Lo scetticismo è la forma di pensiero per cui non si dà credito a qualcosa di particolare, cioè non si crede in qualcosa, oppure è la concezione per cui in generale non si crede in nulla. Sul piano storico si manifesta durante i periodi di crisi, in cui un vecchio modo di pensare perde efficacia e credibilità e un nuovo modo deve ancora affermarsi. È quindi espressione di un momento di passaggio, qualcosa che non può durare. Sul piano logico è una forma di pensiero che nemmeno può mantenersi perché è contraddittoria: anche chi dice di non credere in nulla in qualcosa crede, e in effetti la cosidetta “critica delle ideologie” è un’ideologia, e precisamente quella che, con il pretesto di togliere di mezzo tutte le ideologie, in realtà mira a demolirne una sola, la concezione comunista del mondo.
Il (nuovo)PCI descrive lo scetticismo nel nostro tempo: “La corrente di pensiero che sostiene che gli uomini non sono in grado di conoscere il mondo qual è, ha ripreso vigore e permea gran parte della “filosofia” attuale, il pensiero debole e il post-moderno. Contrasta con tutta l’esperienza delle scienze naturali, ma lo scetticismo ha ripreso vigore perché è un aspetto essenziale della controrivoluzione preventiva, della lotta della borghesia imperialista contro il movimento comunista. Lo scetticismo, l’idea che al di là di quello che conosciamo vi è una realtà inconoscibile, ripropone e sostiene il ritorno del misticismo, dell’esoterismo e della metafisica. Non potendo dimostrare che il marxismo non ha descritto in modo giusto il corso delle cose nel passato e nel presente, non potendolo cioè confutare sul suo terreno, la borghesia ha richiamato in vita la negazione della verità in generale”.
Lo scetticismo quindi è una concezione del mondo reazionaria, ma dobbiamo distinguere. C’è chi non crede perché ancora non è convinto, come tanti anche entro la classe operaia che, per essere stati traditi dai revisionisti che si spacciavano per comunisti, non riversano fiducia nel movimento comunista nuovo. La fiducia di questi e di altri esponenti delle masse popolari, i comunisti devono meritarsela e conquistarsela. Ci sono all’opposto quelli che usano lo scetticismo come arma contro la concezione comunista del mondo, per smentirne il valore scientifico sul piano intellettuale e per non assumersi responsabilità sul piano morale e politico (se nulla è vero ogni comportamento è giustificato e scusabile, inclusa la mancata attuazione degli impegni, il tradimento dei principi, ecc.). Questi ultimi vanno smascherati e combattuti come elementi reazionari attivi.
Gli scettici sostengono che la ragione non può comprendere tutto perché “ha i suoi limiti”. Lenin, esiliato nel 1913 in Svizzera, mentre studia in biblioteca incontra questo problema e lo sottolinea, in un passo della Scienza della logica di Hegel: “Si dice che la ragione ha i suoi limiti. In quest’affermazione non si ha coscienza del fatto che, in quanto qualcosa è determinato come limite, è già sorpassato”.
Il limite, che secondo gli scettici ci impedisce di avanzare, è invece il punto di partenza di chi vuole avanzare. Il riconoscimento dei propri limiti infatti è la chiave del successo dei comunisti: la Carovana del (nuovo)PCI negli ultimi decenni ha fatto un’analisi di questi limiti che ha portato a scoperte di grande importanza, grazie alle quali il nuovo movimento comunista italiano ha potuto intraprendere con lungimiranza e serenità crescenti la costruzione della rivoluzione socialista nel nostro paese.
Grazie all’opera di elaborazione scientifica della Carovana del (nuovo)PCI possiamo avanzare lasciando alle spalle lo scetticismo, il vero limite che genera all’infinito esitazioni e dubbi. Lenin, alle prese con la dialettica nella biblioteca svizzera, scrive: “non la nuda negazione, non la negazione semplicistica e inconsulta non il negare scettico, l’esitare, il dubitare è caratteristico ed essenziale nella dialettica – che indubbiamente contiene l’elemento della negazione e invero come l’elemento più importante – no, ma la negazione come momento della connessione, come momento dello sviluppo, nella conservazione del positivo, cioè senza alcuna esitazione, senza alcun eclettismo”.
Questo è un messaggio chiaro per tutti quelli che sono contro l’esistente: è giusto essere anticapitalisti, antimperialisti, antifascisti, anticlericali, antimaschilisti, ecc. ma solo se non ci limitiamo a essere contro, solo se siamo per, se siamo costruttori della nuova società.
Contro ogni esitazione e fantasia che ci tiene distanti dalla realtà ci siano d’esempio Rudolf e Maria Fischer, membri del Partito Comunista Austriaco, condannati a morte e uccisi dai nazisti uno il 28 gennaio e l’altra il 30 marzo 1943.
Quella che segue è l’ultima lettera di Rudolf alla figlia:
“Cara Erika, quando penso a te, ti vedo davanti a me nel chiaro sole estivo, cosí come ti ho visto nelle nostre innumerevoli gite. Cara bambina, fiorirà per te ancora tanta felicità. Non avere nostalgia del passato. Ciò che era non tornerà mai piú. Guardare indietro non ha scopo e non fa che paralizzare le tue forze. “Guardare in alto, spingersi avanti…”. Fa’ sempre ciò che ritieni giusto, non ti lasciar persuadere contro la tua profonda convinzione a compiere degli atti che ritieni sbagliati. Fa’ sempre subito ciò che ritieni necessario, o, senza esitazioni, non rimandare nulla. Ogni esitazione si sconta. Sii sempre con i tuoi pensieri nel presente, non perderti nei sogni. Per quanto utile e preziosa sia la fantasia, l’averne troppa significa essere ostacolati nella realtà dei propri pensieri, essere condotti in un vicolo cieco. Cara, cara gobbetta! Il senso della vita è “vivere”. Vivere il meglio possibile. L’ulteriore significato devi darlo tu stessa alla tua vita. Credimi: chi vive solo per sé, chi solo per sé cerca la felicità, non vive bene e nemmeno felice. L’uomo ha bisogno di qualcosa che sia superiore alla cornice del proprio io, dico di piú, che sia sopra al suo stesso io. Noi è di piú che non io”.