Resoconto – commento dell’assemblea operaia del 5 marzo a Firenze

 

Dall’assemblea operaia del 5 marzo a Firenze: organizzarsi e coordinarsi per prendere in mano le aziende e costruire un governo d’emergenza popolare

 

Sabato 5 marzo al Circolo ARCI in via delle Porte Nuove, a Firenze, la Federazione Toscana del Partito dei CARC ha tenuto una assemblea operaia dal titolo “Organizzarsi e coordinarsi!”.

Abbiamo voluto creare un momento di confronto e scambio di esperienze tra organismi operai per rafforzare in ognuno la coscienza dell’importanza della propria azione, delle proprie possibilità e della propria forza, per dare modo a ogni organismo di imparare e insegnare agli altri, di mettere in comune conoscenze, esperienze e strumenti di lotta. Oggi nella maggior parte dei casi i gruppi di lavoratori che si organizzano e lottano è come se dovessero ricominciare ogni volta e ognuno da zero o quasi. Ma lottare e tanto più lottare con successo è una scienza che va elaborata, trasmessa, imparata e applicata: se non sono i lavoratori avanzati e i comunisti a farlo, nessun altro lo fa al posto loro.

Abbiamo discusso delle soluzioni per uscire da questo marasma che prima o poi investe ogni azienda privata e pubblica del nostro Paese. Sono soluzioni che si fondano sulla classe operaia, perché lo stato presente delle cose non è determinato dalla forza dei padroni ma dal fatto che gli operai non fanno ancora valere la forza che hanno.

Di queste soluzioni abbiamo discusso con chi è intervenuto all’assemblea: gli operai dell’AST di Terni, della Lucchini di Piombino, della CSO di Scandicci, della Brevini di Reggio Emilia, della Rational di Massa, gli esponenti dei COBAS di Pisa e dell’USB del Comune di Firenze.

È stata un’assemblea particolare. Sono parecchi a lamentarsi del governo Renzi, che poi è un governo emanazione della Corte Pontificia. Dietro a Renzi c’è Bergoglio, anche se non sembra, e infatti non deve sembrare: i gesuiti fino dalla loro fondazione, cioè dal Cinquecento con il cardinale Bellarmino, hanno perfezionato la forma del “governo indiretto”, che consiste nel governare mandando avanti altri. L’ultima forma di questo governo è questa Repubblica Pontificia in cui viviamo. Prova ne sono, se vogliamo, le dichiarazioni del portavoce di Bergoglio a favore del Jobs Act e non solo. Quella del 5 marzo è stata un’assemblea diversa dal solito, perché abbiamo voluto parlare dell’alternativa al governo Renzi e a ogni governo della Repubblica Pontificia.

Abbiamo trattato principalmente quattro punti.

Il primo punto riguarda il processo di costruzione delle organizzazione operaie nelle aziende. Queste organizzazioni si occupano della salvaguardia della fabbrica, prevenendo o neutralizzando le manovre del padrone per ridurle, chiuderle o delocalizzarle, ed escono dalla fabbrica preoccupandosi del futuro del territorio in cui vivono. Pensano e agiscono dentro e fuori il proprio ambito, come cellule che sviluppano qui e ora il nuovo governo del territorio, il nuovo potere (1).

Queste organizzazioni operaie si pongono quindi come nuove autorità pubbliche, come organismi di governo del territorio, e questo è il secondo punto.

Il terzo punto riguarda il ruolo del movimento sindacale nella lotta di classe in corso nel nostro Paese.

Il quarto punto riguarda il tipo di Partito comunista oggi è necessario nel nostro Paese. Abbiamo alle spalle mezzo secolo in cui il partito comunista, il vecchio PCI, era stato preso in mano dai revisionisti moderni, elementi quali Togliatti e Berlinguer, che lo hanno disgregato all’interno seminando nella classe operaia e nelle masse popolari sfiducia sia verso il partito come forma organizzativa sia verso il comunismo in generale. Fare i conti con tutto questo è necessario e possibile, per arrivare al partito nuovo che riprende l’eredità della parte migliore, della sinistra, del primo PCI, e ne supera i limiti. In questo modo abbiamo un partito capace di fare quello che il primo PCI non fece e che nessun partito comunista ancora ha mai fatto, cioè la rivoluzione socialista in un paese imperialista.

