnano i territori a bande e cricche di speculatori e comitati di affari; e sotto i colpi della mobilitazione delle masse popolari, che come un martello battono affinché siano riconosciuti e ripristinati, difesi ed estesi servizi pubblici e diritti. Ogni amministrazione locale è di fronte a un bivio: quali interessi affermare? Sottomettersi alle manovre dei governi della Repubblica Pontificia, diventare galoppini loro, diventare tentacoli della “piovra” che devasta il territorio, inquina, saccheggia, deruba le masse popolari o disobbedire, schierarsi con la mobilitazione delle masse popolari organizzate, sostenerle, offrire loro sostegno, mezzi, strutture per potenziare la loro azione? Lo schieramento sul referendum costituzionale è una cartina tornasole dell’orientamento di ogni amministrazione locale: sostenere le manovre sporche per favorire l’accentramento dei poteri al governo, violando la Costituzione o difendere la Costituzione? In verità esistono esempi di Amministrazioni Locali che non solo hanno già deciso da che parte stare, ma sono attive nella promozione del movimento per applicare la Costituzione. E’ il caso del Comune di Napoli, il più grande e importante, ma non l’unico, fra quelli che si sono già attivati in tal senso.

Le Amministrazioni Locali di Emergenza sono amministrazioni la cui esistenza e la cui azione combina l’assunzione del ruolo che la Costituzione assegna agli enti locali con l’attivismo, la mobilitazione, il protagonismo delle organizzazioni operaie e popolari che, territorio per territorio, iniziano ad operare come nuove autorità pubbliche e sperimentano le forme, i modi e i contenuti della trasformazione in classe dirigente della società. Non può esistere Amministrazione Locale di Emergenza che non contribuisca alla costituzione del Governo di Blocco Popolare. Questo non è un requisito deciso “a tavolino”, ma è la lettura in positivo della contraddizione fra enti locali e governo centrale: nessun governo dei vertici della Repubblica Pontificia darà mai sostegno, spazio, agibilità, né si avvarrà mai, dell’attività delle Amministrazioni Locali di Emergenza (e di nessuna amministrazione locale progressista, democratica, ambientalista, ecc…).

Il ruolo delle Amministrazioni Locali nella lotta per la costituzione del Governo di Blocco Popolare è tema ancora lontano dagli orizzonti e dalle aspirazioni di quegli amministratori già oggi attivi contro il governo centrale dei vertici della Repubblica Pontificia. Ma il processo in cui si inserisce la loro mobilitazione è quello, che ne siano consapevoli o meno. Per approfondire il nesso fra ciò che già oggi fanno loro e la mobilitazione della classe operaia, l’attivismo dei movimenti e con la prospettiva di costituire il Governo di Blocco Popolare abbiamo organizzato alla Festa nazionale della Riscossa Popolare, il 30 luglio, un dibattito sul tema “Difendere la Costituzione applicandola. Le amministrazioni locali che servono”.

Non possiamo riportare con completezza e precisione tutti gli interventi di quanti hanno preso parola, la ricchezza di riflessioni, spunti, prospettive. Prendiamo alcuni dei concetti che sono emersi e li “mettiamo in fila” con un criterio e con un obiettivo. Il criterio è quello di valorizzare il legame fra due “categorie” che hanno un ruolo specifico nella costruzione di Amministrazioni Locali di Emergenza: la classe operaia e gli amministratori “d’avanguardia”. L’obiettivo è mostrare che la costruzione della nuova governabilità dal basso del paese (la linea del Governo di Blocco Popolare) si sviluppa su basi oggettive e per intervento dei comunisti. Su basi oggettive, cioè non occorre inventare niente, ma valorizzare quello che già esiste. Su intervento dei comunisti, cioè ad opera di coloro che imparano a fare quello che è necessario fare per avanzare nella costruzione della rivoluzione socialista.

Il legame fra amministrazioni locali e applicazione della Costituzione è stato affrontato da molti interventi. A introduzione citiamo qui quello di Luigi Di Giacomo che ha partecipato in rappresentanza di Paolo Maddalena (Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale), leggendo un suo contributo che ha inquadrato il ruolo delle amministrazioni locali: “esiste un articolo della Costituzione, il 118, che fissa il principio di sussidiarietà, vale a dire che se le istituzioni non fanno quello che dovrebbero fare, i cittadini sono chiamati a farlo. Questo principio è richiamato anche nel Testo Unico degli enti locali, anche se sono in pochissimi a saperlo. Ebbene, far valere questo principio significa applicare la Costituzione nei territori”.

