La situazione è eccellente, gli scontri in seno alla Borghesia Imperialista si fanno più aspri, l’ingovernabilità dall’alto prende sempre più piede e la paura di perdere il referendum per i poteri forti nel nostro paese è troppa, come emerge dall’articolo “Panico da referendum” de ilmanifesto.info, che alleghiamo. Ma da sola, l’ingovernabilità non basta. Non basta far capitolare il governo Renzi per cantare vittoria: il Vaticano, Confindustria e i loro soci si troveranno d’accordo per mettere a capo del governo un ulteriore uomo di fiducia, pronto a proseguire il programma di saccheggio e devastazione delle conquiste delle masse popolari.
Quindi, che fare?
Riportiamo uno stralcio dell’adesione del Partito dei CARC al Coordinamento per la Democrazia Costituzionale:
“DIFENDERE LA COSTITUZIONE = ORGANIZZARSI E ORGANIZZARE PER APPLICARLA!
Attuare in modo sistematico e capillare la parola d’ordine “a tutti un lavoro utile e dignitoso” (“l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”) per tenere aperte le aziende che i capitalisti chiudono o delocalizzano, per riconvertire ad altre produzioni quelle inutili o dannose, per far funzionare le scuole, gli ospedali e gli altri servizi pubblici, per rimettere e mantenere in sicurezza il territorio, per sviluppare la ricerca e/o l’applicazione di nuove energie pulite, per recuperare gli stabili in disuso e i quartieri degradati delle grandi città. Questa è la base di ogni percorso realistico di rinascita economica, ambientale, intellettuale e morale del nostro paese. Senza di questo, parlare di difesa e attuazione della Costituzione è un’illusione o un imbroglio! (…)
Chi ha l’interesse e la forza per dare piena attuazione alla Costituzione? Parliamoci chiaro. Attuare la Costituzione significa “entrare in guerra” con i poteri forti nostrani (e la loro comunità internazionale): la Corte vaticana in primo luogo, che è il governo di fatto, irresponsabile, occulto e di ultima istanza che dirige il governo ufficiale della Repubblica, la Confindustria e le altre organizzazioni padronali, le organizzazioni criminali, gli imperialisti USA ed europei, i gruppi sionisti (i vertici della Repubblica Pontificia). Cioè con i mandanti dei governi (da quello Berlusconi a quelli del Centro-sinistra, fino ad arrivare a quello di Renzi) e delle forze politiche (da Forza Italia al PD con i loro satelliti) che negli ultimi vent’anni hanno continuato su grande scala e spudoratamente l’opera di aggiramento e violazione della Costituzione che il regime democristiano aveva condotto per decenni. Solo le masse popolari organizzate hanno l’interesse e la forza per condurre e vincere questa guerra! Solo un governo composto da persone che hanno la fiducia delle organizzazioni operaie e popolari e sostenuto da esse ha la volontà e la forza per applicare su ampia scala la Costituzione, verificarla nella pratica, estenderne gli aspetti positivi.”
Di Andrea Colombo, edizione del 02/07/2016
Panico da referendum
Governo. Confindustria descrive scenari apocalittici in caso di vittoria del No. Grillini e Fi all’attacco sulla riforma. Per Demos M5S stacca il Pd e vince di netto il ballottaggio. E nel Palazzo è già totopremier.
Mancano solo lo tsunami e l’uragano Katrina. Per il resto la lista di apocalittici sinistri profetizzati dal Centro studi di Confindustria in caso di vittoria del No al referendum è completa. Caos politico, instabilità terremotante, fuggi fuggi di capitali, fiducia e consumi a picco. Trattandosi di un autorevole centro studi, mica fattucchiere, il disastro è calcolato in cifre e percentuali: differenziale sul Pil pari al 4% in meno, sugli investimenti addirittura del 16,8% in meno. Ci sarebbero anche 600mila disoccupati in più, 430mila nuovi poveri e non parliamo del debito pubblico che schizzerebbe dal 131,9% al 144%. Analisti imparziali e obiettivi, i ragazzi di Confindustria.
I capigruppo di Sinistra italiana De Petris e Scotto bollano subito il non disinteressato vaticinio come «terrorismo mediatico», ma segnalano anche che per abbassarsi sino a questo punto i poteri che sostengono Renzi devono essere in preda al panico. Probabilmente è proprio così. La popolarità del premier è al minimo storico. Un sondaggio Demos commissionato da Repubblica prevede la vittoria dell’M5S, se si votasse con l’attuale Italicum, con un distacco di 10 punti. E’ vero che i sondaggi vanno sempre presi con le pinze e che il quotidiano fondato da Scalfari è impegnato in una crociata contro il premio di lista. Ma il segnale resta netto e non equivocabile.
La controprova è negli attacchi concentrici che sono partiti ieri dal centrodestra, nonostante l’apertura tentata da Fedele Confalonieri, e dall’M5S, nonostante la difesa dell’Italicum dovuta a comprensibili interessi di bottega. La replica di Matteo Salvini a Confalonieri è stata durissima: «Leggo di ipotesi di nì al referendum. Patti chiari amicizia lunga: o si viaggia tutti insieme da subito o la Lega va da sola». Già che ci si trova, il leghista mette i puntini sulle i con la dichiarazione meno conciliante che si possa immaginare nei confronti dei moderati di Forza Italia: «Con la Lega al governo l’Italia uscirebbe dall’Euro». Meloni concorda, ma il ruggito è probabilmente inutile. Dentro Fi nessuno sembra attratto dalla sirena del Nazareno evocata da Fidel.
Sul fronte a cinque stelle è Alessandro Di Battista a suonare la stessa musica: «Un ottimo modo per bloccare queste schifezze di riforme costituzionali fatte da Verdini e un Italicum che produrrà un Parlamento di nominati è votare No al referendum». Anche sull’Europa, Di Battista va giù appena meno drastico di Salvini: «Sono convinto che avere una moneta propria e una banca che la possa stampare sia un’arma per fare politiche fiscali, monetarie, valutarie ed economiche. Serve un referendum consultivo». Come dire: fuori dalla Ue no ma dall’Euro…
A rendere questo clima e questi sondaggi particolarmente minacciosi è il fatto che la reazione alla Brexit, che pure ha rappresentato un appiglio per Renzi, sembra aver inciso poco. E se le cose stanno così adesso, quando l’ondata emotiva è ancora alta, ci si può facilmente figurare quale sarà la situazione in autunno.
Renzi, e ancor più di lui Maria Elena Boschi, però non intendono mollare, né sul referendum-ordalia e neppure sull’Italicum. «La legge elettorale non si tocca», ripete il premier. Probabilmente nella direzione di lunedì sarà meno tassativo. Formalmente lascerà aperto qualche spiraglio, ma la sua intenzione è quella di lasciare la legge come è, con il premio alla lista, e di mantenere altissima la posta in gioco nel referendum.
Ma se Renzi e la ministra Boschi vogliono giocarsi tutto in un tiro di dadi, sono in molti nella stessa maggioranza Pd a darsi da fare per preparare in tempo qualche paracadute. Nei corridoi del parlamento, negli ultimi giorni, è tornato di gran moda il toto-premier, quella specie di gioco di società politica consistente nell’ipotizzare chi potrebbe sostituire don Matteo se il referendum lo travolgerà: il solito Amato o il presidente del Senato Grasso, magari Franceschini che si da molto da fare, Enrico Letta nella parte del conte di Montecristo? Solo fantasie per il momento, ma quando nel Palazzo imperversano ipotesi sul prossimo capo del governo di solito significa che il conto alla rovescia è cominciato.