Il primo intervento: l’operaio della CSO di Scandicci

Il primo a intervenire è stato l’operaio della CSO di Scandicci (2). Ha riportato l’esperienza di costruzione del comitato degli iscritti FIOM nella sua azienda, un comitato che ha iniziato a occuparsi delle problematiche che i lavoratori vivono nell’azienda, che è diventato parte attiva delle battaglie territoriali contro la costruzione del nuovo inceneritore e che sostiene le battaglie dei lavoratori delle altre aziende del territorio. A oggi questo comitato degli iscritti FIOM in CSO è una delle sperimentazioni più avanzate del protagonismo operaio nel nostro Paese. È un esempio di quegli organismi operai di cui bisogna promuovere la formazione in ogni azienda, almeno nel grosso delle aziende del nostro Paese: organismi che conoscono il processo produttivo dell’azienda e le sue prospettive (cosa produce, come, da chi si rifornisce e a chi vende, cosa può produrre per il paese e per il resto del mondo), che sanno come vanno le cose nell’azienda e conoscono la situazione nei vari reparti, che sono autorevoli presso i lavoratori dell’azienda (cioè esercitano un’egemonia sul grosso dei lavoratori), che svolgono un’azione di orientamento e di direzione all’esterno dell’azienda.

L’operaio della CSO ha preso in esame il ruolo della FIOM. Il suo sindacato in fabbrica, ha detto, se non mette al centro l’organizzazione e la mobilitazione della classe operaia si riduce a “ufficio di servizio”, cosa che, diciamo noi, vale per qualsiasi sindacato. Secondo il compagno non serve a niente stare a lamentarsi su come e quanto il sindacato si è venduto. Quello che conta è creare nei posti di lavoro dei rapporti di forza che portino il sindacato, a partire dalla RSU, a fare ciò che è necessario per gli interessi dei lavoratori. Costituire un’organizzazione operaia, aggiungiamo noi, non significa mettere assieme quelli che ci stanno a fare una lotta sindacale o rivendicativa nell’azienda, ma acquisire egemonia sul grosso dei lavoratori dell’azienda. Non significa diventare RSU o RLS, ma essere l’organismo

– a cui chi ha qualche problema sa che può rivolgersi, perché quell’organismo sa che cosa fare;

– che quando arriva qualcuno di nuovo, lo introduce nell’ambiente e lo orienta (gli spiega come funziona e a chi rivolgersi, ecc.);

– che sistematicamente dà notizie e informazioni all’esterno (al partito, a organismi operai e popolari, a siti, ecc.);

– che si occupa di prendere contatti con altre organizzazioni operaie e popolari, interviene nelle iniziative della zona, ecc.

In una fabbrica uno entra perché è assunto dal padrone, ma nella fabbrica c’è un’altra autorità. Non è l’ufficio personale e non coincide neanche con la RSU (che può essere formata da venduti, ma se ci sono le condizioni la OO si avvale anche della RSU o di quelle RSU di cui è possibile avvalersi) ma l’organismo operaio della fabbrica che lo prende in mano quando entra in fabbrica  (e che a uno che rompe i coglioni lo induce a cambiare registro: ad esempio se uno fa il lecchino, quando ha bisogno di qualcuno che lo sostituisca per andare in bagno, gli dice di chiamare il padrone a sostituirlo!).

