A margine del dibattito abbiamo intervistato la compagna del movimento napoletano (Insurgencia), eletta nel Consiglio Comunale di Napoli.
Cosa si intende con “rete delle città ribelli” e quale il ruolo deve svolgere l’amministrazione De Magistris per promuoverla?
Le “città ribelli” non sono solo le città dove ci sono amministrazioni che decidono di portare avanti politiche in discontinuità con il governo centrale europeo da una parte e con i governi nazionali dall’altra; l’aspetto sostanziale è che le città ribelli esistono, se esistono i ribelli nelle città. Insomma, non basta definirsi “città ribelle” per esserlo. Se non c’è mobilitazione sociale, probabilmente quella città non è una città ribelle. A Napoli sicuramente l’amministrazione ha portato avanti scelte importanti: vedi Bagnoli, vedi i beni comuni, etc. Però è importante dire che il piano della mobilitazione non deve impigrirsi su di sé dal fatto che l’amministrazione si pone in questo modo, anche perché questa è una città che quando ha subito grandi momenti di ingiustizia collettiva è stata in grado di alzare la testa e mobilitarsi in maniera efficace. Per cui, sì le città ribelli, ma se esistono i ribelli nelle città. Penso per esempio al M5S: il fatto che ci sia un voto di protesta su Roma e Torino, non fa di quelle città automaticamente città ribelli; non lo fa, se non chiariamo su punti fondamentali come l’antirazzismo – e tante altre questioni – quali sono le cose che pensiamo; e soprattutto, ripeto, la mobilitazione: il piano della mobilitazione è fondamentale per fare di una città, una città ribelle.
Qual è lo stato attuale della mobilitazione sociale a Napoli?
In questo momento storico la città non è al massimo della mobilitazione sociale, nonostante da un punto di vista elettorale abbia fatto delle scelte radicali. Noi dobbiamo farci promotori della mobilitazione sui temi fondamentali per la città, anche perché sono temi sui quali De Magistris punta molto, come la lotta contro il Fiscal Compact, quella contro il commissariamento di Bagnoli, e così via. Bagnoli mostra, negli anni passati come oggi, che la lotta può vincere se il territorio è organizzato (…). Ci sono alcuni esempi eccellenti a Napoli da questo punto di vista, come l’Assemblea Popolare dell’VIII Municipalità (Scampia) che sta provando a dare indicazione all’amministrazione sulle linee programmatiche promosse dalla stessa assemblea popolare… è un buon esempio di sinergia tra l’amministrazione e i movimenti sociali della città. Non bisogna però fermarsi qui.
Che dialettica deve esistere tra istituzioni e organizzazione dal basso?
Lo strumento più banale è quello di avere accesso diretto ai documenti sulle tematiche decisive indicate dai movimenti sociali. Ma la qualità superiore di quest’amministrazione sta nel non considerare come interlocutore solo chi è nelle istituzioni e nella capacità di lavorare in maniera cooperativa con gli attivisti dei movimenti sociali; su questi temi l’amministrazione si è posta in maniera orizzontale e ha scritto insieme ai movimenti le delibere che riguardano i territori. Sono esempi autorevoli che esistono in poche altre grandi città d’Europa in maniera così radicale, forse solo a Barcellona c’è un caso simile con l’amministrazione guidata dalla Colau, anche lei proveniente dai movimenti sociali della città.