La lotta di classe che continua nel socialismo e la lotta fra le due linee nel partito comunista
Perché crollarono i primi paesi socialisti? Sono due le risposte che vanno per la maggiore: “il tradimento dei dirigenti” e “la natura umana vile e pavida”. Entrambe le risposte pretendono di analizzare e spiegare un fenomeno superiore con categorie proprie della concezione della classe dominante decadente: la tesi del tradimento è sostenuta da chi non riconosce e non valorizza la portata del maoismo alla scienza del movimento comunista e contrappone il marxismo-leninismo al maoismo, senza vedere che il secondo è l’evoluzione del primo; la tesi della natura umana è sostenuta dagli anarchici e da altri metafisici, gente con cui già Marx ed Engels chiusero i conti a tempo debito. Rispondere in modo giusto alla domanda è possibile solo elaborando l’esperienza dei primi paesi socialisti con la concezione comunista del mondo, ciò che ha fatto Mao Tse-tung, motivo per cui il maoismo è la terza e superiore tappa del pensiero comunista.
Per comprendere le cause del crollo dei primi paesi socialisti occorre definire cosa è il socialismo e quali sono i processi avviati dalla sua instaurazione.
Il socialismo è la fase di transizione della società dal capitalismo al comunismo, la prima fase della storia evolutiva dell’umanità in cui la politica governa l’economia. Esso ha come pilastri portanti:
1. il potere in mano alle masse popolari organizzate e in primo luogo alla classe operaia organizzata attorno al suo partito comunista (dittatura del proletariato), che ha il compito principale di reprimere i tentativi di rivincita della borghesia imperialista e del clero e di promuovere l’universale partecipazione delle masse popolari alle attività da cui le classi dominanti le hanno sempre escluse,
2. la sostituzione dell’azienda creata e gestita dal capitalista per aumentare il suo capitale con l’unità produttiva costruita e gestita dai lavoratori organizzati che lavora secondo un piano pubblicamente deciso per produrre tutti e solo i beni e i servizi necessari alla vita dignitosa della popolazione (al livello di civiltà che l’umanità ha oggi raggiunto) e ai rapporti di solidarietà, di collaborazione e di scambio con gli altri paesi,
3. la partecipazione crescente di tutta la popolazione alla gestione, alla direzione e alla progettazione della vita sociale e al resto delle attività propriamente umane.
Prendiamo come esempio dei primi paesi socialisti l’Unione Sovietica, in cui il movimento politico fu caratterizzato da:
– ruolo dirigente del partito della classe operaia e creazione di un sistema di dittatura del proletariato;
– mobilitazione delle masse ad assumere compiti nella pubblica amministrazione (organizzazioni di massa e partito comunista);
– resistenza all’offensiva diretta e indiretta dei gruppi imperialisti stranieri.
Il movimento economico della società fu caratterizzato da:
– abolizione della proprietà privata dalle maggiori strutture produttive, assegnazione di compiti produttivi e delle risorse tramite piano, pianificazione della distribuzione dei prodotti tra settori e unità produttive;
– lotta per sviluppare le forze produttive a un livello superiore rispetto a quello raggiunto nel regime precedente (feudale) e per crearne di nuove.
Il movimento sovrastrutturale della società fu caratterizzato dalle misure per superare le contraddizioni esistenti, per superare l’analfabetismo, per creare le condizioni dell’“uomo nuovo” che costruisce relazioni sociali conformi alla nuova società socialista che avanza verso il comunismo.
La lotta di classe nel socialismo. Nel socialismo continuano a esistere, accanto ai nuovi, i vecchi rapporti di produzione capitalisti e sopravvivono per tutta una fase la divisione tra lavoro manuale e lavoro intellettuale, divisione tra dirigenti e diretti, divisione tra uomini e donne, divisione tra città e campagna, divisione tra zone e settori avanzati e zone e settori arretrati, ecc. il cui superamento è un obiettivo. Come portato delle concezioni e delle relazioni sociali della vecchia società e come riflesso di quanto dei vecchi rapporti di produzione continua a esistere, nella larga massa della popolazione sopravvivono concezioni, usi, modi del mondo borghese. La lotta di classe, pertanto, non si conclude con l’instaurazione del socialismo, resta il motore della trasformazione della società.
“Benché sia stata rovesciata, la borghesia sta ancora tentando di usare le vecchie idee, la vecchia cultura, i vecchi costumi e le vecchie abitudini delle classi sfruttatrici per corrompere le masse, conquistarne la mente e preparare così il terreno per la propria restaurazione. Il proletariato deve fare proprio il contrario: deve rispondere colpo su colpo a ogni sfida lanciata dalla borghesia in campo ideologico e usare le nuove idee, la nuova cultura, i nuovi costumi e le nuove abitudini proletarie per trasformare la concezione del mondo dell’intera società. Attualmente il nostro obiettivo è quello di combattere e annientare quei dirigenti che hanno imboccato la via del capitalismo, criticare e ripudiare le “autorità” accademiche reazionarie della borghesia, l’ideologia della borghesia e di tutte le altre classi sfruttatrici e trasformare l’istruzione, la letteratura, l’arte e tutte le altre branche della sovrastruttura che non corrispondono alla base economica socialista, in modo da favorire il consolidamento e lo sviluppo del sistema socialista” – Mao TseTung, I sedici punti, 1966.