L’operaio conclude il suo intervento dicendo che “tocca ancora una volta agli operai avanzati, ai comunisti ricostruire un progetto di alternativa politica”. È vero, tutto movimento delle masse popolari ha bisogno di operai comunisti (3): di operai non solo combattivi, ma che hanno un progetto di società da costruire e che mobilitano, organizzano e dirigono gli altri lavoratori (dipendenti o autonomi), i pensionati, gli studenti e gli immigrati che protestano, rivendicano o comunque in qualche modo si ribellano a rendere la loro azione più efficace fino a diventare una forza capace di dirigere la società, le sue attività produttive e tutti gli altri aspetti della vita sociale. Non una società inventata in base ai gusti, ai pregiudizi o alle fantasie, ma una società che nasce dai presupposti creati dal capitalismo stesso: una società in cui le forze produttive (aziende, risorse naturali, infrastrutture, patrimonio scientifico e tecnico, capacità lavorative), oggi in larga misura proprietà privata dei magnati della finanza, diventano proprietà pubblica e vengono gestite da istituzioni pubbliche per produrre secondo un piano pubblico i beni e servizi usati e il cui uso è ammesso.

Il secondo intervento: l’operaio della Lucchini di Piombino

Il secondo intervento è stato quello dell’operaio della Lucchini di Piombino, che ha descritto il processo di costruzione del comitato Camping CIG, quello che in un loro comunicato hanno descritto come “il campeggio dei cassintegrati, dei disoccupati, dei giovani che un lavoro non lo hanno mai avuto”. Infatti è un comitato di lavoratori e cittadini di Piombino che è nato con l’obiettivo di difendere i propri interessi particolari ma, dice l’operaio, “la semplice difesa della cassa integrazione non basta più”. Oggi il cardine della loro azione è occuparsi della salvaguardia del territorio seguendo due filoni di lavoro specifici:

1. costituire un coordinamento nazionale del comparto siderurgico a partire dal legame con gli operai dell’AST di Terni e dell’ILVA di Taranto, cioè con gli operai delle maggiori acciaierie italiane, con lo slogan “nessuno si salva da solo” così da obbligare le istituzioni a costruire un piano industriale;

2. coinvolgere tutte le forze vive del territorio per creare le condizioni affinché le autorità locali diano un sostegno e un reddito attraverso lavori che salvaguardino il territorio, lavori propedeutici a possibili linee di sviluppo nel territorio.

Il comitato Camping CIG cerca linee alternative per la gestione del territorio perché pensano che l’attuale padrone Cevital non farà nulla, e hanno ragione. I padroni odierni della fabbrica fanno parte di una classe diversa dalla classe operaia e dalle altre classi delle masse popolari. Questo va detto, visto che la propaganda dei revisionisti moderni prima e della sinistra borghese poi ha sedimentato l’idea che “le classi non esistono più”. Invece esistono. La società è ancora quella divisa in classi, come da diverse migliaia di anni a questa parte. La classe dei padroni, la borghesia imperialista, è composta da individui ciascuno dei quali ha nel cuore e nella mente solo il proprio interesse individuale. In particolare mirano ciascuno ad accumulare e a valorizzare il loro capitale, non hanno alcun interesse al benessere della collettività, sono pronti a sacrificarlo se contrasta con le loro mire, e lo fanno, non arrestandosi di fronte ad alcuna infamia. Basti pensare alla Seconda Guerra Mondiale, dove i principali contendenti del campo della borghesia imperialista, quelli della Germania e degli USA, si distinsero gli uni per i campi di sterminio e gli altri per le bombe su Hiroshima e Nagasaki. Secondo il senso comune dominante tra le masse popolari tutto ciò è “disumano”, e i campi di sterminio sarebbero dovuti a una sorta di “follia”, il che viene dall’idea, sempre del senso comune, che sia chi fa parte della borghesia imperialista sia chi fa parte delle masse popolari è un essere umano, e quindi risponde alle stesse norme morali. In realtà un padrone ha una morale molto differente da quella di un operaio, ed è una morale secondo la quale gli esseri umani fino a che servono per il proprio profitto possono essere usati e consumati, altrimenti sono da togliere di mezzo. Tutta la storia lo mostra con particolare chiarezza, a partire dalle descrizioni della condizione della classe operaia in Inghilterra ai tempi della rivoluzione industriale, descritti da Engels e Marx, fino a oggi. Vale anche per oggi, per il padrone Cevital di cui parla l’operaio.