Farlo valere è prima di tutto una scelta politica e l’assessore al Comune di Napoli Piscopo ha spiegato la questione: “c’è un filo sottile che lega il TTIP (il trattato di commercio fra USA e UE) con la riforma costituzionale che sancisce perfino l’immunità di tutti gli operatori, prevista dal meccanismo europeo di stabilità rispetto a qualsiasi responsabilità civile, penale e amministrativa e questo è acutamente sottolineato da Paolo Maddalena, che svela questi meccanismi. C’è una impunità ancora più grande, che sta sancendo non solo ritoccare gli articoli della Costituzione, ma la sottomissione della sovranità popolare alla volontà di un governo e questo è il punto nodale, questo è inammissibile e inaccettabile. Poco ci interessa di conti interni ad un partito, a noi interessa difendere la Costituzione e attuarla in tutte le sue forme”.

Il ruolo “di rottura” delle amministrazioni locali è stato trattato efficacemente attraverso gli interventi di alcuni amministratori ed eletti. Sempre Piscopo ha spiegato i motivi politici della contrapposizione fra governo centrale e Comune di Napoli: “che altro poteva fare l’amministrazione di Napoli, se non scegliere un conflitto istituzionale? Ci siamo trovati in una situazione in cui ci veniva imposto l’articolo 33 dello Sblocca Italia, quello che sanciva che tutta la proprietà dei suoli di Bagnoli non solo veniva commissariata, ma passava a un ente attuatore che è lo stesso che in diversi modi e formule ha creato l’inquinamento ambientale di quell’area, che non ha pagato ciò che doveva, esattamente quello che a nome del governo e delle istituzioni ha riversato tutto sulla collettività… Ma dove i privati possono entrare e cambiare l’interesse pubblico sancito dalla Costituzione, che passa per le aule consiliari, per le assemblee democratiche? Il governo se ne faccia una ragione: quando c’è un consiglio comunale è pur sempre la rappresentazione della volontà popolare! Cosa altro potevamo fare se non scegliere il conflitto istituzionale, qual era l’alternativa? (…) Ecco, su questo l’amministrazione ha fatto una battaglia. Ed è qui che vanno ringraziati i movimenti, i comitati e quelle resistenze che non sono semplicemente state al nostro fianco, non è di questo che si tratta, ma si tratta di costruire la stessa lotta che ad un certo punto paga.. perché come si può pensare di trasformare Bagnoli senza le collettività? Di trasformare un’area che è un simbolo nazionale di resistenza, senza passare dai meccanismi della democrazia e quindi anche dalle aule consiliari? Questa è la nettezza di scelte di questa amministrazione, che riconosce i linguaggi e le autonomie dei territori e riconoscendo che questi sono i luoghi di tutte le resistenze che nel tempo si sono sedimentate. (…) Contrariamente alla legalità formale a noi interessa la giustizia sostanziale, noi sappiamo che la resistenza oggi trova un’autostrada aperta, che è quella delle città ribelli che stiamo costruendo, con le assemblee territoriali. (…) Ci sono le città ribelli, c’è il referendum, abbiamo tantissimi elementi e Napoli è un laboratorio, non più solo un’anomalia, ma una realtà concreta da portare avanti e siamo convinti che davanti abbiamo un’autostrada, se le lotte saranno le medesime lotte e ognuno con le proprie autonomie e differenze, ma l’insieme porteranno tutti noi a un cambiamento che è quello della costruzione delle nuove istituzioni”.

L’intervento di Michele Tripodi, Sindaco di Polistena (Reggio Calabria) è un esempio della resistenza di tanti piccoli Comuni contro i vertici della Repubblica Pontificia. “L’amministrazione di Polistena è legata al PCI, che è salito al potere negli anni ‘70. Io stesso sono un sindaco comunista. Siamo stati il primo Comune italiano a disobbedire all’IMU, ci siamo rifiutati di applicarla e sfruttando la legge abbiamo trovato delle forme per non far pagare l’IMU sulla prima casa, perché la casa è un diritto. Siamo stati il primo Comune a fare l’assegno di sopravvivenza, che è una provocazione perché con 200/300 euro al mese non si vive ma si sopravvive, abbiamo preso delle risorse dal bilancio abbassando i compensi per tutte le cariche istituzionali del Comune per dare un sussidio ai giovani disoccupati dai 18 ai 30 anni che vivono in famiglie che non hanno nulla.

