Respingere la controffensiva della destra sindacale, rilanciare su scala più ampia l’offensiva degli operai avanzati e dei delegati combattivi!
Ai partecipanti all’Assemblea del Sindacato è un’Altra Cosa del 12 maggio a Roma
A quanti hanno preso posizione a sostegno dei delegati “incompatibili” e contro il “licenziamento” di Bellavita
A quanti si oppongono alla piega presa dalla FIOM nella trattativa per il rinnovo del CCNL
La prossima assemblea nazionale del Sindacato è un’Altra Cosa-SAC trae spunto dalla dichiarazione (Collegio Statutario Nazionale della CGIL, 2 marzo) di “incompatibilità” della partecipazione al Coordinamento dei lavoratori FCA del Centro-sud con l’appartenenza alla FIOM-CGIL e dal “licenziamento” (Segreteria Nazionale FIOM, 7 aprile) da funzionario della FIOM-CGIL di Sergio Bellavita, portavoce nazionale del SAC. Ma da dove vengono la dichiarazione di “incompatibilità” e il “licenziamento”? Per affrontare con successo la lotta contro questi due provvedimenti della destra FIOM e CGIL, dobbiamo anzitutto capire la loro causa e il loro significato, il contesto in cui la destra sindacale ha preso queste due misure.
Ricostruiamo la storia, gli antecedenti delle due misure.
■ Il regime che Marchionne dal 2010 ha iniziato a introdurre negli stabilimenti FIAT è l’imposizione anche agli operai italiani della linea della borghesia imperialista americana ed europea, già applicata diffusamente nelle fabbriche e contro le masse popolari in altri campi (rapporti di lavoro, diritti sindacali, pensioni, servizi, istruzione, partecipazione alle istituzioni della democrazia borghese, ecc.) negli USA (Ronald Reagan), in Gran Bretagna (Margaret Thatcher e Tony Blair) e in Germania (Gerhard Schröder).
■ Con il referendum alla FIAT di Pomigliano (giugno 2010), la grande partecipazione alla manifestazione nazionale del 16 ottobre 2010 a Roma, il referendum alla FIAT Mirafiori (gennaio 2010) e la mobilitazione unitaria del 28 gennaio 2011, la FIOM di Landini aveva mostrato e constatato che era in grado di mobilitare contro Marchionne e la banda Berlusconi la classe operaia del paese e che al suo seguito si mobilitavano gli altri lavoratori, il resto delle masse popolari e gran parte della sinistra borghese.
■ Questo risultato la poneva però di fronte a una scelta radicale: proseguire voleva dire porsi alla testa del movimento per costituire un governo d’emergenza che tenesse in funzione le fabbriche minacciate da Marchionne e più in generale facesse fronte alla fase acuta (iniziata nel 2008) della crisi generale del capitalismo. Di fronte a questo salto, la FIOM decise di ripiegare e incominciò a cedere terreno. Il referendum alla ex Bertone di Grugliasco (maggio 2011) fu la conferma della svolta: la FIOM ripiegava sulla linea di tirare la corda con i padroni (per coltivare il rapporto con gli operai) ma non romperla (per non assumersi maggiori responsabilità).
■ Dopo la svolta della FIOM, nelle fabbriche la resistenza di operai avanzati e delegati combattivi al sistema Marchionne è continuata, ma in forma dispersa. Nessuno dei centri nazionali che già godono di seguito, prestigio e influenza tra le masse popolari l’ha più promossa e tanto meno l’ha sintetizzata come orientamento e linea da diffondere a livello nazionale, facendo valere il legame oggettivo tra essa e le altre lotte in corso e dando all’insieme delle lotte un obiettivo comune e realistico: la direzione del paese. Sono stati i vertici della Repubblica Pontificia a tirare le conclusioni della dimostrazione d’impotenza data dalla banda Berlusconi e nell’autunno del 2011 hanno provveduto alla sua sostituzione con un loro governo d’emergenza, quello Monti-Napolitano.
■ Dopo il 2011 la linea Marchionne è diventata gradualmente la linea della Confindustria, di gran parte della borghesia italiana e dei governi della Repubblica Pontificia: Monti (Fornero) e Letta prima e poi Renzi (Jobs Act, Sblocca Italia, Buona Scuola, ecc.). Via via si sono tutti convinti di avere la forza di imporla. Quanto ai sindacati, la destra sindacale ha passo dopo passo dispiegato più apertamente la sua linea anche nella FIOM. La direzione della FIOM ha accettato uno dopo l’altro gli accordi di collaborazione con padroni e governo già sottoscritti dalla CGIL diretta da Susanna Camusso e da altri nipotini di Craxi, fino ad accettare persino il Testo Unico sulla Rappresentanza (10 gennaio 2011). La posta in gioco nella trattativa ora in corso per il rinnovo del CCNL dei metalmeccanici è la riammissione della FIOM al tavolo delle trattative per far sanzionare da tutti i maggiori sindacati della più importante categoria di operai
1. la fine del contratto nazionale di categoria a favore dei contratti aziendali e corporativi,
2. la fine del diritto di sciopero come stabilito dalla Costituzione e imposto dalle lotte degli anni ’70,
3. la fine di vari altri diritti costituzionali e conquiste normative e salariali, nel nostro paese non ancora completamente cancellate grazie al lascito del vecchio movimento comunista e delle lotte degli anni ‘70.