Sta a noi quindi agire, e prima di tutto alla classe operaia, che è guida per la costruzione dell’alternativa a questa strada suicida e assurda verso cui la borghesia imperialista spinge il genere umano che, secondo lei, esiste con l’unico scopo di farle crescere il denaro in tasca all’infinito. Questo significa che il Camping CIG di Piombino avanzando nella lotta che sta conducendo troverà che, proprio perché “nessuno si salva da solo”, un piano industriale per la siderurgia richiede che l’intera attività economica del paese sia regolata secondo un piano che risponde alle esigenze di beni e servizi della popolazione e degli scambi internazionali organizzati nel quadro di rapporti di collaborazione e solidarietà tra i popoli, e quindi occorre creare istituzioni che dirigono con questi criteri non solo Piombino, ma tutto il paese. 

Il terzo intervento: l’operaio dell’AST di Terni.

Il terzo intervento è stato quello dell’operaio dell’AST di Terni, che ha riporta l’esperienza della battaglia di cui gli operai sono stati protagonisti un anno fa davanti ai cancelli dell’azienda. In questa battaglia sono usciti sconfitti, dice, perchè le perdite sono state significative. In fabbrica però restano più di duemila operai e da questo bisogna ripartire. 

Condivide la linea di costruire organismi operai e creare un coordinamento nazionale del siderurgico ma non ha chiaro con quali obiettivi. Nazionalizzare? E poi? Il futuro è quello di ripercorrere la strada del capitalismo monopolistico di Stato (4)? Sarebbe questo il ruolo del governo d’emergenza popolare?

Sono domande preziose per noi comunisti, tanto più che partire dalle aziende nazionalizzate aiuta a capire meglio la linea del Governo di Blocco Popolare.

Le aziende nazionalizzate, il settore pubblico dell’economia, i servizi pubblici, ecc. sono un pezzo della strada verso la gestione pubblica pianificata dell’economia che il movimento comunista aveva costretto perfino i capitalisti e le loro autorità (dei paesi imperialisti, compresi anche quelli fascisti) a fare. La destra del movimento comunista dei paesi imperialista (Togliatti, e C.) sosteneva che grazie alle riforme strappate dalla classe operaia alla borghesia tra il 1950 e il 1975 era in corso un cambiamento della natura del capitalismo, un cambiamento per cui non era più necessario fare la rivoluzione socialista, ma bisognava sviluppare una via parlamentare e riformista al socialismo: riforme di struttura e ampliamento delle conquiste in campo economico, politico e culturale avrebbero gradualmente trasformato la società capitalista in società socialista. In realtà le aziende e i servizi pubblici erano la “base rossa” da cui estendere a tutta la società la produzione di beni e servizi non in funzione del profitto del capitalista, ma delle esigenze collettive, cioè per una lotta più avanzata verso l’instaurazione del socialismo. Il declino che il movimento comunista ha subito sotto la direzione dei revisionisti moderni, la rinuncia ad avanzare ha fatto sì che invece le aziende e i servizi pubblici sono via via diventati sempre più terreno di speculazione, affarismo, clientelismo, degrado, ecc. E con l’inizio della seconda crisi generale del capitalismo, la stessa classe che, intenzionalmente o spontaneamente (per i capitalisti solo quello che dà guadagno merita la mobilitazione degli sforzi dell’individuo) li ha lasciati andare in degrado, ha avuto gioco facile a usare la carta del degrado per giustificarne la privatizzazione.

