[Toscana] Resoconto del dibattito “Costruiamo organizzazioni operaie e popolari e avanziamo nella lotta per le amministrazioni locali di emergenza” del 14 agosto alla Festa della Riscossa Popolare di Massa.

 

Anche quest’anno, come l’anno scorso e come quelli precedenti, la lotta di classe non è andata in ferie. Il 4 agosto operai e operaie delle acciaierie di Piombino sono andati a Roma al Ministero per lo Sviluppo Economico (MISE) dove sono stati informati che di “sviluppo” non se ne parla. È la legge per cui quando lo Stato della borghesia imperialista dice una cosa, è vero il contrario: così come quando gli imperialisti vanno a “portare la pace e la democrazia” in vari paesi va inteso che vanno a portare la guerra e a riportarli al medioevo, così “Ministero per lo Sviluppo Economico” va inteso come il ministero dove si pianifica lo smantellamento dell’apparato produttivo del paese, va inteso come Ministero per la MISEria. Gli operai davanti al Ministero in presidio vengono informati che invece di andare avanti devono andare indietro, magari alle condizioni in cui la classe era 150 anni fa, con il lavoro sottopagato, con i sindacati annichiliti, con il lavoro che si perde. Lo sviluppo che i padroni garantiscono è all’indietro. In quanto “informatore”, lo Stato attraverso il suo ministero si presenta come neutrale, come quello che fornisce i locali dove padroni e sindacati discutono, ma neutrale non è, perché avvalla una situazione dove quelli che ci rimettono in maniera sempre più pesante sono sempre operai e operaie, perché sancisce una condizione che per operai e operaie non è più sopportabile.

La questione è stata trattata insieme ad altre il 14 agosto a Massa alla Festa della Riscossa Popolare organizzata dalla Federazione toscana del Partito dei CARC, che nemmeno va in ferie, così come non ci andò lo scorso anno quando si tenne una iniziativa sempre il 14 agosto e sempre qui a Massa, dove intervennero, tra gli altri, gli operai della Smith International di Volterra, altra azienda in via di smantellamento come lo erano e lo sono tante in quella che si manifesta chiaramente come guerra a chiunque vuole guardare la realtà per quella che è, guerra non dichiarata della borghesia imperialista contro la classe operaia e contro il resto delle masse popolari, nel nostro paese e nel resto del mondo.

La Federazione toscana del P.CARC ha quindi organizzato questa iniziativa, pubblicizzandola in un comunicato dopo le “MISErabili notizie” che escono dal MISE, con il teatrino dove il padrone decide di fare quello che vuole, lo Stato sta alle spalle come uno che non c’entra nulla, e il sindacalista racconta le cose come uno che viene da te e ti dice che ti vuole tanto bene ma purtroppo devi morire, come facevano i preti con i condannati a morte.

Le parole di compagni e compagne, di operai e operaie sono state in massima parte espressione della fiducia che ci anima, e nei discorsi il mondo nuovo possibile e necessario comincia a venire alla luce e cominciamo a toglierci di dosso le scorie che ci ostacolano il movimento, a parlare del futuro e a costruirlo con scienza e fervore.

La discussione.

Parla il compagno che presiede l’iniziativa

Introduce Fabio Gambone, della Segreteria federale toscana del P.CARC, presentando Franco Menchetti, che sta seduto alla sua sinistra. Franco lavora nell’indotto della General Electric di Massa e, oltre a fare l’operaio, sta in una organizzazione popolare per la difesa dell’acqua pubblica che si chiama “Acqua alla gola”. Lotta nella fabbrica e fuori della fabbrica, e quindi è un protagonista di questa nostra epoca storica, perché “occuparsi della fabbrica e uscire dalla fabbrica” significa vedere il dentro e il fuori, vedere il nesso che li lega, e grazie a questa comprensione diventare dirigenti del movimento di trasformazione del mondo, che parte da noi e solo da noi può partire, anche se noi ci consideriamo “troppo piccoli”, perché la classe dominante ci insegna, a ogni livello dell’insegnamento scolastico ed extrascolastico, a sottovalutarci e magari a sentirci inutili e impotenti.

Fabio informa che qui a Massa come nel resto del paese ci sono tante vertenze ma ciascuna va per conto proprio, e tante debolezze non costituiscono una forza. Dobbiamo unirci, ma ponendoci come forza di governo, dice. Infatti, come dicevamo parlando io e lui il giorno prima, la vera unione non sta nel rintanarsi nelle isole che la borghesia imperialista ci assegna come residenza mentre la marea si alza, ma nel prendere insieme una direzione, nel muoversi verso una direzione decisa insieme. Sta nel passare dalla resistenza all’attacco, cosa che, ricordo, è il compito a cui il P.CARC si dedica da sempre, e infatti è sintetizzato nel nome: noi siamo i Comitati di Appoggio alla Resistenza delle masse popolari al procedere della crisi, e ci addestriamo a trasformare questa resistenza in costruzione del Comunismo, fin da quando abbiamo cominciato a lavorare, ventitré anni fa.