Ci stiamo organizzando per mantenere pubblica la gestione dei rifiuti e non cedere alla privatizzazione forzata tramite l’istituzione degli ATO, gli ambiti unici di raccolta. Siamo un comune che gestisce la raccolta differenziata direttamente con personale comunale: privatizzazione vuol dire riduzione del servizio e aumento delle tasse sui rifiuti, vuol dire anche peggioramento del ciclo e della gestione dei rifiuti e vorrà dire favorire la criminalità organizzata. Per fare questa battaglia stiamo cercando di coinvolgere anche altri Sindaci. Verranno a commissariarci e non so che reazione avremo quando si presenteranno… Ma noi andiamo avanti perché è una lotta democratica, per gli interessi dei cittadini, è la lotta per la Costituzione, come la lotta per i servizi pubblici è una lotta per il popolo”.

Gli operai dell’ILVA di Taranto, della FCA di Melfi e i licenziati FIAT di Pomigliano sul legame fra mobilitazione operaia e lotta politica. Giustamente, ha fatto notare Luigi Di Giacomo “gli operai presenti sono la parte più importante di questa assemblea. I tre principali sindacati italiani che sapevano che fine avrebbe fatto la FIAT sono gli stessi sindacati che non hanno preso posizione rispetto al referendum costituzionale”.

E gli operai presenti hanno effettivamente portato un contributo particolare, hanno combinato denuncia e prospettiva, hanno parlato di politica e di alternativa.

A Taranto l’emergenza sanitaria è esempio dell’aggiramento della Costituzione da parte delle autorità – dice Franco Rizzo, RSU USB all’ILVA – La Costituzione dice che il diritto alla salute è un diritto individuale irrinunciabile…. A Taranto si registra una media di 10 persone al giorno che scoprono di avere un tumore riconducibile all’inquinamento da grande industria, effetto della devastazione del territorio negli ultimi 50 anni. Viviamo una situazione di emergenza sanitaria e le istituzioni dovrebbero quindi pensare a una risposta in via eccezionale. Le risposte che arrivano sono invece la garanzia dell’impunità per coloro che andranno a prendere lo stabilimento. Sulla salute zero parole, anzi, abbiamo davanti la prospettiva di chiusura di due dei tre punti di Pronto Soccorso che abbiamo a Taranto… Qui si tratta di pretendere l’applicazione della Costituzione… Il diritto alla salute come quello al lavoro dovrebbero andare insieme, sono diritti dell’individuo. Invece loro ti mettono nelle condizioni di dover scegliere: a Taranto spesso di dice “o muori di fame o muori di tumore”, la scelta è questa. Siamo sotto ricatto, perché chiudere Ilva significa mettere in ginocchio ulteriormente un territorio dove c’è il 40% di disoccupazione. Per questo, con la nostra organizzazione, siamo schierati per il NO al referendum sulla Costituzione. Dobbiamo cambiarlo questo paese…”.

Mimmo Destradis è stato RSU FIOM alla FCA di Melfi ed è passato all’USB dopo che la FIOM ha tentato di mandare all’aria il coordinamento degli operai FCA del sud Italia, di cui Mimmo è uno dei promotori, con l’accusa che vi partecipano operai tesserati ad altri sindacato oltre la FIOM (vedi Resistenza n. 5/2016). Il suo intervento è una sintesi molto efficace di due principi generali che gli operai e le masse popolari iniziano a tradurre nel concreto: è legittimo tutto quello che è conforme agli interessi delle masse popolari; non sono i padroni a essere forti, sono gli operai e le masse popolari che non fanno valere tutta la loro forza. Ha detto: “È necessario fare un parallelo fra la modifica della Costituzione e la modifica dello Statuto dei Lavoratori; non è un caso che entrambe vengano violate dai poteri forti.