La lotta fra due linee nel partito comunista. Stante il ruolo dirigente del partito comunista nella fase della dittatura del proletariato, la borghesia si forma al suo interno e all’interno degli organi dirigenti dello stato.
“Può darsi che comunisti che il nemico in armi non è mai riuscito a sconfiggere e che di fronte al nemico si comportavano da eroi degni di questo nome, ora siano incapaci di resistere a pallottole rivestite di zucchero, e cadano sotto siffatti colpi. Un tale stato di cose lo dobbiamo assolutamente prevenire” – Mao TseTung, Rapporto alla seconda sessione plenaria del comitato centrale uscito dal VII congresso del Partito comunista cinese, 5 marzo 1949.
Due linee si contendono la direzione del partito comunista e delle istituzioni statali: la via del proletariato, che porta al comunismo, e la via della borghesia, che porta alla restaurazione del capitalismo.
La prima via, la sinistra, è composta dai dirigenti che per i problemi e le contraddizioni che la transazione al comunismo pone, cercano e sperimentano soluzioni che sostengono e sviluppano la via al comunismo; la seconda via, la destra, è composta dai dirigenti che per i medesimi problemi e le medesime contraddizioni patrocinano soluzioni basate sulle vecchie concezioni e sui residui rapporti borghesi sopravvissuti. Se la linea di questi ultimi si afferma, il partito comunista smette di essere guida della lotta per il comunismo e diventa promotore della restaurazione del capitalismo. Questo è accaduto in Unione Sovietica nel 1956, quando il XX Congresso del PCUS ha sancito la via della “destalinizzazione”.
Un Partito comunista armato di una giusta concezione è invincibile, l’esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria lo ha ampiamente dimostrato, perciò la concezione che lo orienta è un campo di furiosa lotta di classe, un terreno conteso: per sconfiggere la rivoluzione, la borghesia deve anzitutto impadronirsi del partito comunista e deviarlo.
Quanto più il partito è consapevole che l’influenza della borghesia nelle sue fila è inevitabile, quanto più è allenato a individuare la matrice di classe delle idee che si sviluppano al suo interno e a riconoscere, per ogni idea, la classe di cui rispecchia gli interessi, quanto più conduce con coscienza la lotta tra due linee al suo interno, tanto più il partito è in grado di respingere l’influenza della borghesia e di rafforzare la sua coesione ideologica e politica.
Il crollo dei primi paesi socialisti fu causato dai limiti del movimento comunista. La responsabilità del crollo dei primi paesi socialisti fu quindi nei limiti della sinistra del movimento comunista, di quella parte che più genuinamente e generosamente era per il comunismo: nel caso dell’Unione Sovietica quella parte ignorava la teoria elaborata scientificamente, ma in seguito, da Mao; in Cina la sinistra non riuscì a tradurre in pratica la teoria appena sintetizzata.
Il socialismo in Unione sovietica, dunque, è crollato per lo stesso motivo per cui muoiono individui affetti da una malattia la cui cura deve essere ancora scoperta; la Cina è caduta nelle mani dei revisionisti perché la medesima cura, benché scoperta, non era ancora stata sperimentata (o comunque la malattia aveva già fatto il suo corso). La scoperta della cura non è servita a salvare quegli individui, ma salverà in futuro milioni di vite.
L’anello mancante. Quanto il movimento comunista ha sintetizzato rispetto alla lotta fra due linee nel partito è una teoria universale, parimenti lo è la teoria sulla lotta di classe nel socialismo. L’anello che manca, è compito dei comunisti di oggi scoprirlo, è il come si manifestano quelle leggi universali ai tempi nostri e nel nostro paese. Il movimento comunista ha instaurato il socialismo solo in paesi oppressi e arretrati, non lo ha mai instaurato in un paese imperialista, dove le condizioni oggettive per il passaggio dal socialismo al comunismo sono enormemente più favorevoli e le contraddizioni fra nuovo e vecchio, vero e falso, avanzato e arretrato, posta come obiettivo l’instaurazione del comunismo, avranno forme particolari, mai affrontate prima, ma la cui risoluzione avrà terreno più favorevole dato livello raggiunto dal progresso, materiale e culturale, umano. Pertanto, lo scetticismo di chi si lascia scoraggiare dal crollo dei primi paesi socialisti è tanto più curabile quanto più è chiaro che il centro del discorso non è copiare le esperienze del passato, ma elaborarle per imparare e scoprire, non è fermarsi perché in passato “abbiamo perso”, ma assimilare gli insegnamenti del passato, osare e sperimentare per vincere.