Fabio parla della devastazione ambientale, dell’apparato produttivo in progressivo deterioramento, del degrado dei quartieri popolari. Sono tutte manifestazioni della fase terminale della crisi che avanza e si aggrava, e che ci spinge, con la sua gravità, a individuare soluzioni nuove, a pensare cose nuove e in modo nuovo. Se quindi fino a ieri abbiamo pensato che ciascuno di noi bastava pensasse a se stesso e ai suoi e che alle questioni generali ci avrebbero pensato altri, i padroni in campo economico, i politici in campo politico, i filosofi o i preti nel campo dello spirito, oggi pensare e fare cose nuove e in modo nuovo significa che dobbiamo prendere in mano noi la direzione di noi stessi e della società. Dobbiamo costruire nuove autorità. Dobbiamo creare lavoro, che di lavoro ce n’è sempre più bisogno.

Ci sono gli immobili di uso pubblico che sono lasciati senza manutenzione, ad esempio. Ci sono da fare interventi sul territorio, sfruttato in modo indiscriminato tanto che oggi si sfalda quando piove, come sanno bene i cittadini di Massa e di Carrara, come anche quelli di Genova e di altre parti d’Italia. C’è stato, ricorda Fabio, l’episodio che ha messo in ridicolo il paese nel mondo intero, il crollo del Lungarno a 150 metri dal Ponte Vecchio un paio di mesi fa.

Bisogna creare amministrazioni locali d’emergenza, dice, i cui embrioni si manifestano in incontri come quello dei movimenti contro l’inceneritore nella piana di Sesto Fiorentino con il sindaco di Napoli e il movimento che ne ha sostenuto la rielezione, il 21 luglio scorso a Firenze. Queste amministrazioni sono in rottura con le autorità della Repubblica Pontificia, questo nostro regime i cui fili sono tirati da un regista occulto, la Corte Pontificia, che predica e prega per il bene del mondo come se non avesse le mani in pasta e ruolo dirigente, anzi, in tutto quello che va male, e non può che andare male se è retto da una autorità la cui filosofia è quella del mondo feudale (secondo la quale il potere non viene dal popolo, che è pecora, ma da dio). Queste amministrazioni agiscono in rottura con la cosiddetta “Comunità Internazionale”, che impone di comprimere le esigenze materiali e spirituali delle masse popolari tenendo ferme le “esigenze di contenimento del debito pubblico”, cosa che per le masse popolari non significa altro che miseria e morte, come dimostra, tra le altre cose il fatto che la mortalità in Italia è salita di 50.000 unità tra il 2014 e il 2015, e la natalità è quella corrispondente agli anni della Prima Guerra Mondiale.

Queste amministrazioni sono sostenute dalle organizzazioni operaie e popolari, che danno loro fiducia, forza e che esercitano nei loro confronti funzioni di controllo. Parla del gruppo principale della lotta di Sesto Fiorentino, le Mamme No Inceneritore, che si sono riunite una prima volta in dieci, e oggi si incontrano in riunioni periodiche cui partecipa una media di 60 persone. Queste donne oggi indicono manifestazioni che portano davanti a Palazzo Vecchio 20.000 persone, e condizionano il risultato elettorale a Sesto Fiorentino, mettendo fuori gioco il candidato di Renzi, in una città dove mai, negli ultimi sessanta anni, si è mancato di rispettare le direttive prima del PCI e dei parassiti che lo hanno abitato appropriandosi delle sue risorse, che poi si sono chiamati PDS, poi DS, e oggi PD.

Queste amministrazioni sono un passo per un Governo di Blocco Popolare, un governo fondato sulla forza delle organizzazioni operaie e popolari, che dà valore di legge alle iniziative che quello organizzazioni assumono a difesa dei propri interessi materiali e spirituali. Sarà un governo diretto da quelli che oggi godono della fiducia delle masse popolari, gente come Luigi De Magistris, come Gino Strada, come Giorgio Cremaschi, come forse come lo stesso Landini, se invertisse la tendenza a rattrappirsi entro il campo sindacale, per di più nei limiti sanciti dalla borghesia imperialista, limiti volti ad annichilire il sindacato.

Questo governo a sua volta sarà la base di lancio verso la vera soluzione della crisi, verso il socialismo, cioè verso lo Stato che dirigerà la società e la produzione ai fine del benessere collettivo, e che promuoverà la crescente partecipazione delle masse popolari alla direzione della politica, dell’economia, della cultura e la partecipazione delle masse popolari alle attività che distinguono gli esseri umani dagli altri esseri viventi, e cioè le scienze (inclusa una delle scienze più alte e complesse, la scienza politica) e le arti nelle loro varie forme.

Una di queste arti è la poesia. Due operai di Reggio Emilia, Ilie Crudu e Rosario, leggono due poesie di Bertolt Brecht.