Per eliminare diritti e conquiste strappate dalle masse popolari nel corso della prima ondata della rivoluzione proletaria e nelle lotte degli anni ’70 e imporre l’aumento di sfruttamento con cui cercano di far fronte alla crisi generale del capitalismo, i padroni in Italia hanno bisogno della collaborazione della FIOM, ma la direzione della FIOM a sua volta per essere una forza che conta nella politica del paese ha bisogno degli operai, mentre gli operai possono resistere e vincere organizzandosi e imponendo nell’intero paese il loro governo d’emergenza, il Governo di Blocco Popolare.
Questa è la dinamica della lotta di classe in corso, in cui si inquadra lo scontro particolare oggetto dell’Assemblea nazionale del SAC.
■ A partire dal 2015 un gruppo relativamente piccolo di operai avanzati e di delegati combattivi delle fabbriche FCA del centro-sud (FCA SEVEL della Val di Sangro, FCA Termoli, FCA Cassino, FCA Melfi) ha via via preso direttamente nelle proprie mani la lotta contro il sistema Marchionne. Con le agitazioni contro il peggioramento delle condizioni di lavoro e con la costituzione del Coordinamento dei lavoratori FCA del Centro-sud (1° maggio 2015) a cui partecipano attivisti di vari sindacati (FIOM, USB, FLMU-CUB, SLAI Cobas) e operai non iscritti ad alcun sindacato, ha lanciato contro Marchionne un’offensiva che si è sviluppata con tanto successo e ha raccolto tanti consensi e adesioni in fabbrica e fuori da mettere in difficoltà la realizzazione dei progetti di Landini e di tutta la destra FIOM.
Certamente chiamare “offensiva contro il sistema Marchionne” l’iniziativa apparentemente modesta di alcuni operai e delegati FCA suona strano a chi non concepisce che la rivoluzione socialista la si fa sviluppando ed elevando la rivolta che fermenta nella classe operaia fino a farla diventare una forza politica capace di rovesciare e sostituire l’ordinamento politico ed economico del paese. Suona strano a chi è abbagliato da gloriose battaglie come quelle francesi di oggi (e addirittura spera nel loro “effetto contagio nel nostro soporifero paese” – Bellavita, il manifestino 3 maggio) e quelle greche di ieri, ma non ne tira la lezione: esse dimostrano infatti che la rivolta cova ovunque e che il primo paese imperialista che romperà le catene del sistema imperialista potrà contare su larghi appoggi, ma confermano anche che senza una rete di organismi operai decisi a prendere in mano il paese le combattive mobilitazioni delle masse popolari non bastano a cambiare il corso delle cose. Suona strano a chi disdegna o non osa assumersi il ruolo e i compiti che derivano dalla natura reale della rivoluzione socialista. Ma la dinamica reale è invece che l’offensiva degli operai e delegati FCA ha dimostrato che contro Marchionne è possibile lottare efficacemente e raccogliere adesioni dentro e fuori le fabbriche. Essa ha quindi reso più difficile alla destra FIOM far ingoiare al grosso dei suoi iscritti e agli altri operai il percorso che sta facendo fare alla FIOM, in particolare la posta in gioco della trattativa in corso per il rinnovo del CCNL. Gli oppositori alla liquidazione del CCNL, dei diritti sindacali e delle conquiste confluiscono con chi contrasta la controffensiva di Landini e della destra FIOM contro gli operai e i delegati del Coordinamento.
■ Landini e la destra FIOM hanno lanciato la loro controffensiva (dichiarazione che i membri del Coordinamento sono “incompatibili” con la FIOM-CGIL e “licenziamento” di Bellavita), ma questa controffensiva ha incontrato tante difficoltà e ha suscitato tante opposizioni (nelle fabbriche, nella stessa FIOM e nella sinistra borghese) che in realtà ha creato condizioni nuove e più favorevoli per rafforzare ed estendere l’offensiva degli operai avanzati e dei delegati combattivi e farla diventare l’innesco che può determinare un processo a valanga.
Il 2 marzo il CSN della CGIL ha deliberato l’incompatibilità, ma solo a maggioranza e la sua decisione è diventata un altro terreno di scontro. Fabrizio Burattini, membro della presidenza del CSN ed esponente del SAC, il 3 marzo ha preso pubblicamente posizione contro la decisione con un comunicato pubblico.
Le ostilità aperte contro i “delegati incompatibili” hanno accresciuto la notorietà del Coordinamento e dei suoi esponenti.
Da numerose fabbriche in tutto il paese si sono levate prese di posizione in solidarietà con gli esponenti del Coordinamento FCA e all’insegna della parola d’ordine “siamo tutti incompatibili”.
