La chimica è una scienza: è la conoscenza degli atomi (dei quali ben pochi esistono liberi – cioè non combinati con atomi diversi a formare molecole – in natura) e dei legami con cui gli atomi formano le molecole delle varie sostanze accessibili ai nostri sensi. Gli uomini l’hanno costruita chiedendosi il perché delle trasformazioni delle sostanze, elaborando i dati dell’esperienza, mettendo alla prova della pratica le teorie che elaboravano, scartando quelle che la sperimentazione smentiva ed elaborando ulteriormente quelle che la sperimentazione e l’attività industriale confermavano. Dopo che hanno scoperto ed elaborato la chimica, gli uomini hanno riprodotto di loro iniziativa (combinando a propria scelta gli atomi che ottengono scomponendo sostanze che esistono in natura) migliaia di sostanze già esistenti in natura e ne hanno creato milioni di nuove che in natura prima non esistevano: tante che il solo elenco dei loro nomi riempie un grosso volume. Prima di scoprire ed elaborare la chimica, riproducevano alcune delle sostanze di cui avevano bisogno mischiandone per tentativi alcune altre prese in natura, cuocendone altre, con procedimenti scoperti più o meno casualmente. Con la chimica, ora ne possono creare a loro piacere e a loro fantasia. Ma quanto a creare effettivamente una singola nuova sostanza, non basta la conoscenza della chimica in generale: occorre mettere a punto procedimenti e impianti specifici, da pensare, progettare, verificare, modificare, finché il procedimento riesce e si ha il risultato voluto. Un conto è conoscere la teoria generale, un altro mettere a punto uno specifico processo chimico e il relativo impianto.
Una cosa analoga è accaduta e ancora più accadrà per la società umana, per il sistema di relazioni che unisce gli individui a formare la società, per le istituzioni e gli strumenti di cui consiste e vive la società. Ovviamente un individuo è un livello di combinazione molto più ricco di un atomo e ogni individuo a sua volta è sintesi originale se non unica di molte determinazioni elementari (sociali e naturali), una sintesi che si modifica grazie alla comunicazione e all’esperienza. (…) La scienza delle attività con cui gli uomini fanno la storia della loro società e sviluppano le loro facoltà sentimentali e intellettuali, i loro comportamenti (la loro morale), le loro capacità relazionali, in una parola se stessi, è quindi una scienza molto più complessa e ricca della teoria degli atomi e dei legami con cui gli atomi formano molecole. Libertà e necessità si combinano in modo del tutto diverso che nel campo di pertinenza della chimica. Ma la costruzione e il ruolo delle rispettive scienze è analogo. (…) In ogni altro campo di attività che non sia la lotta tra le classi sociali, si reputerebbe uno sciocco l’individuo che vuole svolgere quella attività ma rifiuta di usare le conoscenze già acquisite in proposito. È invece ovvio che nella lotta di classe, le classi dominanti fanno di tutto per distogliere le classi oppresse dall’impiegare le conoscenze che rafforzano la loro lotta per emanciparsi; ricorrono a ogni mezzo per deformare e corrompere la scienza che può guidare le classi oppresse alla vittoria – da La concezione comunista del mondo e il Governo di Blocco Popolare – La Voce del (nuovo)PCI n° 51.
Cari compagni e care compagne della Redazione di Resistenza,
la densità e profondità degli insegnamenti che traggo dall’articolo La concezione comunista del mondo e il Governo di Blocco Popolare, contenuto nella rivista La Voce n° 51, mi spingono a scrivere queste note in forma di lettera aperta, per condividere collettivamente queste riflessioni, sperando siano utili anche ad altri come lo sono a me. Leggendo questo testo alla luce della mia esperienza, ritengo che insegni principalmente l’importanza di tre cose: l’analisi scientifica della realtà, la fiducia nelle masse popolari e nel collettivo, la libertà. Tre cose che nel senso comune non vengono viste come correlate, le concezioni clericale e borghese portano a vederle come antagoniste.