I due operai di Reggio Emilia leggono due poesie di Bertolt Brecht.

L’elogio dell’imparare.

Impara quel che è più semplice! Per quelli

il cui tempo è venuto

non è mai troppo tardi!

Impara l’abc; non basta, ma

imparalo! E non ti venga a noia!

Comincia! devi sapere tutto, tu!

Tu devi prendere il potere.

Impara, uomo all’ospizio!

Impara, uomo in prigione!

Impara, donna in cucina!

Impara, sessantenne!

Tu devi prendere il potere.

Frequenta la scuola, senzatetto!

Acquista il sapere, tu che hai freddo!

Affamato, afferra il libro: è un’arma.

Tu devi prendere il potere.

Non avere paura di chiedere, compagno!

Non lasciarti influenzare,

verifica tu stesso!

Quel che non sai tu stesso,

non lo saprai.

Controlla il conto,

sei tu che lo devi pagare.

Punta il dito su ogni voce,

chiedi: e questo, perché?

Tu devi prendere il potere.

Il comunismo è il giusto mezzo

Fare appello alla sovversione dell’ordine esistente

sembra cosa tremenda.

Ma quello che esiste non è un ordine.

Cercare rifugio nella violenza

sembra cosa malvagia.

Ma poiché quello che di norma si esercita è violenza

non è niente di strano.

Il comunismo non è la prospettiva estrema,

l’ordine realizzabile solo in piccola parte,

ma prima che non sia realizzato globalmente

non esiste condizione

che sia tollerabile anche per un insensibile.

Il comunismo è veramente l’esigenza minima,

la soluzione più che ovvia, equilibrata, ragionevole.

Chi si schiera contro non è uno che la pensa diversamente.

Ma uno che non pensa o uno che pensa solo a se stesso,

un nemico del genere umano,

tremendo,

malvagio,

insensibile,

che intensamente vuole l’estremo,

il quale se realizzato solo in minima parte,

sarebbe la rovina dell’intera umanità.

Interviene Franco Menchetti, dell’indotto General Electric di Massa

Franco dice che ci sono 300 lavoratori in General Electric e altri 7-800 nell’indotto. Spiega come stanno sviluppando lotte a partire dalle ditte dell’indotto sia sul piano sindacale sia su altri piani, in quelle situazioni dove l’appartenenza a un sindacato comporta rischio di licenziamento. È però convinto che l’azione degli operai deve andare oltre la fabbrica, e lui lo fa impegnandosi nella lotta per garantire alle masse popolari l’acqua, che è un bene essenziale. Gli operai hanno ruolo centrale e si possono e si devono occupare di tutto, perché loro sono operai ma anche gente che paga bollette, mutui, affitti e tutto il resto, dice.

Constata che tra le masse popolari è assai diffuso l’individualismo. Gli operai e gli altri elementi più avanzati delle masse popolari devono creare, dice, “un popolo capace di influire sulle amministrazioni”. Pensa che la vera forza è il numero e che bisogna fare numero per influire su chi ha il potere. Nel suo discorso compare la consapevolezza che questi organismi di potere hanno da avere forma nuova, che devono essere amministrazioni locali di emergenza.

Quanto al numero, è vero che costituisce una forza, gli dico qui io, ma la forza che costituisce il numero è la coscienza che cresce in operai come lui di potere comprendere la realtà e di poterla trasformare.

Interviene Galeano Fruzzetti, di “Acqua alla Gola”

Acqua alla gola” è l’organismo di cui fa parte Franco. Galeano Fruzzetti è uno di quelli che lo hanno promosso e che lo dirige. Spiega che hanno iniziato a lavorare in 4 o 5 qui a Massa, e si sono trovati di fronte a un sistema di gestione dell’acqua infernale, da girone dantesco. Quelli che hanno governato e governano, inclusi quelli che si dichiarano di sinistra, hanno tradito il popolo. Ci fanno pagare non solo l’acqua, non solo le fognature e la manutenzione dell’apparato del gestore idrico, ma anche i suoi investimenti e, se quelli vanno male, anche le sue perdite.

Acqua alla gola” è diventata punto di riferimento in Toscana, e da loro hanno cominciato a venire persone in lacrime che non sanno più come fare per sostenere le spese che i gestori idrici impongono. Hanno quindi deciso di protestare. Hanno fatto una assemblea in un parco pubblico a Massa dove hanno visto convergere tre o quattrocento persone. Si sono messi a raccogliere le firme. Hanno stampato moduli e la gente glieli ha strappati di mano e li ha diffusi per conto proprio, a raggio. A Massa, che ha 65.000 abitanti, hanno raccolto ventimila firme.

