Il Venezuela a un bivio: avanzare nella costruzione del socialismo o soccombere agli imperialisti

maduro

 

Il (nuovo)PCI, nel comunicato n. 4/2016 del 20 marzo scorso – Per la vittoria delle forze che conducono l’offensiva popolare e progressista dell’America Latina – inquadra efficacemente la situazione attuale del Venezuela: con una iniziativa incessante iniziata anni fa la destra reazionaria sta in ogni modo cercando di rovesciare il potere bolivariano e in questi mesi la situazione sta precipitando. L’aspetto decisivo, tuttavia, non è la forza della destra, ma gli spazi di manovra che le forze popolari e progressiste le lasciano a causa delle resistenze (politiche, ideologiche) nel portare a un livello più alto il processo di costruzione del socialismo. Vale in particolare per il Venezuela quello che il (nuovo)PCI indica a livello più generale per le forze popolari e progressiste dell’America Latina: “Finora (la loro offensiva) si è svolta senza instaurare la dittatura delle forze popolari rivoluzionarie. Vale a dire

1. senza che le masse popolari rivoluzionarie organizzate prendessero il potere in ogni paese e in ogni sua zona e, libere dall’oppressione culturale, politica e pratica della borghesia e del clero, esercitassero il ruolo di pubbliche autorità, prendessero liberamente decisioni e mettessero direttamente in opera le decisioni prese;

2. senza reprimere le forze reazionarie ed eliminare ogni loro libertà d’azione: senza togliere alla borghesia e al suo clero la stampa, le TV, le scuole, le case editrici, le università, gli istituti culturali e gli altri mezzi di comunicazione, di confusione, di diversione e di intossicazione delle idee e dei sentimenti delle masse di cui essi sono i proprietari quasi esclusivi non solo a livello internazionale (irraggiungibile) ma in ogni paese; senza togliere loro i mezzi d’azione e di cospirazione politica (locali, libertà di comunicazione, organizzazione e propaganda politica, obbligo di ogni adulto a un lavoro utile e a tempo pieno, ecc.) e in generale l’agibilità politica; senza eliminare le mille istituzioni attraverso le quali la borghesia imperialista internazionale e i suoi alleati e agenti locali impongono al popolo la loro egemonia culturale e politica;

3. senza creare proprie forze armate: o hanno lasciato intatte le forze armate allevate e formate dalla borghesia imperialista americana ed educate dalla lunga storia di repressione aperta e sanguinosa o subdola e segreta contro le masse popolari (facendo leva sulla neutralità che quelle forze armate ora professano, sulla nausea che il tanto sangue versato ha provocato anche nelle loro file, sul disgusto per la condizione miserabile in cui il sistema imperialista ha ridotto il loro paese) oppure le hanno epurate solo degli elementi apertamente irriducibili e solo parzialmente riformate. Il compito dell’organizzazione militare delle masse popolari rivoluzionarie non è stato ancora affrontato.