Io non so se va applicata tutta la Costituzione… in verità si può pensare anche di sabotarne alcune parti se quelle parti sono a danno dei cittadini. I potenti la violano e la sabotano periodicamente e sistematicamente a loro esclusivo vantaggio… Allora forse dobbiamo tornare a fare resistenza, in senso ampio… sabotare quei punti della costituzione e delle altre leggi dello stato che sono contro i nostri interessi. Disobbedire, ma sul serio, con azioni nelle aziende, nelle piazze, contrapporsi al corso imposto dai poteri forti…

Non posso pensare che un governo non eletto possa modificare la Costituzione! Allora io decido di non rispettare quelle leggi. La legge la fa la maggioranza degli italiani, se la maggioranza degli italiani si comporta in un certo modo, questo diventa legge, c’è poco da fare: non possono né arrestare, né imporre alla maggioranza degli italiani una legge, se questa non rispecchia l’interesse, la volontà e gli interessi della collettività, della maggioranza. Noi sappiamo quali sono l’interesse e la volontà della maggioranza e dovremmo farli valere

A Taranto si muore di tumore, a Pomigliano si muore di suicidio. Al centro c’è sempre la questione del lavoro, lo sfruttamento dei lavoratori, lo sfruttamento dell’ambiente, la riduzione in questa società a numeri, macchine, schiavi.

Ci sono dei compagni che alla FIAT di Pomigliano sono stati licenziati perché hanno denunciato quei sucidi e stanno conducendo da anni una lotta per il reintegro e sono da soli. L’amministrazione comunale di Napoli deve intervenire, ma non bastano le firme, deve intervenire per sostenere le mobilitazioni e le lotte concretamente, a partire dalla questione del lavoro, non limitandosi solo alle grandi vertenze, ma anche andando a intervenire nelle piccole”.

Su questo “invito” di Mimmo Destradis all’Amministrazione di Napoli si è sviluppato un confronto, anche perché erano presenti sia un assessore in rappresentanza della giunta che gli operai di Pomigliano. Che come succede spesso danno, per mezzo di Mimmo Mignano, un contributo al dibattito di particolare efficacia nel dimostrare che non esiste democrazia nella società, se la democrazia non esiste nelle fabbriche. E il capitalismo è esattamente l’opposto della democrazia che pretende di incarnare…

Qua oggi si parla di Costituzione e allora entriamo in campo noi… l’articolo 21 della Costituzione sancisce il diritto di espressione e la libertà di opinione. Noi abbiamo montato un manichino che rappresentava Marchionne, dopo che una nostra compagna si è suicidata perché non riusciva più a vivere in questa società di precari, sottopagati e di schiavi; con 4-5 compagni, in quella giornata e con la pelle d’oca, abbiamo inscenato questa manifestazione. Così come ci siamo vestiti da pagliacci quando Renzi è venuto a Melfi a promettere l’assunzione di 1000 operai e dopo qualche anno quei 1000 operai sono già in esubero e saranno spostati in altri stabilimenti. E allora, qui entra in campo l’Amministrazione Comunale: un’amministrazione che vuole espatriare questa “rivoluzione” che viene paventata a Napoli, può e deve essere l’ago della bilancia. Noi questa causa la vinciamo se l’Amministrazione Comunale e il sindaco De Magistris intervengono in nostro favore. Che libertà è se in un Tribunale si cerca di affossare il diritto di opinione? Ci sono tanti casi…è un caso che due lavoratrici di Almaviva, che hanno criticato un accordo di merda fatto dall’azienda, si sono trovate una lettera di contestazione… Che democrazia è se non posso dire che Marchionne fa schifo, perché è andato via dall’Italia portandosi indietro un patrimonio che è di tutti? E allora è qui che entra in campo anche il Comune di Napoli. Se la nostra causa diventa d’indirizzo e i 5 licenziati perdono questa causa, le due ragazze di Almaviva non avranno più scampo, migliaia e migliaia di operai non avranno più possibilità di criticare il proprio padrone! Il comune di Napoli deve intervenire e decidere da quale parte stare, se vuole davvero portare avanti la battaglia contro la modifica della Costituzione. Deve dire la sua sul perché in FIAT si continua a usare la cassaintegrazione, con finanziamenti illeciti, e poi non ci sono soldi per i disoccupati e i precari…noi questo stiamo denunciando”.