Questo, credo, è un buon insegnamento per tutti quelli che credono ai fabbricanti di piagnistei, sulle “masse che non si muovono”, sul fatto che “ormai ciascuno sta nel suo guscio”, sul fatto che “gli italiani non sono come i francesi (o i greci, o altri) che invece lottano e riempiono le piazze”. Ricordo un episodio proprio qui a Massa nel gennaio 2011, di un operaio, iscritto SeL, che si lamentava per il fatto delle “masse che non si muovono” mentre si muoveva al mio fianco in un corteo quindicimila lavoratori e lavoratrici. Probabilmente diceva così per fede nel partito di Vendola, fede che i fatti sotto il suo naso non avevano forza di incrinare, così come si attenevano alle verità di fede gli inquisitori papali per i quali non era necessario verificare con un’occhiata al telescopio ciò che Galileo Galilei aveva scoperto, dato che i libri la verità sull’argomento l’avevano già detta.

I politici a fronte delle ventimila firme si sono messi paura e li hanno convocati. Contemporaneamente si sono messi a denigrarli. A lui lo hanno attaccato per la sua passata militanza nel vecchio PCI. Li accusano di “voler fare politica”. Il loro movimento è apartitico, dice, ma difendono gli interessi della gente. Questo effettivamente è fare politica, è fare buona politica.

Hanno di fronte un sistema economico e finanziario molto potente. Sono però obbligati ad andare avanti perché lottano per un bene essenziale, perché senza acqua non si vive. Parla delle lettere che arrivano alle famiglie e che comunicano lo stacco dell’acqua, dell’umiliazione che subiscono da parte del gestore idrico. A settembre diranno al sindaco che facciano ordinanze per non fare staccare l’acqua, altrimenti promuoveranno lo sciopero fiscale.

Fabio interviene per dire che il potere alla classe dominante si toglie costruendo nuovo potere, cominciando a organizzare noi produzione, distribuzione del prodotto, raccolta rifiuti e quant’altro. Questo, effettivamente, è costruire la rivoluzione qui e ora, e vale contro la falsa idea che il cambiamento sia cosa che ci sarà “un domani”, che la rivoluzione scoppierà, che questo accadrà “quando le masse si sveglieranno”, eccetera.

Fabio chiama a parlare Claudio, del Camping CIG di Piombino.

Interviene Claudio Gentili, del camping CIG di Piombino

L’organismo di cui Claudio fa parte è “Articolo 1-Camping CIG [Cassa Integrazione Guadagni, N. d. R.]” È un gruppo di lavoratori che via via ha incluso anche altri cittadini costituitosi dall’inizio delle procedure per lo smantellamento della Lucchini, che si è opposto alle dinamiche gestite dai proprietari e dalle istituzioni e dai sindacati che le hanno avvallate. Non sono contrari alla ripresa di determinate attività della fabbrica, ma hanno compreso che tutte le alternative proposte per mantenere la produzione erano fuori dalla realtà. L’ultima soluzione è quella proposta da Cevital, il più grande gruppo industriale dell’Algeria, la cui proposta prevedeva un programma con la continuazione della produzione di acciaio insieme ad altre produzioni in campo agroalimentare e interventi nella logistica (portuale). All’apparenza sembrava la soluzione di tutti i mali, ma c’erano due elementi problematici, uno che il programma non erano accompagnato da sufficienti garanzie in campo industriale e finanziario, e l’altro che il padrone algerino (Issad Rebrab) chiedeva una riduzione di salario del trenta per cento e un azzeramento della contrattazione aziendale di secondo livello. La Regione, il comune, il governo e i sindacati di categoria a livello locale e nazionale, si sono calati completamente le brache accettando tutto quello che Rebrab proponeva. Loro di Camping CIG, che si opponevano, si sono trovati sotto attacco continuo, di voler essere disfattisti, gufi, contrari all’interesse della città.

Oggi i programmi di Cevital mostrano la corda. A un anno e mezzo dalla stipula nulla è stato fatto di quanto promesso. Non sono stati fatti gli acquisti necessari e non ci sono i soldi per farlo. Nemmeno ci sono i soldi per mantenere la produzione esistente. Oggi non hanno nemmeno il capitale circolante per pagare gli stipendi e i semilavorati per il prodotto finito Non hanno soldi, non riescono a produrre niente, hanno peggiorato il piano industriale e hanno comunicato 750 esuberi. Non sono in grado nemmeno di fare rientrare i lavoratori diretti attualmente in CIG (quelli dell’indotto sono stati dati per morti subito).

La realtà oggettiva si è manifestata e Camping CIG sta diventando sempre più forte. Loro, le Cassandre, hanno denunciato i programmi e costretto le aziende a sbilanciarsi contro di loro e quindi a farsi vedere per quello che erano, i sindacati che li hanno attaccati direttamente, ma soprattutto l’azienda che nel confronto con loro ha gettato la maschera. Oggi l’azienda scavalca i sindacati senza alcuna vergogna, chiama direttamente i lavoratori in assemblea, comunica che ci sono 750 licenziamenti in arrivo, mostra che il sindacato ormai non conta più nulla, inizia a ricattare i lavoratori, fa le liste di chi sciopera.

