Cuba, Obama, il Papa e l’America Latina

 

Sono in corso grandi sconvolgimenti politici in tutto il mondo, sono il riflesso politico della crisi per sovrapproduzione assoluta di capitale: i gruppi imperialisti hanno bisogno di riprendere o conquistare nuovi sbocchi per la valorizzazione del capitale. Se in alcune zone e continenti tali sconvolgimenti hanno preso la forma della guerra e dei massacri, in Sud America i sommovimenti hanno la forma del contrattacco con cui gli imperialisti USA rispondono al movimento progressista, democratico e popolare: il “nuovo corso” nei rapporti tra gli imperialisti USA e Cuba di cui Obama prova a farsi portavoce, la sconfitta alle elezioni presidenziali in Venezuela delle forze alla guida della rivoluzione bolivariana (che si inquadra in una offensiva della destra golpista di lungo corso); l’insediamento di Mauricio Macrì in Argentina, i tentativi di destabilizzare il governo di Dilma Rousseff in Brasile.

L’analisi materialista-dialettica di questi avvenimenti ci permette di vederli organicamente, leggendo le dimaiche dei singoli paesi e dei loro governi alla luce della lotta di classe in corso a livello internazionale: gli sviluppi del rapporto tra Cuba socialista e gli USA non sono frutto delle intenzioni personali di Raul Castro (che i media di regime descrivono come il “moderato”, a differenza di Fidel che sarebbe “il dittatore”) o alla solidarietà del “fratello Obama”, ma alla necessità da parte degli imperialisti USA – che si avvalgono del supporto insostituibile del Vaticano – di riconquistare egemonia economica e politica in Sud America. I governi progressisti che si sono affermati negli ultimi 15 anni in vari paesi dell’America Latina hanno avviato un processo attraverso cui riprendere possesso e controllo delle grandi risorse energetiche e minerarie del continente, insidiando il dominio dei gruppi imperialisti; ognuno di essi ha trovato in Cuba un alleato prezioso con cui collaborare e un esempio da seguire.

Due fattori decisivi. La storia di Cuba, la sua stessa esistenza dopo un decennale embargo, dimostra che anche un piccolo paese può resistere al boicottaggio della Comunità Internazionale degli imperialisti se si dota di una linea adeguata, conforme alle condizioni, alle forme e ai risultati della lotta di classe. L’esito della battaglia che le forze progressiste e rivoluzionarie stanno conducendo in America Latina dipenderà da questo, non dagli sforzi dei gruppi imperialisti. L’altro fattore decisivo – e anche in questo caso la storia di Cuba ci è da insegnamento – è il valore del movimento comunista a livello internazionale: esso è capace di unire tutte le nazioni sulla base di relazioni di solidarietà e scambio reciproci – anziché sulla competizione e la guerra – è per questo che il più grande contributo che possiamo dare alle masse popolari dei paesi oppressi è costruire la rivoluzione socialista nei paesi imperialisti e, per quanto ci riguarda, in Italia.

Imparare quanto hanno da insegnare l’esperienza di Cuba e gli altri processi rivoluzionari e progressisti in corso nell’America Latina significa anche non scimmiottare nel nostro paese la linea del “Socialismo del XXI secolo”, che non corrisponde alle condizioni storiche, economiche e politiche di uno dei centri dell’imperialismo mondiale qual è la nostra Repubblica Pontificia italiana.

Per un’analisi più approfondita del corso delle cose in America Latina consigliamo ai nostri lettori il Comunicato del 20 marzo 2016 del (nuovo)Partito Comunista Italiano, pubblicato su www.nuovopci.it di cui quest’articolo vuole essere introduzione e invito allo studio.

 

carc

 

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