Tanti compagni pensano che si è comunisti perché si ama più fortemente degli altri, nonostante tutto e tutti. Come può allora un comunista essere tale e pretendere di analizzare scientificamente una persona, ad esempio? Ad alcuni appare osceno anche solo il concepire che i comunisti debbano analizzare con razionalità le dinamiche e le contraddizioni di un gruppo di persone o di compagni, o che lo debbano fare anche per quanto riguarda il modo di pensare e di agire di un singolo; ci vedono qualcosa di freddo, di glaciale, di calcolatore. Questo romanticismo è invece un frutto dell’egoismo che ci insegna la società borghese o del fatalismo clericale, è pigrizia intellettuale travestita di sentimento; precisamente è il condannare sé stessi e gli altri a essere ciò che si è, a essere ciò che la società ci ha fatto diventare, senza concepire di migliorarsi per poter migliorare gli altri. L’analisi scientifica e particolareggiata di un collettivo o un individuo, delle contraddizioni che lo muovono, nell’ottica del contributo che questo può dare alla rivoluzione socialista, è la più alta forma di rispetto e considerazione possibile. Capire con scienza e coscienza anche cosa muove i sentimenti e gli stati d’animo è la più alta forma d’amore verso il prossimo, significa educare alla vita e all’essere soggetti indipendenti, liberi. In questo i comunisti sono un po’ come dei medici, che vogliono guarire un mondo e una società malati.
È basilare capire quanto le masse siano la forza che può dare concretezza alla realtà e alla sua trasformazione. Noi comunisti impariamo una scienza che ci permette di analizzare la società per capire dove sta andando, dove può e deve andare per non cadere nella catastrofe. Le masse sono la forza, ma noi siamo il motore che la muove: siamo precisamente quella parte delle masse che impara a darsi gli strumenti per capire e trasformare la realtà. Siamo differenti dalle masse ma strettamente uniti ad esse. Il nostro analizzare il movimento, le tendenze e i sentimenti delle masse non ha nulla che fare con l’analisi del pubblicitario che mira a far acquistare un prodotto, né con quella del prete che mira a mantenerci legati ad ancestrali paure, tantomeno con quella dello psicologo che mira a tenerci dipendenti dal suo divanetto e dalla realtà così come è data, immodificabile. L’analisi dei comunisti è la ricerca dei modi migliori di conseguire la liberazione, l’emancipazione, la mobilitazione a occuparsi di sé occupandosi degli altri e del mondo. Questo è basilare: la comprensione che siamo parti di un mondo, di un universo fatto di materia in perenne trasformazione. Da questo tipo di analisi nasce la tattica del Governo di Blocco Popolare che indichiamo alle organizzazioni operaie e popolari di fare propria. Questa tattica è un’arma, pratica e teorica, per comprendere che l’Italia non può che rinascere e progredire collettivamente come fece con la Resistenza, per comprendere che il nostro futuro è il socialismo prima e il comunismo poi.
Questa è l’ottica in cui assumono tutta la loro importanza lo studio, le riunioni, le difficoltà e i sacrifici, ma anche i contagiosi entusiasmi della militanza comunista: imparare per trasformare il mondo. Il mondo lo si trasforma assumendosene la responsabilità, conducendo le masse, le organizzazioni operaie e popolari, i singoli, a fare quelle esperienze necessarie a comprendere qual è la strada del loro futuro, chi sono gli alleati e chi sono i nemici e, in alcuni casi, passo dopo passo a fare propria la concezione dei comunisti. Questa è la nostra politica verso le masse popolari, questo è il significato profondo dell’immensa scuola di comunismo che è la tattica del Governo di Blocco Popolare.
Se siamo onesti, lo vediamo subito quando non otteniamo i risultati che vorremmo: è quando aspettiamo che altri facciano quello che dovremmo fare noi, quando ci limitiamo a propagandare la nostra linea senza curarci di approfondire a livello organizzativo con chi la raccoglie, quando abbiamo paura delle critiche e del confronto. Noi dobbiamo indicare i passi necessari a progredire senza pigrizia o paura, spingendo e accompagnando a farli, con modestia e imparando dall’esperienza, nostra e delle masse. Modesti, ma consapevoli di avere in mano gli strumenti superiori che sono patrimonio della concezione comunista del mondo; questa non dobbiamo rovesciarla sulle masse, dobbiamo imparare a usarla, non limitarci ed enunciarla. Sapere che le masse sono la forza che cambia la società è sapere che queste fanno la storia, i comunisti non si possono sostituire ad esse; siamo la loro avanguardia, non un manipolo di avventurieri che vuole prendere il potere con un colpo di mano. Il nostro compito è imparare dalle masse e dalla pratica e insegnare alle masse quanto la scienza ci permette di elaborare: imparare e insegnare con determinazione ed umiltà.
La pratica è la più grande maestra e la concezione comunista del mondo, il materialismo dialettico, è la traduzione logica della pratica in teoria, una teoria che diventa guida per un’azione superiore e cosciente. Un’azione che ha coscienza che il destino del singolo dipende dal destino del collettivo e del mondo che lo circonda. Questa coscienza si impara e compito dei comunisti è precisamente impararla e insegnarla; è educarsi per educare, attraverso la pratica e lo studio, alla libertà.
Il segretario della Sezione di Brescia