Da questa crisi non si esce continuando a battersi in maniera isolata, dice Claudio, e ragiona su tre punti.

  1. Il recupero dei vecchi livelli occupazionali non può partire dalla sola siderurgia e basta e ci vuole un piano di sviluppo che garantisca la piena occupazione.

  2. Bisogna coordinarsi con tutte le realtà produttive della siderurgia del paese. Ci vuole una politica nazionale che pianifichi le attività siderurgica, cosa di cui un paese industrializzato non può fare a meno.

  3. Bisogna creare coordinamenti di lotta tra tutte le realtà in ciascun settore dove ci si scambi esperienze, per creare un tessuto di organismi che abbia in Italia abbia valore. Loro si sono chiamati “Coordinamento Articolo 1 – Camping CIG”, con riferimento al fatto dell’Italia come repubblica fondata sul lavoro, punto che per loro ha valenza assoluta, come ne potrebbe avere la Bibbia per un cristiano, dice.

Fabio segnala che la questione dell’industria siderurgica, quella della contraddizione ambiente – lavoro e quella di quale governo può mettere in pratica le misure di cui le masse popolari hanno bisogno saranno al centro della due giorni di iniziative che si terrà a Taranto il 26 e 27 agosto. Quella è una occasione per dare gambe al progetto di coordinarsi espresso da Claudio nel suo discorso, che è stato uno dei migliori di questa iniziativa, per le prospettive che ha incominciato ad aprire.

Parla Lino Parra, segretario della sezione di Cecina (LI) del P.CARC

I compagni del Partito di Cecina sono andati al Ministero a Roma con gli esponenti di Camping CIG. Racconta lo sbigottimento degli operai a fronte di Faticanti, responsabile nazionale FIOM per la siderurgia, che era sceso dicendo che non c’era niente da fare e di quell’operaio che gli ha strappato la tessera davanti. Ma oltre alla delusione e alla rabbia c’è la volontà di organizzarsi e coordinarsi che Camping CIG esprime. L’esperienza di Piombino va esportata. Camping CIG istituisce commissioni che si occupano di tutte le tematiche, e mostra la capacità della classe operaia di essere dirigente.

Camping CIG brucia le illusioni di chi pensa che la classe operaia e il resto delle masse popolari possano avere soluzione ai loro problemi da altri. Nemmeno è vero che i problemi si risolveranno da sé, e che “deve passare la nottata” come diceva Edoardo de Filippo. Il futuro dipende da quanto gli operai saranno in grado di prendere in mano il loro destino e il destino del paese. il coordinamento nazionale operaio non è più rinviabile, e gli operai di Taranto e quelli che si incontreranno a Taranto a settembre i devono cogliere al volo la proposta di Camping CIG.

Un contributo dalla Piaggio di Pontedera

La Piaggio di Pontedera è un’altra delle aziende condannate a morte lenta. In poco più di 10 anni ha visto ridotto il numero degli occupati da 12000 a 2500. Alessio Bardelli, operaio Piaggio del coordinamento USB, che non poteva intervenire all’iniziativa odierna, ci ha mandato un contributo:

In questi anni il mondo del lavoro è stato massacrato dalle politiche di tutti i governi che hanno ridotto in miseria i salari dei lavoratori dipendenti e cancellato ogni garanzia sociale rendendoci tutti precari…

C’è bisogno di dare un segnale forte contro le politiche dei sacrifici nel mondo del lavoro e di dare espressione a quella rabbia e quella insofferenza che in ogni luogo di lavoro cresce e si alimenta.

Non possiamo più lasciare in mano agli sciacalli della politica istituzionale il tema della contrapposizione diretta e esplicita a questo mondo ormai “RENZIANO”.

Il jobs act è percepito ogni giorno di più come una truffa, nei cambi di appalto delle cooperative, delle imprese e delle multinazionalii lavoratori vengono licenziati e riassunti perdendo la tutela dell’art. 18 mentre i lavoratori a tempo determinato, finiti gli sgravi fiscali per le aziende (22 miliardi di euro) vengono cacciati.

La realtà dei cosiddetti contratti a “tutele crescenti” si è trasformata in precarietà e voucher, cioè lavoro nero legalizzato..

Tutto viene esternalizzato nelle produzioni, le aziende usufruiscono di soldi pubblici e ammortizzatori sociali per poi abbattere salari e diritti.

A tutto questo va aggiunto come il governo provi a illuderci della crescita mentre crescono la disoccupazione giovanile e il disagio sociale.

I recenti tagli ai servizi essenziali, dalla Sanità ai Trasporti passando per la Ricerca hanno ridotto e peggiorato diritti e salari agli operatori creando notevoli disagi ai cittadini.

Renzi insieme al suo governo svende tutto ciò che è pubblico (trasporti, scuola, sanità, ecc.), salva le banche a spese della popolazione e si lamenta quando nelle sue passerelle mediatiche viene contestato e non riesce a far passare sotto silenzio gli ultimi scandali che lo hanno visto collegato con le peggiori lobby del paese!!