Il direttivo FIOM della Basilicata, riunitosi per rendere operativa la decisione del CSN, si è concluso con un nulla di fatto (tra i delegati minacciati dalla decisione vi sono anche alcuni di quelli licenziati dalla FIAT nel 2010) e a quel punto è stata annullata la convocazione dei direttivi del Molise e dell’Abruzzo.
Gli appelli lanciati dal SAC in solidarietà con i delegati sanzionati sono stati firmati da numerosi iscritti e dirigenti CGIL, da ex dirigenti sindacali (Giorgio Cremaschi, Dino Greco, Fulvio Perini), da esponenti politici (Franco Turigliatto, Marco Ferrando, Eleonora Forenza, Nicoletta Dosio, Franco Russo, ecc.), da docenti universitari (Rivera, Vertova, Sacchetto, Bellofiore, ecc.) e giornalisti (Checchino Antonini, Carlo Formenti, Fausto Pellegrini, Fabio Sebastiani, ecc.).
A questo punto Landini ha aperto il fronte contro il SAC con la revoca del distacco sindacale a Bellavita, con il risultato che le proteste contro la persecuzione degli operai e delegati FCA “incompatibili” e contro il “licenziamento” di Bellavita si sono moltiplicate.
In sintesi: di fronte all’offensiva lanciata dagli operai e delegati FCA di Melfi, Termoli, Val di Sangro-Chieti e Cassino, la destra FIOM ha accusato il colpo, ha provato a rimuovere il problema rappresentato dai “delegati incompatibili” lanciando una controffensiva, ma si è trovata impotente a svilupparla perché ha incontrato una resistenza di cui non è riuscita a venire a capo. Al contrario la sua controffensiva ha accresciuto a livello nazionale la notorietà e il prestigio del Coordinamento e dei suoi esponenti e ha coagulato intorno al SAC quanti si oppongono alla linea filopadronale con cui la direzione della FIOM sta conducendo la trattativa per il rinnovo del CCNL. Anche il successo dello sciopero del 20 aprile è un’arma a doppio taglio: la destra FIOM non può addebitare “al soporifero paese” il suo cedimento a Federmeccanica e a Marchionne.
Come sfruttare le condizioni nuove e più favorevoli per rafforzare ed estendere l’offensiva degli operai avanzati e dei delegati combattivi: questo deve essere l’oggetto dell’Assemblea del SAC.
Il sostegno più efficace agli operai e delegati FCA “incompatibili” e al “licenziato” Bellavita non è invocare pietà o giustizia, democrazia e Costituzione, contrattare con Camusso o Landini, cambiare sindacato o fondarne un altro, restare nella CGIL o andarsene: tutti i sindacati, sia quelli di regime sia quelli conflittuali, sono in crisi e lo saranno sempre di più finché non andranno oltre il terreno rivendicativo e si impegneranno nella trasformazione dell’ordinamento politico ed economico del paese. Anche i sindacati conflittuali se si ostinano a restare sul terreno rivendicativo, finiscono per accettare le condizioni imposte dai padroni e omologate dai sindacati gialli (vedi la firma apposta da Confederazione Cobas e da USB al Testo Unico sulla Rappresentanza del 10 gennaio 2011). E la sinistra dei sindacati di regime che non si mette alla testa della rivolta delle masse popolari e non la promuove, che si limita a denunciare le malefatte della Camusso e dei suoi soci, in definitiva fa un servizio alla destra perché rende meno repellenti alle masse popolari le organizzazioni sindacali che la destra dirige.
La via giusta è rilanciare su grande scala l’offensiva contro il progetto di Marchionne, di Renzi e di tutta la borghesia, farne una campagna per promuovere la mobilitazione degli operai e degli altri lavoratori a organizzarsi in tutto il paese. Questo non solo liquida la controffensiva di Landini e della destra FIOM e CGIL, ma impedisce l’accordo sciagurato della FIOM con Federmeccanica e crea le condizioni per costituire un governo d’emergenza delle masse popolari organizzate e per farlo ingoiare ai vertici della Repubblica Pontificia.
Il successo dell’offensiva lanciata dagli operai e delegati FCA insegna a tutti che non occorre essere in tanti per iniziare: il fattore decisivo è se la strada presa è nell’ordine delle cose, cioè sintetizza e dà prospettiva alle esigenze e alle aspirazioni che muovono gli operai, i lavoratori e in generale le masse popolari.
Raccogliere da subito con incontri locali e un convegno nazionale gli operai che si sono già schierati; creare dieci, cento, mille coordinamenti operai e popolari come quello dei lavoratori FCA del Centro-sud; rendere impossibile a Marchionne e Renzi continuare a governare; costituire un governo d’emergenza delle masse popolari organizzate: questa deve essere la linea indicata e perseguita da tutta la sinistra del movimento sindacale, dei sindacati di regime e dei sindacati conflittuali, la linea di tutti gli operai avanzati. Questa è la linea di salvezza per il nostro paese e di solidarietà con le masse popolari del resto del mondo. Questa è la linea che noi comunisti del Partito dei CARC proponiamo all’Assemblea nazionale del SAC, che promuoveremo e appoggeremo con tutte le forze nostre e di chi continuerà la lotta. Siamo sicuri che non saremo soli!