Livorno. Sono quattro le vie attraverso cui le organizzazioni operaie e popolarti possono condurre efficacemente e vincere la lotta per difendere i posti di lavoro esistenti e crearne di nuovi:
– attraverso l’autogestione della produzione e l’autorganizzazione del lavoro;
– attraverso la lotta per imporre, al capitalista che vuole chiudere o delocalizzare, di vendere l’azienda a un altro capitalista disposto a investire (badate che non è una cosa “spontanea”: nell’epoca delle speculazioni di ogni tipo molti capitalisti preferiscono chiudere e dismettere anzichè vendere);
– attraverso la mobilitazione per imporre al governo (o altri enti pubblici) la nazionalizzazione (ma questo presuppone l’esistenza di un governo che sia diposto a farlo, quindi si torna a bomba alla questione politica: quale governo? Vedi l’articolo a pag. 4);
– attraverso l’azione di enti locali, amministrazioni comunali, regionali, ecc. Questa strada è la meno “immediata” da riconoscere perchè da ogni parte rimbomba il coro che “l’amministrazione locale non può, non ha i soldi, non ha poteri, non ha pertinenze”, ecc. Tutte balle. La questione è che serve coraggio e volontà politica, le occasioni sono innumerevoli. Ma gli esempi sono pochi.
Riportiamo qui uno dei pochi esempi in cui un’Amministrazione Comunale ha contrattato un’imponibile di manodopera con uno dei gruppi più potenti della grande distribuzione italiana. L’amministrazione è quella di Nogarin a Livorno, M5S (e con questo esempio non si intende per forza portarlo come esempio positivo tout court); il capitalista del caso è Caprotti (e con questo esempio non intendiamo in alcun modo riabilitare moralmente o eticamente la sua figura come quella di “imprenditore illuminato”). La storia è questa: da 13 anni Caprotti voleva aprire Esselunga a Livorno, ma la giunta PD, stretta parente del sistema delle COOP, aveva sempre negato i permessi. Quando il Comune di Livorno è passato al M5S, Nogarin ha chiamato Caprotti e gli ha detto: abbiamo qui fermi in un cassetto i permessi. Se sei interessato ad aprire Esselunga parliamone. A queste condizioni: assunzione di 200 persone del comprensorio livornese con contratto a tempo indeterminato; obbligo di rifornirsi dal mercato ittico e ortofrutticolo locale; modificare l’uso della Fidaty Card (uno dei punti di forza per la fidelizzazione dei clienti da parte di Esselunga) per integrarla anche ai negozi dei piccoli commercianti della zona.
Da più di un anno dell’esito di questa trattativa si sa poco, se non che Caprotti sembra avere accettato, cercando di ridurre il numero dei dipendenti “imposti” a 140.
Certamente non è questa “manovra” a risolvere il problema del lavoro a Livorno dove solo nel 2015 risultano 2.450 cassintegrati, di cui ben 1450 di aziende metalmeccaniche (rapporto CGIL Focus Economia Toscana).
Non gridiamo al miracolo, quindi, e non cadiamo in facili entusiasmi. Però, se guardiamo questo esempio, questa goccia nel mare, alla luce delle elezioni per le prossime amministrative a Roma, Milano, Napoli, Torino, Bologna è chiaro che indipendentemente da chi le vincerà, da chi sarà chiamato ad amministrare, le organizzazioni operaie e popolari hanno dalla loro un precedente di imponibile di manodopera su cui fare leva.