La storia che abbiamo alle spalle ci insegna quindi che non si possono fare le cose a metà. Non si tratta di fare qualche “semplice” riforma economica. Bisogna togliere ai capitalisti e in generale ai ricchi la direzione della società, perché finché restiamo nella società borghese, il guadagno del capitalista, il profitto, è il motore della società intera e se il capitalista non guadagna, la società entra in crisi e collassa.

Il Governo di Blocco Popolare non è solamente il governo che nazionalizza l’Ilva e l’AST, non è governo “di sinistra” (alla Tsipras prima maniera per intenderci), néuna terza via tra capitalismo e socialismo (di una fase in cui non c’è ancora il socialismo, però non ci sono più i mali del capitalismo). È uno strumento della lotta per il socialismo. Poco prima del IV Congresso che abbiamo tenuto a giugno dell’anno scorso a Firenze, il Segretario Nazionale del P.CARC in un’intervista spiegava che “il Governo di Blocco Popolare è il governo d’emergenza delle masse popolari. Nasce a seguito del diffondersi e del rafforzarsi delle organizzazioni operaie e popolari, sono loro che lo fanno ingoiare ai vertici della Repubblica Pontificia e sono loro che “mettono a contribuzione” i vari Landini, Cremaschi, Bernocchi e gli altri dirigenti della sinistra sindacale, i sinceri democratici (persone come Gino Strada, per intenderci), i dirigenti della sinistra borghese come ministri, esperti, amministratori, ecc. All’interno il Governo di Blocco Popolare ha il compito di dare forma e forza di leggi nazionali alle (e quindi di coordinare le) misure che le organizzazioni operaie e popolari indicano caso per caso per rimediare alla crisi, è al servizio delle organizzazioni operaie e popolari che sono le autorità pubbliche locali e i suoi agenti locali (analogamente a come ora le amministrazioni locali, i prefetti, i questori, ecc. sono le autorità pubbliche locali e gli agenti del governo centrale). All’esterno il Governo di Blocco Popolare deve far fronte a manovre tipo quelle cui sono sottoposti i cosiddetti “Stati canaglia”. Quindi è un protagonista della lotta di classe. (…) Un governo che si forma per iniziativa delle organizzazioni operaie e popolari, che risponde a loro e non ai circoli della finanza e degli affari, che mette le esigenze delle masse sopra le pretese e le regole della comunità internazionale e si fonda sulla loro azione e iniziativa, è l’unico modo per iniziare davvero a rimediare agli effetti peggiori della crisi. Ma bisogna intendersi. Non è che con le misure d’emergenza del Governo di Blocco le cose “torneranno a posto”. Misure d’emergenza come la sospensione del pagamento dei mutui bancari e degli affitti alle immobiliari e a tutti i grandi proprietari di immobili o il sostegno alle iniziative dei lavoratori delle riprendere la produzione nelle aziende che i padroni chiudono o la stabilizzazione dei precari a partire dalla Pubblica Amministrazione andranno attuate, consolidate ed estese e sarà una lotta. Daranno inevitabilmente luogo a contraddizioni tra settori delle masse e a degli inconvenienti che dovremo imparare a trattare in modo costruttivo… i vertici della Repubblica Pontificia ne approfitteranno per soffiare sul fuoco del “ritorno al normale corso delle cose”. Per abolire il debito pubblico, cioè smettere di pagare gli interessi e le rate in scadenza alle banche, alle finanziarie, ai fondi d’investimento (tutelando quella parte delle masse popolari che ha risparmi in BOT e CCT) bisognerà essere decisi a far fronte all’opposizione, al sabotaggio, ai ricatti dei padroni, del Vaticano, delle organizzazioni criminali e della loro comunità internazionale… basta vedere le manovre per scalzare il governo Maduro in Venezuela o i ricatti  e le pressioni a cui è (stato) sottoposto il governo Tsipras in Grecia. Quindi, ad esempio, prepararsi a bloccare i conti correnti dei ricchi e a mettere sotto controllo o direzione pubblica le banche e le istituzioni finanziarie operanti sul suolo italiano mobilitando e organizzando prima di tutto i lavoratori delle banche e delle istituzioni finanziarie stesse”. E concludeva che “il periodo del Governo di Blocco Popolare sarà una lotta e una scuola. Una lotta che insegnerà alle masse popolari che, per non essere travolte dalla crisi del capitalismo e non essere usate dalla comunità  internazionale per le sue guerre, bisogna andare fino in fondo: abolire completamente la proprietà privata delle grandi aziende e togliere ai borghesi ogni libertà, instaurare la dittatura del proletariato e un’economia pianificata. E una scuola, attraverso cui le masse popolari impareranno a dirigere il paese, a diventare nuova classe dirigente di un paese nuovo, di un paese socialista”.