Per questi motivi e non solo abbiamo il dovere e la responsabilità di unire le lotte con chi si batte quotidianamente nei luoghi di lavoro, con i precari, pensionati, studenti, lavorando a fianco di coordinamenti territoriali, sindacati di base e a tutti coloro che si vogliono unire in queste lotte.

Sarà necessario, secondo me, già a partire da settembre organizzare assemblee condivise fra le varie realtà lasciando da parte vecchie ruggini e organizzando una nuova alternativa sociale rispetto all’enorme confusione che si respira nel paese..

Mi scuso per non essere presente e vi mando questo contributo, un saluto a pugno chiuso.

Con stima

Alessio Bardelli

Lavoratore Piaggio”

La sicurezza sul lavoro: interviene Marco Spezia

Marco Spezia, che ha lanciato ultimamente sportelli per la sicurezza autogestiti insieme a Medicina Democratica, ONLUS nella quale è attivo, dopo avere ringraziato il P.CARC della Toscana per avere organizzato questa iniziativa, si presenta: è ingegnere e da vent’anni si occupa di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro. In Italia, dice, ogni giorno muoiono 4 lavoratori e altrettanti ne muoiono per malattia professionale. Questa, aggiunge Fabio, è una delle manifestazioni più chiare della guerra di sterminio non dichiarata contro le masse popolari, in aggiunta ai morti per malasanità, inquinamento, disastri ambientali.

Parla dell’evoluzione normativa sulla sicurezza del lavoro a partire dagli anni ’50, tanto che oggi l’Italia è tra le posizioni all’avanguardia in Europa. Le leggi però non sono rispettate: non si fa rinnovo delle strutture produttive, non si fa formazione sui lavoratori, non si toglie l’amianto, si aumentano i ritmi produttivi.

Anche la sicurezza sul lavoro è un bene essenziale come lo è l’acqua, dice, collegandosi a quello che ha detto Galeano Fruzzetti.

Ha fatto un blog su FaceBook sulla sicurezza sul lavoro, che è stato cancellato, e ora si presenta qui solo come Marco Spezia, dice, a chi voglia sapere del lavoro svolto e contribuire. Nel corso del tempo ha raccolto l’adesione di organizzazioni e partiti che operano nella stessa direzione. Uno è Medicina Democratica, di cui come detto è membro. Coopera poi con il P.CARC, con l’USB di Firenze, con la CUB di Savona, con la FIOM Piaggio di Pontedera, con l’Associazione Toffolutti di Piombino, e con tanti altri.

La cosa più importante è che occorre un coordinamento nazionale anche quanto alla salute sul lavoro. Bisogna unirsi ed estendersi per poter avere forza e fare pressione per vincere.

Parla Gianluca Marinai dell’indotto Solvay di Rosignano

È un militante del P.CARC di Cecina. Racconta che la Solvay pare un isola felice, ma i problemi ci sono. La sicurezza sul lavoro è promossa, ma attraverso un sistema di norme che premia solo gli operai della fabbrica, non quelli dell’indotto, mentre punisce quelli dell’indotto con maggiore severità rispetto ai lavoratori interni, e tale che favorisce l’omertà sugli infortuni, presi a pretesto dall’azienda per misure punitive dal punto di vista economico. I controlli sul lavoro diventano poi sempre più ossessivi, mentre si fa intravedere lo spettro della delocalizzazione, nonostante i centoquaranta milioni di euro che lo Stato ha regalato a Solvay.

Anche secondo Gianluca gli operai non devono delegare ad altri, e nemmeno al sindacato, la soluzione dei loro problemi. Allo stesso tempo il sindacato deve essere obbligato a fare il suo mestiere. Non dobbiamo limitarci più a chiedere, alle lotte rivendicative, dice e intende ripetere quello già detto da altri, che non possiamo restare fermi sul terreno da cui il movimento comunista del paesi imperialisti non si è mai mosso, quello del rivendicare soluzioni ai problemi economici della classe operaia nel confronto tra sindacati e padroni, e quello di rivendicare soluzioni ai loro problemi politici nei parlamenti borghesi.

Restare su questi terreni è la ragione per cui il movimento comunista dei paesi imperialisti non ha avuto successo, ed è andato a traino, sul piano ideologico, politico ed economico di quello di paesi più arretrati come la Russia e come la Cina. Questa di cui sta parlando Gianluca è una delle scoperte della carovana del (nuovo)PCI, l’aggregato grazie al quale nel 2004 è stato costituito il nuovo Partito comunista italiano, carovana di cui il P.CARC è parte e che si chiama carovana perché è un insieme di forze e individui che esplorano terreni nuovi, che si aprono la strada combattendo, guidati da una scienza delle attività con cui gli uomini fanno la loro storia superiore a qualsiasi scienza borghese.

