La Nazione di Firenze intervista Staino, che accusa Dario Fo di essere stalinista. Una differenza tra Stalin e Staino è che il secondo sparirà presto dalla memoria degli esseri umani, però oggi gode di una certa notorietà ed è utile alla propaganda di regime. È quindi utile analizzare quello che dice, come si può analizzare una mosca o un altro insetto che vive un giorno. Qui ci parla di Benigni, il quale, come molti ormai sanno, tempo fa ha spacciato nel film La vita è bella una grande menzogna storica, facendo liberare gli internati nel lager dagli americani, quando nella quasi totalità dei casi sono stati liberati dall’Armata Rossa che, dopo la vittoria di Stalingrado, iniziò la sua inarrestabile marcia verso Berlino, cosa per cui gli alleati, USA compresi, decisero di accorrere sbarcando in Normandia. Ora Benigni ha deciso di votare sì al referendum di Renzi. Dario Fo giustamente lo condanna, perché libertà di parola non significa mentire o usare l’arte per vendersi a chi massacra i popoli del mondo, come fanno gli imperialisti americani, o a chi fa guerra alle masse popolari italiane, come Renzi, che di quegli imperialisti è al servizio.
Staino ride e piange al tempo stesso. Ride di chi lo considerò venduto agli imperialisti americani, il che però è vero, cioè è dimostrato scientificamente, come nel caso sopra di Benigni, che disse il falso e in cambio vinse l’Oscar. Soprattutto, però, piange. Sono lacrime stupide, come di un pesce che piange in mare. La crisi avanza, la borghesia imperialista per mantenere il suo potere devasta il pianeta e impone guerra e miseria, e il 90 per cento della popolazione mondiale avrebbe ben ragione di piangere, ma ora invece è il momento di essere sereni e allegri, perché il futuro che abbiamo in mente e di cui si fondano oggi le basi è luminoso.
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La Nazione, FIRENZE – Sabato 04 Giugno 2016
Staino boccia Fo: deriva stalinista, «Benigni non ha tradito nessuno»
NON si fermano le polemiche dopo l’outing di Roberto Benigni che ha dichiarato di aver cambiato idea: al referendum voterà Sì. E dopo la reazione furibonda di grillini (con in testa il premio Nobel Dario Fo) e di parte della sinistra, durissimo il forzista Renato Brunetta: «Esposto ad AgCom contro inaccettabile show Benigni pro riforme e pro Renzi in Rai. Da Johnny Stecchino a Johnny Lecchino. Comico di regime». Da registrare anche l’avvertimento sulla riforma alla minoranza Pd del ministro Graziano Delrio: tutti abbiamo scritto questa riforma. «Dirigenti come Bersani sanno come ci si comporta di fronte a passaggi storici. È di questo che stiamo parlando, ovvero della stessa riforma che era stata elaborata durante il governo Letta. Le questioni non sono cambiate»
L’intervista:
UN FILO di voce. Malinconico: «Ma sì (sospiro). Come si fa… dai».
Vabbè Staino, Dario Fo sarà libero di commentare…
«Chi afferma il contrario? (sospira ancora). Però toni e sostanza sono francamente imbarazzanti».
Lei conosce Fo?
«Certo! Siamo amici da tempo e in più Dario per me è stato fondamentale!».
Da che punto di vista?
«Artistico. Umano».
Vale a dire?
«È stato decisivo per la nascita del mio Bobo alle prese con le paure e le speranze di un qualunque padre di famiglia progressista».
Dario era uno dei suoi maestri?
«Se penso a quante volte ho fatto le corse per conquistare un posto in piccionaia al Teatro della Pergola (il più famoso di Firenze ndr) in modo da godermi i suoi spettacoli…».
Perché è stato fonte di ispirazione per la sua opera artistica?
«Per la sua immensa capacità di collegare la satira politica al gioco surreale e alla poesia. Ho assistito e, in un certo senso, ho studiato tutte, ma proprio tutte, le sue commedie. Un grande».
Un maestro…
«Non solo lui, sia chiaro. Per Bobo ho preso a piene mani da Carl Barks e dal suo Paperino, dalla sua Paperopoli. Senza dimenticare un altro gigante come Jules Feiffer, colui che mi ha fatto capire che il fumetto poteva parlare anche agli adulti».
Fo accusa Benigni di essersi venduto al potere.
(pausa) «Mi sembra di vivere un incubo. Che tristezza. Dario ha sempre avuto una tendenza all’estremismo. Ma da quando sono arrivati i grillini sta esprimendo una demagogia impressionante. Non lo riconosco più».
Ma qual è la critica a Fo nello specifico?
«Di non prendere sul serio le opinioni degli altri, diverse dalle sue, di giustificarle, superficialmente, con la malafede. Però è difficile polemizzare su questo con un mito come Dario».
Benigni il puro…
«Non ho detto che Benigni non possa e non debba essere criticato. Ma non va bene dare patenti di moralità. Non è immaginabile affermare che sia un venduto. Queste cose le ho vissute da giovane con i marxisti-leninisti. Se facevi una minima critica diventavi subito un venduto al servizio dell’imperialismo americano. Magari…» (risata omerica).
A sinistra tacciare di tradimento non è cosa nuova.
«No, affatto. Anch’io sono un traditore perché disegno su l’Unità e lo sarò ancora di più perché voterò Sì al referendum».
Gliel’hanno detto?
«Sì, in forma diretta e indiretta, cioè anonima. E dire che abbiamo superato tante prove…».
Quali prove?
«Parlo del Pci. Ci siamo liberati dell’Unione sovietica. Dello stalinismo. Con Palmiro Togliatti imparammo la democrazia parlamentare, anche con la monarchia. Abbiamo superato il crollo del Muro, siamo diventati laici come i socialisti. E ora invece…».
Ora invece?
«Ci sono ancora rigurgiti di bordighismo (da Amadeo Bordiga, fondatore del Partito comunista d’Italia, noto per il suo settarismo, in polemica con Antonio Gramsci ndr)».
Esagerato…
«No, no. Vi rendete conto che Matteo Renzi offrì, con grande generosità, la direzione dell’Unità a Gianni Cuperlo il quale rifiutò? Ecco, questo rifiuto è stato condizionato anche dal fatto che sarebbe stato considerato un traditore dalla sinistra anti-renziana».
Staino, lei è tristissimo.
«Beh, chi non lo sarebbe parlando di certe cose. Mi piange il cuore vedere tanti compagni che sprecano il loro lavoro più per la divisione che per l’unità. Non fa bene a nessuno, anche se credo che la cosiddetta sinistra dem e i fuorusciti come Fassina, Cofferati, Civati se vanno avanti così non potranno durare a lungo».
E Benigni come l’avrà presa?
«Male, perché anche lui ammira Dario Fo. Inoltre lui, a differenza di me, è più abituato al successo e all’affetto del pubblico e quindi sicuramente soffre. Dico io: non sarebbe meglio discutere sulle nostre divergenze abbracciandosi affettuosamente come abbiamo fatto l’altro giorno al Salone del Libro Zagrebelsky, Caselli, don Luigi Ciotti, Michele Serra e io? Eppure i primi tre sono straconvinti del No. La sinistra, a mio avviso, deve comportarsi così. Basta traditori. Basta richiami della foresta. Se no finiamo nel settarismo e io, in gioventù, su questo ho già dato. Ora basta».