Per fare dell’Italia un nuovo paese socialista serve un partito comunista. Quello del partito comunista è stato l’ultimo argomento toccato in assemblea al momento in cui si è entrati più nel vivo rispetto al che fare. È stato l’operaio dell’AST che ha parlato del fatto che ci vuole un partito, seguito dall’intervento di Raffaello Petri, membro del P.CARC di Viareggio, che ha concordato con lui. Il compagno Raffaello ha spiegato che il (nuovo)PCI è quel partito che serve, perché ha fatto il bilancio della prima ondata della rivoluzione proletaria [quella che ha portato alla vittoria della rivoluzione in Russia e in Cina, creando paesi socialisti in cui viveva un terzo dell’umanità, N. d. R.], perché fa un’analisi scientifica della crisi e perché mette in atto gli apporti più innovativi del pensiero comunista, e tra questi apporti ha citato il metodo della linea di massa, uno dei contributi più importanti del maoismo. La conoscenza di questo metodo avrebbe impedito, ad esempio, lo sfaldamento del comitato operai e cittadini di Terni dove in un primo momento in cui partecipavano decine e decine di elementi delle masse popolari e alla fine si sono ritrovati i soliti soggetti rappresentativi delle solite sigle.

Dopo il compagno Raffaello è intervenuto un altro compagno toscano vicino alla lotta degli operai di Piombino e che guarda con interesse oltre al Partito dei CARC anche al PC di Rizzo. Il compagno ha sottolineato che le forze comuniste in campo portano ciascuna una sua visione della realtà e queste differenze impedirebbero oggi la costituzione di un partito. Come si viene a capo di quello che sembra un rompicapo? Per i comunisti la lotta di classe non è il campo dei punti di vista e delle opinioni, non bastano neanche la buona volontà, la devozione alla causa e l’eroismo. Le masse popolari, per dare una svolta al corso catastrofico delle cose che le classi dominanti impongono nel nostro paese e nel mondo, hanno bisogno di un partito comunista all’altezza del ruolo deve svolgere nella lotta di classe in corso. Di un partito comunista che abbia una comprensione abbastanza avanzata delle condizioni, delle forme e dei risultati della lotta di classe: ciò che qualifica un partito comunista è la sua strategia e quindi la concezione del mondo che lo guida. Significa che per non essere solo un partito della rivendicazione e della protesta, bisogna dare risposte chiare ai problemi decisivi del movimento comunista: perché in nessuno dei paesi imperialisti i comunisti hanno instaurato il socialismo nel corso della prima crisi generale del capitalismo? perché i primi paesi socialisti hanno abbandonato la costruzione del socialismo e sono decaduti fino a crollare o a cambiare colore? quali sono la natura, l’origine e gli sviluppi della crisi in corso?

Le risposte che la Carovana del (n)PCI ha dato a queste domande sono esposte nell’opuscolo I quattro temi principali da discutere nel movimento comunista internazionale. Su di esse non solo siamo disponibili, ma è necessario il confronto tra comunisti. La cosa peggiore in questo periodo è chiudersi nel settarismo e isolarsi, non dare risposte al che fare, non esaminare le risposte degli altri e non diffondere e verificare le proprie.

