Quattro tesi sulla crisi della UE, sulla Brexit e sulle prospettive

Questo articolo è sintesi e libero aggiustamento del Comunicato del (nuovo)PCI del 26 giugno 2016 Approfittare di ogni difficoltà dei gruppi imperialisti per avanzare nell’organizzazione delle masse popolari! di cui raccomandiamo lo studio per approfondire l’argomento.

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1. Come e perché è nata la UE. L’Unione Europea è una istituzione dei gruppi imperialisti europei, non della popolazione europea. I gruppi imperialisti europei hanno costituito questa struttura nel secondo dopoguerra su sollecitazione e per volontà dei gruppi imperialisti americani, incominciando con la CECA (Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio), come estensione della NATO (1949) e prosecuzione del Piano Marshall. Il suo scopo era dare un assetto stabile alla cooperazione dei gruppi imperialisti europei che dovevano operare al servizio dei gruppi imperialisti americani, contro il campo socialista e il movimento comunista che allora avanzava in tutto il mondo. Man mano che, per limiti propri del movimento comunista cosciente e organizzato, la prima ondata della rivoluzione proletaria mondiale si è esaurita e contemporaneamente, per le caratteristiche proprie del modo di produzione capitalista, a partire dagli anni ’70 si è sviluppata la seconda crisi generale del capitalismo, l’UE si è trasformata. Sono venute meno le due condizioni che avevano consentito alle masse popolari di strappare tante conquiste: la forza del movimento comunista nel mondo, la congiuntura economica favorevole per i capitalisti.
Contro le masse popolari europee l’UE è diventata il centro promotore dell’abolizione delle conquiste politiche, economiche e culturali che in tutti i paesi imperialisti le masse popolari avevano strappato nel corso della prima ondata della rivoluzione proletaria in alternativa all’instaurazione del socialismo. L’abolizione delle conquiste rispondeva alla necessità dei capitalisti di migliorare le condizioni di valorizzazione del capitale e trovava vita facile a causa dell’esaurimento dell’ondata della rivoluzione proletaria nel mondo. Fu quindi in ogni paese imperialista la linea di tutti i governi e furono proprio il governo britannico (con Margareth Thatcher dal 1979) e quello americano (con Ronald Reagan dalla fine del 1980) a lanciarla su vasta scala.

2. Natura e cause della crisi della UE. La crisi generale del capitalismo comporta anche la lotta tra i gruppi imperialisti: ognuno deve guadagnare spazio a spese di altri. Nella Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti che domina il mondo, l’UE è quindi diventata un polo concorrente del polo imperialista USA. La creazione della BCE e dell’euro (anni ’90) è il tentativo di togliere ai gruppi imperialisti americani il dominio finanziario esercitato tramite il dollaro. Il polo imperialista che governa il sistema monetario internazionale ha in tutto il mondo grandi vantaggi sugli altri nel commercio, negli investimenti e nel potere politico che ne segue. Inoltre l’UE svolge, ora in collaborazione, ora in concorrenza con i gruppi imperialisti americani e sionisti, un’intensa attività per lo sfruttamento dei vecchi paesi coloniali. Qui le rivoluzioni di nuova democrazia si sono quasi dappertutto esaurite, molti degli Stati che esse avevano creato sono diventati comitati della borghesia burocratica o della borghesia compradora, i singoli paesi sono per lo più diventati colonie in forme nuove, gli Stati che non si sono sottomessi alla Comunità Internazionale sono aggrediti, bersagliati, assediati e frantumati: la Siria è l’ultimo esempio in ordine di tempo. Da qui nasce l’emigrazione di milioni di uomini e donne che in Europa la borghesia usa come manodopera a buon mercato e come bersaglio principale della mobilitazione reazionaria delle masse popolari europee. E’ chiaro che l’UE non cesserà di esistere a causa del voto sfavorevole espresso dal referendum britannico del 23 giugno.

3. Il bluff della democrazia borghese. In ogni paese europeo i gruppi al governo attribuiscono la responsabilità dell’eliminazione delle conquiste all’Unione Europea e nascondono il fatto che UE e BCE sono comitati d’affari dei grandi capitalisti dello stesso paese. Per avere la maggioranza assoluta nel Parlamento uscito dalle elezioni del 7 maggio 2015, Cameron aveva dovuto promettere il referendum sull’UE entro il 2017. Ha negoziato con l’UE nuove condizioni di privilegio per la Gran Bretagna, condizioni che secondo i pregiudizi creati dalla stessa classe dominante avrebbero dovuto assicurare la maggioranza ai voti pro-UE e ha indetto il referendum anzi tempo massimo, prima che risultasse chiaro che per la massa delle popolazione britannica le nuove condizioni non cambiavano il corso delle cose. E lo ha perso: 17.4 milioni di voti per l’uscita e 16.1 milioni per restare, su circa 50 milioni di elettori aventi diritto. Ora i vertici UE e britannici dovranno trovare una qualche nuovo accordo perché la collaborazione e la concorrenza tra i gruppi imperialisti possa continuare. Lo troveranno, ma dovranno faticare un po’ e certamente attribuiranno all’esito del referendum le nuove sofferenze che imporranno agli emigranti e alla popolazione autoctona.
Le anime belle della sinistra borghese pensano e discutono seriamente come se il voto del 23 giugno avesse deciso “l’uscita della Gran Bretagna dall’Europa”, come se l’UE fosse nata e continuasse a esistere perché gode del favore popolare, come se la tenuta dell’UE fosse colpa di quelle “masse popolari ignoranti, passive e arretrate” di cui parlano spesso molti esponenti della sinistra borghese, come se l’UE fosse nata per soddisfare bisogni e richieste della massa della popolazione e per decisione delle masse popolari. Quanto vale “la volontà popolare” è dimostrato dall’esito del referendum contro il piano di “salvataggio” imposto dalla Troika al governo Tsipras, nel luglio 2015: benché il 62% dei votanti si fosse espresso per il NO, solo una settimana dopo Tsipras ha firmato l’accordo.

4. Le prospettive. La sinistra borghese riduce la crisi generale del capitalismo a problemi relativi alle sue strutture e al loro funzionamento e rifiuta l’idea che le masse popolari si possono liberare solo lottando contro la borghesia imperialista fino a instaurare il socialismo. I suoi esponenti nutrono l’idea e alimentano l’illusione che di per se stesso il risultato del referendum del 23 giugno segni la fine dell’UE e della BCE o almeno l’inizio della loro disgregazione.
È certo invece che nei mesi a venire i vertici della UE e della BCE e della Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti useranno in ogni paese europeo e negli USA la Brexit per giustificare una persecuzione più feroce degli emigranti e il peggioramento delle condizioni delle masse popolari.
Distruggere l’UE e la BCE è certamente possibile e anzi necessario. Ma per distruggerle bisogna togliere il potere ai gruppi imperialisti, non basta votare contro in un qualche referendum. Chi semina illusioni del genere indebolisce la lotta contro l’UE. Che lo faccia per imbrogliare o in buona fede, è questione secondaria.
Perché un paese rompa davvero le catene della UE, come più in generale perché rompa le catene della Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti, bisogna che nel paese si sia formata una vasta coalizione di organismi operai e popolari decisi a prendere in mano la direzione del paese e a dirigerlo in modo che resista all’aggressione e al blocco economico e finanziario che l’UE e la Comunità Internazionale certamente scateneranno.

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