Dal 9 Marzo scorso in Francia si moltiplicano le manifestazioni di lotta contro la Loi Travail, le nuova legge sul lavoro improntata al modello renziano del Job’s Act proposta dal governo “socialista” Valls – Hollande. La legge continua nella direzione delle misure di lacrime e sangue imposte dai gruppi imperialisti, in questo caso principalmente da quelli europei, per favorire le imprese e ridurre le garanzie e i diritti dei lavoratori conquistati nei decenni passati; al suo interno è prevista l’agevolazione della contrattazione azienda per azienda a scapito di quella per categoria, la libertà di licenziamento e un aumento fino a 12 ore del lavoro quotidiano. Dopo diverse settimane di mobilitazione, il cui apice è stato lo sciopero generale convocato dalla CGT – il principale sindacato francese – che ha visto manifestazioni in decine di città, si è sviluppato un vasto movimento chiamato Nuit Debut (notti in piedi) che coinvolge lavoratori, studenti, precari, abitanti delle banlieu e le parti più attive dei settori popolari non disposti ad accettare le misure di guerra del governo Valls – Hollande.
Ma ciò che più conta è che la lotta contro la riforma è stata la scintilla che ha dato fuoco alla prateria: oggi il movimento Nuit Debut, radicatosi attraverso assemblee popolari in tutte le principali città francesi, si pone nell’ottica di andare oltre la rivendicazione e inizia a ragionare di politica: Frédéric Lordon, un autorevole economista e sociologo vicino al movimento, ha parlato della “particolarità del movimento attuale, che sta precisamente nel fatto che non si limita alle rivendicazioni come quella di assicurare il lavoro o di migliorarne le condizioni, ma vuole criticare la situazione del lavoro e dei lavoratori in sé. Questa è la grande sfida del nostro movimento. Non è un movimento rivendicativo, questa è la grande novità…anche se ritirassero la legge, anche se il governo si dimettesse, noi rimarremo, perchè ciò a cui aspiriamo va oltre: non vogliamo rivendicare più, ma affermare. Affermare nuove forme di lavoro e nuove forme di politica”. E in effetti il movimento sta sedimentando un grande radicamento, con il ruolo centrale della classe operaia che si è messa alla testa delle mobilitazioni popolari; hanno fatto il giro del paese le dichiarazioni di una lavoratrice portuale della città di Le Havre: “Da noi la CGT ha votato una mozione semplice: se la polizia tocca uno studente, blocchiamo il porto, e finora la minaccia ha funzionato”. Quando la classe operaia esce dalle proprie aziende e si unisce agli studenti, il paese intero si ferma e la borghesia è costretta a rincorrere: la ministra del lavoro El-Khomri che ha proposto la legge, infatti, sembra sempre più alle strette e ha già ritirato una serie di emendamenti alla sua violenta riforma anti-operaia.
L’esplosione di rabbia delle masse popolari francesi avviene in un contesto particolare come quello dello stato d’emergenza proclamato dopo gli attentati del 13 Novembre: quella che doveva essere una misura repressiva che, con il pretesto di combattere il terrorismo, limitava la libertà di circolazione e le manifestazioni pubbliche si sta rivoltando ora contro i suoi stessi ideatori. Il movimento Nuit Debut e gli scioperi indetti dalla classe operaia francese hanno rotto ogni restrizione e hanno dimostrato che la determinazione e la combattività non si possono fermare con la repressione, che al contrario è una prova dell’impotenza della classe dominante. La borghesia imperialista non solo distrugge le conquiste dei lavoratori, peggiorando le condizioni di vita di tutte le masse popolari ed esportando la guerra nel mondo, ma sempre meno è capace di governare con gli istituti utilizzati finora; essa è costretta a ricorrere alla repressione interna e alla guerra contro i concorrenti all’esterno, ma non fa altro che prolungare la sua agonia. La classe dominante francese è frammentata e debole, la classe operaia e le masse popolari imparano a contare sulla propria forza: è questa la strada che porta alla soluzione positiva della crisi economica, politica e sociale in cui il capitalismo costringe la Francia come l’Italia.
Nel nostro paese c’è chi usa il movimento francese Nuit Debut e in generale le mobilitazioni in corso in tutta Europa – prima ancora che in Francia, c’è stata “la stagione” della Grecia e della Spagna – per fare paragoni con l’Italia: qui da noi le masse popolari sarebbero ancora assopite. In verità la storia recente di questi paesi mostra che non c’è un nesso diretto tra le condizioni materiali di vita delle masse popolari e il loro livello di combattività; l’aspetto determinante per elevare il livello dello scontro sono le concezioni, le linee e gli obiettivi che si pongono i dirigenti del movimento popolare. In tal senso è molto positivo l’esempio francese, perché non si pone nell’ottica della lunga marcia nelle istituzioni, ma, sempre riprendendo le dichiarazioni di Lordon, punta a “riscrivere la Costituzione (…) questa nostra Repubblica dovrebbe avere come missione quella di abolire il principio della proprietà dei mezzi di produzione a fini di lucro e instaurare la proprietà d’uso: i mezzi di produzione non appartengono agli azionisti, ai proprietari, ai capitalisti: devono appartenere a chi si serve di questi ultimi, oltre le finalità speculative”.
Il movimento in corso in Francia dimostra che la rottura di vincoli e leggi imposti dai padroni è un grande catalizzatore della mobilitazione popolare; insegna inoltre che ogni lotta specifica è capace di aggregare e mobilitare vasti settori popolari quanto più mette in discussione l’intero assetto politico della classe dominante, oltrepassando le leggi e i vincoli e sviluppando legami e organizzazione tra le masse popolari. Mirando in alto, perché il capitalismo non ha più nessuna prospettiva da offrire.