Le visioni della realtà possono essere tante, la scienza con cui gli uomini fanno la loro storia, e in particolare trasformano la società capitalista in società comunista, è una. È la scienza fondata da Marx ed Engels e migliorata, corretta e arricchita da Lenin, Stalin e Mao Tse-tung man mano che il movimento comunista è avanzato nella sua azione. I comunisti sono quella parte delle masse popolari che fa propria questa scienza e la usa per spingere avanti, organizzare e dirigere la lotta degli operai e del resto delle masse popolari contro la borghesia e il clero.

Per la Federazione Toscana del Partito dei CARC,

Ermanno Marini

(1) Un sistema di potere che all’inizio non può far leva sul possesso degli strumenti (forze armate, polizie, servizi segreti, sistemi di controllo, magistrature, carceri, ecc.) per far rispettare le proprie decisioni con la forza dove non arriva la convinzione (che non dispone ancora degli strumenti tipicamente statali, cioè del monopolio della violenza), deve iniziare facendo leva su una rete di organismi capillarmente diffusi nel territorio e organizzati attorno a un centro che ne orienta la coscienza e ne dirige l’azione, che li rende capaci di un’azione comune. La creazione di questa rete di organismi diffusi nel territorio, organizzata intorno al partito comunista e contrapposta al potere della borghesia imperialista capeggiato dalla Corte Pontificia è il cuore della costruzione del nuovo potere nel nostro paese.

La creazione di questa rete costituisce il nocciolo di quegli “strumenti e condizioni del proprio potere che la classe operaia deve preparare fino a un certo punto già all’interno della società borghese” che F. Engels indicava nell’Introduzione del 1895 all’articolo di K.Marx Le lotte di classe in Francia dal 1848 al 1850, tirando il bilancio dei tentativi fino ad allora compiuti dalla classe operaia per impadronirsi del potere.

L’instaurazione del governo sovietico non sarebbe stata possibile senza la creazione di una rete di soviet degli operai e dei soldati (il grosso dei quali erano contadini mobilitati per la guerra) diffusa in tutto il paese, raggruppata intorno al partito bolscevico e a cui esso aveva impresso un orientamento ideale e morale favorevole a instaurare il governo sovietico.

La vittoria della Resistenza contro il nazifascismo non ci sarebbe stata senza il PCI clandestino e le sue cellule di fabbrica, senza i CLN, senza le organizzazioni di massa orientate dal PCI.

 (2) La CSO è una azienda di Scandicci (FI) che produce strumenti oftalmici e occupa un centinaio di operai.

(3) Agli operai comunisti ci rivolgevamo, in una lettera aperta pubblicata qualche anno fa su Resistenza: “le difficoltà che ognuno dei movimenti popolari incontra a durare e a svilupparsi sono particolari, ma in definitiva fanno tutti capo al fatto che in ognuno il carattere difensivo, rivendicativo o di protesta nei confronti dei vertici della Repubblica Pontificia, del sistema di relazioni sociali e di vincoli internazionali che essi impersonano e del loro governo prevale ancora, sia pure in misura diversa, sul carattere offensivo e d’attacco. Limiti e difficoltà saranno superati solo se ognuno di quei movimenti diventerà la componente di un generale movimento di attacco, per instaurare un nuovo sistema di relazioni sociali: il socialismo. Lo può diventare, perché nessuno di quei movimenti può raggiungere i suoi obiettivi particolari senza questo risultato generale. La crisi che sconvolge il nostro paese e il resto del mondo non ha soluzione pacifica nell’ambito del sistema imperialista mondiale, del suo sistema di relazioni sociali e internazionali. (…) Anche la lotta degli stessi operai per porre fine alla distruzione di posti di lavoro e di fabbriche, per difendere dalla distruzione o dallo stravolgimento i diritti sindacali e politici conquistati e i contratti collettivi nazionali di lavoro può avere successo solo se si sviluppa su larga scala e con successo l’attacco per instaurare il socialismo.

