Chiunque abbia militato in un qualche collettivo, organismo, organizzazione popolare o operaia o sia stato attivo in una qualunque rete sociale può verificare dalla propria esperienza che esiste sempre, in ogni contesto, una parte più attiva, generosa e lungimirante, più disposta a mobilitarsi e più capace di elaborare l’esperienza; una parte che incarna la tendenza a organizzarsi, a capire come funziona la società, a mettere al centro il collettivo. Sono tendenze positive già esistenti tra le masse popolari, se sviluppate creano condizioni più favorevoli alla costruzione della rivoluzione socialista. Chi le incarna costituisce l’ossatura, il nocciolo duro, di ogni organizzazione popolare e operaia, è il traino delle mobilitazioni: sono i componenti di questa parte, quelli che chiamiamo “elementi avanzati delle masse popolari”. I comunisti sono, devono esserne, educatori, formatori e organizzatori perché è principalmente attraverso di essi che il Partito mobilita e orienta anche tutto il resto delle masse popolari.
L’articolo che pubblichiamo su questo numero (Sulla fusione di politica e pedagogia) e quello che pubblichiamo sul sito (A 50 anni dalla Grande Rivoluzione Culturale Proletaria cinese) hanno l’obiettivo di trattare la questione in modo più esauriente attraverso due esempi. A premessa di quegli articoli, una riflessione generale.
Per assumere il ruolo di educatori, formatori e organizzatori, i comunisti devono esserne in grado, devono avvalersi usare la concezione comunista del mondo, che è una scienza e come ogni scienza non cade dal cielo ed è tramandabile (cioè si può imparare e insegnare). Chi non usa la concezione comunista del mondo non può fare un giusto bilancio della prima ondata della rivoluzione proletaria, pertanto non può avere nulla di utile da insegnare (non può essere educatore, formatore e organizzatore). Fare un giusto bilancio del movimento comunista è necessario per contrastare l’influenza della borghesia, le cui manifestazioni in questo campo sono essenzialmente tre:
la denigrazione dell’Unione Sovietica di Lenin e di Stalin, il silenzio steso sulla clamorosa rottura del 1956 e sull’opera distruttiva promossa dai revisionisti moderni guidati da Kruscev e da Breznev. Chi subisce l’influenza della borghesia in questo campo dà per verità sacrosanta i dogmi, i pregiudizi e le denigrazioni della propaganda borghese. L’Unione Sovietica si sarebbe dissolta perché il socialismo non è possibile. In realtà l’Unione Sovietica di Lenin e di Stalin ha dimostrato nei suoi 40 anni di attività proprio il contrario, cioè che il socialismo, annunciato da Marx e da Engels, è possibile. Né le potenze dell’Intesa prima né le forze coalizzate dei nazisti e dei fascisti di tutto il mondo poi erano riuscite a impedire che l’Unione Sovietica trasformasse la Russia arretrata degli zar in un paese culturalmente e industrialmente progredito e che esercitasse con generosità ed efficacia il ruolo di base rossa di tutti i movimenti progressisti che per alcuni decenni hanno scosso il mondo. Per disgregarla ci sono voluti, dopo la morte di Stalin e la svolta impressa da Kruscev nel 1956 e poi guidata da Breznev, più di 30 anni durante i quali i revisionisti moderni promossero sistematicamente alla direzione dello Stato, dell’economia e della cultura individui che si dicevano comunisti ma guardavano al mondo capitalista come a un modello e praticavano la concorrenza e la collaborazione con gli USA e le altre potenze imperialiste come guida e misura della loro attività: la dissoluzione del 1991 è il risultato della rottura del 1956, non della rivoluzione del 1917!
La rivalutazione o il silenzio steso sull’opera controrivoluzionaria di Togliatti e dei suoi allievi. Secondo gli opportunisti, i partiti comunisti non hanno instaurato il socialismo in nessun paese imperialista semplicemente perché non era possibile instaurarlo. Gli opportunisti non vedono altra prospettiva e non si pongono altro obiettivo che fare nelle istituzioni della Repubblica Pontificia da sponda politica delle masse popolari, la via con cui Togliatti riuscì a deviare dalla rivoluzione socialista il vecchio glorioso PCI della Resistenza e lo avviò sulla strada che tramite Berlinguer lo portò nelle mani di Occhetto e di Bertinotti.
Il rifiuto della grande lezione della Grande Rivoluzione Culturale Proletaria e gli apporti di Mao Tse-tung al patrimonio teorico del movimento comunista. I primi partiti comunisti, nonostante l’eroismo di molti dei loro membri e dei loro dirigenti, non hanno instaurato il socialismo in nessuno dei paesi imperialisti perché non avevano una comprensione abbastanza avanzata della natura della crisi del capitalismo e del sistema di controrivoluzione preventiva costruito a propria difesa dalla borghesia imperialista, delle condizioni e forme della rivoluzione socialista nei paesi imperialisti; hanno lasciato sviluppare l’influenza della borghesia e del clero nelle loro file perché non avevano una comprensione abbastanza avanzata delle condizioni e forme della lotta nelle proprie file contro l’influenza della borghesia e del clero, della riforma intellettuale e morale che i comunisti devono compiere per essere all’altezza del loro compito storico. Per adempiere al loro glorioso compito i comunisti devono diventare uomini di una pasta nuova: solo chi si impegna in questa trasformazione riesce a promuovere e dirigere la grande trasformazione epocale di cui l’umanità ha bisogno.
A queste tre manifestazioni se ne aggiunge una quarta. Consiste nello studiare la storia dell’epoca imperialista, la situazione presente e i suoi possibili sviluppi principalmente alla luce di ciò che fa e farà la classe dominante anziché guardando a ciò che fanno e faranno le masse popolari guidate dal movimento comunista. Da quando sono riunite le condizioni per l’instaurazione del socialismo, cioè da quando sul finire del XIX secolo si è entrati nell’epoca dell’imperialismo, la borghesia imperialista non ha fatto altro che rincorrere affannosamente il movimento comunista, cercando di soffocarlo, contenerlo, disgregarlo, corromperlo. E’ stato invece quest’ultimo, mettendosi alla testa delle masse popolari per guidarle a stabilire una nuova e superiore società comunista, a dare la direzione, in quest’epoca, alla storia dell’umanità. Per comprendere quindi la storia dell’umanità nella fase imperialista e scorgerne gli sviluppi futuri non dobbiamo guardare alla decadente classe dominante, per quanto decisive sembrino le sue manovre per il destino delle masse popolari, ma dobbiamo volgere lo sguardo all’inesorabile rinascere del movimento comunista poiché, per quanto debole possa apparire, esso incarna l’inevitabile futuro dell’umanità.