Come i CLN: un fronte di lotta, un obiettivo comune. Quanto emerso fino ad ora traccia una linea di sviluppo, dimostra che il processo di costruzione della nuova governabilità è in atto, dimostra le potenzialità e le forze che losciopero generale animano. Assieme a questo, noi diciamo che questo processo non può svilupparsi, spontaneamente, oltre un livello elementare, per farlo diventare una via maestra è necessario dedicarsi alla sua cura con l’uso della concezione comunista del mondo, la scienza che raccoglie e sistematizza le leggi attraverso cui la società si trasforma. Questo è il lavoro dei comunisti. Il movimento comunista è oggi debole organizzativamente e ideologicamente per riuscire in questa opera in modo efficace e in tempi brevi come l’urgenza delle cose imporrebbe. Ma noi comunisti siamo disposti a imparare da quello che facciamo, a sperimentare, ad attingere dalla storia per riportare criteri e principi giusti (cioè utili alla nostra opera) alle condizioni di oggi e usarli. E la storia ci da un grande esempio, benchè le condizioni siano molto diverse fra oggi e allora: i CLN che costruirono la rete e operarono come nuove autorità pubbliche sotto la dittatura, che organizzarono il paese che sarebbe stato dopo la cacciata dei fascisti. Nei CLN non ci stavano solo i comunisti, ma tutte le forze antifasciste, progressiste, democratiche.

Anche questo è un insegnamento. Fra le tante divisioni e differenze fra movimenti, organismi, organizzazioni e partiti, noi stiamo imparando a valorizzare quel contributo, quell’apporto, che danno altri diversi da noi. Diversi, non per questo “concorrenti”. Concludiamo, a questo proposito, con l’intervento di una compagna dell’ExOPg di Napoli – vedi intervista su Resistenza n. 7/8 – 2016) che è dimostrazione concreta di come, a fronte delle necessità che la situazione impone, la parte avanzata del movimento popolare sa adeguarsi, trasformarsi, per assumere un ruolo positivo. Dice Federica: “Non crediamo che la società si possa cambiare tramite una x messa su qualche foglio ogni 4-5 anni, ma siamo consapevoli che oggi siamo in una fase nella quale non possiamo essere spocchiosi e dobbiamo sporcarci le mani in battaglie che magari, solo qualche anno fa, non avremmo portato avanti, per esempio quella sulla Costituzione. Ciò non solo perché viviamo in una situazione di grossa difficoltà generale – nonostante il grande fermento popolare che si vive in città – ma anche perché si è aperta un’occasione che dovevamo sfruttare vivendola da protagonisti, facendo innanzitutto da spina nel fianco all’amministrazione e ai suoi esponenti.

Questi si sono mostrati aperti al confronto con i movimenti sociali, ma la dichiarazione d’intenti non basta: bisogna vigilare e stare col fiato sul collo affinché i programmi e le promesse della campagna elettorale vengano eseguiti e anche celermente. Anche sul referendum costituzionale, dobbiamo essere chiari: la nostra campagna referendaria è per il NO e deve essere condotta da un lato per spingere ad applicare la Costituzione, contrastando l’accentramento di potere nelle mani dell’esecutivo e al svolta autoritaria che sta prendendo, ma è anche un NO sociale e politico, contro Job’s Act, Sblocca Italia e il resto delle leggi anti-popolari varate dal governo. Crediamo nella valenza politica e simbolica del referendum, il nostro deve essere un forte NO popolare al governo Renzi e al suo PD, il maggiore nemico in questa fase. Dobbiamo arrivare preparati al referendum, con la consapevolezza che non abbiamo gli stessi mezzi del PD e dei nostri avversari; dobbiamo raccogliere tutto ciò che abbiamo seminato in questi anni di lotte, cercando di interloquire con le persone su ogni territorio e preparandoci ad agire già dal giorno successivo al referendum: quindi non solo arrivare preparati al referendum, ma arrivare con un’organizzazione tale che al di là dell’esito, ci siano un gran numero di persone pronte a rimettersi in gioco e lottare, che abbiano fatto esperienze di partecipazione e di democrazia diretta, che siano in grado di partecipare a un livello superiore. Ciò che stiamo cercando di fare a Napoli, e ciò che ci hanno insegnato le esperienze molto positive tra cui quella del Controllo Popolare, è che c’è tanta voglia di partecipazione”.

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