Pubblichiamo di seguito stralci di un’intervista a Antonio Amoroso, lavoratore Alitalia e iscritto alla CUB; su www.carc.it la versione integrale, utile per conoscere nel dettaglio il percorso di privatizzazione dell’azienda: dalla prima ondata di licenziamenti nel 2008 (10.000) a quella del 2014 (1600), fino alla svendita a Ethiad. Di seguito, invece, le riflessioni utili per continuare il ragionamento iniziato con altri articoli di questo numero di Resistenza.
Antonio, ci spieghi a che punto sono le mobilitazioni dei lavoratori e i problemi che riscontrate?
E’ stato sempre molto difficile uscire dalla dimensione aziendale delle vertenze. Questo è il grande problema. Il costante tentativo di generalizzazione delle vertenze si è infranto contro l’impossibilità di innescare una lotta che coinvolgesse lavoratori appartenenti ad altre aziende e ad altri comparti. Questo è vero anche se si resta nel recinto del comparto aereo-aeroportuale. Le vertenze di settore sono numerose e la conflittualità spesso è endemica anche se non maggioritaria. Eppure non siamo mai riusciti ad allargarla. Sicuramente per limiti soggettivi che vorremmo superare, ma anche per una difficoltà oggettiva che si incontra a fare tali operazioni. Anche il sindacato tradizionale spesso soffia sulla separazione delle vertenze. Dividi et impera non è solo valido per i padroni. E’ stato difficile farlo nel comparto, ma pressoché impossibile tentare di allargare il conflitto oltre il recinto categoriale. A parte attestati di solidarietà e di partecipazione politica, nei fatti non siamo riusciti a rendere la battaglia per l’aeroporto di Fiumicino, analogamente a quanto fatto in valle per la No-Tav, una battaglia dell’intera comunità di un territorio. Eppure l’aeroporto di Fiumicino è il principale polo industriale dell’Italia centro-meridionale. Continueremo in tal senso, ma al momento non è chiaro se e quando riusciremo ad allargare il fronte. Purtroppo scontiamo anche una certa sordità di quanto resta del movimento anticapitalista e antagonista romano che talvolta preferisce ricercare spazi e ambiti di scontro più lontani.
Avete costruito legami con lavoratori iscritti ad altri sindacati? E con gli utenti?
I legami con gli utenti sono allo stato primordiale. Stiamo provando a costruire qualcosa, ma ancora è tutto in fase embrionale. Ci stiamo confrontando con il Codacons con il quale stiamo costruendo degli esposti alla UE, alla Corte dei Conti, alla Procura della Repubblica e alle istituzioni. Il punto di attacco è quello della spesa pubblica utilizzata per favorire la ristrutturazione delle imprese pubbliche. Solo nel caso di Alitalia e delle espulsioni del 2014 abbiamo realizzato uno studio con cui siamo riusciti a dimostrare che, a saldi positivi per lo Stato, una riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario avrebbe evitato i licenziamenti. Enorme è la spesa pubblica per gli ammortizzatori sociali, sia per le indennità di mobilità che per la cigs. Per non parlare delle integrazioni agli ammortizzatori sociali previste dal Fondo Speciale del Trasporto Aereo, alimentato da una tassa collettiva applicata sui biglietti aerei dei passeggeri. Se poi a questa somma aggiungessimo il montante economico messo a disposizione dalla Regione Lazio per la sperimentazione dei contratti di ricollocazione per i licenziati del 2014, potremmo sicuramente dire che la spesa pubblica per i licenziamenti è stata assolutamente superiore a quella che lo Stato avrebbe fatto se avesse tentato di finanziare una riduzione dell’orario di lavoro di 1,5 ore, tale che nessuno avrebbe perso il posto di lavoro.
Certamente serve costruire una battaglia con l’utenza sulla qualità e sicurezza del servizio. Questo è il vero nodo del problema. Il fenomeno delle low-cost e la sua estrema “popolarità” è un fenomeno anche di sfruttamento del lavoro, oltre che di erosione dei livelli di garanzia e sicurezza. La vicenda dell’incendio di Fiumicino (luglio 2015 – ndr) ci dice quanto si può e si deve fare con l’utenza. Certo è che la sordità generale su questi temi rende la strada di non facile percorribilità. Resta che è questo l’ambito su cui andrebbe misurato un intervento che vuole rimettere in discussione lo scempio sociale prodotto dalle privatizzazioni e dalle liberalizzazioni del settore. Il nostro obiettivo non si è mai confinato a quello degli iscritti alla CUB. Anzi. Tentiamo di parlare a tutti i lavoratori. Spesso gli steccati sindacali non aiutano…. ma riteniamo necessario ribadire anche la nostra identità e la strada finora fatta che non ha mai guardato alla tutela dell’organizzazione, ma solo agli interessi della categoria: non abbiamo firmato accordi e accordicchi per garantirci agibilità e diritti organizzativi a danno dei lavoratori, ovviamente sempre pagando un prezzo elevato per mantenere una coerenza e una lucidità che non è spesso digerita da molti, ma soprattutto dai padroni.
Siete in mobilitazione per far rispettare le sentenze del tribunale sul reintegro di parte dei licenziati, quali possibilità vedi che siano rispettate quelle sentenze?
E’ difficile. Difficilissimo. Ma non c’è alternativa: solo con la lotta si riuscirà a interrompere l’accerchiamento che subiscono i lavoratori…
Con la lotta, senza dubbio… il caso vostro dimostra quanto lotta sindacale e lotta politica siano legate, quindi la lotta per un governo che prenda subito le misure necessarie…
Io ritengo che è urgente e imprescindibile la ri-publicizzazione delle attività fondamentali del settore del trasporto aereo. Solo un ritorno al controllo pubblico del settore garantirà gli interessi di lavoratori e cittadini. E’ altrettanto chiaro che molto potrebbe essere fatto da subito, solo se la classe politica si riuscisse a svincolare dalle pressioni delle lobbies finanziarie e affaristico-massoniche che governano nel nostro paese.
Per concludere, Alitalia a Roma è nei fatti un centro che raccoglie un numero importante di lavoratori: quale pensi possa essere il vostro ruolo nelle lotte di altri lavoratori, come quelli dell’ATAC, di Almaviva, le maestre degli asili, ecc.?
Penso che la vertenza Alitalia, dei lavoratori Aeroportuali e dell’indotto possano essere di esempio e di stimolo soprattutto nelle vertenze del trasporto pubblico che sarà oggetto di privatizzazioni e delle analoghe ricette che hanno devastato il comparto aereo.