Parimenti finora l’offensiva delle forze popolari e progressiste in America Latina si è svolta senza creare un apparato produttivo in mano al popolo, senza cambiare il modo di produzione: la borghesia internazionale e soprattutto la borghesia e il clero locali continuano ad avere sostanzialmente in mano il grosso dell’apparato di produzione e di distribuzione, dell’apparato di importazione ed esportazione, delle banche e delle altre istituzioni monetarie e finanziarie. Su questa base l’ala sinistra della borghesia contratta la sua collaborazione con il governo del paese mentre l’ala destra conduce la guerra economica a cui il governo si contrappone manovrando la rendita mineraria (in particolare da petrolio e gas) che ha nazionalizzato, il sistema fiscale e la spesa pubblica”.
L’uno si divide in due. Il processo compiuto dal Venezuela bolivariano è oggi a un punto di svolta: la destra reazionaria sta facendo valere il potere in campo economico e le relazioni commerciali che ha mantenuto, gode del sostegno aperto e ostentato degli imperialisti USA e di quello diretto del Vaticano, fomenta rivolte in nome delle condizioni di vita sempre più precarie di cui lei stessa è responsabile con le sue manovre, corrompe (dove e quando non controlla direttamente) parte dell’apparato statale e della polizia, provoca, organizza e arma bande criminali che alimentano disordini e compiono esecuzioni di attivisti politici e sindacali. Una spirale che porta il paese nel caos.
Di questo caos ne dà una sintetica visuale Il Giornale che con l’obiettivo di denigrare il governo Venezuelano, esplicitamente dimostra il contenuto delle manovre della destra eversiva: “Più ancora della crisi politica, a rendere drammatica la situazione del Venezuela è quella economica e sociale, dovuta ad anni di insensato statalismo e di cattiva amministrazione, oltre che al crollo del prezzo del petrolio che forniva a Chavez i mezzi per fare quella politica sociale che gli assicurava il sostegno delle masse. Oggi che le casse dello Stato sono vuote, la vita quotidiana della popolazione, classe media compresa, è diventata un inferno: code chilometriche si formano davanti ai supermercati prima dell’alba nella speranza di trovare un po’ di pane o un quarto di pollo, ma spesso gli empori, disperatamente vuoti, non aprono neppure; i saccheggi dei pochi negozi che hanno ancora della merce sono sempre più frequenti, e la polizia è costretta ad affrontare manifestanti che protestano semplicemente perché hanno fame; la Coca Cola e numerosi stabilimenti alimentari hanno chiuso per mancanza di materia prima; in molti quartieri di Caracas e in buona parte delle province l’elettricità viene erogata per poche ore e l’acqua ormai una brodaglia bruna impossibile da bere e che infiamma la pelle una volta la settimana; negli ospedali mancano le medicine, buona parte delle apparecchiature sono fuori servizio e muore gente che in ogni altro Paese civile potrebbe essere facilmente curata; l’inflazione è al 700%; per risparmiare corrente, tribunali e uffici pubblici sono aperti solo il lunedì e il martedì, spesso solo per mezza giornata; da una settimana, hanno cominciato a chiudere anche scuole ed asili; in molte ore della giornata Carcacas, una volta una delle metropoli più caotiche del continente, sembra una città fantasma; e, come è ovvio, la criminalità è rampante, con i sequestri di persona, le rapine e gli omicidi che aumentano di giorno in giorno. Come andrà a finire? L’impressione è che, se continuerà a violare la Costituzione, Maduro sopravvivrà soltanto fino a quando i militari, dai tempi di Chavez parte integrante del regime, ma ora “infiltrati” anche dall’opposizione, non decideranno di farla finita. Intanto vecchi alleati, come Argentina e Brasile, gli stanno voltando le spalle e perfino Cuba sembra prendere le distanze. Gli Usa hanno ufficialmente definito il regime venezuelano una “minaccia per il continente”. Se non vuol finire male, a Maduro converrebbe accettare il referendum e se come i sondaggi lasciano prevedere l’elettorato gli darà il benservito, accettarne il verdetto” – Il Giornale on line, 30 maggio 2016. Al netto delle menzogne e delle descrizioni caricaturali, l’articolo dimostra che, per iniziativa della destra eversiva, il governo venezuelano è costretto a imboccare con maggiore decisione la via della dittatura del proletariato per non soccombere.

Difendersi o passare al contrattacco – Appello alle masse popolari. Già ai tempi del tentativo del colpo di stato del 2002 la vera forza del governo bolivariano, all’epoca guidato da Chavez, si rivelò essere il protagonismo delle masse popolari: la mobilitazione di centinaia di migliaia di persone, in sostegno dell’Esercito, sventarono eroicamente il golpe. E’ alla stessa forza che oggi si appella Maduro, spinto dalle condizioni a rompere gli indugi e a chiamare su vasta scala le masse popolari a occupare le fabbriche che i padroni vogliono chiudere e decretandone il sequestro. Non si tratta di una novità assoluta: il governo bolivariano aveva già promosso l’occupazione temporanea delle fabbriche di proprietà straniere, in particolare USA – vedi Resistenza 10/2014 – in questo caso si tratta però di una misura per prendere in mano l’apparato produttivo del paese che i capitalisti venezuelani stanno dismettendo e farlo funzionare. Combinato a ciò, il governo venezuelano ha decretato il 14 maggio lo stato di emergenza: la mobilitazione dell’esercito per far fronte “a qualunque scenario” (Internazionale.it), al boicottaggio e al sabotaggio delle organizzazioni eversive e reazionarie.

America Latina. La “partita” del Venezuela avviene in un contesto di sommovimenti tumultuosi per tutto il continente: in Brasile la destra ha operato per la cacciata di Dilma Rousseff attraverso un golpe istituzionale, prendendo in mano per conto dei gruppi imperialisti il paese; in Argentina attraverso le elezioni, con la vittoria di Macrì, è avvenuto un processo analogo, come in Perù con la vittoria della figlia di Fujimori al primo turno delle elezioni presidenziali; a Cuba i tentativi di restaurazione del capitalismo si presentano con la forma dei concerti dei Rolling Stones e con l’inizio delle prenotazioni turistiche di massa. Il Messico è attraversato dalle mobilitazioni popolari, il Cile è, da mesi, infiammato dalle proteste degli studenti.
Quello che gli imperialisti USA avevano trasformato nel loro cortile di casa grazie ai colpi di stato, deportazioni ed esecuzioni di massa, operazioni Condor, è oggi una polveriera caotica in cui le masse popolari possono instaurare un nuovo ordine. L’esito di questa lotta è deciso dai comunisti e dalle masse popolari: i primi sono il motore e le seconde sono la forza della trasformazione del mondo. 

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