Proprio per questo voi operai comunisti avete nelle vostre mani, nel vostro essere comunisti, la chiave della soluzione del problema. Voi potete e dovete organizzarvi e assumere la direzione per condurre tutti i movimenti alla loro comune vittoria: la costituzione del Governo di Blocco Popolare, la difesa della sua opera trasformatrice contro i tentativi di rivincita e di sabotaggio, lo sviluppo del processo a cui la costituzione del Governo di Blocco Popolare apre la porta fino all’instaurazione del socialismo. (…) La chiave per condurre il resto delle masse popolari sulla via della vittoria e verso una nuova superiore fase della storia umana voi l’avete nell’ideale che vi ispira e che vi unisce ai comunisti di tutto il mondo, vi lega all’esperienza storica del movimento comunista e della prima ondata della rivoluzione proletaria che nella prima parte del secolo scorso ha impresso in ogni angolo del mondo e in ogni campo un impulso potente al progresso dell’umanità. Non lasciatevi frenare dalla vasta opera di intossicazione e di denigrazione che la borghesia e il clero hanno compiuto contro la prima ondata della rivoluzione proletaria e in particolare contro l’esperienza dei paesi socialisti che allora il movimento comunista riuscì a creare in alcuni paesi oppressi o arretrati del sistema imperialista mondiale: i risultati del dominio e della direzione della borghesia e del clero li abbiamo sotto gli occhi e tolgono ogni valore alle idee e alle immagini che essi impongono, alla loro interpretazione della storia e alla loro concezione del mondo. È vero che la prima ondata della rivoluzione proletaria non ha portato a instaurare il socialismo in tutto il mondo e si è esaurita cedendo al sistema imperialista mondiale gran parte del terreno conquistato: non lasciatevi demoralizzare dalla sconfitta che il movimento comunista ha subito, perché nell’evoluzione dell’umanità nessuna grande trasformazione è riuscita in un colpo solo. Tanto meno poteva riuscirvi una trasformazione come quella che porta al socialismo e al comunismo e di cui la classe operaia è promotrice e dirigente. Per sua natura è una trasformazione di livello superiore alle precedenti, è la prima trasformazione cosciente e organizzata e deve mettere fine alla millenaria divisione dell’umanità in classi di oppressori e di oppressi, di sfruttatori e di sfruttati. È una trasformazione che l’umanità deve compiere, senza di essa l’umanità non può progredire e si distrugge. È una trasformazione difficile, ma l’umanità è capace di compierla. Voi operai comunisti dovete guidarla. Bisogna imparare dagli errori compiuti e dai limiti che la lotta del movimento comunista, le sue vittorie e le sue sconfitte hanno messo in luce”.

(4) “Il capitalismo monopolistico di Stato è la combinazione dei monopoli e del capitale finanziario (quindi non genericamente dell’intera classe borghese – come già era, ma dei monopolisti e dei re della finanza) con lo Stato. Questa combinazione sorse nell’epoca imperialista, è una delle sue caratteristiche e dei suoi fattori costitutivi. Ebbe una crescita particolarmente rapida con la Prima Guerra Mondiale. Nelle società a capitalismo monopolistico di Stato, lo Stato e la Pubblica Amministrazione assumono direttamente un ruolo determinante nella vita economica per imporre gli interessi della ristretta oligarchia dei capitalisti monopolisti e dei re della finanza a tutto il resto della società, compreso il resto della borghesia (ha quindi fine la democrazia borghese anche nei rapporti interni alla borghesia). Il capitalismo monopolistico di Stato è il massimo risultato degli sforzi della borghesia per regolare il movimento economico della società pur restando nell’ambito della proprietà privata e della libera iniziativa individuale dei capitalisti (…).” (Manifesto Programma del (nuovo) PCI, ed. Rapporti Sociali, Milano, 2008, p. 263).

 

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