Parla Matteo della lista disoccupati e precari di Milano

Matteo Tranfo è membro della sezione del P.CARC di Milano. Porta i saluti del coordinamento delle liste dei disoccupati milanesi, di cui è componente. Parla della necessità di costruire una società di tipo nuovo , in cui ciascuno dia il proprio contributo.

Come lista stanno avviando una lotta per creare nuovi posti di lavoro. Insieme lottano per creare un fronte dove convergano le varie organizzazioni operaie e popolari. Parla di quelle della lotta per la casa, per la salute, per la difesa della costituzione, tutte lotte che si uniscono in quella per il lavoro e per la sua difesa, perché chi perde il lavoro perde la casa, la salute e tutto il resto.

Parla degli scioperi alla rovescia, quelli dove decidiamo noi di lavorare e lo facciamo, perché di lavoro da fare ce n’è e gente disposta a farlo pure. Bisogna fare in modo che tutto questo sia finanziato. C’è da riqualificare i quartieri, c’è l’acqua che allaga le stazioni della metro quando piove, c’è tanto da fare in un paese e in una società che la classe dominante lascia andare allo sfascio. Auspica che l’esempio della loro esperienza, come quelle analoghe delle liste di Napoli e Roma, serva a far sì che altri si muovano in questo senso e si coordinino.

Fabio interviene sull’argomento, segnalando che a Massa c’è la disoccupazione femminile più alta di tutto il nord Italia

Parla Paolo Francini, di Camping CIG

Paolo Francini è uno dei fondatori del coordinamento “Articolo 21-Camping CIG”. Espone il suo pessimismo, e dice che abbiamo l’acqua alla gola, ma si lamenta dell’indifferenza dei cittadini. Pure nella drammaticità della situazione non c’è stata una reazione adeguata dai cittadini, dice. Parla della decurtazione del 40% dello stipendio, di un piano segreto che ha licenziato mille persone e altre ne prevede di licenziare, che è stato portato alla luce da Camping CIG, tenuto conto anche che il prossimo anno l’imprenditore non sarà tenuto a rispettare i livelli occupazionali presenti. È pessimista sul creare un coordinamento subito. Farebbe collegamenti periodici itineranti, magari trimestrali, a partire da livello locale. Farebbe poi una piattaforma, che detti l’agenda delle scelte a partire dal livello locale. Il suo pessimismo dipende dal fatto che la coscienza delle masse popolari è “deturpata”, dice.

Fabio insiste sull’importanza dell’appuntamento di luglio a Taranto, e che i coordinamenti si sviluppano per l’obiettivo, e che si esauriscono se si chiudono in difesa.

Anche io parlerò con Paolo Francini a cena, dicendogli come quanto al futuro la questione non è essere pessimisti “realisti” o ottimisti “sognatori”, ma è darsi obiettivi fattibili, “prevedere” di ottenerli, perché la previsione è un elemento del successo, come spiega Gramsci.

Rinaldo Valenti parla della Rational di Massa

Rinaldo Valenti è segretario della sezione del P.CARC di Massa. Parla della sua fabbrica, la Rational di Massa. È stata fondata nel 1952 e oggi fanno lavatrici. Avevano anche duecento operai fino agli anni Novanta, poi sono crollati a venti e oggi sono 16. È stata la prima fabbrica a essere stata occupata nel dopoguerra. I primi anni di fabbrica per lui sono stati molto belli, per la sindacalizzazione, per il clima positivo che si respirava in fabbrica. Dato che tale era il clima non ha pensato che nella sua fabbrica si dovesse intervenire costituendo una organizzazione operaia, come diceva il Partito. Poi hanno dovuto adottare il primo contratto di solidarietà, e poi la crisi ha portato la gestione della fabbrica in mano al Tribunale. Il clima sereno è andato a svanire. I contratti di solidarietà poi hanno durata limitata. Ha quindi capito che una organizzazione operaia che lotta per tenere aperta la fabbrica serviva anche nel caso suo.

Anche a Massa serve un coordinamento operaio. Parla del fatto che con Franco Menchetti e un altro operaio si mettono a studiare la situazione e i documenti del partito. Dice che non sono i padroni a essere forti ma siamo noi che dobbiamo fare valere la nostra forza.

Ha ragione, e fa bene a studiare con i compagni della sua classe. Come ricordava nell’attivo finale che ha riunito sessanta e più compagni e compagne attivi nella Festa, bisogna essere “rossi ed esperti”, come insegnava Mao e come stiano imparando in questa Festa della Riscossa Popolare, e al riguardo la carovana del (nuovo)PCI ha portato il suo contributo, che dobbiamo essere “rossi esperti”, dobbiamo cioè avere dirigenti che si dedicano senza riserve a studiare l’esperienza della lotta di classe. Nel primo movimento comunista dei paesi imperialisti proprio compagni e compagne di questo tipo sono mancati: abbiamo avuto tanti comunisti che hanno dato tanto, e anche la vita, per la causa rivoluzionaria, ma non erano “esperti”, non avevano studiato e sperimentato come si costruisce la rivoluzione. Ecco un’altra ragione per cui in questi paesi non abbiamo fatto la rivoluzione, perché senza teoria rivoluzionaria non c’è movimento rivoluzionario, ed ecco la ragione per cui oggi, che dirigenti di questo genere si stanno formando guidati da una teoria rivoluzionaria ormai formata su pilastri solidi, facciamo la rivoluzione e faremo dell’Italia un nuovo paese socialista.

Parla Stefania Favoino, segretaria della sezione di Sesto S. Giovanni del P.CARC

Riprende quanto detto da Fabio, dicendo che da qui bisogna rilanciare un percorso, e quanto detto da Franco dicendo che dobbiamo convincere gli operai, il che secondo lei significa sviluppare la lotta di classe. Parla della lotta degli operai della General Electric di Sesto S. G. in lotta, ai quali propone di inviare un comunicato di solidarietà, unendo così questa festa a quella che faremo in Lombardia nel prossimo futuro. Il comunicato sarà sottoscritto dalle varie realtà qui presenti.

Concetta Mirabella del Collettivo Riuso e Rivoluzione di Poggibonsi (SI)

È originaria di Pozzuoli e parla di un’iniziativa di suo figlio, di quando aveva 15 anni, che decise di mettere a disposizione due stanze della loro casa per l’aggregazione dei giovani. Qui sono passate nel tempo tantissime persone, qui è nato, tra le altre cose, un centro di raccolta di indumenti da distribuire agli immigrati. Qui hanno costruito un laboratorio di sartoria dove usano quello che arriva per produrre cose nuove. Dice del fatto che lavorano e mentre lavorano uno legge l’autobiografia di Teresa Noce, una storia molto bella che descrive la vita gloriosa di una donna militante del primo PCI, dove si impara quale forza hanno operai e operaie quando sono nel partito e anche di come il PCI dagli anni Cinquanta dello scorso secolo in poi, iniziò a tradire gli operai, e anche le donne come lei. Concetta sa che questo metodo del far leggere uno degli operai e operaie mentre gli altri lavoravano fu adottato a Cuba nelle fabbriche di sigari, dopo la vittoria della rivoluzione?

Si stanno creando collegamenti con altre realtà, dice Concetta, come Officina Solidale e come Mondeggi di Firenze, che si occupano della produzione agricola, come organizzazioni che intervengono nel campo dell’informatica e altre, e faranno un festival delle autoproduzioni nel prossimo mese di settembre.

Parla Ciro Imperato, di Napoli

Ciro Imperato è componente della Commissione federale del lavoro operaio e sindacale della Campania del P.CARC. Ogni questione legata alle singole vertenze, dice, è politica, e va inquadrata nell’ambito della costruzione di una alternativa politica.

Dice una cosa vera e importante, che nelle mobilitazioni è la qualità che fa la quantità, e qualità è porsi come centri autorevoli, capaci di aggregare attorno a sé vaste parti delle masse popolari del paese, come fu il M5S al tempo in cui Napolitano fu costretto al golpe bianco per impedire che il loro successo elettorale si traducesse in potere politico, e come fu la FIOM quando nel 2010 avviò da Pomigliano una campagna di mobilitazione che diventò subito montante.

Da questo dibattito bisogna partire con un piano che, dice giustamente, deve essere un piano di guerra, fatto di iniziative tra loro concatenate. Invita i presenti, e in particolare quelli di Camping CIG dove più chiara è emersa le necessità di coordinarsi, ad andare a Taranto a settembre per l’iniziativa promossa da USB.

Conclusioni

Conclude Fabio Gambone, invitando a lasciare da parte le “vecchie ruggini” di cui parla l’operaio della Piaggio. Uniamoci per dare continuità al lavoro intrapreso, dice. Il futuro non è cupo come dice Paolo Francini, conclude. È luminoso.

Non c’è conclusione migliore di questa, e non è certo cosa che si ripete a pappagallo per darci coraggio, ma risultato di una lotta politica e individuale durata anni (di ciascuno di noi, di Fabio, di me e di tutti) contro il pregiudizio a vederci come votati alla sconfitta, cosa che sta radicata nella coscienza delle masse popolari come abitudine, perché siamo oppressi da millenni, e come effetto della propaganda borghese e clericale, che diventa sempre più ossessiva perché dopo tanti millenni non intendiamo rimanere oppressi un giorno di più. Ancora la battaglia non è conclusa, ma la via è tracciata, e il risultato è certo. Mao Tse tung scrisse alla figlia che si preparava agli esami scolastici che “a chi vuole affidare una funzione importante, prima, sicuramente, il cielo trasmette amarezza nel cuore e nella volontà”, ma “un materialista rigoroso non ha nulla da temere. La strada è tortuosa, il futuro è brillante”.

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